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Autore: RubyChubb    05/08/2007    7 recensioni
Una rivista, una ragazza incasinata e casinista, il suo coinquilino gay, la sua collega pazza... e tanti guai! 'scusate la stupidità del titolo e della presentazione, ma ho trenta gradi di caldo in casa....'
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Life, Love and Hate by Tom and Mac' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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9. HARDER AND HARDER TO REMEMBER




Ancora quel dolorino all'inguine. Mac dovette alzarsi di nuovo per andare in bagno. Con le misere potenzialità mentali che le rimanevano, realizzò di essere sdraiata di fianco su un letto. Un raggio di sole le colpiva la tempia, sentiva il suo calore. Era giorno.
In un secondo momento, realizzò anche che non era l’unica su quel letto. Aprì lentamente l'occhio destro e, nella nebbia che vide, notò una figura umana accanto a lei.
Dovette aprirlo e chiuderlo diverse volte prima di riuscire a mettere a fuoco chi fosse: era Bill, voltato di schiena, riconosceva i suoi capelli neri. Concretizzò che era anche molto più vicino a lei di quanto le era sembrato negli attimi precedenti, poteva sentire il suo respiro regolare. Spostò lo sguardo più in basso e vide che il braccio penzolava sul fianco di lui… si affrettò a toglierlo da quel posto così poco convenzionale.
In quello stesso momento sentì un borbottio alle sue spalle. Avrebbe tanto voluto voltarsi, ma aveva sia paura di svegliare tutti, che di trovarsi di fronte ad un’altra spiacevole sorpresa..
Era terribile quando la sua mente si risvegliava un pezzo per volta e le faceva realizzare la gravità della situazione in cui si era cacciata un morso dopo l’altro. Ma forse era meglio così, altrimenti avrebbe gridato di spavento, peggiorando il già evidente casino…
Provò a voltare leggermente la testa ma i suoi muscoli cervicali erano ancora intorpiditi. Si sentiva qualcosa sul fianco, doveva vedere cos’era.
Un braccio, evidentemente non suo, la cingeva per la vita.
Una ciocca rasta le cadde su un occhio.
"Merda Kaulitz...", disse mentre la toglieva via, così piano che quasi non sentì la sua stessa voce.
Con tutta la delicatezza che riuscì a recuperare in quel momento, riuscì a mettersi supina. Tom borbottò di nuovo e si girò pesantemente, facendola sobbalzare. Mac, con con il corpo pietrificato, pregò che nessuno, a parte lei, lo avesse sentito. Si alzò sul letto e controllò la situazione: Gustav e Georg dormivano insieme sul divano, l'uno che dava le spalle all'altro, ed entrambi russavano come pazzi. Anche Bill aveva preso a respirare rumorosamente ed era un buon segno.
Mac scese lentamente dal letto e cercò le sue cose, soprattutto gli abiti… e realizzò che, a parte la sua borsa, il resto era nella camera di Georg, mentre adesso si trovava in quella di Tom…. o di Bill… o di Gustav… insomma, in una qualsiasi altra stanza d’albergo che non era quella del piastrato bassista.
"Maledizione!", borbottò, non sapendo dove avrebbe potuto trovare la chiave magnetica dell’altra camera... Non poteva uscire di soppiatto dall'hotel, in pantaloncini e scalza, sperando che nessuno chiamasse la polizia per averla vista in quel modo.
E comunque aveva un’altra urgenza da risolvere: doveva andare in bagno, le scappava troppo forte. Con la schiena appoggiata alla tavoletta, si rilassò al sentire la sua vescica che piano piano si svuotava, allentando il piccolo dolore che sentiva alla pancia.
Uno strano pensiero le entrò nella testa…
Era sicura che durante la notte si fosse svegliata già una volta per venire in bagno.
Il suo sguardo, divagando, si posò su uno strano oggetto dal colore metallico posato sul lavandino. Allungò la mano per afferrarlo, era un pezzo di plastica argentea. Lo voltò e, con un sussulto, lo fece cadere a terra.
"Cazzo!", esclamò, portandosi la mano alla bocca.
Era l'involucro di un preservativo...


Uscì dalla camera guardando che il corridoio non fosse occupato da nessuno. C'era solo una donna delle pulizie che spingeva il suo carrello cigolante con stanchezza. Appena questa la notò si bloccò.
A Mac venne subito in mente quel trucchetto utilizzato in tutti i film.
"Senta... non è che potrebbe aprirmi la porta di quella camera? E' che ho lasciato la chiave magnetica lì dentro.", le chiese.
La donna la guardò per diversi attimi da capo a piedi, poi si frugò nella tasca del grembiule e tirò fuori un badge. Dopo averla ringraziata, Mac si avvicinò alla porta e la aprì, sparendo al suo interno.
Trovò subito i suoi pantaloni, lasciati malamente a terra, ma non si ricordava dove fosse la sua maglietta, doveva tornarsene via con quella di Georg indosso, sperando che lui non si mettesse poi a fare troppe storie.
Con le chiavi della macchina in una mano e le custodie della fotocamera e della videocamera nell'altra, Mac uscì dall'hotel, incontrando lo sguardo imbarazzato di molte persone.


Fu così costretta a bussare rumorosamente per riuscire a svegliare Thiago, che aveva sempre un sonno molto profondo. Non sapeva dove fossero finite le sue chiavi di casa, eppure di solito le teneva dentro la borsa, insieme a quelle della macchina…
Un rapido flash le fece tornare a mente che le aveva utilizzate per stappare le bottiglie di birra… erano di sicuro ancora nella camera di Georg.
"Chi cazzo è...", sentì borbottare al di là della porta. Poi riconobbe lo strusciare della catenella di sicurezza contro il legno, poi la porta si aprì.
"Mac! Cosa ci fai qui! Dovresti essere nel tuo letto, non sul corridoio del palazzo!", esclamò Thiago, assonnato.
Mac, travolgendolo, entrò nell'appartamento e corse verso il bagno. Il ragazzo la seguì, aveva visto la sua faccia sconvolta ed aveva preso a preoccuparsi.
"Che cos'hai? Che ti prende!", le fece, mentre lei si toglieva rapidamente i vestiti e entrava sotto la doccia, senza dire una parola.
"Mac mi stai facendo preoccupare...", disse Thiago, che si era seduto sul bidet in attesa di una risposta.
La sua attenzione  cadde sulla maglietta nera che aveva visto indosso a Mac. La prese e la guardò.
"Questa non è tua! Dove l'hai presa? E soprattutto dov'è la tua?", fece Thiago, che stava incominciando a mettere insieme i pezzi del puzzle.
"Non lo so.", rispose secca la ragazza, tra gli scrosci dell’acqua.
"Che vuol dire non lo sai...", fece lui, incredulo.
"Vuol dire che non lo so, che ieri ce l'avevo e stamattina no, avevo quell'altra!", precisò Mac.
"Stai cercando di dirmi che non ti ricordi che cosa è successo per gran parte della serata o sbaglio?", disse Thiago.
La voce di Mac si fece attendere per qualche attimo.
"In un certo senso sì...", disse lei poi.
"Non è che hai fatto qualcosa di cui ti potresti pentire?"
"Penso di sì..."
"Oh Santa Madre de Dios!” esclamò Thiago, in spagnolo. Si mise la faccia nelle mani, chissà cosa aveva combinato quella stupida.
Mac uscì dalla doccia e si legò sopra il petto il primo asciugamano che trovò. Prese Thiago per la mano e si sedette con lui nel suo letto.
"Dimmi cosa ti ricordi della serata...", le disse lui, mettendole un braccio sulle spalle.
"Allora... sono andata in hotel, avevo comprato una scorta di birre da far paura ad un esercito, volevo solo animare la serata. Alla fine ci siamo ubriacati... "
"Ed è lì che è successa la prima cazzata.", disse Thiago, anticipando parte del racconto.
"Sì... non so cosa ho detto di preciso ma… Gustav mi ha baciato."
Thiago sospirò, sapendo che quello era solo l'inizio di una storia intricata.
"Spero che sia finito tutto qui.", disse, sapendo che si sbagliava di grosso.
"No... poi abbiamo fatto il gioco 'verità o penitenza', hai presente? Quello che abbiamo fatto anche alla festa di compleanno di Ada."
"Certo che mi ricordo... ma solo la parte in cui ero talmente ubriaco che sono finito a parlare abbracciato al cesso...", disse Thiago.
"Ecco, abbiamo fatto qualche giro di domande e… inizia a diventare tutto confuso..."
"Quanto avevate bevuto?", domandò il ragazzo.
"Abbastanza... ma abbiamo anche fumato."
"E quindi? Cosa saranno mai tre sigarette in più del solito!", sbottò lui.
"Le sigarette di Mark, faccia di banana.”, disse Mac, innervosendosi, “Scommetto un dito che non c'era solo tabacco dentro."
"San Thiago de Compostela!", esclamò Thiago, richiamando il suo santo omonimo, "Vuoi dire che vi siete fumati anche quella roba?"
"Certo che sì... Tutte le sigarette che c’erano dentro al pacchetto… ed erano ben cinque."
"Ecco perchè non ti ricordi una mazza di niente... quando lo rivedo gli raddrizzo quella faccia a banana che si ritrova!", disse Thiago, incavolandosi per il brutto scherzo che quel ragazzo aveva architettato, facendo involontariamente del male alla sua migliore amica.
Mac sospirò...
Iniziava a ricordarsi di essere stata in bagno con Tom, ma non le pareva fosse successo niente di che. Poi se n’erano tornati con gli altri… forse insieme o separati, non ne era sicura. Dovevano aver continuato a fumare, senza immaginarsi che si stavano bevendo il cervello.
"E poi, ti ricordi nient'altro?"
Mac cercò di spremersi le meningi più che poteva.
"Stamattina mi sono svegliata in mezzo ai Kaulitz. Io abbracciavo Bill e Tom me..."
"Scusa la battutaccia, ma avrei tanto voluto esserci io in mezzo!,”, sottò Thiago, ridendo, “Perchè tutte le fortune a te che non li sopporti... ma torniamo seri. Non ti sarai mica scandalizzata per aver dormito tra quei due!"
"No... fosse questo il problema...”, fece Mac, cercando di trovare il lato comico della sua disgrazia.
“E come hai capito che… insomma…”, cercò di farsi intendere Thiago.
“Stamattina sono andata in bagno. E ho trovato la bustina di un preservativo aperta. Era stato utilizzato."
Thiago rimase un attimo in silenzio, aspettando che l'amica continuasse il racconto senza che fosse lui ad esortarla.
"Così mi è tornato in mente che c'ero già stata in bagno, durante la notte. Mi ricordo che è entrato qualcuno... ma non mi ricordo chi."
"E quindi pensi che... insomma..."
"Sì... e non so con chi dei quattro..."


Fu svegliato da un mal di testa fortissimo e dalla luce del sole che entrava prepotentemente nella stanza. Non aveva la più pallida idea di che ore fossero. Aveva bisogno di un anti-dolorifico, la testa gli martellava pesantemente. Per adesso, però, poteva farsi solo una doccia. Si chiese quanto aveva bevuto, la sera prima, ma non riusciva a ricordarselo, arrivava fino alla sesta birra, poi tutto era molto confuso. Aveva bisogno di qualche ora per raccogliere le idee.
Entrò in bagno e per prima cosa  si infilò dritto dentro la doccia. Lo scorrere dolce dell'acqua tiepida sulla testa e sulle spalle aveva un effetto calmante su di lui e stette diverso tempo, immobile, sotto il getto, sperando che il mal di testa gli passasse senza dover ricorrere ad alcuna medicina.
Uscito dalla doccia, si guardò allo specchio e si spaventò, aveva delle occhiaie vistosissime, sembrava che non avesse dormito da una settimana, eppure si era svegliato solo dieci minuti prima. Poi notò qualcosa sul suo petto.
"Ma che...", esclamò, abbassando lo sguardo.
Chi cazzo gli aveva scritto 'rock my life' sul petto?
Prese l'asciugamano e cercò di cancellare la scritta, ma questa si sbiadì solo un po'.
"Merda...", disse, gettandolo a terra.
Appoggiò le mani al lavandino e scosse la testa, come poteva non ricordarsi come era successo?
Poi ci fu un'altra cosa che lo fece preoccupare: a terra, una cartina argentata.
"Oh cazzo...", fece, prendendola in mano.
Adesso un paio di cose avevano iniziato a filare logicamente verso un'unica direzione. Uscì dal bagno e guardò nella stanza, Mac non c'era, se n'era già andata. Gli altri che dormivano ancora beatamente.
Un cellulare iniziò a squillare e a vibrare, era a terra. Lo afferrò e rispose.
"Tra mezz'ora vi voglio tutti giù nella hall! Siamo in ritardo di ben un'ora!", tuonò David, che chiuse subito la chiamata, senza attendere alcuna risposta.

 

Dopo che ognuno, tornato nella sua camera di albergo, fu si fu sistemato come meglio poteva, i ragazzi si attesero davanti alle porte delle loro camere. Bill fu l'ultimo ad uscire e notò con grande soddisfazione che non sarebbe stato l'unico, quel giorno, a portare occhiali da sole.
"Occhiaie?", disse, mentre chiudeva la porta.
"A chi lo dici...", disse Georg, quasi sottovoce, "Parlate piano perchè ho un mal di testa terribile."
Tom si mise eloquentemente l'indice sulla bocca, anche la sua testa stava per scoppiare. Quando David li vide apparire dall'ascensore, li rimproverò a gran voce.
"Ma cosa vi salta in mente! Abbiamo degli impegni da rispettare!", esclamò l'uomo.
"David, ti prego...", disse Gustav.
"David ti prego cosa? Ora mi avete fatto proprio incazzare!", prese a gridare come un forsennato.
"Non urlare...", fece Bill, implorandolo.
"IO urlo quanto mi pare e piace! Ora dritti nel bus e non fate storie!"
In silenzio, senza colazione né un possibile perdono in vista, salirono sul loro pulmino.
"Che cosa dobbiamo fare...", disse Georg, una volta che si fu seduto al suo solito posto.
"Abbiamo un servizio fotografico e un paio di interviste televisive. Poi dopo domani potete tornarvene a casa vostra.", disse l'uomo, ancora arrabbiato per il vistoso ritardo dei ragazzi.
"Cosa?... no no, rimandiamo tutto.", disse Tom.
"Rimandare?!?", fece David, al quale era tornata di nuovo la bile al cervello, "Ma cosa avete? Siete diventati tutti pazzi?"
I ragazzi si guardarono per un attimo e, senza che ci fosse stato bisogno alcun accordo, si tolsero contemporaneamente gli occhiali da sole.
"Cristo santo... se avevate bisogno di qualche ragazza con cui passare la notte in compagnia bastava andare qualche isolato più in là e tirare fuori una trentina di euro a testa!", esclamò l'uomo, vedendo le facce perse dei ragazzi.
"Lasciamo perdere...", disse Bill, inforcando di nuovo gli occhiali, "Vuoi ancora farci fare quel servizio fotografico e le interviste?"
"Certo che sì... vi truccheranno per bene.", disse, dopo un attimo di ripensamento.


Ci volle tutta la maestria di una truccatrice professionista per mascherare quelle occhiaie e il fotografo, che doveva essere altrettanto bravo e paziente, riuscì a fare delle buone fotografie, benchè i ragazzi quasi stessero per dormire in piedi.
"Adesso dovreste cambiarvi.", disse l'uomo, indicando la zona in cui avrebbero potuto farlo.
I ragazzi raggiunsero la donna che li attendeva, con un grande appendi-abiti, e che doveva mostrare loro cosa potevano indossare per la nuova sessione di fotografie. Ognuno di loro scelse quello che andava più a genio e andarono a cambiarsi nel camerino a loro riservato.

 

   
 
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