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Autore: mairileni    23/01/2013    10 recensioni
«Io odio arrabbiarmi con te, lo sai questo?»
«Sì.»
«E... ti sarai accorto che non è un grande periodo per me e la mamma, sì?»
Faccio sì con la testa.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ciao a tutti! ♡
Come va?
How are you?
Comònsa va? *pwo_ non ha mai studiato francese quindi scrive come si pronuncia, attaccando le parole a suo piacimento*
 
Intanto scusatemi tutte per la lentezza ad aggiornare, è stata una settimana un po' faticosa *_*
 
Poi vorrei ringraziare tutte voi che avete recensito, siete davvero tantissime, non me lo sarei mai aspettata! X) che onore! Grazie davvero ad A li, neurodramaticfool, Linnea, PallinaRosa, LadyInRed, Tessa_Fix e PwoperFish ♡, spero di continuare ad interessarvi!
 
Buona lettura, noi ci vediamo più giù! *v*
 
pwo_


*** *** ***


Matthew, sforzo inutile
 
 
 
Domenica, 7 giugno 1992
 
 
«--Non lo so, Marilyn!»
«Cosa ti costa, George, eh? Cosa ti costa, per una buona volta nella tua vita, farlo contento?»
«Mary, cazzo, gli ho proposto di organizzare la festa più grandiosa che ci sia, di invitare chi vuole, di conoscere nuova gente, che...che cosa devo fare di più?»
«Oddio - quello che a lui interessa è altro! Come fai a non arrivarci?»
«Marilyn, mi ha chiesto di fare un picnic! Un picnic, ti rendi conto?»
«E allora? Avresti preferito che ti chiedesse di organizzare un'orgia?»
«Ma che discorsi sono? Paul, al--»
«George, ne abbiamo già parlato, mi sembra. Non puoi paragonare Matthew a Paul, sono troppo diversi, che a te piaccia o no.»
«Marilyn, mi stai facendo incazzare! Non li sto paragonando, lo sai che li amo entrambi allo stesso modo!»
«E allora spiegami perché ti scandalizzi tanto all'idea di organizzare un picnic!»
«Non è per quel picnic di merda!»
 
Mi sento morire.
 
«E allora qual è il problema? Che cosa ha fatto di male?»
«Nulla! È proprio questo il punto! Matthew non fa nulla! Ti rendi conto che trascorre le sue giornate sempre con la stessa persona, o a suonare, o a leggere?»
«E allora, George? E allora? Va bene a scuola, non ci dà mai problemi, fa quello che deve fare, è intelligente, cosa--?»
 
La voce di mia madre trema sotto il peso di un pianto che fatica a trattenersi, lo percepisco chiaramente.
 
«Marilyn, io sono preoccupato per lui!»
«Non sei preoccupato, sei impazzito, George! Perché mai dovresti essere preoccupato?»
«Perché io provo ad avvicinarmi a lui, a dargli conferme, e quando parla con me sembra quasi...quasi-- imbalsamato!»
 
Ascolto.
 
«La verità è che ti rode il culo ad ammettere che sei tu, il problema, e non lui! Non ci sei mai, George!»
«Non dire cazzate, Marylin, ricordati che senza di me non riusciresti a tirare su neanche uno dei nostri figli!»
 
Le grida scalpitano sotto ai sussurri, che diventano acuti e strozzati, quel tanto che basta a non farsi sentire.
Da Paul. Perché io sono qui e sento benissimo.
E mio padre impreca, e mia madre piange.
E ascolto il silenzio, che si protrae per qualche secondo, finché una voce arrochita dalla tristezza non lo spezza nuovamente.
 
«Al suo decimo compleanno ti ha chiesto di andare al luna park insieme. E tu non c'eri. Quando è stato investito da quella macchina ha passato due notti in ospedale. E tu non c'eri.»
«Non azzard-- non era nulla di grave!»
«Alla festa di natale della scuola quando ti ha dedicato quel cazzo di pezzo al piano stava per vomitare dall'emozione. E tu non c'eri.»
 
Silenzio, silenzio, silenzio.
 
«Ora ti è più chiaro, George?»
«Quindi il problema che ha causato tutto questo casino secondo te sarei io?»
«No. Il problema che ha causato tutto questo casino siamo noi. Io e te. Ma ciò che ti ha portato a non avere rapporti con tuo figlio sei solo tu!»
 
A non avere rapporti con tuo figlio.
 
Non ho rapporti con mio padre.
 
«Marilyn, porca puttana, Matthew è lo zimbello di tutta la città, vuoi aprire gli occhi?»
«No-- non...»
 
Mia madre scoppia in lacrime, mio padre impreca.
 
«Basta, George! Ora è davvero troppo! Non ti permetto di parlare così di mio figlio!»
«Matthew è anche mio figlio, nel caso non te ne fossi accorta! E credo che tra noi chi ha più intenzione di farlo crescere felice sia io!»
«Ah, sì? E come? Dicendogli tutto ciò che pensi ma non hai le palle di dirgli? Dicendogli che il picnic è da ritardati? O dicendogli che ha un taglio di capelli da sfigato?»
 
Mi tocco i capelli abbracciandone con le dita una lunga ciocca, dalla radice alla punta.
Troppo lisci, troppo lunghi, e me l'hanno detto un milione di ragazzi, a scuola, mi pareva sciocco, superficiale, ma ora li odio, e vorrei solo rasarmi a zero, poi nascondermi e poi uscire allo scoperto e farmi vedere da mio padre, per dirgli guarda, li ho tagliati, ti piaccio ora?
 
Mia madre continua a parlare, combattendo il pianto, mentre le mie guance si bagnano di acqua e di sale, piano, pianissimo.
 
«Tu non-- non lo conosci nemmeno. Non sai nulla, di lui, meno ancora che di Paul. Non sai nulla, di Matthew. Lo sai che ha buone probabilità di vincere una borsa di studio? Lo sai che il suo sogno è andare a vivere a Londra? Lo sai che ha iniziato a suonare il piano solo perché tu gli hai detto di farlo? Lo sai che uno stronzo di nome Chase Wayne lo ha quasi ammazzato di botte, la scorsa settimana, a scuola?»
«...»
 
Non lo sai, papà, è inutile che stai zitto.
 
Riattacco entrambe le mani alla sbarra della ringhiera, stringendomici contro finché non fa male, inspirando forte l'odore metallico e asciugandomi le lacrime perché fa freddo, con la faccia bagnata.
 
«Lui ha-- ha smesso di mangiare, l'ho intravisto mentre si cambiava, l'altro giorno. È magro da far paura, ma non lo ammette, e io--»
«Mary, io ti prometto che ci sarò, ok?» il tono calmo e confortante «Dammi tempo fino a Domenica. Domenica metterò le mie valigie fuori da questa casa, mh? Abbiamo deciso così e così sarà.»
«Non-- non è questo il punto, George. Lo so, che ci sarai. Ma i ragazzi, io non so neanche come dir--»
 
I singhiozzi convulsi spezzano le parole di mia madre e rimbalzano sulle pareti della cucina, che li affila e me li scaglia contro, in faccia, nel petto, nelle ossa.
 
Abbiamo deciso. 
Così sarà.
Domenica metterò le mie valigie fuori da questa casa.
 
Mi dimentico di come si faccia a respirare, affogando nelle mie stesse lacrime, che ormai mi rendono cieco e cadono, piano, piano, piano, pianissimo.
 
«A loro parleremo insieme, sono in gamba, capiranno. Sarebbe peggio andare avanti così, Mary.»
la sua voce soffocata da qualcosa, che credo sia mia madre.
La sta abbracciando, immagino.
 
Smetto di ascoltare e ho freddo, tanto freddo.
Potrei morire di ipotermia, e mi stringo ancora per qualche secondo contro la ringhiera, come se fosse un amico, come se fosse Dom, prima di alzarmi piano, in silenzio, per tornare in stanza.
 
Non è giusto.
 
 
***
 
 
«Vuoi dei biscotti?»
 
Oh, povero me, ci risiamo.
 
«Matt, ti ho chiesto se vuoi dei biscotti.»
«Eh? No. Ah-- sì, grazie. Sì. Molti. Molti biscotti.»
«Er...o-ok. Sicuro di stare bene?»
 
Gli scarico addosso un'occhiata perplessa mentre lui annuisce deciso, un po' troppo a lungo, e mi alzo dal letto per andare in cucina.
 
Matt è il tipo di persona che non si preoccupa mai delle conseguenze delle proprie azioni. Non sarebbe una cosa terribile, se non fosse che, la maggior parte delle volte, nelle suddette azioni pensi bene di coinvolgere anche il sottoscritto. 
Stamattina - per non andare troppo lontano - ha preso a tirare i sassolini della ghiaia costeggiante la strada contro la mia finestra finché non mi sono svegliato.
 
Tutto questo alle otto. 
Di domenica
 
Pochi minuti fa ho quindi scoperto che Matt è anche il tipo di persona capace di ignorare qualsiasi tipo di insulto, anche il più cattivo, sorridendo e dicendo ciao, facciamo colazione insieme?
 
Scuoto la testa, pesantissima a causa delle mancate ore di sonno, mentre dispongo su un piattino i biscotti - ecco, questi sono i suoi preferiti -, un po' di latte e dei dolcetti (mezzi spiaccicati perché prima ho fatto cadere la scatola). 
A Matt non è mai piaciuta la colazione all'inglese.
 
«Ecco qui. Latte, biscotti e dolci.»
Matthew stacca il naso dalle foto attaccate al muro che stava osservando interessato, sorridendo beffardo.
«Grazie. Eri carino, da piccolo.»
«Lo so.» replico, divertito.
«Mh...»
«Che c'è?»
«No, nulla. È che ora sei un cesso.»
«Che cos--? Brutto--»
Parte la sua risata mefistofelica, mentre io afferro un cuscino dal letto e lo lancio nel punto in cui si trova, mancandolo inaspettatamente. Matt ride ancora,  la voce acuta come quella di una donna.
«Rimangiatelo!»
Altra risata, altro cuscino lanciato che non lo sfiora neanche.
«È inutile che cerchi di colpirmi, Howard! Sono un ninja!»
«No, Bells, non sei un ninja, sei un imbecille!» urlo, ma sto ridendo anch'io «E ora rimangiati tutto!»
«Mai! Prova a prendermi, mezza sega!» grida, iniziando a muoversi a scatti in modo ridicolo.
Lancio l'ultimo cuscino, prendendolo in piena faccia e stordendolo quel tanto che basta a bloccarlo seduto contro il muro e iniziare a fargli il solletico alla pancia.
«Aiut-- no, Dom-- puahahaha ti preg-- no, no-- pfffahaha--»
«Allora?» chiedo minaccioso, senza fermare i movimenti delle mie mani.
«I-- puahahaha smettil-- rimangio tutto, rimangio tutto!»
 
Lo abbandono squallidamente ansante sul pavimento a riprendere fiato, sedendomi sul letto e pucciando un biscotto nel mio latte freddo.
«Ora posso sapere il perché della tua improvvisa, inaspettata, inopportuna, fastidiosa--»
«--visita?» conclude per me, gattonando fino ai piedi del letto e prendendo il suo bicchiere dal comodino.
«Sì.»
«Volev-- ma è freddo, il latte?»
«No, il tuo l'ho scaldato.» lo rassicuro, con un tono falsamente annoiato.
«Ah, ecco!» esclama, con un sorriso da orecchio a orecchio. 
Inizia a sorseggiare il bianco tenendo il bicchiere con due mani e appoggiandosi con la schiena al letto, gli occhi sgranati, fissi davanti a sé.
«Allora?»
«Non so. Mi andava.»
«Matt, mi hai svegliato alle otto di mattina! Ho pensato di ucciderti, per i primi dieci minuti!»
Lui assume un'aria scandalizzata.
«È questa la tua dimostrazione di gratitudine per averti detto che hai dei bei capelli?»
«Cos--? Non mi hai mai detto che ho dei bei capelli!»
«Sono tipo un po' biondi un po' castani...» addenta un muffin al cioccolato «sono a strisce. Tipo le tigri! Ah, a proposito, torna il circo, giovedì. Sempre lo stesso. Ci andiamo e prendiamo per il culo il tizio che non riesce a stare in equilibrio sulla palla, sì?»
«Grandioso, d'accordo!»
 
Ripenso soddisfatto al circo.
...Aspetta un attimo.
 
«Hey, noi stavamo parlando del motivo per cui sei qui! Stavo per cascarci ancora!»
«Sì, stavi per cascarci ancora. Oltre che brutto, sei anche stupido.»
Risata acuta.
«Ah, ha parlat-- no, basta! Perché sei qua, Bells?»
«Non lo so, te l'ho detto!» dice, scrollando le spalle e sorridendo.
Ha qualcosa di strano, oggi.
«Matt, è tutto ok?»
«Sì! Ascolta, ci sono altri biscotti?»
«Mh...eh?-- Ah, sì, aspetta. Da quand'è che hai iniziato ad essere famelico?»
«Non so. Oggi ho fame!» sorride.
 
Non mi convinci per niente, Matt.
 
 
***
 
 
Seguo con gli occhi le gambe di Dom che si muovono veloci per andarmi a prendere qualcos'altro da mangiare e inspiro profondamente il profumo di bucato proveniente dal lenzuolo sul suo letto.
 
Inspiro, espiro, inspiro, espiro, raddrizzando la schiena, combattendo il senso di nausea che mi attanaglia lo stomaco, ripetendomi che non sarà così difficile, prendere un altro muffin, se lo mangio piano.
 
«Ecco.» la voce di Dom alle mie spalle.
 
Faccia esageratamente entusiasta.
Fatto.
Girarsi mostrando estrema contentezza. 
Fatto.
 
«Grazie grazie grazie!»
 
Addento la pasta dolce, stucchevole, pesante, con raccapriccio, non sapendo se smettere di fingere di sorridere o tirare ancora di più le labbra.
 
«Matt?»
«Sì?»
 
 
***
 
 
«Matt?»
«Sì, Dom, dimmi, ti ho sentito!» esclama sorridendo, le parole un po' impedite dal dolce che ha in bocca e tra le mani.
«Matt, dai...basta.»
«Basta cosa?»
«Smettila di mangiare.»
«Perché? Ho fame!» altro sorriso.
«Matt.»
 
Finisce in un ultimo morso il suo muffin, ma deve aver fatto male i suoi calcoli, perché è troppo grande per la sua bocca.
«Matt.»
Annaspa un po', muovendo la testa in sincronia con il movimento che i suoi denti compiono per masticare, come se aiutasse. Riesce a riprendere il controllo.
 
Sorride ancora.
 
«Matt, ti stai sforzando inutilmente.»
È seduto sul pavimento dal quale non ha accennato a spostarsi.
Mastica stancamente, piano, fino a buttare giù con un lungo sospiro.
 
Sorride ancora.
 
E sorride ancora quando mi accorgo che i suoi occhi sono gonfi, la bocca deformata da tremori continui, le guance bagnate e le mani sui capelli, per spettinarli, stravolgerli, accarezzarli forte.
 
«M-Matt.»
«No, scus--» si piega in due, spezzato dal pianto, accartocciandosi su se stesso in un rantolo silenzioso.
«Matt.» bisbiglio, accostandomi a lui, avvolgendolo con un braccio e stringendo forte.
«Scusa--»
«Hey, non devi chiedere scusa, Bells.»
Appoggio le mie labbra tra il suo collo caldo e la sua spalla, tenendole immobili, tacita conferma del mio essere lì. Sempre.
I singhiozzi iniziano a farsi sentire, sempre più violenti, sempre più scomposti.
 
E chissà da quanto ti trattenevi, Matt.
 
«Scusa, scusa, scusa--» la voce rotta.
«Non devi scusarti, Bells. Sfogati. Io sono qui.»
 
 
 
*** *** ***
 
 
 
 
Ehe. *compare* Ecco. Non so che dire, è stato un capitolo abbastanza naturale, da scrivere; ora sta a voi dirmi se vi è piaciuto o meno! Se avete un minuto, fatemi sapere! ♡
Cheers e grazie di essere arrivate qui *v*,
 
pwo_
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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