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Autore: Horrorealumna    31/01/2013    2 recensioni
C’è un posto abbandonato e dimenticato nel profondo del cuore di ogni essere umano, dove la realtà e la finzione sono un’unica cosa, dove la verità e la bugia non hanno alcun valore e la paura del silenzio non esiste, così come quella della morte.
E io ne ero completamente a conoscenza.
Il resto del mio cuore era accanto ad una bambina sui sette anni, dai capelli corti e neri, in una città lontana, chiamata Silent Hill.
Genere: Horror, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Mason
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fear of ...'
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Senza Un Domani
 
Cos’avevo fatto!? Perché l’avevo abbandonata?! Cosa mi stava succedendo?
Il suo pianto continuava a riecheggiarmi in testa, quando lasciai cadere il diario per terra. E realizzai che la droga che, probabilmente, avevo trovato nei quartieri di Silent Hill... la stessa di cui i poliziotti della città parlavano... la stessa che Kaufmann e forse Dahlia davano ai turisti... aveva portato quella giovane infermiera alla morte. Non riuscivo ad immaginarmi altro. E Lisa conosceva Alessa. L’assisteva.
Ma era perduta per sempre, ormai.
 
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Tornato nell’inquietante e buio corridoio puzzolente di sangue, esaminai le porte rimaste; rividi anche quelle chiuse, per sicurezza. E feci una scoperta.
Su tre diverse porte, vi erano incise delle parole, con tempera gialla.
La prima era “PHALEG”... poi “OPHIEL” e infine “HAGITH”.
Non avevo la minima idea di cosa quelle scritte significassero. Probabilmente avevo bisogno di tre chiavi per farmi strada; il problema era dove cercarle.
 
Come avrei fatto a trovare tre diverse chiavi prima che mia figlia venisse offerta in sacrificio a quel mostro?!
Accesi la torcia; avrei cominciato a perlustrare meglio le stanze già sbloccate. La ricerca fu comunque infruttuosa.
Per fortuna una rampa di scale conduceva ad un... piano superiore.
Ma ero pur sempre “Da Nessuna Parte”... chissà dove sarei capitato. E in effetti, arrivai in cima solo per trovarmi in un corridoio esattamente uguale a quello precedente.
Per fortuna, le stanze non erano le stesse, ma ad ogni mio ingresso, il sangue mi si raggelava nelle vene. Ogni porta conduceva in posti, stanze, luoghi... in cui ero già stato, non nel Nowhere... ma proprio a Silent Hill, in città.
La prima stanza, ad esempio, che esaminai era identico al negozio “Il Leone Verde” che avevo visitato insieme a Cybil. L’accesso era quasi impossibile, visto il numero di oggetti e cianfrusaglie buttate per terra, tra cui un gigantesco orologio a pendolo, fermo.
Una seconda stanza, invece, mi portò tra le tetre stanze ospedaliere dell’Alchemilla.
Stanze vuote, o piene di mostri o strani tentacoli a guardia di chiavi...
Il mondo... Silent Hill... questa dimensione era capace di far impazzire chiunque.
La stanza che però mi colpì più di qualunque altra si trovava al piano inferiore. Un’aula scolastica, simile a quella della Midwich, ma priva di cattedra e banchi... tranne uno, posizionato al centro della classe. Il legno della superficie era molto rovinato e notai scritte delle parole:

STREGA    BRUCIA    VATTENE VIA   CREPA  
 

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- Alessa... - sussurrai senza nemmeno rendermene conto.
La bambina che aveva fatto di tutto per proteggere Cheryl.
Dovevo trovarle.
 
I minuti seguenti alla scoperta della classe di Alessa furono un susseguirsi di scese e salite per le scale. Le chiavi non furono la motivazione: non avevo una mappa, era tutta una confusione di stanze e porte, aperte o bloccate; in più, cercavo di non farmi notare dai mostri e spesso mi ritrovavo a vagare nel buio più totale senza una meta precisa.
Trovai però due chiavi. Una, quella di Hagith, scoprii essere la lancetta dei minuti del grande orologio de “Il Leone Verde”, mentre quella di Ophiel in un deposito, dentro una confezione di caramelle gommose... quelle che Cheryl adorava.
La stanzetta a cui, quindi, ebbi accesso fu una piccola cella ospedaliera. Un letto, una sedia e un televisore. Per il resto nulla di strano... ma dovetti ricredermi quando sentii un oggetto squadrato muoversi in tasca.
La videocassetta!
Lo strano filmato di quella ragazza, dal dialogo incomprensibile!
Mi avvicinai a grandi passi agitati, ma poca speranza, al video-registratore e infilai la cassetta, tremando, e sedendomi sul lettino.
Con mio stupore, la TV prese colore dopo pochi secondi di statico
E il volto di Lisa riempì lo schermo.
Ebbi un sussulto alla sua visione. Era proprio lei, anche se con i capelli più corti e il viso più roseo. Sembrava un’adolescente; sul petto notai il cartellino di apprendistato di infermiera.
Chissà quanti anni fa era stato girato questo filmino...
Lisa prese la testa fra le mani e respirò profondamente prima di sussurrare alla telecamera.
 
- Cosa le succede? - rantolò disperata con lo sguardo basso - Ha ancora la febbre alta, è passato troppo tempo e ancora non capisco il perché! Sai, ho sentito le altri infermiere e hanno detto di non avvicinarmi a lei; giurano di aver visto quella bambina sana e in forma camminare per l’ospedale ma... i suoi occhi non si aprono. Riposa nel sotterraneo. Le misuro il polso ogni minuto. Sento il cuore... ma lei a malapena riesce a respirare! Poi, la sua pelle è completamente ustionata ma... gli organi interni non hanno subito lesioni, credo. Quando le cambio le bende, vedo sangue e pus... continuano ad uscire. Perché?! Cosa mantiene viva quella bambina?! Non ce la faccio più! Non lo dirò a nessuno, lo giuro. Fatemi tornare a casa.
 
Dovevo uscire da quella stanza! L’immagine si bloccò su di lei, mentre un fastidioso rumore coprì le sue ultime parole:
- Giuro - concluse - Starò zitta...
 
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L’avrei rivista nei miei incubi peggiori, lo sapevo.
Mi precipitai fuori dalla stanza, col fiatone.
Alessa non era stata una normale paziente, per via di quel mostro che aveva in grembo?
Sentivo il tempo incombere su di me, come il boia al condannato a morte.
 
Non c’erano dubbi: qualcuno mi stava rubando delle ultime mie briciole di coscienza. Mi sembrava di essere un qualcosa di inanimato e morto, vagante in un’eternità di sangue e paura.
Quando, aperta la porta Hagith, mi ritrovai davanti ad un ascensore. Con solo un tasto, un numero: 3.
Lo premetti, sospirando. Non avevo altre possibilità e qualunque cosa mi sarebbe apparsa davanti, l’avrei accettata.
Sentivo che Alessa era vicina. E quando le porte metalliche si aprirono lentamente su quello che sembrava un altare, il pensiero crebbe ancora di più dentro di me. Era un fantasma, quella bambina inginocchiata e con le mani giunte davanti a me?
La figura infantile sparì dopo un attimo, lasciando nella stanza un profumo di fiori, molto simile a quello che era contenuto nella bottiglietta nella mia tasca. L’altare era uno dei più rudimentali che avessi mai visto: un tavolo coperto da una tovaglia bianca, macchiata da una scia di sangue che formava la frase:
 
MI HANNO INGANNATA!
 
Inoltre sopra vi era un calice, bello ma inutile, e la chiave Phaleg. Tornai indietro col bottino nella mano destra, quando notai che sopra l’altare, sul muro spoglio e pulito, vi erano due piccoli dipinti. Il primo raffigurava una donna velata con le mani alzate verso l’alto, verso una luce divina, in segno di preghiera. L’altro invece mostrava la stessa ragazza di prima completamente nuda, appesa per i polsi al soffitto. Uno stuolo di creature mostruose la punzecchiava con arnesi affilati, mentre altri preparavano un rogo.
 
Il corridoio accessibile grazia alla chiave appena raccolta, mi condusse verso quattro diverse porte. Deci di andare per ordine, finalmente libero dall’incombenza dei mostri e dalle infermiere, visto che la mia radio non dava più segni di statico.
In quella che sembrava una cucina ospedaliera, trovai due strani artefatti luminosi, antichi simboli mitologici, come la stella a sei punte che avevo trovato prima della morte di Lisa.
 
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Il bastone di Asclepio, dio della medicina, col serpente, simbolo di vita rigeneratrice e di cambiamento, che punta verso il cielo, guida l’uomo verso la Verità nascosta e oscura.
 
Il secondo oggetto raffigurava un simbolo egiziano, che avevo visto molte volte sui libri di storia e riguardanti l’Egitto.
 
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La croce Ankh, rappresentazione della vita eterna e del grembo materno, porta l’uomo verso la Verità infinita e sicura, senza paura della morte e del dolore.
 
Avevo ancora tra le mani quei due... oggetti strani che tremavano al mio tocco, quando un rumore proveniente dal corridoio mi costrinse a fermarmi, inorridito.
Il suono di una barella che correva su una grata. Un vociare in arrivo.
Uscii dalla stanza appena in tempo per osservare un gruppo di uomini e donne vestiti di bianco spingere un lettino. Erano fatti della stessa materia di quella proiezione di Alessa davanti all’altare... ma in un certo senso sembravano più reali di lei.
La barella trasportava un corpo, completamente coperto da un lenzuolo che si alzava e si abbassava al ritmo di un respiro veloce e malato, disperato.
Una mano completamente ustionata sbucava fuori, da sotto il velo, cercando inutilmente di tirare via il lenzuolo che le impediva di respirare, dalla bocca.
 

ANGOLO AUTRICE:
I'm here! :D
Oddio, quasi non ci credo, siamo davvero agli sgoccioli. Ma è giusto che sia così. Il prossimo capitolo farà da preludio al il famigerato scontro finale, ma non voglio anticipare altro! ;)
Perciò... fatemi sapere che ne pensate. E al prossimo capitolo, preparatevi! Andiamo a liberare Cheryl!
Grazia a chi mi segue e recensice :3 Vi voglio bene!
Alla prossima!! :)

 
   
 
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