Questione di
frizione
“Buongiorno.”
“Buongiorno
a lei.”
“Cerco
la signora Tarantino.”
Carlo
arricciò le labbra, lo sguardo fisso sul computer che aveva davanti:
“La
signora Tarantino non è qui.” rispose, facendo doppio clic sul mouse a
forma di macchinina.
“Non
è possibile.” ribatté Aurora, stringendosi con sicurezza nelle spalle.
“Lo
dico io. Sì che è possibile.”
“E
io le assicuro che non è possibile.”
“Se
non è qui, non è qui, signorina.” sospirò Carlo, spostando il nove di
picche sotto il dieci di cuori.
“Deve
essere qui, però.”
“Per
quale motivo, se mi è permesso chiedere?”
“Avevamo
concordato un incontro.”
“Ah,
sì?”
“Sì.”
cominciò a inalberarsi la ragazza “Oggi dovevamo fare la mia prima
lezione di guida.”
“Oh,
capisco.”
Carlo si
aggiustò gli occhiali sul naso e posizionò l’asso di fiori nella casella
vuota, soddisfatto.
“Mi
scusi.” si schiarì la voce Aurora, irritata.
“Dica.”
“Dov’è,
allora, la signora Tarantino?”
“In
ospedale.” mormorò l’uomo, arricciando di nuovo le labbra con aria
pensierosa.
“Oh
signore!” esclamò lei, sgranando gli occhi “E’ grave?”
Carlo
aggrottò le sopracciglia, scuotendo la testa:
“Cosa?”
borbottò “No, no, che grave e grave... è entrata in travaglio.”
“In
trava... sta partorendo! E’ una bellissima
notizia!”
“Sì,
sì, come vuole.” annuì lui “Resta il fatto che ho perso la partita.”
Aurora si
sporse sulla scrivania per osservare lo schermo:
“Può
spostare il sette.” disse, indicando la carta con il dito.
“Oh.”
s’illuminò Carlo “E’ vero. Grazie!”
“Nulla.”
si strinse nelle spalle lei “Ora. Come la mettiamo?”
“Con
la partita? Potrei ancora vincerla.”
“Con
la guida che dovevo fare.”
“Oh.
Capisco. La guida.”
“Per
cortesia. Vorrei davvero cominciare oggi.”
Carlo
sospirò e, con un po’ di sforzo, portò lo sguardo sulla ragazza:
“Vuole
cominciare oggi?” chiese, arricciando le labbra.
“Ci
terrei davvero tanto.”
“La
signora Tarantino non c’è, però.”
“L’ho
capito.”
“Quindi
le va bene anche un altro istruttore?”
“Certo.”
“E
sa che con l’istruttore con cui guida oggi dovrà poi fare tutte le
esercitazioni?”
“Io...
sì, non credo sia un problema.”
Carlo
aggrottò le sopracciglia e si grattò il mento, aprendo un quadernetto grigio:
“Lei
è...?”
“Aurora
Molinari.”
“Molinari,
Molinari... è un tipo ansioso, lei?”
Aurora
assottigliò lo sguardo, gli occhi verdi che rimpicciolivano:
“Che
domande sono?”
“Sì
o no, signorina Molinari?”
“Ma
non lo so! Le pare giusto cercare di etichettare così una persona?!”
“Diciamo
di sì, quindi.”
“Senta...”
“E’
una domanda sensata, signorina, mi creda. In questo modo posso decidere a quale
insegnante assegnarla.” spiegò Carlo, intrecciando le dita
“E’ per il suo bene.”
“La
scelta è così ampia, perciò?”
“Oh,
assolutamente no.” ridacchiò lui “In sede al momento ce ne sono
solo due.”
“Mi
ascolti bene, non credo sia il caso di...”
“Sono
sicuro che lei e Artù andrete d’accordissimo.”
“Artù?”
balbettò Aurora, giocherellando nervosa con l’orecchino “Mi prende
per il culo?”
“Non
mi permetterei mai, signorina.”
“Si
sta divertendo a mie spese, non è vero?” pigolò la ragazza, esasperata.
“Artù!”
chiamò Carlo, togliendosi gli occhiali “Artù, vieni!”
“Senta,
se è uno scherzo...”
“Eccolo
lì.”
Aurora si
voltò appena, cercando con lo sguardo ciò che l’uomo le indicava.
Intravide
una figura muoversi nell’altra stanza e la prima cosa che notò fu che
apparentemente quasi sfiorava il soffitto; non era possibile, si disse, doveva
essere uno scherzo prospettico.
Man mano
che si avvicinava registrò altri piccoli particolari: gli orecchini colorati,
il ciuffo rosso, gli occhiali scuri, un tatuaggio sul collo e, sempre con
maggiore sconcerto, l’altezza.
La
miseriaccia nera, ma quanto caspita era alto?!
“Si
sta divertendo con me, non è vero?” bisbigliò di nuovo Aurora, piegandosi
verso Carlo “Cos’è, le ho interrotto la partita e adesso si vendica
mandandomi con il mastino alto due metri?”
Carlo
ridacchiò, dandole una pacca affettuosa sulla spalla ossuta:
“Raggiunge
appena il metro e novanta e le assicuro che è buono come il pane.”
rispose l’uomo.
“Oh,
immagino!” esclamò sarcastica lei “Un tesorino della mamma,
sicuramente!”
“E’
un bravissimo guidatore, mi creda. Ed è il migliore nel gestire le crisi di
panico.”
Aurora
sgranò gli occhi, un indice accusatorio puntato in direzione di Carlo:
“Tutto
questo perché si è convinto del fatto che sono una persona ansiosa? Le assicuro
che non è così! Non c’è alcun bisogno di...”
“Arturo,” la interruppe Carlo, sorridendo placidamente
“Questa adorabile signorina è Aurora.”
Aurora
pietrificò, voltandosi cautamente: sollevò il capo per incontrare gli occhiali
scuri del ragazzo e, mai come in quel momento, si sentì un puffo.
“E’
un piacere.” fece lui, porgendole la mano.
“Altrettanto.”
sussurrò Aurora, stringendogliela.
“Artù,
te la affido.” concluse Carlo, rimettendosi gli
occhiali e tornando a fissare lo schermo.
Arturo
annuì una sola volta e si girò, facendole segno di seguirlo fuori.
Aurore
sospirò, si strinse nella giacca e s’incamminò.
Diamine,
non l’avrebbe mai presa quella fottutissima patente.
§
Aurora
e Arturo.
Non chiedetemi da dove sono usciti perché non saprei dirvelo.
Diciamo che fra ansia pre-esame e lezioni di guida loro sono ciò che il mio
neurone malato ha partorito.
Mi sono decisa a
proporveli solo e unicamente perché le lezioni, alla fin fine, non dovranno
essere troppe.
Se vi hanno colpito
anche solo un pochino battete un colpo e fatemelo sapere :)
Perché in fondo, a chi non è capitato di
avere problemi di frizione?