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Autore: itsjudsie    31/01/2013    5 recensioni
Crossover NCIS/Castle - detective tra le righe.
«Io e Castle all’NCIS? No no, non se ne parla».
Lo sguardo del direttore la fulminò e Beckett rimpianse di aver scelto questo lavoro.
«Si da il caso che qui, chi comanda, sono io» la Gates si alzò dalla sedia e porse alla sua migliore detective quattro biglietti aerei per Washington.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6.
 
Castle aprì gli occhi e per paura di svegliare la donna si alzò il più lentamente possibile, senza fare neanche un rumore.
Si infilò le scarpe e andò verso la sua valigia per cambiarsi, ma inciampò nella propria giacca, della quale non aveva la minima idea di come fosse finita per terra.
Non cadde, ma il rumore che provocò fece svegliare la detective, che si mise a sedere e si guardò intorno, ancora assonnata.
Dopo un po’ si rese conto del posto in cui si trovava e si passò una mano sul viso.
«Abbiamo dormito qui?» chiese, mentre Richard sistemava la valigia, aperta sul pavimento.
«Sì, è la nostra stanza.» rispose senza alzare lo sguardo.
«No, intendo, abbiamo dormito tutti e due qui?» marcò le parole ‘tutti e due’ e con un dito mimò un cerchio sopra al letto, per indicare esattamente il punto di cui parlava.
Lui, piagato sulle gambe intento a cercare una camicia, girò la testa verso di lei e non rispose. Rimase solo immobile a guardarla.
Toc toc.
«Ragazzi, siete vivi?» urlò Esposito da dietro la porta.
«Scommetto 5 dollari che lei gli ha sparato.» disse l’altro.
«Kevin!» Kate era sconvolta dalla proposta che il detective aveva fatto al suo partner.
«Io invece scommetto che appena apre la porta spara a te.» Espo non aveva tutti i torti.
«Ragazzi, finitela!» Richard si alzò e andò ad aprire.
«Castle, sei vivo!» Ryan era senza speranza, la donna ormai ne era certa.
 
Scesero dall’auto imprestata dagli agenti ed entrarono al Washington Navy Yard.
Appena le porte dell’ascensore si spalancarono vennero accolti dal dolce suono delle parole dell’agente Gibbs. «Detective, porta i tuoi nella sala conferenze, riunione generale tra 5 minuti!»
Okay, forse ‘dolci’ non era l’aggettivo giusto.
Attraversarono la stanza e salirono le scale, bloccandosi davanti ad una porta chiusa a chiave. Si guardarono con aria interrogativa. Kate appoggiò una mano alla parete e cominciò a picchiettare le unghie, nervosa. Nel farlo, fissava Ryan con uno sguardo poco rassicurante e sicuramente poco amichevole.
Una voce dietro di loro li fece sobbalzare. «Ehi, ragazzi, spostatevi.» Era arrivato DiNozzo, che fece fare un passo indietro a tutti i presenti e sorrise ad ognuno, pieno di ego com’era.
Aprì la porta ed entrò. All’interno c’erano già gli altri due agenti, che salutarono con un cenno della mano.
I poliziotti erano ancora fermi fuori dalla stanza, Richard stava guardando gli uffici dall’alto. Quel posto era enorme.
Jethro salì l’ultimo gradino e li raggiunse. Prima di entrare si fermò accanto a Kevin e gli sussurrò così piano che egli fece fatica a sentire. «Fossi in te mi farei perdonare, ho l’impressione che la detective Beckett abbia qualcosa da dirti.» Aveva notato tutte le occhiatacce che lei gli aveva lanciato fino a quel momento.
Kevin rabbrividì e si allentò il nodo della cravatta, che improvvisamente era diventato troppo stretto.
 
«Entrate» L’agente speciale fece accomodare agenti e poliziotti intorno al tavolo.
«Mettiamo in chiaro come stanno le cose. Come già sapete, io non credo alla storia del suicidio. Però credo che qualcuno ci abbia mentito, e quel qualcuno è il caporale Turner. Ha detto di aver congedato i due marines, e poco tempo dopo Eric Sheperson si è tolto la vita. E potrei anche crederci, ha perso sia il lavoro che la fidanzata. Se non fosse che ha un movente per entrambi gli omicidi, e un albi per nessuno dei due. Quindi io direi di rinterrogarlo, ma questa volta da noi. DiNozzo, Ryan, andate a prenderlo e portatelo qui. Subito.»
«Agli ordini, capo.» Tony si alzò trascinando la sedia e si precipitò fuori dall’ufficio. Kevin lo seguì correndo.
 
Jethro aprì la porta della sala interrogatori e la tenne finché anche Kate non fu entrata. Il marine era seduto dalla parte opposta del tavolo, rivolto allo specchio, dietro il quale c’era il resto delle due squadre.
«Dove si trovava il giorno in cui è morto Sheperson?» Gibbs si sedette nell’angolino del tavolo, accanto all’interrogato.
«Sono passati quattro anni, agente Gibbs, come posso ricordare?»
«Sta dicendo che non ha un alibi, caporale?»
«Sto dicendo che non mi ricordo. Ma non vuol dire che l’ho ucciso io!»
«Cosa vuol dire o no, sta a me deciderlo, chiaro?»
L’agente si alzò e andò dalla parte opposta a lui, ma rimase in piedi e si appoggiò con le mani al tavolo.
La detective fino a quel momento era rimasta seduta in silenzio, come faceva di solito quando partecipava ad un interrogatorio con un'altra persona, escluso Castle.
Poliziotto buono e poliziotto cattivo.
«Lei sapeva che Sheperson e la Collins si frequentavano, giusto?»
«Sì, ed era il motivo per cui ho tolto tutti e due i marines dal loro incarico.»
«Ed era a conoscenza anche di quello che Sheperson faceva alla donna?»
«Cosa?»
«Non faccia finta di non capire.» Questa volta parlò Beckett. «Eric picchiava la Collins. È per questo che lui e Oakins litigavano. Era venuto a saperlo, e da buon marine non gli andava giù. Ma a lui non interessava, non voleva ostacoli tra i piedi, quindi ha cercato di ucciderlo. Però non gli è andata bene, perché è stato lui a morire. E lei, caporale, l’ha scoperto. Quattro anni dopo, ma l’ha scoperto. E ha deciso di denunciarlo, allora Oakins ha deciso di uccidere anche lei..»
«Ma è stato lei a uccidere lui.» Completò l’agente, battendo un pugno sul tavolo.
«Allora, siamo stati bravi, caporale?»
«No, non è vero, non avete le prove!»
«Non si preoccupi, le troveremo.» Concluse Jethro e uscì dalla sala interrogatori.
«Gibbs!» Kate uscì subito dopo di lui, ma per raggiungerlo dovette urlare il suo nome e camminare a passo veloce fino all’angolo. «Gibbs, c’è qualcosa che non mi convince. È vero, tutto quanto regge, lui non ha nessun alibi e il movente c’è..»
«Neanche me.» Andò all’ascensore e salì, lasciando la detective davanti alla porta.

 ♦
 

Note: L'ultima volta vi ho fatto aspettare un po' troppo, lo so, quindi ho deciso di pubblicare un pochino prima :)
Che ve ne pare?
Un bacio a chi ha letto e due a chi ha recensito
-M
 

  
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