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Autore: MelodramaticFool_    30/01/2013    3 recensioni
Andrea e Viola.
Marco e Viola.
Andrea, Marco, Viola, Silvio, Giulia, Gabriele.
Sei Freaks!, una storia.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una cappa di nuvole avvolgeva Roma come una coperta pesante, quella sera.
Andrea, appoggiato alla ringhiera del balcone, pensava. Pensare, era chiaro, non faceva parte delle sue abitudini più strette, perché ogni volta che si fermava per cercare di fare ordine nella sua mente, finiva per sentirsi ancora più confuso di prima. Quel cielo nuvoloso in effetti rappresentava il suo essere, esprimeva tutta la confusione e la spossatezza che provava in quegli ultimi giorni. 
-Ehi-. Il ragazzo riconobbe la voce che, da dietro di lui, aveva interrotto le sue tribolazioni notturne, meglio dette come seghe mentali.
Silvio apparve al suo fianco, con la sua figura massiccia da armadio dell'Ikea. Andrea non rispose, tirando con violenza dal filtro arancione della sigaretta, rimirando la fiammella e ricordandosi improvvisamente di quel periodo della sua vita che.. Lasciamo stare.
-Oh, tu e Gabriele siete assurdi.. State sempre a fumare, manco 'na ciminiera.-
Il giovane sorrise impercettibilmente, perché effettivamente era vero; già prima di imbarcarsi in quell'avventura aveva quel brutto vizio, che poi con tutta quella tensione e con la pessima influenza di Gabriele, aveva finito per peggiorare.
-Di poche parole stasera.- osservò Silvio, e a ragione, visto che dalla sua comparsa Andrea non aveva ancora proferito parola. Non lo aveva degnato nemmeno di uno sguardo, ad essere sinceri, gli occhi persi nel pallore sconsolante del cielo romano. Il più grande sbuffò vigorosamente all'ennesima mancata reazione, dimostrando per la millesima volta quanto detestasse non essere considerato, o non essere al centro dell'attenzione.
-Penso.- gli concesse, e di quel verbo Silvio colse ogni singola sfumatura, dalla spossatezza nel pronunciare la P alla tensione nascosta nel sibilare della S, fino ad arrivare alla rabbia e all'impotenza celate dalla O. Ovviamente non poteva intuire tutte quante le ragioni del tormento del suo animo; però ci poteva andare molto vicino. Decise di indagare.
-Wow, pensare.. Questa è bella, sai, tu non dai proprio l'idea di uno che sta molto a pensare prima di fare qualcosa.- disse. Andrea colse il sottotesto. Si stupì per l'ennesima volta delle capacità percettive di del ragazzo.
-Sicuro di non saper leggere nella mente tu?- gli chiese, voltandosi e squadrandolo con un mezzo sorrisetto ironico. L'altro ridacchiò, contento finalmente di aver provocato una reazione che non fosse degna di un bambino autistico, e gli tirò una gomitata nel fianco. Tornato serio, guardò negli occhi il più piccolo.
-Non ho quel potere, il mio basta e avanza. E' che se vede lontano un miglio che hai qualcosa per la testa.- disse piano.
-Qualcosa.. 'na parola, qualcosa- fece l'altro, stropicciandosi gli occhi con fare stanco -Il mio cervello è nella confusione più totale.-
Silvio lo guardò di sottecchi.
-Fammi indovinare due delle cause: una è Viola, l'altra è la questione poteri e mica poteri. Sbaglio?- disse, affrontando la questione a pieno petto.
-Non sbagli. E te ne dico una terza: io.- rispose Andrea, trattenendo dentro di se il gelo che si era formato nel suo cuore al nominare Viola.
-Tu sei strano, lo sai?- disse Silvio dopo una breve pausa di silenzio.
-Bella scoperta.- fece l'altro, dipingendosi sul volto un sorriso amaro.
-No, sul serio. Ti fai un miliardo di seghe mentali sul fatto di essere o meno adatto a Viola quando sai bene che in fondo la meriti, e più di Marco, nonostante la sua tecnica del 'bravo ragazzo', e probabilmente ti consideri pure un immaturo, quando probabilmente sei il più coscienzioso di tutti noi, escluso Gabriele che, vabbé, è un caso a parte.-
Andrea lo guardò a bocca aperta per le osservazioni del ragazzo, prima di ricomporsi e rispondere.
-Come potrei meritarla? Diciamocelo, zì', lei è normale, e io non sono normale. E c'entra anche il fatto che io sia un idiota e un immaturo, e non ho nemmeno idea di come tu possa pensare che io sia cosc..-
-Mi vieni a parlare di normalità proprio adesso?- lo interruppe Silvio, incredulo -Perché avere dei poteri fuori di testa secondo te è normale? Amico, qua siamo tutti anormali, in qualche modo, e non è certo una cosa del tutto positiva. E ti ripeto che, secondo me, tu qui sei l'unico veramente maturo. Ignoriamo l'episodio dell'altra sera, che ci sta, sono cose che capitano, c'hai pur sempre vent'anni. Non ti ricordi quello che ha detto Gabriele sui poteri, su come evolvono nel tempo?-
-Cosa c'entrano adesso i poteri, non determinano mica..-
-E invece ti sbagli, perché determinano tutto, Andrea, tutto!- fece Silvio, battendo una mano sulla ringhiera e alzando sensibilmente il volume della voce -Secondo te perché Marco, che è un frustrato sessuale, ha il potere di andare avanti e indietro nel tempo ogni volta che gli si rizza? E secondo te perché io ho la telecinesi? Non so cosa abbiano messo dentro quei bicchieri, ma in qualche modo sento che i nostri cazzo di poteri rispecchiano una qualche cosa del nostro carattere e del nostro passato. E hai sentito quello che ha detto Gabriele su come evolvono, su come cambiano? Dice che, più maturiamo, più diventiamo responsabili e consapevoli.. Più si stabilizzano.-
Andrea riflettè sulle parole dell'amico e capì il ragionamento che ci stava dietro e, soprattuto, capì dove voleva andare a parare.
-E ti ricordi che non è rimasto stupito del fatto che il tuo potere non sia cambiato più di tanto?- continuò l'altro -Lui non ha specificato, ma ciò significa che tu eri già maturo abbastanza da avere un minimo controllo su quello che facevi ben prima di noi. E adesso, da quanto ho capito, riesci a manipolare tutte le azioni e gli umori degli altri! Insomma, è molto, molto di più di quanto noi altri siamo capaci di fare.-
-Quindi tu dici che io sono maturo più di voi perché riesco a controllare il mio potere.- riassumette Andrea.
-Riesci a controllarlo meglio di noi, quindi sì, significa che sei più maturo di noi altri poveri sfigati. Insomma, guarda me, sposto gli oggetti solo quando sono 'mbriaco o incazzato, o triste..-
-..Emotivamente instabile.- disse con un ghigno Andrea, beccandosi in tutta risposta un'altra gomitata in mezzo alle costole che però riuscì ad evitare, scostandosi. Sospirò, tornando a fissare per qualche istante il cielo che, grazie al vento, andava lentamente perdendo il biancore malato delle nuvole, così come Silvio aveva riportato un po' di ordine nei suoi pensieri. Solo un poco, però; non era ancora del tutto convinto del suo ragionamento.
-Non sono ancora convinto però.. E' che alle volte mi sembra di essere solo un bambino troppo cresciuto.- disse infatti, senza però guardare in faccia l'amico, che lo stava scrutando con piglio da psicologo.
-Non usare 'sti cliché, te prego. Non ho detto che tu sia il massimo della maturità e della responsabilità, dico solo che sei di certo più maturo. Tu sei convinto di essere troppo stupido per una come Viola, sei convinto che non reggeresti il confronto con Marco. Eppure, guarda il suo potere: non è minimamente capace di controllarlo, in alcun modo, e riuscirebbe a viaggiare nel tempo anche davanti ad una vecchietta incartapecorita.-
Finalmente era arrivato al punto cruciale: Viola. Cosa fare e cosa non fare con Viola, in quei giorni Andrea ci stava davvero perdendo la testa. Lei non era semplicemente un oggetto del suo desiderio, perché altrimenti l'avrebbe presa senza farsi così tanti scrupoli. Si era insinuata nel suo cuore e il ragazzo sentiva che stavolta era diverso, voleva essere sicuro di non farla soffrire e di non soffrire lui stesso, prima di agire. Era questo il fatto che più lo mandava in confusione, perché non era affatto abituato a pensare prima di fare un cosa e questo gli scombussolava tutto il cervello.
E adesso spuntava Silvio con le sue teorie sui poteri, sostenendo che aveva qualche punto in più per conquistarla, o almeno, aveva qualche punto in più rispetto a Marco, suo acerrimo nemico in quel campo.
Silvio decise di cambiare argomento.
-Senti, io domani notte torno a casa, c'è mia madre che..- disse, non trovando il modo di finire la frase. Andrea lo scrutò con uno sguardo indagatore: tutti loro avevano capito che nella famiglia di Silvio, in particolare nella figura di sua madre, c'era qualcosa che non andava. Avevano provato a scucirgli qualcosa, ma lui ad ogni domanda si chiudeva a riccio, senza concedere alcuna risposta. Era chiaro che la madre aveva un qualche problema ed era ancora più evidente la preoccupazione che suscitava nel figlio. Annuì, decidendo di non fargli domande, vedendo che sul volto del ragazzone era scomparsa la sua solita strafottenza, sostituita da una nuvola di tristezza.
In quel momento Andrea si ricordò della sua, di madre. Pensò a lei, così indifesa su quel lettino freddo, sottile e delicata, circondata da quelle lenzuola candide, con i capelli sfibrati e quegli occhi spenti, che da anni non vedevano l'ombra di un sorriso. Il ragazzo sentì come se gli avessero preso a calci un rene.
-Anche io torno a casa domani.- disse con una certa determinazione, determinazione che non sentiva da molto tempo, soprattutto in quel contesto, dal tempo in cui aveva perso le speranze in una guarigione dell'autrice dei suoi giorni.
-Famiglia?- chiese Silvio, malcelando la sua curiosità; Andrea non parlava mai dei suoi. A dire il vero, nessuno di loro lo faceva mai.
-In un certo senso.- rispose l'altro, mellifluo.
Rimasero qualche secondo in silenzio a contemplare il firmamento. Il cielo ormai era quasi sgombro dalle nuvole.
-Senti, tornando un attimo a Viola..- disse quindi Silvio, a bassa voce -Sta impazzendo. Va avanti e indietro per il salotto come un'ossessa, tra poco scava una fossa nel pavimento, sembra continuamente sul punto di esplodere. Non puoi farci niente?-
-Adesso vedo.- rispose l'altro, con un sospiro. 
Come se fossi capace di capire quello che le passa per la testa.. pensò, infilandosi le mani in tasca, mentre seguiva Silvio dentro l'appartamento.
 
-Gabriele.. Oh, cazzo, Gabriele!- fece ancora a bassa voce Marco, schiaffeggiandolo.
Nel preciso momento in cui lo aveva visto correre verso la palazzina, aveva capito che qualcosa non andava. Si era gettato all'inseguimento perché sapeva che quel coglione, in fondo, doveva avere un buon motivo per esporsi così tanto.
Marco aveva paura. Non era di certo un cuor di leone, e se per questo nemmeno un codardo, era, diciamo, normale. Sapeva quando era necessario tirar fuori il coraggio e quando invece bisognava dare ascolto a quel sentimento che era il più antico del mondo: il terrore. E in quel momento aveva una paura fottuta, non di venir scoperto da quei pazzi della VEX, quello no. Aveva paura di Gabriele.
Il ragazzo era seduto a terra, la schiena appoggiata al basso muretto di mattoni che li nascondeva. Stringeva convulsamente le ginocchia al petto, in posizione di difesa, e non rispondeva in alcun modo ai sussurri coincitati e alle sberle che Marco gli tirava continuamente per cercare di farlo tornare in se. Sembrava stesse per avere un attacco epilettico, tutti i muscoli erano tesi e la fronte era imperlata da goccioline di sudore. Ma non erano questi particolari ad alimentare il groppo in gola di Marco: i suoi occhi. I suoi gelidi occhi azzurri. Le pupille gli si erano dilatate al massimo, sembravano due pozzi neri e senza fondo, e Marco riusciva ad intravedere tutta la rabbia che il giovane doveva provare in quel momento, per un qualche strano motivo che non gli era ancora dato di conoscere ma che, intuiva, comprendesse la ragazza riccia che stazionava davanti all'ingresso della palazzina e che Gabriele sembrava aver riconosciuto.
Aveva sempre avuto una capacità di controllo che Marco, vista la sua particolare situazione, non poteva che invidiargli. In quel momento, però, tutte le sue emozioni, di solito celate da un velo di indifferenza e distacco, stavano riaffiorando, e Marco intuiva che avrebbe presto combinato qualche cazzata con il suo potere. Gabriele era in grado di fare qualsiasi cosa, di far apparire tutto ciò che voleva, semplicemente immaginandolo. Cosa sarebbe stato capace di fare in quegli attimi di ira feroce?
-Marta.- salutò una nuova voce femminile, sconosciuta. 
Marco si sporse leggermente per osservare la scena. La nuova venuta era una bella ragazza dai capelli rossicci, di media statura, che indossava un camice bianco e immaccolato.
-Sarah.- rispose al saluto l'altra donna.
Così la ragazza riccia si chiamava veramente Marta, il che confermava la tesi di Marco sulla strana reazione di Gabriele: il ragazzo la conosceva. Marco l'aveva sentito sussurrare il suo nome non appena l'aveva vista in faccia.
-Abbiamo un problema, lui mi ha mandata a chiamarti, chiede se puoi andare nel suo ufficio.- continuò l'altra donna, Sara, come l'aveva chiamata la brunetta.
-Che è successo?-
-La ragazza è scappata.-
-Che cosa?!- fece Marta, improvvisamente irata e, Marco lo notò dal suo tono di voce, sorpresa. La mora non lasciò all'altra il tempo di replicare: si avviò rapida verso l'ingresso della palazzina, seguita a ruota da Sara.
Con la mente occupata da una spessa nube di nuove ed immaccolate incertezze, Marco si ritirò di nuovo dietro al muretto, confuso e allo stesso tempo abbastanza sicuro dell'identità della ragazza scappata di cui le due donne stavano parlando. Si voltò verso Gabriele e lo vide immobile, gli occhi spalancati e lo sguardo vigile, improvvisamente tornato in sé. Aveva sentito tutto, Marco ne era certo. Approfittò della sua ritrovata lucidità per scuoterlo.
-Gabriele, dobbiamo andarcene da qua. Torniamo alla macchina.-
Lo aiutò a tirarsi in piedi e a sgattaiolare via, girandosi di tanto in tanto per controllare che nessuno li avesse visti.
Arrivati davanti all'automobile, il ragazzo tirò un sospiro di sollievo. Non li avevano notati, per il momento, erano salvi.
Gabriele si appoggiò al cofano della macchina, e con mani tremanti estrasse il pacchetto di sigarette dalla tasca dei jeans, tirandone fuori una e cercando di accenderla, senza riuscirci perché, constatò Marco, le dita gli tremavano troppo. Solidale, gli sfilò via l'accendino dalle mani e fece spuntare la fiammella. Terminata l'operazione Gabriele non lo ringraziò, anzi, si limitò a guardarlo con ira selvaggia, come se gli avesse ammazzato il gatto. Lo sguardo furente dell'altro fece montare la rabbia dentro Marco. Insomma, gli aveva appena salvato il culo! Si mangiò il commento acido che gli era spuntato sulla punta della lingua, limitandosi ad un profondo sospiro e ad alzare gli occhi al cielo. Gabriele si comportava in modo strano, non riusciva proprio a capirlo.
-Senti, torniamo a casa.- fece quindi, risoluto -Per oggi direi che basta.- aggiunse, dirigendosi verso il posto guida, -Guido io.-
L'altro si limitò ad annuire e a seguirlo nell'abitacolo.
Li aspettava una mezz'oretta buona di viaggio.
 
-Ehi, Vio'.- fece Andrea, sedendosi accanto a lei sul divanetto.
Silvio, appena rientrati dalla loro chiaccherata in balcone, si era volatilizzato con una scusa qualunque. Il ragazzo in cuor suo lo ringraziò e lo maledisse allo stesso tempo; sarebbe stato più facile affrontarla loro due da soli, però sarebbe stato anche mille volte più imbarazzante, vista la loro condizione. Prese l'appunto mentale di smetterla di pensare solo ed esclusivamente con l'uccello, che lo portava sempre e comunque a queste situazioni difficili.
-Ehi.- rispose Viola, debolmente, continuando poi a torturarsi le unghie.
L'altro sospirò e le prese con delicatezza la mano, allontanandola dalle labbra, e beccandosi, come 'ringraziamento', un'occhiata velenosa.
Andrea la guardò di sottecchi con un mezzo sorriso che lei intercettò, prima di distogliere lo sguardo, testarda. Era incredibile come riuscisse ad essere a tratti distaccata e ad altri emotiva come una pazza isterica durante il ciclo. Non era superficiale come appariva di primo impatto, anzi, era una ragazza complessa, lunatica, e ad Andrea affascinavano tutti quei diversi aspetti del suo carattere.
-Viola.- insistette, passandole il dorso della mano sulla guancia in una frivola carezza.
La ragazza lo guardò, vinta, e affondò la testa sul suo petto, abbandonandosi tra le sue braccia. Si sentiva veramente fortunata ad avere un amico come lui, che riusciva a starle accanto anche nei momenti in cui poteva mordere qualcuno.
Amico, Viola.. Ma chi vuoi prendere in giro? le urlò una vocina nella sua testa, vocina che ignorò saputamente. Si stava troppo bene tra le braccia di Andrea.
A rovinare il momento ci pensò il telefono di lei, abbandonato sul tavolino basso davanti al divanetto. La giovane lo prese, annoiata. Poi, lesse il nome del mittente e gli occhi le si spalancarono. Si staccò in fretta da Andrea che la guardò con un misto di confusione e delusione.
-Marco!- disse, e allora il ragazzo capì. Gli venne naturale alzare gli occhi al cielo, sconsolato, prima di rivolgersi a Viola, che si aggrappava al cellulare come fosse un'ancora di salvezza.
Ancora di salvezza, un wonderwall.. pensò Andrea, prima di scacciare quel brutto pensiero dalla sua mente.
 
Dall'altro capo del telefono, Marco udì la voce di Viola, che lo consolò sensibilmente.
-Viola, devo parlare a bassa voce, scusa..- disse piano.
-Com.. Perché? E' successo qualcosa?- fece l'altra, concitata.
-Sì, eccome, ne parliamo appena torno.. Sì, stiamo tornando prima, ma non mi fare domande che non ho tempo per spiegarti..-
-Perché? E perché stai sussurrando?- continuò l'altra, imperterrita.
-Non devo farmi sentire da Gabriele, che sta dormendo qui vicino a me. No, non ci hanno beccati, se è quello che ti stai chiedendo.-
-Dio, mi hai fatto prendere un infarto! Ma allora che cazzo è successo?-
-Te lo spiego più tardi, siamo sulla tangenziale, dovremmo essere lì in mezz'ora.-
-..Va bene, allora a più tardi.-
Chiuse la comunicazione giusto in tempo per sentire il respiro di Gabriele, accanto a lui, regolarizzarsi, e perdere quella cadenza pesante e ovattata tipica del sonno. Non aprì gli occhi e finse di dormire ancora, il ché, per Marco, apparve come un chiaro messaggio: Non-Ho-Voglia-Di-Parlare.
Ti accontento, amico, pensò il ragazzo, prendendo una svolta, per ora, per lo meno..

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Dopo due settimane di attesa (mi faccio schifo da sola) rieccoci con questo nuovo capitoletto, che, lo ammetto, avrei potuto scrivere meglio ma, ehi, per me è già tanto! Ho avuto una miriade di distrazioni, prima fra tutte l'annuncio del nuovo tour degli About Wayne (la band di Giampaolo) che mi ha fatta fangirleggiare come una povera bimbaminchia per giorni.
Poi questa nuova puntata di domenica che mi ha fatta rotolare come non mai, che certo non ispira capitoli depressi come quelli di questa storia!
A questo proposito, ho scritto e pubblicato una cara e pucciosa One Shot in cui ho potuto dare sfogo alla mia fantasia perversa, narrando delle vicende di Claudia Genolini il giorno in cui hanno registrato la main scene *coff coff* della puntata 2x10, fanfiction totalmente demeziale che potete trovare qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1571138&i=1
Si iniziano a delineare per benino tutti i caratteri dei vari protagonisti. Nel prossimo, vi anticipo già, la fanfiction si rilegherà alla storia principale, sotto alcuni punti di vista. Lo sto già scrivendo, spero di riuscire a pubblicarlo al più presto, ispirazione permettendo. c:
Ah, sì, quasi dimenticavo di ringraziare quella pazza perversa della WestboundSign_, che come sempre riesce a dare una spinta alla mia ispirazione con le sue storielle fuori di testa; la cito pure qua, anche se l'ho già ringraziata nelle note della One Shot. Come dire, evviva i sottaceti! *delira*
Vi saluto e vi auguro un buon proseguimento di serata, gente!
MelodramaticFool_, yatta!
  
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