Questione di
frizione
“Sei
pronta?”
“Io...
ho chiuso la portiera.”
Arturo si
voltò verso di lei e si sfilò gli occhiali scuri:
“Sei
nervosa?”
“No.”
biascicò Aurora, torturandosi le mani.
“Sei
nervosa.” decise Arturo, infilando gli occhiali
in una tasca della giacca nera “Perché?”
“Non
lo sono, quindi non deve esserci un motivo.”
“Ti
innervosisco?”
“No!”
“Va
bene, va bene.” fece lui, alzando le mani “Prendi un bel respiro,
su.”
“Sto
bene.” sibilò lei, inspirando profondamente “Sto bene.”
“Va
bene.”
“Ora
allaccio la cintura.”
“Ottimo.”
“E
metto la prima.”
“Eccellente.”
“Mi
prendi in giro?”
“Assolutamente
no.”
“Va
bene.”
“Va
bene.”
“E
ora?”
“Sicura
di essere calma?”
“Calmissima.”
“Allora
premi freno e frizione e poi accendi la macchina.”
“Va
bene, però...”
“Però?”
“Allaccia
la cintura anche tu.”
“Non
devo farlo per forza, io. Secondo la legge...”
“Non
mi frega niente della legge.” borbottò lei “Non voglio averti sulla
coscienza.”
“Hai
già deciso che mi ucciderai?”
“Non
ne sono sicura, ma le probabilità non giocano a tuo favore.”
Arturo si
allacciò la cintura e inarcò un sopracciglio nero:
“Più
tranquilla?”
“Giusto un pochino.”
“Ora
accendi la macchina?”
“Solo
perché insisti tanto.”
Aurora
girò la chiave e ascoltò il rombo del motore che prendeva vita:
“E
adesso?”
“Metti
la freccia a sinistra.”
“Perché?”
“Perché
così ci immettiamo nel traffico.”
“Non
possiamo aspettare che siano passate tutte le altre macchine?”
“Perché
dovremmo?”
“Sarebbe
una mossa furba, davvero.”
“Metti
la freccia.”
“Non
sei saggio.” borbottò lei, obbedendo.
“Ora
gira il volante verso sinistra, così, piano.”
“Non
hai alcuno spirito di autoconservazione, davvero.”
“Adesso
premi leggermente sull’acceleratore.”
La
macchina partì di colpo, spostandosi prepotentemente.
“Leggermente,
leggermente!” guaì Arturo, affrettandosi a frenare.
“Cos’è
successo?” tremò lei, guardandolo con la coda dell’occhio.
“Hai
accelerato troppo.”
“E
com’è che siamo ancora vivi?”
“Ho
i pedali anch’io, sai?”
“Ah,
già.” sospirò, le nocche pallide serrate attorno
al manubrio “Ottimi riflessi, complimenti.”
“Riproviamo.”
“Davvero?”
“Con
calma.” fece lui, tranquillo “Accelera leggermente.”
“Cosa
intendi per leggermente, tu?”
“Prova.”
“Leggermente.”
ripeté Aurora, premendo al minimo il pedale.
“Ecco,
così.” approvò il ragazzo.
“Ci
stiamo muovendo.”
“Eh,
già.”
“No,
davvero!” ribadì lei “Ci stiamo muovendo!”
“Prosegui
diritto.”
“Va
bene. Posso accelerare?”
“Perché?”
“Quella
signora ci ha appena superati.”
“E
allora?”
“Era
a piedi.” fece Aurora “E ha l’età di mia nonna.”
“E’
la tua prima guida, questa velocità va benissimo.”
“Eddai, giusto un pochino.”
“No.”
Aurora si
morse il labbro, contrariata.
Guardò
fuori dal finestrino e un ragazzino in skateboard le fece la linguaccia,
sorpassandola.
“Lo
hai visto?!” sbottò, incredula.
“Ah,
Signore.” sospirò Arturo, massaggiandosi le tempie “Va bene,
accelera.”
“Davvero?”
“Solo
un pochino.” sillabò lui, avvertendola.
La macchina
fece un balzo in avanti.
“Ho
come l’impressione che tu ancora non abbia imparato a dosare la forza.”
“Scusa,
scusa, scusa!”
“Rallenta.”
“E’
la macchina che non mi ascolta, non è colpa mia!”
“Rallenta.”
“Ho
premuto pochissimo, è lei che fa di testa sua!”
“Rallenta
e guarda la strada.”
“Non
essere così monocorde, sembri arrabbiato.”
“Non
sono arrabbiato.”
“Non
è colpa mia!”
“Aurora.”
“Cosa?”
“Non hai ancora rallentato.”
“Oh.
Scusa.”
Arturo
sospirò, aprendo il finestrino.
“Hai
caldo?”
“Solo
un po’.”
“Ti
sto facendo sudare freddo, nevvero?”
“Sono
abituato, tranquilla.”
“Non
hai negato.” gemette lei, portandosi una ciocca castana dietro
l’orecchio.
“Freccia
a destra.”
“Perché?”
“Così
possiamo girare a destra.”
“Per
andare dove?”
“Facciamo
solo un giro dell’isolato, Aurora.”
“Oh.”
“E’
la prima guida, serve solo a farti prendere confidenza con l’auto.”
“Ho
capito.”
“Hai
messo la freccia?”
“Sì.”
“Adesso,” mormorò lui, placido “cerca di non
emozionarti.”
“In che senso?”
“C’è
uno stop, fra poco. Devi fermarti e dare la precedenza.”
“Va
bene.”
Aurora
avanzò ancora per qualche metro e poi non resistette più:
“Perché
mi hai detto di non emozionarmi?”
“Fai
finta che non l’abbia fatto, ti prego.” sospirò lui, supplicandola
con gli occhi.
“Ma
lo hai fatto.”
“Rallenta,
adesso.”
“Io
rallento ma tu lo hai fatto.”
“Rallenta
ancora, premi la frizione e frena.”
“Fatto.”
“Lo
vedo.”
“Siamo
fermi.”
“Com’è
giusto che sia dato che siamo ad uno stop.”
“E
adesso?”
“Aspetta
che non passi più alcuna macchina.”
“Dopo
quella verde la strada è libera.” mormorò Aurora.
“Metti
la prima.”
“La
prima cosa?”
“Marcia,
Aurora, marcia.” sussurrò Arturo “Ti stai emozionando.”
“Non
mi sto emozionando.” balbettò lei, mettendo la prima “Abbiamo una
fila di auto dietro, però, lo sai?”
“La
cosa non ti deve interessare.”
“C’è,
però.”
“Sterza
a destra e comincia ad accelerare, lentamente.”
Aurora
obbedì, premendo sull’acceleratore. E la macchina sussultò.
“Che
ha avuto? Cos’era, uno spasmo? E’ morta?”
“Si
è spenta.”
“Perché?
Perché si è spenta?”
“Aurora.” la richiamò lui “Tranquilla. Riproviamo. Accendi la macchina.”
“Abbiamo
sempre la fila di auto dietro.” ribadì lei, eseguendo.
“Ignorale.”
“Non
sono piccole, sai?”
“Sanno
che sei una principiante, non daranno problemi.”
“Le
stiamo infastidendo, però.”
“Premi
la frizione. Dai gas.” mormorò placido Arturo “Piano.”
“Lo sto facendo. Lo sto facen...”
La
macchina sussultò.
Aurora
imprecò.
“Si
è spenta di nuovo!” sbottò, gli occhi lucidi “E’ difettosa,
Artù!”
“Non
è difettosa.”
“Sì
che lo è: si è spenta!”
“E’
un gioco, okay? Un gioco di frizione e acceleratore.”
“Al
diavolo.”
“Riprova.”
“Io
accendo la macchina, ma la fai partire tu.”
“Con
calma, ci puoi riuscire.”
“Non
mi interessa, va bene? Posso vedere l’espressione di quello dietro nello
specchietto.”
“E
allora?”
“E
allora è compassionevole! Ho paura che fra un po’ scenda per aiutarmi.”
“Aurora...”
“L’ho
accesa, falla partire.”
“Prova
ancora.”
“No.”
Arturo si
massaggiò le tempie, quindi aprì il finestrino e fece segno alle altre macchine
di superarli.
Quando
rimasero soli si voltò verso la ragazza:
“Prova
di nuovo.”
“Sono
negata.”
“Prova.”
“Oh,
per l’amor del cielo!” sbottò lei, esasperata “Certo che sei
di coccio! Duro da morire, ragazzo mio! Com’è che sei
così testardo?”
La
macchina partì docile, svoltando a destra.
Aurora si
zittì.
“Visto
che ce l’hai fatta?” sorrise Arturo, indicandole di proseguire
diritto “E’ tutta una questione di frizione, credimi. Una volta
imparato il giochino non avrai più problemi.”
“Sei
stato tu, ammettilo.” sussurrò lei, lanciando un’occhiata ai piedi
del ragazzo.
“Guarda la strada.”
“L’hai
fatta partire tu.”
“Eri talmente distratta da non accorgerti di quel che facevi: sei stata
tu.”
“Non
è vero.”
“E’
vero. Come è vero che ti sei emozionata.”
“Colpa
tua.”
“Dici?”
“Mi
avevi detto di non emozionarmi e io mi sono emozionata per reazione.”
“Capisco.”
“Accondiscendi
come si fa con i pazzi?”
“Gira
a destra.”
“Non
sono pazza.”
“Non
l’ho mai detto.”
“Lo
stai pensando.”
Arturo
sorrise, lanciandole un’occhiata veloce:
“Che
c’è?” saltò su lei “Che sto sbagliando?”
“Niente.
Metti la seconda.”
“Devo
premerla la frizione?”
“Sempre,
quando cambi marcia.”
“Perché
mi guardavi?”
“Nessun
motivo.”
“Ho
i capelli sconvolti?”
“Rallenta.”
“Perché?”
“Siamo
arrivati.”
Aurora si
guardò attorno e con sconcerto riconobbe la scuola guida.
“Oh.”
“Freccia
a destra e accosta.”
Obbedì, il piede che premeva a fondo sul freno.
La macchina si fermò di colpo, come singhiozzando.
“E
ora?”
“Alza
il freno a mano, metti in folle e spegni la macchina.”
Una volta
zittito il rombo del motore Aurora sospirò, reclinando il capo
all’indietro.
“E’
stato faticoso.”
“Sei
troppo tesa.”
“Rischiavo
la vita di entrambi, è una consapevolezza non indifferente.”
Arturo
scosse la testa, roteando gli occhi:
“Devi
semplicemente fidarti di me.” mormorò, scendendo dall’auto.
Aurora lo
imitò, restituendogli le chiavi:
“Quando
ci vediamo di nuovo?” chiese con un filo di voce.
“Quando
vuoi tu.”
“Domani?”
“Domani
va bene.”
Aurora
annuì, mordendosi il labbro e accennando un sorriso:
“Potresti
metterti una qualche protezione, la prossima volta.”
“Devo
coglierci un doppio senso?” ghignò Arturo, incamminandosi verso la scuola.
“Cosa?
No! Io... intendevo qualcosa come un giubbotto antiproiettile o...”
“A
domani.” la interruppe lui, facendole ciao con la mano.
Aurora ricambiò e infilò le mani gelate nelle tasche della giacca.
Porca,
pensò, avrebbe finito per ucciderlo davvero.
§
Devo dire: la scelta era fra il
continuare a studiare e il pubblicare il nuovo capitolo.
Non so come mai, ma l’idea di postare questa sciocchezzuola mi sembrava
improvvisamente molto più allettante. ^^
C’è da dire che la linguistica generale è davvero molto noiosa.
Oltre ciò, speravo che qualcuno di voi, dopo averlo letto (o averci almeno
tentato) si sarebbe mosso a compassione e quindi
deciso a prendermi a sprangate pur di farmi tornare a studiare. Dite che lo
fareste per me?
Sproloqui a parte, un grazie a chiunque sia arrivato fin qui,
alla prossima,
Sara