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Autore: CowgirlSara    24/01/2013    2 recensioni
La pace era una sensazione stranissima. Era un qualcosa di bellissimo e fragile che ricopriva tutto come una coltre di brina. Sì, una specie di mattina invernale. Solo che adesso era estate e le battaglie, le perdite, i peccati, i sogni infranti erano veri. Il dolore era reale, ma era come se contasse e pesasse meno di quella pace finalmente raggiunta.
Dal Cap.2: La prima cosa di cui Milo si accorse fu che era sempre uguale, come se il tempo l’avesse, per qualche misterioso motivo, ignorata, nel suo scorrere indifferente.
Genere: Commedia, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo Aiolia, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Rising - Back to the Sanctuary'
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WYA - 2
Bene, ecco il secondo capitolo.
Spero che la trama diventi un po’ più interessante per i lettori e che vogliate lasciare un commento, visto che il primo capitolo ha avuto molte letture ma zero recensioni…
Fate uno sforzino, mi farebbe molto piacere!

Buona lettura!
Sara

- Capitolo 2 -

I ask of you nothin’, not a kiss not a smile,
Just open the door and let me lie down for a while
(The hitter – Bruce Springsteen)

“Allora, un po’ te la ricordavi, la strada.” Fece Ioria, mentre costeggiavano con la macchina il poderoso muro di cinta del Santuario di Zeus; oltre, dopo un fitto e ampio bosco, sorgeva lontana una dolce collina verdeggiante, sulla cui sommità, nascosto dalla vegetazione, si trovava il Tempio.
“Sono un po’ troppo giovane per essere del tutto rincoglionito.” Ribatté sarcastico Milo.
“Beh, sai…” Dichiarò subito l’amico. “…visto come ti sei presentato al tuo ritorno ad Atene, sospettavo che ti fossi fumato anche il buonsenso…”
Milo girò il capo annuendo compiaciuto. “Ma complimenti!” Esclamò quindi. “Stiamo diventando spiritosi!” Aggiunse, tornando a guardare la strada con un sorriso.
“Mai quanto te!” Ribatté l’altro sorridendo.
“Come mai sei voluto per forza venire con me?” Domandò Milo, dopo qualche attimo di silenzio; non lo guardava e teneva le mani strette sul volante.
Ioria, invece, aveva gli occhi fissi sul cancello che era appena comparso in fondo al viale. “Avrei dovuto farlo quando tornai dal Giappone, ma fui avventato e volli affrontare il Gran Sacerdote, questo stava per compromettere ogni cosa…” Confessò mesto. “Se non è troppo tardi, adesso devo chiederle perdono.”
“Capisco.” Fece l’altro, mentre rallentava; arrivati in prossimità del cancello, mise la freccia ed entrò nel vano che precedeva l’entrata, quindi si soffermò.
“Aspettami qui.” Gli disse Ioria scendendo, ma Scorpio lo seguì meritandosi un’occhiataccia.
I due cavalieri si avvicinarono alla guardiola, dove c’erano due uomini vestiti di un’uniforme blu simile a quella delle guardie giurate, ma senza mostrine.
“Chi siete e cosa volete?” Gli domandò sbrigativo uno dei due.
“Sono Ioria Cavaliere di Leo e lui è un mio compagno, Milo Cavaliere di Scorpio.” Rispose il ragazzo castano. “Chiediamo di essere ricevuti dalla Gran Sacerdotessa.” Aggiunse.
“Sua Eccellenza ha dato ordine di non far passare nessuno, non desidera ricevere visite in questi giorni.” Dichiarò deciso il soldato.
Ioria e Milo si scambiarono un’occhiata, poi il primo tornò a guardare la guardia. “Volete, ad ogni modo, avvertire Alexandros che siamo qui?”
L’uomo lo fissò dubbioso per un attimo, poi, senza dire una parola, si ritirò nella guardiola e prese il telefono.
“Chi è questo Alexandros?” Domandò Milo, facendo voltare l’altro cavaliere.
“Perché non mi aspetti in macchina?” Ribatté Ioria; gli rispose soltanto un sorrisetto retorico che annunciava la mancata accoglienza della proposta.
“Potete passare.” Gli comunicò in quel momento il soldato, mentre il suo compagno dava l’impulso per l’apertura del cancello.
Quando furono risaliti in macchina, Scorpio guardò Ioria con la classica espressione di chi vuole fare un commento; l’altro lo incitò con un’alzata di sopracciglia.
“Uno che conta, questo Alexandros.” Affermò ironico Milo.
“Pensa a guidare, va.” Sbottò Leo infastidito, poi incrociò le braccia, guardando avanti.

Erano quasi le sette quando attraversarono il secondo cancello e c’era quella bella luce delle sere d’estate, quando il sole comincia a calare e si trova refrigerio dalla calura del giorno. Gli unici suoni, mentre percorrevano la strada costeggiata da oleandri e fichi d’india, erano quello della macchina, che procedeva lenta, ed il canto degli uccelli. Lontano, nei campi a terrazza, si vedeva ancora qualche contadino che terminava il lavoro del giorno.
La vegetazione ai lati della strada, ad un certo punto, cominciava ad infittirsi e presto gli alberi sostituirono gli arbusti, finché, presso il terzo cancello, videro torreggianti eucaliptus che, con le loro fronde folte ed i tronchi poderosi, nascondevano alla vista le costruzioni del Tempio.
Lasciarono la macchina e proseguirono a piedi oltre il cancello. Un pantheon di piccoli templi, dedicati alle più importanti divinità greche, formava un semicerchio attorno al Tempio principale. C’erano fiori dappertutto e un silenzio quasi irreale.
“Non mi ricordavo quanto fosse bello questo posto.” Affermò Milo a bassa voce, guardandosi intorno.
“Nemmeno io.” Confermò Ioria, facendo altrettanto; poi vide un servitore ad aspettarli sulle scale della Casa di Zeus e l’indicò al compagno.
“Devo accompagnarvi.” Gli annunciò il ragazzo, quando furono saliti; loro annuirono e lo seguirono dentro.
Il servitore li guidò lungo i corridoi semibui e freddi del Santuario; non c’era segno di vita, a parte i loro passi, come se le attività umane del tempio si svolgessero sottovoce, altrove. Entrambi i cavalieri pensarono che questo fosse chiaro segno che la Sacerdotessa sapeva di Camus, ma sarebbe stato difficile il contrario. Sapevano anche quanto i suoi sudditi adorassero quella donna e, quindi, era logico che condividessero il suo dolore e lo rispettassero.
Il ragazzo li fece salire al primo piano, dove si trovava un salotto non molto grande, ma arredato con gusto; l’unica luce proveniva dall’esterno, dove il sole cominciava a rosseggiare. I due giovani si guardarono intorno. C’erano solo pochi mobili, antichi e preziosi, e un grande tavolo rotondo, due divani chiari, alcuni quadri, ma era una stanza accogliente.
Milo si mise a guardare un quadro appeso sopra il caminetto; lo aveva riconosciuto subito: era la stampa delle ballerine di Degas che stava in casa di Nikolais. Sorrise.
“Benvenuti.” Fece una voce giovane alle sue spalle, spingendolo a voltarsi.
Chi aveva parlato era un adolescente alto, dal fisico atletico; i lunghi capelli biondi, che portava sciolti, gli ricadevano sul viso un po’ scomposti, ma se li scostò, rivelando due grandi occhi color oceano ed un bel viso ben disegnato. Milo non lo conosceva, ma, immediatamente, ebbe come l’impressione che somigliasse a qualcuno. Questo almeno finché Ioria non gli si avvicinò e lui si accorse che i loro occhi erano praticamente uguali.
“Alexandros…” Mormorò Leo prendendolo per le braccia con delicatezza; si fissarono.
E così questo era il famigerato Alexandros… Chissà perché Scorpio si era immaginato un pomposo segretario con la tunica ben stirata, non certo un ragazzino qualsiasi in jeans e scarpe da ginnastica. Qualcosa, però, gli diceva che questo non era un ragazzino qualsiasi…
“Lo ha già saputo, non è vero?” Chiese Ioria ad Alexandros.
“Sì.” Rispose lui. “Lo ha saputo… subito, e anch’io.” Questa affermazione fece incuriosire Milo, che continuò a fissarlo con più concentrazione.
“Lei come sta?” Continuò il cavaliere di Leo; il ragazzo chinò il capo.
“Lo sai com’è…” Fece poi. “…all’apparenza è così forte, ma io lo so che sta male.” La sua voce si era fatta appena più appannata.
“E tu…” Riprese Ioria, stringendo un po’ la presa. “Come stai tu?”
Alexandros alzò gli occhi lucidi in quelli del cavaliere e, in quel momento, Milo colse la somiglianza in maniera inequivocabile. Erano parenti… ma come…
“Io… come vuoi che stia?” Dichiarò il ragazzo con voce stanca.
Il gesto successivo stupì Milo che, conoscendo Ioria, non si sarebbe mai aspettato una scena simile; di solito non era un tipo molto espansivo, ma stavolta abbracciò d’impeto il ragazzo, che rispose con calore.
“Che cosa ci fai qui?” Domandò Alexandros, ancora stretto a lui; Ioria lo scostò appena, giusto per guardarlo negl’occhi.
“Sai quel che è successo al Santuario di Atena?” Lui annuì. “Ora sono consapevole dei miei errori e sono qui per chiedere perdono a te e tua madre, se vorrete concedermelo.” Continuò accorato. “Voi due siete tutto ciò che mi è rimasto, spero con questo di riuscire a ritrovarvi…”
“Tu non ci hai mai perduti, Ioria.” L’interruppe Alexandros. “Dovevi solo capire, noi sapevamo che saresti tornato.” Il cavaliere lo abbracciò di nuovo, sorridendo.
“Vuoi andare, per favore, a dirle che siamo qui?” Chiese poi al ragazzo, che annuì e si allontanò.
“Sua madre?!” Sbottò a quel punto Milo, costringendo il compagno a voltarsi. “Mi vuoi spiegare che significa, Ioria? La Divina Elettra ha un figlio?” Continuò incredulo Scorpio.
Leo sospirò ed abbassò il capo. “Sì, è mio nipote… il figlio di Aioros.”
Milo spalancò gli occhi allibito. “Cosa?!” Esclamò.
Ioria lo guardò aggrottando la fronte. “Vuoi dirmi che Camus non ti ha mai detto nulla?”
“Santo cielo, no!” Rispose l’altro cavaliere posandosi le mani sui fianchi. “E tu? Perché hai taciuto, sei sempre stato fedele al Gran Sacerdote…”
“L’ho fatto per lui, per Alexandros.” Rispose serio, mentre si avvicinava alla finestra; scostò la tenda ed uscì sul balcone, Scorpio lo seguì. “Rappresentava l’ultimo legame con mio fratello ed era solo un bimbo innocente, temevo che lo avrebbero perseguitato, se avessero saputo della sua esistenza, così ho taciuto.” Confessò, mentre poggiava le mani sulla balaustra di marmo. “Quanto a Camus…”
“Lui amava Elettra più di ogni altra cosa, lei gli ha chiesto di tacere e lui lo ha fatto.” Anticipò Milo, poggiandosi di schiena contro il parapetto.
“Immagino che sia così.” Commentò l’altro cavaliere, continuando a fissare il tramonto.
“È così.” Confermò una voce femminile.
Lei era comparsa come un fantasma sulla soglia del balcone, senza fare rumore, guardava Ioria con espressione triste e si torceva piano le mani, con vago nervosismo.
La prima cosa di cui Milo si accorse fu che era sempre uguale, come se il tempo l’avesse, per qualche misterioso motivo, ignorata, nel suo scorrere indifferente. Alta e bellissima, con quel profilo nobile che ricordava una statua di Fidia. Era, però, anche chiaramente segnata dal dolore, il colorito era cereo e anche i suoi occhi erano diventati più tenui e scuri, simili all’azzurro pallido della tunica che indossava.  
“Ioria…” Mormorò; anche la sua voce era sempre la stessa, forse appena un po’ più roca.
“Elettra…” Fece il giovane avvicinandosi, ma poi si fermò e s’inginocchiò davanti a lei. “Sono qui per chiederti perdono.” Proclamò solenne, a capo chino. “Ho commesso molti errori ed ho indugiato in errate valutazioni, perdendo la tua fiducia, ma tu sai che un tempo ti amavo come una sorella e devi sapere che nel mio cuore è ancora così.”
“Alzati, Ioria.” Gli ordinò con tono incolore, quando lo fece si guardarono negl’occhi. “Io non ho niente da perdonarti, tu non hai responsabilità per quello che è successo e devi smetterla di addossarti colpe che non sono tue.” Continuò, con gli occhi che si facevano lucidi. “Sapevo che Atena sarebbe tornata e che quel giorno avresti capito, è merito di tuo fratello… il suo sacrificio ha salvato anche te.” Concluse con voce tremante, mentre una lacrima solitaria solcava il suo viso.
“Non so che cosa dire…” Mormorò il cavaliere, ed era vero, il groppo nella sua gola si era fatto serrato e sentiva di non poter trattenere ancora le lacrime.
"Non dire niente." Gli consigliò Elettra abbracciandolo. "Ti voglio bene, Ioria." Sussurrò poi, stringendolo a se; lui fece altrettanto, commosso.

Elettra si allontanò dal cavaliere qualche attimo dopo, facendogli una carezza sul viso, quindi si accorse dell’altro ragazzo; lo fissò per un istante, con espressione interrogativa, poi sorrise appena.
"Milo…" Mormorò sorpresa, lui rispose al sorriso.
"Divina Elettra." Salutò poi, con un inchino del capo; la donna si avvicinò.
"Che piacere rivederti, dopo tanto tempo." Gli disse dolcemente, prendendogli le mani.
"Anche per me, credetemi." Rispose il ragazzo. "Non siete cambiata per niente." Aggiunse poi, osservando da vicino il suo viso dai tratti decisi.
"Hm…" Fece lei roteando gli occhi. "…il tempo ama i Capricorni…" Commentò.
"È proprio vero." Sottolineò Milo, si scambiarono un altro breve sorriso.
"Sapevo che eri tornato." Affermò la donna. "Dimmi di te, come…" Si fermò appena prima di domandargli come stava, era una richiesta inutile, come poteva stare? Il suo migliore amico era morto da poche ore. Stava come lei. Rimase in silenzio.
Le due coppie di occhi celesti si fissarono per un lungo istante, con intensità, e Milo capì cosa lei stava provando. Erano uguali loro due. Segnati da un dolore che non si poteva spiegare. Avevano perso l’amore. Forse il loro modo di reagire era diverso, ma si comprendevano in un modo che gli altri non potevano capire. Quando Milo sentì arrivare la commozione abbassò lo sguardo.
"Tutto sommato… non mi posso lamentare." Rispose, senza aspettare che lei si correggesse, ma le strinse appena le mani nelle sue ed Elettra seppe quello che lui non le aveva detto.
"Sono felice che tu abbia deciso di venire." Gli disse la Sacerdotessa.
"Lo ritenevo mio dovere." Replicò lui, poi, prima che la donna lo lasciasse, le baciò la mano e lei gli sorrise.
"Restate a cena?" Domandò quindi Elettra, rivolta a Ioria.
"Io devo tornare al Santuario." Rispose subito il cavaliere di Leo, poi guardò Milo che lo fissava con la fronte aggrottata. "Devo parlarti un attimo… da soli." Disse poi al compagno.
"Va bene." Accettò Scorpio, seguendolo dentro dopo aver salutato Elettra con un cenno del capo.
La donna rimase sul balcone. Era ancora un po’ frastornata dall’aver scoperto, quasi all’improvviso, un tale livello di comprensione in un’altra persona. Certo, l’appoggio di suo figlio non le era mancato in questo lutto, ma sentiva che Alexandros non poteva capire del tutto. Milo sì. Il pensare al vuoto lasciato da Jean le provocava un senso di vertigine, ed era consapevole che il cavaliere di Scorpio sapeva perfettamente di cosa si trattava. Purtroppo.
Non poteva dire, in tutta coscienza, che fossero mai stati amici, lei e Scorpio. Elettra immaginava che nel passato lui la vedesse lontana e algida. Sapeva di dare questa impressione. Nemmeno lei, in verità, lo trovava simpatico, allora.
Voci concitate la distrassero dai suoi ragionamenti; si voltò indietro, verso l’interno del soggiorno, ma le voci non venivano direttamente da lì. Rientrò e vide, oltre la porta aperta, Ioria e Milo che discutevano nel corridoio. Li raggiunse a grandi passi con espressione torva.
"Che cosa state facendo?!" Li interruppe alzando la voce, loro si voltarono di scatto verso di lei. "Ma vi sembra il caso?" Aggiunse posando le mani sui fianchi.
"Stai tranquilla, Elettra." La blandì Ioria. "Stavamo soltanto avendo uno scambio di opinioni."
"A me sembra una discussione!" Intervenne Scorpio con espressione retorica.
"Ah, beh, certo…" Fece Leo voltandosi verso di lui. "…quando si ha a che fare con una testa dura come la tua, diventano discussioni per forza…"
"Ohhh, se si parla di teste dure, allora…" Ribatté sarcastico Milo.
"Tu…" Lo minacciò l’altro, brandendo l’indice.
"Mi volete dire cosa sta succedendo?!" Sbottò la donna, afferrando un braccio del ragazzo castano e attirando così la sua attenzione.
"Ma niente!" Esclamò lui. "È solo che io devo rientrare al Santuario di Atena e siccome non mi va di lasciarvi soli, gli ho chiesto se per favore poteva restare lui!" Spiegò, indicando il compagno con un gesto molle della mano.
"Senti, bello…" Replicò subito Milo. "…primo non me lo hai chiesto per favore e secondo, non capisco perché ci sia tanto bisogno di te al Santuario e non anche di un altro Cavaliere d’Oro, quale io sono." Fece indicandosi. "C’è per caso una gerarchia d’importanza della quale non sono a conoscenza? Fino alla sesta casa bravi e buoni e gli altri nel cesso?"
"Ma lo vedi che non mi fai mai finire un discorso?" Lo aggredì Ioria. "Non c’è verso con te, sei un prevaricatore!"
"Porca puttana! È perché i tuoi discorsi non hanno senso! Ma ti senti quando parli?!" Esclamò l’altro.
“Adesso basta.” Li supplicò Elettra, cui stava tornando il mal di testa; non era proprio dell’umore per ascoltare quei due litigare.
“No, non basta!” Replicò subito Milo; lei lo guardò incredula. “Io voglio capire perché lui ritiene la sua presenza al Santuario più necessaria della mia che sono un Cavaliere suo pari! Suo pari!” Pretese il ragazzo. “È una questione di principio!” Aggiunse compito.
L’ultima dichiarazione, nonostante non fosse proprio il caso, date le circostanze, fece venire da ridere ad Elettra, che cercò di trattenersi, coprendosi quasi metà della faccia con una mano.
“È molto divertente?” Fece, però, Milo, quando se ne accorse.
Lei alzò gli occhi e vide il ragazzo che la fissava con espressione seria e fronte contratta. “No, è che…” Cercò di spiegare la donna. “…è una frase che uso spesso anch’io e…”
Milo ritenne la faccenda priva di peso, quindi tornò a guardare Ioria. “Allora?” L’incitò.
“Guarda…” Esordì l’altro. “…è perfettamente inutile che cerchi di spiegarti la situazione.” Scorpio lo fissava cupo. “Saori deve darmi ancora molte spiegazioni, io ho la necessità di parlarle personalmente il più presto possibile, quindi…”
“Cosa ti dice che non debba chiederle qualcosa anch’io?” Ribatté Milo interrompendolo.
Ioria, a quel punto, voltò verso Elettra uno sguardo supplichevole; la donna sollevò sorpresa le sopracciglia, prima di rispondere.
“Perché guardi me? Io non c’entro niente.” Gli disse. “Quando eravate bambini potevo prendervi per un orecchio o riportarvi alla ragione con un calcio nel sedere, ma adesso siete adulti ed io non sono il re Salomone, risolvete le vostre questioni da soli.” Affermò poi, prima di dargli le spalle convinta ad andarsene.
Al cavaliere non restò che sospirare esasperato e voltarsi di nuovo verso l’antagonista, sapeva perfettamente che era inutile cercare di far cambiare idea a quella donna.
“Allora, che cosa fai, resti o no?” Domandò arreso al compagno.
“Resto.” Rispose Milo sorprendendolo. “Ma non perché me lo chiedi tu.” Aggiunse con tono irritante.
“Io ti… grandissimo bas…” Reagì Leo, alzando i pugni; Scorpio non gli rispose a parole, ma alzò l’elegante medio della mano destra, piegando, nel frattempo, le labbra nel suo famoso sorriso.
Elettra, che con la coda dell’occhio aveva assistito a tutta la scena, rientrò in soggiorno scuotendo la testa; quei due bisticciavano ancora come mocciosi, esattamente come quando lei e Aioros li dividevano da bambini. Bei ricordi.

CONTINUA

   
 
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