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Autore: shotmedown    03/02/2013    4 recensioni
"Ho cercato in mille modi di fartelo capire, Pierre. Non ho mai avuto a che fare con uno più testardo di te, e, dannazione, non sono ancora riuscita a rinunciare alla tua stupida faccia. Neanche dopo quindici anni."
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cinque amici e un paio di chitarre.'
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<< Niente. >> Mi affrettai a rispondere, conscia che se non lo avessi fatto io, il caro signor Bouvier non avrebbe risolto la situazione. << A Jay piace scherzare. Pierre si è lasciato sfuggire una ragazza, mi sa. >>
 Finsi una risata che sarebbe suonata falsa a chiunque mi conoscesse, ma parve risultare comunque efficace, perché Réal si calmò. Tornai a sedermi e fulminai Pierre con lo sguardo, non curandomi del fatto che fosse improvvisamente impallidito, mostrando quel lato debole che celava con il suo aspetto da duro. Quasi mi fece pena, ma poi desistetti dal sorridergli per tranquillizzarlo, dato che non era più compito mio appurarmi delle sue condizioni psicologiche.

 O a quanto pareva non lo era mai stato.

 << Hailey, mi aiuteresti a sparecchiare? >> Seguii la voce di mia madre fino ad incontrare il suo sguardo. Annuii debolmente e mi alzai per seguirla, raccogliendo le stoviglie sporche insieme ai piatti.
 Quando la raggiunsi in cucina, mi sorpresi di vederla ferma davanti al bancone della cucina, intenta a fissarmi mentre risciacquavo i piatti per detergerli dall'olio e dal grasso. In quel momento compresi che il suo intento era quello di parlarmi, perché non si sarebbe potuta spiegare altrimenti quella sua ostinazione.
 << Dimmi, mamma. >> Dissi infatti, voltandomi verso di lei. Aveva tirato fuori della mozzarella e dei pomodori. Doveva aver deciso di proporre come secondo piatto una caprese, semplice e veloce, e in più italiano. Aveva un libro di ricette da quando ero nata, appassionata com'era di quella cucina. L'aiutai a riporre le porzioni nei piatti, quando finalmente lei si decise a spiccicar parola.
 << Da quanto? >> Quasi non mi scivolò un piatto dalle mani a quella sua domanda improvvisa. Sapevo bene a cosa si riferisse, mi sembrava totalmente inutile girarci attorno e fingere di non capire, perché lei avrebbe sicuramente pensato stessi prendendo tempo. In effetti avrei voluto farlo, per cercare una scusa plausibile, qualcosa che potesse prolungare ancora quella bugia fino a quando non mi fossi decisa a stabilirmi con Christian per quindi evitare troppi incontri con Pierre, sfruttando la sua gelosia.
 Sospirai, mettendomi a sedere su uno degli sgabelli. Sapevo bene che, sebbene fossi pronta a presentarle la versione breve della storia, ci sarebbe comunque voluto tempo - e forza.
 Le raccontai del nostro litigio i primi anni del liceo, senza spiegarle bene il perché in quanto non desideravo desse la colpa a lui o a me dell'accaduto: era successo e basta, ora accusare non avrebbe comunque risolto niente. Ma non riuscii a non dirle come mi fossi sentita, perché fossi stata costretta a mentire a tutti. Non era stata una decisione solo mia, avremmo deluso sia la mia famiglia che la sua parlando del nostro conflitto. Non doveva risentirne nessuno a parte noi, quindi ci eravamo presi le nostre responsabilità e avevamo tenuto la discussioni entro i limiti della nostra non-amicizia, in nome di una fiducia che c'era stata eccome in passato. Pierre si era dimostrato d'accordo, perché sapeva quanto i Bouvier tenessero a me e quanto i Roy a lui, per questo non se l'era sentita di coinvolgerli in qualcosa che riguardava esclusivamente me e lui.
 << Come hai fatto a tenerti tutto dentro, piccola mia? >> Quella premura, o forse la frase clou, la domanda che mi ero posta tutta la vita era, mi scatenarono un moto di pianto che a stento riuscii a trattenere. Inspirai a fondo, sollevando gli occhi al cielo, per evitare che quelle lacrime che stavano facendo capolino riuscissero nel loro intento di rovinarmi la giornata.
 << Non lo so, mamma. >> Ammisi, sentendo già la voce rotta. << Mi è mancato più di qualsiasi altra cosa negli ultimi anni, non c'è stato giorno in cui io non abbia desiderato risolvere con lui. >>
 << Vieni qui. >> Mi strinse tra le sue braccia, e quello fu la goccia che fece traboccare il vaso. Mi lasciai andare, come non ero riuscita a fare in dieci anni senza di lui, come non ero riuscita a fare il giorno della rottura: come non facevo dalla morte di mia madre vent'anni prima. Fu come scoprire di nuovo l'effetto liberatorio del pianto, perché quando mi staccai dall'abbraccio, nonostante i singhiozzi e le guance arrossate, mi sentivo meglio.
 << Dovreste parlarne. >> La sua richiesta aveva già risposta, ma almeno quello glielo evitai. Le chiesi di portare i piatti a tavola, o si sarebbero chiesti che fine avessimo fatto, sebbene qualcuno immaginava stessimo parlando.
 Usai le scale secondarie che collegavano la cucina al corridoio di sopra per raggiungere la mia vecchia camera: non era ancora cambiato nulla. Quelle poche cose che avevo lasciato erano lì, come pochi mesi prima.
 Spalancai le tendine e mi coricai sul letto, per calmarmi del tutto. Non ero più abituata a dover reprimere i singhiozzi e altri scatti di pianto, quindi mi sarebbe servito tempo: tempo che avrei tolto alla famiglia di Pierre per passare con loro i miei tre giorni lì. Parlarne con mia madre si era rivelato estremamente utile, dato che ora mi sentivo liberata da una parte del peso, ma aveva ragione. Dovevo parlare con Pierre, e non della nostra amicizia.
 C'era qualcosa che avremmo dovuto chiarire, per capire davvero come fossero andate le cose quegli anni, o avrei rischiato di impazzire a furia di pensarci e non sarei riuscita a dedicarmi a Christian come avrei dovuto e come meritava.
 
Toc toc.

 Sollevai lo sguardo appena in tempo per veder entrare chi non mi sarei mai aspettata di vedere da solo nella mia stessa stanza. Mi alzai di scatto, raggiungendolo. Chiusi la porta a chiave, e mi appoggiai alla superficie lignea, quasi arresa. Pierre, evidentemente, non era del mio stesso stato d'animo, e lo dedussi dal suo sguardo magnetico? A cosa stava pensando? Perché mi guardava in quel modo?
 << Hai parlato con tua madre? >> Chiese, cambiando totalmente espressione. Fui totalmente scossa da quell'improvviso sbalzo d'umore, che di certo non mi sarei aspettata.
 << Sì. Sai che non riesco a mentirle direttamente. >> Pensavo si sarebbe arrabbiato, invece si limitò ad annuire e sedersi sul mio letto. Teneva lo sguardo basso e le braccia incrociate tra le gambe, stanco quasi quanto me. << Devo chiederti una cosa. >>
 Semplice, schietta, e diretta.
 Se non avessi adottato la tattica della spallata non avrei mai capito niente, quindi tanto valeva farsi avanti. Via il dente, via il dolore.
 Momento.
 Era davvero così che consideravo quella situazione? Dolorosa?
 Se davvero Pierre avesse provato qualcosa per me, avrei rifiutato di ascoltarlo e sarei scappata via a gambe levate? Non restava che aspettare una sua risposta, perché non avrei mai potuto prevedere un mio comportamento se prima non mi fossi trovata dinnanzi al fatto compiuto. E poi non era detto che...No, impossibile. Ci conoscevamo dalla nascita.
 << Dimmi. >> Deglutii rumorosamente, allontanandomi dalla porta per avvicinarmi a lui, salvo poi sedermici accanto.
 << Io... Ho... Io ho ascoltato il vostro CD. >> Primo passo, introdurre l'argomento. Mi resi conto che non sarebbe stato facile come mi aspettavo, quindi dovevo prepararmi psicologicamente. Sentii i muscoli delle sue braccia irrigidirsi, e solo in quel momento mi accorsi di quanto fossimo vicini.
 << E...? >> Lo sentivo teso e preoccupato.
 << Le canzoni sono molto belle... >> Dissi infine, sentendo quindi tutto il suo corpo rilassarsi. Ma no, non mi sarei arresa. Dovevo andare a fondo, capire perché ci fossimo trovati nella situazione dell'ultima volta a dire e sentirci dire che la nostra amicizia non era mai esistita. E pretendevo un motivo valido, o lo avrei ucciso con le mie stesse mani. << La traccia numero otto. Alien. >>
 << Sì. >>
 << Pierre, tu... Tu provi qualcosa per...>>
 Dannati momenti poco opportuni per venire a bussare per dirci che è stato servito il dolce!

Diamine, diamine, diamine! Non potevo essere realmente così sfortunata. Non era possibile, era una congiura!

 Mi alzai e aprii la porta, liquidando mio padre in quattro e quattr'otto. Ma quando tornai a guardare Pierre, anche lui si era alzato, e mi aveva raggiunta alla porta, chiedendomi poi di scendere con lui.
 Evidentemente quel giorno non avrei scoperto nulla, perché se prima avevo trovato il coraggio di andare sull'argomento, ora mi sarebbe risultato difficile farlo, se non con una dose in più di palle, che sicuramente non avrei trovato prima del prossimo incontro.

Affranta tornai con lui di sotto, e senza dir nulla ci mettemmo nuovamente a sedere, come se nulla fosse successo. Vidi Réal guardarmi e cercare di dire qualcosa, ma fu frenato dal braccio di Louise, che gli chiese tacitamente di non ficcare il naso nei miei affari. Le sorrisi, ringraziandola, e mangiando controvoglia quella fetta di cheesecake, che ora, di dolce, non aveva proprio nulla.


*
 


<< Lancia, Hailey! >>
Perché mi ero fatta coinvolgere in quella partita? Non che non mi stessi divertendo, ma i ragazzi non avevano avuto pietà del mio corpo, certamente più esile del loro, e non avevano esitato a placcarmi quasi fossi un elefante in piena crisi.
Seguii la voce di Jay e provai un tiro lungo, che andò a buon fine, con mia grande sorpresa. Lo vidi correre verso quella che avrebbe dovuto segnare l'area del touchdown, seguito a ruota da Pierre, che si teneva pronto in caso di possibile passaggio, ma anche da mio padre e Réal, della squadra avversaria, che arrancavano per cercare di togliere la palla dalle mani del ragazzo. Non lo ammettevano, ma l'età si faceva sentire, e si rendevano tutti conto di ciò nel momento esatto in cui, sancita la tregua ad ogni punto, si lasciavano cadere a terra spossati, neanche avessero corso una maratona di quaranta chilometri.
Spesso ridevo, guadagnandomi occhiatacce da parte di entrambi, così in quel momento zittii, quando li vidi annaspare alla ricerca d'aria dopo aver atterrato Jay.
Corsi verso di loro, raggiungendo Pierre e Louise, per appurarmi che Jay stesse bene, essendo stato preso in pieno da entrambi.
Mia madre, che se ne stava a beatamente seduta a bordo campo su una tovaglia da picnic, fischiò il fallo.
La sera prima si era slogata un polso, cadendo da uno sgabello che aveva posizionato sotto il lampadario del salotto per cambiare una lampadina. Era una femminista molto più convinta di me, e non aveva chiesto aiuto a mio padre, più alto di lei e di certo con più esperienza, avendo fatto l'elettricista, in passato. Ma no, nulla.
Aveva rischiato di rompersi la noce del collo, e nell'esatto istante in cui il suo corpo aveva toccato terra, io e mio padre avevamo avuto un piccolo infarto. Corsa all'ospedale, perché il suo polso aveva assunto una forma strana - la mano sembrava girata quasi al contrario - e attesa di oltre due ore per essere finalmente ricevuti dall'ortopedico di turno quella notte, che non si era mostrato poi così contento di ricevere l'ennesimo paziente.
Quando i Bouvier avevano notato il polso steccato, ci avevano tempestati di domande, mentre mia madre ancora subiva l'effetto dell'antidolorifico, e quindi, quel giorno, per non sprecare ancora tempo senza poterlo passare con la famiglia di Réal, avevamo deciso di rimandare di qualche ora la partita, e poi di dare a mia madre l'onere e l'onore di assumere il ruolo di arbitro. Non aveva per nulla obiettato, presa dall'entusiasmo di decidere le sorti di tutti noi, come stava facendo adesso, avvicinandosi alla "porta" improvvisata.
Ci concesse un calcio di punizione, che decidemmo di far battere a Pierre perché il più forte - per quanto a Jay costasse ammetterlo. Avrebbe potuto tranquillamente giocare da solo contro tutti, e avrebbe vinto senza alcuna difficoltà.
Pierre si posizionò, io e Jay incrociammo le dita: quando tirò, riuscì a donarci l'ennesima vittoria.
<< Grande, fratello! >>
Si abbracciarono, iniziando a saltellare, tanto che neanche mi accorsi del loro improvviso "sandwich". Mi ritrovai in mezzo alla loro stretta, con il viso rivolto al petto di Pierre, che neanche doveva essersi reso conto di tutto ciò.
Spostai lo sguardo per un istante, incontrando gli occhi di mia madre. Si stava probabilmente chiedendo se, a) quello fosse solo l'ennesimo teatrino messo in scena da me e Pierre per ingannare le pretese dei nostri genitori, b) quel lieve barlume di speranza mi faceva pensare che forse si aspettava avessimo chiarito qualcosa il giorno prima. Chinai il capo, frenandomi dall'esultare, e mia madre annuì. Aveva capito.
<< Possiamo mangiare qualcosa? Per favore! >> Implorai, notando che Jay e mio padre erano tornati a centro campo e si accingevano a ricominciare. Il primo mi guardò, poi si grattò il mento, con fare indeciso.
<< D'accordo, prendiamoci una pausa. Dopo deciderete se farvi stracciare ancora oppure... Jean, nascondi la carta di credito. >>
<< Jay! >> Lo richiamammo io e mia madre, mentre mio padre lo prendeva alla lettera. << Papà! >>
<< Piccola, con tutto il bene, ma l'ultima volta avete speso un capitale, e solo tua madre ha comprato vestiti per un reggimento. >> Trattenni una risata, mentre la donna chiamata in causa lo fulminò con lo sguardo.
<< Mia figlia torna due volte l’anno e tu vorresti togliermi il privilegio di fare shopping con lei? Niente dolce per una settimana! >>

Mia figlia.

Lo aveva detto con una naturalezza che mi spiazzò. Daphne era senza dubbio una madre per me, ma il modo in cui aveva ritenuto così ovvio il fatto che io fossi sua figlia e non la figliastra mi ammutolì e smorzò la risata che ne sarebbe derivata da una punizione tanto infantile.
Punizione che aveva funzionato, perché mio padre mostrò subito la sua American Express, chiedendole, pregandola di preparare ancora la sua cheesecake.
<< Prendi esempio, Réal. >> Sentii Louise alle mie spalle, e il marito sembrava essere sul punto di prendere seriamente in considerazione l’idea di staccare la testa a mio padre, troppo accondiscendente e sottomesso. Sapevo bene come la pensasse, ma alla fine sdrammatizzava tutto con una sonora risata che coinvolgeva tutti.
<< Hail. >> Sobbalzai, non tanto al suono del nome, quanto a quello della voce che lo aveva pronunciato. Era una vita che non mi chiamava col diminutivo.
Un segnale positivo?
Non ci avrei giurato.
<< Dobbiamo parlare. >> Disse, fingendo indifferenza.
<< E di cosa? >> Osai chiedere, pur sapendo che non avrebbe mai acconsentito a parlarne davanti ai nostri cari, così mi alzai, attirando l’attenzione di tutti, e gli chiesi di seguirmi.
Nessuno trovò strano quel mio comportamento – fatta eccezione di mia madre, che, tacitamente, mi chiese cosa stesse succedendo – sicché lo condussi abbastanza lontano perché Louise, Réal e mio padre non potessero sentirci.
Ci nascondemmo, praticamente, all’ombra di un salice, e quando mi voltai per farlo parlare, lo vidi grattarsi la nuca nervosamente. Se c’era anche una remota possibilità che io potessi star tranquilla, ora era svanita. Lo incitai a spiccicar parola, dato che non si decideva a farlo.
<< Non ho intenzione di lasciar cadere il discorso di ieri. So bene dove stessi cercando di arrivare. >> Deglutii rumorosamente, incrociando le braccia al petto per farmi forza. << Hail, la traccia otto. Non riguarda te. >>
<< I-io non… >> Mi posò un dito sulle labbra, per zittirmi. Ma il mio corpo reagì a quel tocco, prima ancora che potessi rendermene conto.
Che sta succedendo?
<< Sì che l’hai pensato. Ti conosco. >> Lasciai andare il fiato che avevo trattenuto fino a quel momento, inconsciamente, e decisi di dire la verità una volta per tutte. O almeno, la mia versione dei fatti.
<< Mi ha semplicemente ricordato il nomignolo che mi hai affibbiato tempo fa, e poi… Era l’unica risposta. Errata, a quanto pare, ma pur sempre l’unica. >> Ammisi, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. 
<< Risposta a cosa? >> Sollevai lo sguardo ed incontrai il suo, molto meno determinato di trenta secondi fa. Perché era altalenante, prima sembrava così insicuro, poi così certo delle sue azioni e ora… di nuovo fragile.
Forse stavo semplicemente impazzendo, forse Pierre non era poi un libro tanto aperto per me. O magari sì, ma riuscivo a leggere solo pagine vuote.
<< Alla domanda: perché? >> Mormorai. << Perché la nostra amicizia non è mai esistita, per te? >> Dove avessi trovato il coraggio di farmi avanti in quel modo, non lo sapevo neanch’io.
Basta il salice di piangente, qui.
Repressi il nervosismo per evitare di trasformarmi nell’emblema del nostro paese, e vietai alla cascata anche solo di formarsi.
<< La canzone è dedicata ad una mia ex. So benissimo che possa essere stato fraintendibile da parte mia, ma l’unica coincidenza è il fatto che il tuo nome si presti perfettamente all’Alien. >>
Coincidenza?
Poteva essere, certo che poteva.
Ma quella non era una mia presunzione, solo una semplice supposizione avvalorata poi dall’affermazione di Chuck.

Credo sia troppo codardo per ammetterlo, o forse troppo orgoglioso. Quindi, per favore, torna, e fallo ragionare. Lui ha bisogno di te.

Poteva aver bisogno di me in tanti sensi, il problema era che non potevo chiederglielo. Non potevo sapere se Chuck gli avesse parlato di me, ma era cosa improbabile, dato che Pierre lo avrebbe ammazzato per aver detto una cosa del genere. Eppure la voglia di sapere era tanto, e che la canzone fosse per una ragazza o no, non m’importava.
Pierre mi doveva una spiegazione, e non sul significato del testo o il suo destinatario. Era arrivata l’ora di mettere in chiaro determinate cose.
<< Rispondimi. >> Affermai, risoluta, chiudendo gli occhi. Certo la forza necessaria non l’avrei trovata guardandolo.
<< Cosa c’è da dire? >>
Non lo aveva detto davvero. Non poteva.
<< Tante cose Pierre, ma per ora mi accontenterò di sapere perché per te non sono mai stata un’amica. >>
<< Semplice: il nostro è stato un rapporto unilaterale. >> Lo disse con una sicurezza tale che un momento mi trovai certa delle cose da rispondergli, un momento dopo vacillavo alla ricerca di un appiglio. << Ci sono sempre stato, Hailey. Lo stesso non si può dire di te. >>
Fu come ricevere un secchio d’acqua gelata in pieno inverno.
<< Non puoi pensarlo davvero. >> Mormorai, più a me stessa che a lui.
<< Sai che non parlo mai a vanvera. >> Annuii.
<< E quand’è che non ci sarei stata? >> Chiesi, ritrovando un po’ di vigore.
<< Cominciamo coi Reset. Poi quando mia madre è stata male. Quando… >>
<< Tua madre cosa?! >> Lo bloccai, sollevando lo sguardo.
<< Sì. Ha subito un’operazione anni fa, tu non c’eri. >> Mi appoggiai al tronco dell’albero, ma non mi lasciai scivolare lungo la parete, timorosa di vederlo ancora padrone delle mie emozioni.
Perché mia madre non mi aveva detto niente? Perché lui non mi aveva chiesto di tornare? Non avrei mai potuto appurarmi delle sue condizioni se prima non fossi venuta a conoscenza del male che aveva!
A Vancouver aveva portato e lasciato la mia vita, ma avevo dimenticato tutto a Montréal. Non potevo davvero essermi allontanata da chi amavo per semplice ambizione personale e per liberarmi per sempre della presenza di Pierre. Ma avevo combinato solo danni andando via, prima a me stessa, poi a chi mi voleva bene.
<< Non potevo saperlo, Pierre. E per quanto riguarda i Reset, voglio ricordarti che sei stato tu a tagliarmi fuori. >>
La risata che seguì quella mia affermazione mi lasciò interdetta: sembrava intrisa di cattiveria e odio. E non potevo pensare fosse rivolta a me.
<< Tu volevi ti dedicassi tutto il mio tempo. >> Borbottò, tornando serio.
<< Non è vero, dannazione! Io amavo il tuo modo di suonare, amavo la tua voce, amavo il fatto che tu scrivessi canzoni stupide per tirarmi su il morale, amavo i volantini che ti avevo aiutato a stampare per cercare batteristi e chitarristi, amavo il fatto che ci fossi sempre, e che io, potendoci essere per te, stessi bene. >>
Amavo.
Avevo usato quel verbo per descrivere tutto quello che sentivo? C’era fondamentalmente qualche problema nella sottoscritta.
<< Allora perché mi hai chiesto di smettere? >> Sbottò. Eravamo arrivati ad urlare, mancava solo giungessimo alle mani.
Fortunatamente eravamo abbastanza lontani, o Jay si sarebbe catapultato a vedere cosa stesse succedendo.
<< Io non ti ho chiesto di smettere, Pierre. Tu non te ne sei reso conto, ma mi hai eliminata dalla tua vita, come nulla fosse. Non chiamavi più, non rispondevi alle mie telefonate, mi evitavi addirittura! Ti rendi conto che cosa io sia stata costretta a passare perché ad un tratto il mio migliore amico era diventato il re degli estranei? Dovevo chiedere a Chuck come stessi! >> Lanciai fuori tutto, non potendone più di tenermi tutto dentro.
La bomba ad orologeria era appena esplosa.
<< Io… >>
<< Io un corno! >> Lo interruppi, tirandomi i capelli indietro. << Perché credi sia venuta a parlare con te quel giorno? Perché Chuck era preoccupato per te, perché non cantavi più come prima. Come una stupida ho pensato fosse perché ti eri finalmente accorto della mia assenza. Ho molto spesso peccato di presunzione, ma allora ho raggiunto il limite. >>
Mi guardava quasi fosse preoccupato di un mio attacco violento. Ma non avevo intenzione di fargli del male, non dopo che lui mi aveva disintegrata in quel modo. Io, una pietra sul passato, non ero riuscita a metterla. Se non un enorme macigno sulle mie macerie.
Dopo quella confessione sentivo di poter essere finalmente libera.
<< Ti ho davvero evitata? >> Inarcai un sopracciglio, ed evitai di scoppiare a ridere per l’assurdità di quella situazione. << Non me n’ero minimamente reso conto. >>
Momento, momento, momento. Stiamo per chiarire davvero? Una volta arrivate le sue scuse, amici come prima?
<< Non dovevo contare poi così tanto, allora. >>
<< No! Diamine, Hailey, sei stata la cosa migliore che potesse capitarmi. >> Il mio cuore si fermò tanto quanto bastava a farmi rendere conto che quelle parole erano cadute esattamente laddove erano attese da tanto, troppo tempo. << Io ho…sbagliato tutto. >>
Mi stavo letteralmente tormentando le dita, in attesa. Quel supplizio, dolce supplizio, avrebbe avuto fino a breve.
<< Succede… >> Sdrammatizzai, guardandolo. Ma non riuscivo ad abbozzare un sorriso.
<< Non avrebbe dovuto. >> Decretò, mettendosi a sedere sotto il salice. Mi scostai per non sfiorarlo, o non avrei risposto delle mie azioni. Il discorso non si poteva dire ancora concluso, mancavano le paroline magiche. << Perché non me lo hai fatto capire? >>
<< Pierre, non farmi arrabbiare. >> Minacciai, sedendomi anch’io.
<< No, potrebbe esploderti il volto. >> Cercai inutilmente di reprimere una risata, che mi uscì spontanea come non accadeva da troppo tempo. Si unì a me, lasciandosi andare contro il tronco. << Non credo basti chiedere scusa, vero? >>
<< E’ un passo avanti. Un inizio. >> Sorrisi, cercando di incoraggiarlo a dire quello che in vita sua non era mai stato costretto ad ammettere.
<< Torneremmo ad essere amici dopo dieci anni di silenzi interrotti solo da insulti? >> Annuii, felice come non mai. Si stava risolvendo davvero tutto? Saremmo tornati amici? Avevo bisogno di bere qualcosa, perché tutto mi sarei aspettata quel week-end, tranne una situazione simile.
Ma bere pesantemente, eh.
<< Hailey… >> Mi chiamò, distogliendomi dall’elencare una lunga serie di alcolici pesanti di cui far rifornimento una volta tornata a casa. A Montréal avrei dato decisamente spettacolo e mia madre e mio padre avrebbero decisamente desistito dal farmi tornare a casa, sapendomi così sfrontata e poco responsabile.
<< Dimmi. >>
<< Scusa. >>






CIAO A TUTTE!

Scusate il ritardo, il destino si è messo contro. In realtà ero convinta di aver già aggiornato da qualche giorno, e invece...
Chiedo venia :c
Torniamo alla storia: come promesso, niente POV di Pierre! Non uccidetemi, perché proprio per farmi volere più bene, ho deciso che adesso non ci sarà neanche lo spoiler, perché altrimenti rivelo troppo u.u
Vi lascio con questa:  Prendi me. Scegli me. Ama me. E' una one-shot rating rosso.
Sì, di tanto in tanto sfocia il mio lato pervertito ahahah
Chi conosce Sam e Pierre, l'amerà.
Chi non ha letto ancora Cruelty of fate la vedrà come una semplice scena di sesso.
Vi adoro, tutte, sappiatelo.
Alla prossima! :D
Liz.





 

  
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