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Autore: weasleywalrus93    28/01/2013    4 recensioni
Cosa può succedere se la Liverpool del 1958 e la Liverpool a noi contemporanea venissero a contatto tramite due ragazzi? Di uno il mondo conosce il suo nome, la sua vita e i suoi ideali. Dell'altra invece il mondo non fa nemmeno caso, mettendola in disparte e oscurando ciò che potrebbe offrire al mondo. Ma dall'esterno non si può sapere quanto una persona, anche la più famosa, può venire influenzata da qualcuno che il mondo nemmeno vede.
(mia primissima FF... mi sono letteralmente buttata a scrivere)
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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One day, you'll know
I was the one
But tomorrow may rain, so
I'll follow the sun
And now the time has come
And so, my love, I must go
And though I lose a friend
In the end you will know
Oh-oh-oh
{I'll Follow The Sun}

 
Liverpool, 16 Novembre 1958/2012.
 
Era mattina e il silenzio regnava. Mimì doveva essere uscita presto, come al solito. Lei dormiva, la testa poggiata sul mio petto, un braccio che passava sul mio torace, la spalla sotto tensione per via delle mie mani che stringevano. Non sapevo perché, ma quella mattina ero ancora più riluttante a separarmi, anche solo brevemente, da lei. Con due dita le spostai un ciuffo di capelli che le copriva il viso. Non si svegliò. Mi avvicinai e la baciai sulle labbra. Dopo pochi attimi si svegliò e rispose al bacio.
 
-Mmm...-
 
-Giorno...-
 
Mi diede un bacio sulla fronte. Avevo una strana sensazione. Avevo paura ad aprire gli occhi. Era come il suo corpo fosse meno materiale al tatto. Strinsi ancora più forte il braccio attorno al suo addome, per paura che il suo corpo sparisse da un momento all'altro. Continuavo a tenere gli occhi chiusi.
 
-Nono signorina. Non mi incanti. Dai che sennò oggi non facciamo nulla...-
 
Mi alzai a fatica. La sua mano mi accarezzò tutto l'addome ed ebbi come la sensazione che alla fine avesse tirato la mia maglietta, come a non lasciarmi andare. Uscii dalla stanza passandomi una mano tra i capelli e arruffandoli ancora di più. Avevo bisogno di un caffè nero e molto forte.
 
Non riuscivo a muovermi. Sapevo che ormai ero alla fine. Stava per finire tutto. Di controvoglia aprii gli occhi per osservare un'ultima volta quella stanza che amavo tanto e dove erano successe tantissime cose. Riluttante mi alzai dal letto e cominciai a vestirmi. I vestiti sembravano molto più freddi di come erano in realtà. Sistemai anche le cose nel mio zaino, che subito dopo misi sulle spalle. Una busta bianca usciva appena dalla tasca anteriore. Sulla soglia mi voltai un'ultima volta a guardare la stanza. Le pareti erano tappezzate di foto di Elvis, un'anta aperta dell'armadio rivelava una chitarra nera e rossa, il pavimento era molto più libero senza le mie cose. Trassi un bel respiro prima di girarmi e scendere le scale, abbandonando quella stanza che un po ci aveva visto crescere. Scesi silenziosamente. Lo trovai in cucina che si preparava un bel caffè nero come piaceva a lui. Posai lo zaino per terra e infilai il giubbotto. Si voltò verso di me.
 
-Perché hai il giubbotto?-
 
Aveva lo sguardo fisso sul pavimento. Le mani infilate nelle tasche del giubbotto mentre spostava alternatamente il peso del corpo da una gamba all'altra. Feci qualche passo verso di lei. Per tutta risposta guardò fuori.
 
-Ti devo dire una cosa-
 
Strinsi le spalle e mi decisi finalmente a guardarlo in faccia. Mi guardava con aria confusa. Non mi fece nemmeno cominciare a parlare.
 
-Sei...? Per caso sei...? E' successo l'altra sera?-
 
-Cosa? Nono niente di tutto questo... O almeno... No non lo sono-
 
Mise subito le mani avanti come per discolparsi. Tirai un sospiro di sollievo. Mi guardava, cercando di comunicare con gli occhi che si facevano via via sempre più lucidi. Improvvisamente capii.
 
-E' ora vero?-
 
Il respiro si faceva sempre più affannoso. Il cuore rimbombava in petto come un tamburo. Si voltò verso la finestra, poggiò le mani sul davanzale e abbassò lo sguardo.
 
-Non c'è niente da fare?-
 
-John io...-
 
-Lascia perdere le tue solite scuse... Non avrai mai le palle di scegliere sulla tua vita-
 
-Ma non è una cosa che dipende da me!-
 
-NON DIPENDE MAI DA TE SE TI SI STA A SENTIRE-
 
Qualcosa cadde ai miei piedi, frantumandosi in mille pezzi. Non mi importava. Aveva sussultato alla mia reazione. Stava indietreggiando lentamente, mentre, inconsapevolmente, avanzavo verso di lei.
 
-Non posso decidere su una cosa del genere... Cerca di capire-
 
-L'unica cosa che mi stai facendo capire è che tu stai per andartene. Per sempre. Dopo quello che è successo-
 
-Doveva succedere così... Non spetta a me scegliere...-
 
-Non hai mai scelto nella tua vita. Hai sempre aspettato che fossero gli altri a decidere per te-
 
-In realtà ho fatto fuoco e fiamme per passare gli ultimi giorni qui con te!-
 
Qualcosa dentro mi diceva di dire tutto, senza pentirmi. La paura stava sparendo, sostituita forse da un pizzico di pazzia. Mi avvicinai a lui. Mi prese le spalle e le strinse a tal punto da farmi male.
 
-E allora scegli di restare qui. Potrai stare bene qui. Riesci a tenere testa a Mimì, hai fiuto per la musica, sei intelligente... Questo è il posto per te.-
 
Il volto rigato di lacrime. Mi guardava come se fossi pazzo. Scosse impercettibilmente la testa. Chiusi gli occhi quando le lasciai andare le spalle.
 
-Non ti voglio vedere più...-
 
Fu un colpo al cuore. Dovevo dirgli tutto. Tutto quanto.
 
-John ti prego ascoltami-
 
-LASCIAMI IN PACE!-
 
Mi afferrò il braccio. Con violenza lo scossi e finì sul pavimento. Gli occhi bruciavano.
 
-Non ti rendi conto di cosa mi stai facendo? Vattene!-
 
Di certo non gliel'avrei lasciata vincere. Dovevo dirglielo. Sapevo solo questo.
 
-John ti prego ascoltami. L'8 dicembre del 1980 non uscire di casa. Ti prego!-
 
-Perché? Cosa succederà?-
 
La mia voce era spezzata, ma comunque ironica. Le davo le spalle. Ci mise un po a reagire.
 
-Morirai-
 
-Beh sai che ti dico? Che non me ne fotte un beneamato cazzo! Anzi sai cosa farò quel giorno? Starò fuori tutto il giorno e magari mi farò ammazzare per una canna. Non è bello morire così? Almeno sarò io a decidere quando morire!-
 
Le sue parole fecero male. Molto male. Tornò a girarsi verso la finestra, poggiò le mani sulle ante chiuse e posò la testa su una mano. Silenziosamente, mentre le lacrime continuavano a scendere, uscii dalla stanza, mentre un peso orribile gravava sul mio stomaco. La busta bianca spuntava candida dalla tasca dello zaino. La tirai fuori. Mi voltai verso di lui. Era ancora lì. Rientrai nella stanza, posai la busta sul tavolo e uscii nuovamente. Zaino in spalla. Davo un'ultima occhiata a quella casa che amavo tanto. Mi sarebbe mancato tutto. Lo specchio all'ingresso, l'orologio a cucù del soggiorno, la grande quercia dietro la casa, la casetta sull'albero. Menlove Avenue era deserta e l'asfalto era umido. Misi le mani in tasca e mi avviai verso il centro della città. Tutto si muoveva a una velocità spaventosa. Vedevo solo figure sfocate che si muovevano freneticamente attorno a me. Continuavo a camminare, non badando a cosa diavolo potesse succedere attorno a me. Enormi palazzi venivano su a una velocità sorprendente. Le macchine aumentavano sempre di più. Attraversai Penny Lane. Le lacrime ricominciarono a uscire. Era cominciato tutto lì. Mi strinsi ancora di più nel mio giubbotto e ripresi a camminare. Un enorme edificio bianco si presentò improvvisamente di fronte a me. "Liverpool City Hospital". Questo era ciò che indicava la grande scritta sopra il portone principale. Con entrambe le mani spinsi la grande porta di vetro e mi ritrovai nell'atrio dell'immenso ospedale. Anche qui tutti si muovevano a una velocità incredibile. Mi avvicinai a un gruppo di persone che aspettava l'ascensore. Questo arrivò davanti a noi, ma c'ero solo io. Le persone erano sparite. Entrai nello spazio angusto, sempre piangendo silenziosamente. 4 piano. Un tintinnio mi annunciò che ero arrivata. Sulla destra c'era una porta aperta. La 16b. Sospirai a fondo prima di entrare. C'era un solo letto, circondato da enormi macchinari. Sul letto era stesa una figura immobile, il volto sfigurato dai lividi e dai tagli, gli arti ingessati. Il collo era aperto per permettere a un tubo di mandare la giusta quantità di ossigeno ai polmoni. Gli occhi erano chiusi. John li aveva disegnati maledettamente bene. John. Con aria sconfitta, lasciai cadere lo zaino a terra, scoprendo che era ormai senza consistenza. Mi sedetti sul bordo del letto, scoprendo che anch'io ero esattamente come lo zaino. Mi sdraiai sul letto, facendo si che il mio alone combaciasse alla perfezione con la figura stesa sul letto. Nella stanza c'era un ticchettio insopportabile. Fissai il soffitto bianco per diversi secondi. Poi chiusi gli occhi. Il ticchettio finì per lasciare il posto a un unico lungo e assordante suono.
 
Paziente: Juditte Francise Granger
Anni: 17
Data del decesso: 16 Novembre 2012
Ora del decesso: 10:06
Causa del decesso: morte cerebrale.
Parenti presenti durante il decesso: nessuno.

 
 
Spazio autrice
Devo rintanarmi da qualche parte per non essere linciata da voi dopo aver visto come ho deciso di finire la ff??? *si è meglio che ti rintani* grazie lennon sei un tesoro! *ma figurati. EHY! Se la volete linciare o lapidare guardate che è qui!* lennon io ti ammazzo! Bene dopo aver dato a lennon una lezione che si meritava anche da troppo tempo *al diavolo il pacifismo! Questa è sparta!!* ennò basta liberatemene!! *pietrificus totalus!* grazie silente :3 *figurati cara* non è che mi manderesti gandalf eh?? *chi?* lascia perdere… dicevamo, incursioni beatlesiane, potteriane e ardiane a parte, (ho cambiato tastiera e questa nuova è spettacolare… scrivere è un piacere quindi sopportatevi tutte le mie follie) ah si… ora mi linciate vero???  Però avevo già immaginato questa scena e un’altra e non potevo non scriverle. Senza contare che se lei fosse rimasta nel passato i cari beatles non sarebbero stati (secondo la mia fantasia) come noi li abbiamo conosciuti. Non sono molto sicura del capitolo perché ho provato a descrivere qualcosa più grande di me e ho paura di non aver scritto tutto in modo da far percepire agli altri ciò che volevo trasmettere. Spero di esserci riuscita. Ci sentiamo al prossimo capitolo e per favore non linciatemi!
  
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