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Autore: NoaLillyORiordan    28/01/2013    1 recensioni
Come possono cambiare due vite con un solo incontro? Ed è davvero possibile? Due sconosciute, piene dei loro silenzi si incontreranno prima sul campo sportivo, compagne di squadra, amiche e poi? Questa è la storia di due anime che prese dalla difficoltà della vita, finiranno per incontrarsi e scontrarsi...come potrebbe capitare a tutti noi, del resto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Buona sera lettori, questo è l'aggiornamento al terzo capitolo. Spero vi piaccia e se lo desiderate lasciatemi un commento per mostrare il vostro apprezzamento (o il non apprezzamento) e le vostre critiche! Noa


Michela aprì la porta di casa e lasciò che l’enorme Cagnone nero la spingesse contro la porta. “Sei proprio un cucciolone fesso. Correresti anche incontro al diavolo” disse anche stavolta, come tutte le volte che rientrava a casa. Lanciò il mazzo di chiavi nel portaoggetti all’ingresso e cominciò ad esaminare il contenuto della sua posta. L’impatto delle chiavi contro il contenitore di latta risuonò in tutto il monolocale. Michela si diresse verso il cucinino e sfiorò il tasto della segreteria telefonica. “Bolletta, pubblicità, bolletta, bolletta…” disse tra se e se Michela quando la segreteria cominciò a “parlare”. “Questa è la segreteria di Michela: non sono a casa, lasciate un messaggio dopo il beep. Ps: per i creditori, non sono mai a casa”. A concludere il messaggio dal tono scherzoso, un sonoro beep diede inizio ai messaggi. “Ciao Michela sono Angelo. Non posso andare domani sera a lavoro, puoi sostituirmi? Non abbandonarmi mi hanno dato già tutti buca. A buon rendere. Chiamami.” Sbuffando Michela si disse che si sarebbe dovuta ricordare di mandargli un sms di conferma. “Ciao Michela sono mamma” nel breve silenzio che seguì Michela pensò di passare al messaggio successivo, ma non fece in tempo. “Non ti fai mai sentire, a volte sembra quasi che tu sia morta.” Un breve risolino nervoso fece capire a Michela che la madre aveva qualcosa di imbarazzante da dire. “Avanti Mà che vuoi?” chiese stizzita alla segreteria. “Comunque, ehm, tuo padre ha dato una cena in settimana. È una sorta di riunione di famiglia. E ci sono anche dei colleghi di tua sorella e di suo marito. Magari chi lo sa: potresti conoscere qualcuno. Ti aspettiamo mercoledì alle 19. E indossa qualcosa di carino, non la solita tuta. Fatti sentire. Ah a proposito mi raccomando, mangia!”. Michela non sapeva se ridere o essere nervosa. Buttò un’occhiata alla foto all’ingresso e distolse subito lo sguardo. Ritornò al cucinino, mentre il nastro girava ancora per un nuovo messaggio. Aprì il frigo nel più totale silenzio, prese una birra e l’aprì. Ancora silenzio fin quando non sentì “Che stai facendo?” e un veloce riagganciare. Posò incuriosita la birra sul tavolo e premette il tasto rewind per riascoltare il messaggio. Silenzio, nemmeno un fruscio. Quindi chi chiamava era in una stanza. Poi il “Che stai facendo?” incuriosito. La voce era maschile e profonda ma non credeva di averla mai sentita. Stava per ascoltare per la terza volta il messaggio quando squillò il telefono facendo trasalire Michela. Era Angelo che voleva una risposta. “Certo Angelo, ma a buon rendere!” rispose la ragazza all’amico. “Michela ma tutto ok? Sicura che non ci sono problemi? Non so come ti sento” chiese preoccupato Angelo. Michela rassicurò che era tutto ok e si congedò velocemente. Dimenticando della birra aperta sul tavolo Michela si diresse a farsi una doccia, per lavare via stanchezza, stress e pensieri. Si asciugò, mise il pigiama e si infilò a letto. Ebbe giusto il tempo di pensare “Forse avranno sbagliato numero” che scivolò in un profondo ma agitato sonno.

Michela aprì gl’occhi. La luce era intensa, era troppa. Quasi l’accecava. Ma chi aveva aperto la finestra? Faceva freddo, troppo freddo. Questo sole e questo freddo non combaciavano. Quando improvvisamente vide Chiara davanti a se e quasi tirò un urlo dallo spavento. “Come sei entrata?” chiese stridendo, portandosi una mano al petto. Chiara la fissava intensamente. Qualcuno urlava. Chiedeva aiuto e pietà. Un uomo picchiava una donna raggomitolata nell’angolo. “che succede?” chiese Michela scattando sul letto. Afferrò le spalle di Chiara e le urlò in faccia “che succede?”. Chiara continuò a fissarla semplicemente. Michela cominciò a sentirsi ardere. Credeva fosse la rabbia invece i suoi piedi cominciarono a prendere fuoco. “Mi hai lasciato morire, adesso andrai all’inferno”. Era sicura che a dirlo fosse stata Chiara eppure non aveva mosso assolutamente le labbra. “Aiutami ti prego!” implorò Michela. Ma Chiara si dissolse e la ragazza si risvegliò in piedi sul letto tra le sue urla. Si accasciò sul letto, ancora ansimante e con il cuore a mille. Si disse che era stato solo un brutto sogno. Poggiò la testa sul cuscino e tentò di rilassarsi. Invano. Cagnone sbuffò nel sonno, facendola trasalire. Il cuore batteva a forte. Ogni battito era un colpo di martello in petto. Quel muscolo impazzito: credeva lo stesse per sputare fuori. Tutti i suoi sensi erano amplificati.  Michela si rinfilò sotto le coperte sperando che il complice sonno l’avrebbe strappata a quella tortura ansiogena. Invece non chiuse occhio per il resto della notte.

  
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