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Autore: miseichan    17/01/2013    4 recensioni
“Sono sicuro che lei e Artù andrete d’accordissimo.”
“Artù?” balbettò Aurora, giocherellando nervosa con l’orecchino “Mi prende per il culo?”
“Non mi permetterei mai, signorina.”
Genere: Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questione di  frizione

 

 

 

“Sei pronta?”

“Io... ho chiuso la portiera.”

Arturo si voltò verso di lei e si sfilò gli occhiali scuri:

“Sei nervosa?”

“No.” biascicò Aurora, torturandosi le mani. 

“Sei nervosa.” decise Arturo, infilando gli occhiali in una tasca della giacca nera “Perché?”

“Non lo sono, quindi non deve esserci un motivo.”

“Ti innervosisco?”

“No!”

“Va bene, va bene.” fece lui, alzando le mani “Prendi un bel respiro, su.”

“Sto bene.” sibilò lei, inspirando profondamente “Sto bene.”

“Va bene.”

“Ora allaccio la cintura.”

“Ottimo.”

“E metto la prima.”

“Eccellente.”

“Mi prendi in giro?”

“Assolutamente no.” 

“Va bene.”

“Va bene.”

“E ora?”

“Sicura di essere calma?”

“Calmissima.”

“Allora premi freno e frizione e poi accendi la macchina.”

“Va bene, però...

“Però?”

“Allaccia la cintura anche tu.”

“Non devo farlo per forza, io. Secondo la legge...

“Non mi frega niente della legge.” borbottò lei “Non voglio averti sulla coscienza.”

“Hai già deciso che mi ucciderai?”

“Non ne sono sicura, ma le probabilità non giocano a tuo favore.”

Arturo si allacciò la cintura e inarcò un sopracciglio nero:

“Più tranquilla?”
“Giusto un pochino.”

“Ora accendi la macchina?”

“Solo perché insisti tanto.”

Aurora girò la chiave e ascoltò il rombo del motore che prendeva vita:

“E adesso?”

“Metti la freccia a sinistra.”
“Perché?”

“Perché così ci immettiamo nel traffico.”

“Non possiamo aspettare che siano passate tutte le altre macchine?”

“Perché dovremmo?”

“Sarebbe una mossa furba, davvero.”

“Metti la freccia.”

“Non sei saggio.” borbottò lei, obbedendo.

“Ora gira il volante verso sinistra, così, piano.”

“Non hai alcuno spirito di autoconservazione, davvero.”

“Adesso premi leggermente sull’acceleratore.”

La macchina partì di colpo, spostandosi prepotentemente. 

“Leggermente, leggermente!” guaì Arturo, affrettandosi a frenare. 

“Cos’è successo?” tremò lei, guardandolo con la coda dell’occhio.

“Hai accelerato troppo.”

“E com’è che siamo ancora vivi?”

“Ho i pedali anch’io, sai?”

“Ah, già.” sospirò, le nocche pallide serrate attorno al manubrio “Ottimi riflessi, complimenti.”

“Riproviamo.”

“Davvero?”

“Con calma.” fece lui, tranquillo “Accelera leggermente.”

“Cosa intendi per leggermente, tu?”

“Prova.”

“Leggermente.” ripeté Aurora, premendo al minimo il pedale.

“Ecco, così.” approvò il ragazzo.

“Ci stiamo muovendo.”

“Eh, già.”

“No, davvero!” ribadì lei “Ci stiamo muovendo!”

“Prosegui diritto.”

“Va bene. Posso accelerare?”

“Perché?”

“Quella signora ci ha appena superati.”

“E allora?”

“Era a piedi.” fece Aurora “E ha l’età di mia nonna.”

“E’ la tua prima guida, questa velocità va benissimo.”

Eddai, giusto un pochino.”

“No.”

Aurora si morse il labbro, contrariata. 

Guardò fuori dal finestrino e un ragazzino in skateboard le fece la linguaccia, sorpassandola. 

“Lo hai visto?!” sbottò, incredula.

“Ah, Signore.” sospirò Arturo, massaggiandosi le tempie “Va bene, accelera.”

“Davvero?”

“Solo un pochino.” sillabò lui, avvertendola.

La macchina fece un balzo in avanti.

“Ho come l’impressione che tu ancora non abbia imparato a dosare la forza.”

“Scusa, scusa, scusa!”

“Rallenta.”

“E’ la macchina che non mi ascolta, non è colpa mia!”

“Rallenta.”

“Ho premuto pochissimo, è lei che fa di testa sua!”

“Rallenta e guarda la strada.”

“Non essere così monocorde, sembri arrabbiato.”

“Non sono arrabbiato.”

“Non è colpa mia!”

“Aurora.”

“Cosa?”
“Non hai ancora rallentato.”

“Oh. Scusa.”

Arturo sospirò, aprendo il finestrino.

“Hai caldo?”

“Solo un po’.”

“Ti sto facendo sudare freddo, nevvero?”

“Sono abituato, tranquilla.”

“Non hai negato.” gemette lei, portandosi una ciocca castana dietro l’orecchio.

“Freccia a destra.”

“Perché?”

“Così possiamo girare a destra.”

“Per andare dove?”

“Facciamo solo un giro dell’isolato, Aurora.”

“Oh.”

“E’ la prima guida, serve solo a farti prendere confidenza con l’auto.”

“Ho capito.”

“Hai messo la freccia?”

“Sì.”

“Adesso,” mormorò lui, placido “cerca di non emozionarti.”
“In che senso?”

“C’è uno stop, fra poco. Devi fermarti e dare la precedenza.”

“Va bene.”

Aurora avanzò ancora per qualche metro e poi non resistette più:

“Perché mi hai detto di non emozionarmi?”

“Fai finta che non l’abbia fatto, ti prego.” sospirò lui, supplicandola con gli occhi.

“Ma lo hai fatto.”

“Rallenta, adesso.”

“Io rallento ma tu lo hai fatto.”

“Rallenta ancora, premi la frizione e frena.”

“Fatto.”

“Lo vedo.”

“Siamo fermi.”

“Com’è giusto che sia dato che siamo ad uno stop.”

“E adesso?”

“Aspetta che non passi più alcuna macchina.”

“Dopo quella verde la strada è libera.” mormorò Aurora.

“Metti la prima.”

“La prima cosa?”

“Marcia, Aurora, marcia.” sussurrò Arturo “Ti stai emozionando.”

“Non mi sto emozionando.” balbettò lei, mettendo la prima “Abbiamo una fila di auto dietro, però, lo sai?”

“La cosa non ti deve interessare.”

“C’è, però.”

“Sterza a destra e comincia ad accelerare, lentamente.”

Aurora obbedì, premendo sull’acceleratore. E la macchina sussultò.

“Che ha avuto? Cos’era, uno spasmo? E’ morta?”

“Si è spenta.”

“Perché? Perché si è spenta?”

“Aurora.” la richiamò lui “Tranquilla. Riproviamo. Accendi la macchina.”

“Abbiamo sempre la fila di auto dietro.” ribadì lei, eseguendo.

“Ignorale.”

“Non sono piccole, sai?”

“Sanno che sei una principiante, non daranno problemi.”

“Le stiamo infastidendo, però.”

“Premi la frizione. Dai gas.” mormorò placido Arturo “Piano.”

“Lo sto facendo. Lo sto facen...” 

La macchina sussultò. 

Aurora imprecò.

“Si è spenta di nuovo!” sbottò, gli occhi lucidi “E’ difettosa, Artù!”

“Non è difettosa.” 

“Sì che lo è: si è spenta!”

“E’ un gioco, okay? Un gioco di frizione e acceleratore.”

“Al diavolo.”

“Riprova.”

“Io accendo la macchina, ma la fai partire tu.”

“Con calma, ci puoi riuscire.”

“Non mi interessa, va bene? Posso vedere l’espressione di quello dietro nello specchietto.

“E allora?”

“E allora è compassionevole! Ho paura che fra un po’ scenda per aiutarmi.

“Aurora...

“L’ho accesa, falla partire.”

“Prova ancora.”

“No.”

Arturo si massaggiò le tempie, quindi aprì il finestrino e fece segno alle altre macchine di superarli. 

Quando rimasero soli si voltò verso la ragazza:

“Prova di nuovo.”

“Sono negata.”

“Prova.”

“Oh, per l’amor del cielo!” sbottò lei, esasperata “Certo che sei di coccio! Duro da morire, ragazzo mio! Com’è che sei così testardo?”

La macchina partì docile, svoltando a destra. 

Aurora si zittì.

“Visto che ce l’hai fatta?” sorrise Arturo, indicandole di proseguire diritto “E’ tutta una questione di frizione, credimi. Una volta imparato il giochino non avrai più problemi.

“Sei stato tu, ammettilo.” sussurrò lei, lanciando un’occhiata ai piedi del ragazzo.
“Guarda la strada.”

“L’hai fatta partire tu.”
“Eri talmente distratta da non accorgerti di quel che facevi: sei stata tu.”

“Non è vero.”

“E’ vero. Come è vero che ti sei emozionata.”

“Colpa tua.”

“Dici?”

“Mi avevi detto di non emozionarmi e io mi sono emozionata per reazione.”

“Capisco.”

“Accondiscendi come si fa con i pazzi?”

“Gira a destra.”

“Non sono pazza.”

“Non l’ho mai detto.”

“Lo stai pensando.”

Arturo sorrise, lanciandole un’occhiata veloce:

“Che c’è?” saltò su lei “Che sto sbagliando?”

“Niente. Metti la seconda.”

“Devo premerla la frizione?”

“Sempre, quando cambi marcia.”

“Perché mi guardavi?”

“Nessun motivo.”

“Ho i capelli sconvolti?”

“Rallenta.”

“Perché?”

“Siamo arrivati.”

Aurora si guardò attorno e con sconcerto riconobbe la scuola guida.

“Oh.”

“Freccia a destra e accosta.”

Obbedì, il piede che premeva a fondo sul freno. 
La macchina si fermò di colpo, come singhiozzando.

“E ora?”

“Alza il freno a mano, metti in folle e spegni la macchina.”

Una volta zittito il rombo del motore Aurora sospirò, reclinando il capo all’indietro.

“E’ stato faticoso.”

“Sei troppo tesa.”

“Rischiavo la vita di entrambi, è una consapevolezza non indifferente.”

Arturo scosse la testa, roteando gli occhi:

“Devi semplicemente fidarti di me.” mormorò, scendendo dall’auto.

Aurora lo imitò, restituendogli le chiavi:

“Quando ci vediamo di nuovo?” chiese con un filo di voce.

“Quando vuoi tu.”

“Domani?”

“Domani va bene.”

Aurora annuì, mordendosi il labbro e accennando un sorriso:

“Potresti metterti una qualche protezione, la prossima volta.”

“Devo coglierci un doppio senso?” ghignò Arturo, incamminandosi verso la scuola.

“Cosa? No! Io... intendevo qualcosa come un giubbotto antiproiettile o...

“A domani.” la interruppe lui, facendole ciao con la mano.
Aurora ricambiò e infilò le mani gelate nelle tasche della giacca.

Porca, pensò, avrebbe finito per ucciderlo davvero.

 

§

 

 

 

Devo dire: la scelta era fra il continuare a studiare e il pubblicare il nuovo capitolo.
Non so come mai, ma l’idea di postare questa sciocchezzuola mi sembrava improvvisamente molto più allettante. ^^
C’è da dire che la linguistica generale è davvero molto noiosa.
Oltre ciò, speravo che qualcuno di voi, dopo averlo letto (o averci almeno tentato) si sarebbe mosso a compassione e quindi deciso a prendermi a sprangate pur di farmi tornare a studiare. Dite che lo fareste per me?
Sproloqui a parte, un grazie a chiunque sia arrivato fin qui,

alla prossima,

Sara

 

 

 

 

   
 
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