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Autore: qujnnest    05/02/2013    0 recensioni
Se avessi saputo che si poteva amare così, non sarei mai diventata una serial killer.
Non ti addestrano a questo. Ma da quello che ho capito, nessuno è preparato.
Mi chiamo Rebecca, ho 23 anni ed ero proprietà del governo degli Stati Uniti.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giorno 2.

 

Non ho ancora parlato con nessuno. Come biasimarli! Sanno chi sono e cosa ho fatto, è per questo che sono qui.

Ogni notte sento la puzza del sangue e mi sveglio in preda agli incubi.

E’ spaventoso quello che ho fatto, non l’ho scelto, non ho mai chiesto, ho solo eseguito.

Spengo la sigaretta.

-Dovresti tagliarti i capelli, ti starebbero meglio.- mi fa notare un’assistente.

-No. Li ho sempre portati lunghi e mi piacciono.- mi alzo il cappuccio.

In tv mandano un servizio su un evento brasiliano.

-Sei mai stata in Brasile?- continua a voler conversare con me.

-No.- mentivo.

 

Brasile, 15 Maggio 2008.

Mi hanno mandata qui con due spiccioli, una foto e la morte certa.

Devo sterminare un clan di rivoluzionari.

La cosa più semplice da fare è piazzare una bomba alla sede principale ma a quanto pare il governo degli Stati Uniti non mette dell’esplosivo in mano ad una quindicenne.

Dovrò far affidamento sul mio AK-47. Buffo, gli USA mi danno un’arma Russa.

13 uomini ed una quindicenne addestrata per ucciderne 37 in meno 8 secondi.

Sono tanti i numeri della mia vita.

Porto a termine la missione senza un graffio.

 

-Ma sei americana? Non sembri affatto americana.-

-Fai troppe domande per essere un’inserviente.-

-Sono un’assistente a dire la verità e mi piacciono le convinzioni sociali.- fredda.

-Sembra che non abbiamo nulla in comune. Vado alla riunione. Ci si vede in giro!- affretto il passo e mi dirigo nella sala grande.

-Oh eccola! Signore e signori, l’ultima arrivata. Rebecca…- prima che dica il cognome.

-Stia zitto.-

-Ma…-

-Il grande capo non vuole. Stia zitto o lo sa…-

-Allora Rebecca…- enfatizza il mio nome.

-Posso sedermi?- dico spostando la sedia.

-Ma sì, certo…-

-La vedo spaesato, è a disagio per caso?- mi siedo accanto a lui.-

-No, no assolutamente!- Allontana la sedia dalla mia. Lo avrei fatto anche io.

-Allora, Rebecca. Io sono il dottor Fitz e vi seguirò ad ogni incontro. Dovresti condividere con noi la tua storia..-

-Sa che non posso farlo.-

-Tecnicamente puoi.-

- E va bene… Salve gente- metto la sedia al contrario- Mi chiamo Rebecca, ho 20 anni e sono qui perché sono molto simile a voi.-

-Rebecca! Non devi…-

-Senta, io non so che diamine dire! Mi avete rotto i coglioni!- Mi alzo infuriata. –Se non posso parlare che cazzo sto a fare qui!-

-Abbassa la voce! Cristo, Rebecca!- mi afferra per un braccio e mi trascina fino alla porta.

-Stiamo cercando di proteggerti! Vuoi farti ammazzare per caso? Ora vai a farti un giro e torna quando ti sarai calmata!- mi apre la porta ed esco mettendo in bocca una sigaretta.

-Fanculo!- dico calciando una pietra dal giardino dell’edificio.

Una voce dietro di me mi fa sussultare.

-Sei nuova, eh?-mi volto.

Era bellissima. Un incarnato perlaceo quasi come di porcellana, i capelli rossi e ondulati lunghi fin sotto il seno, che, a prima vista mi fa accelerare il battito cardiaco.

-Sì. Tu chi sei?- accendo la sigaretta.

-Mi chiamo Josephine. Tu?- viene verso di me ed il cuore impazzisce.

-Rebecca. Hai un bell’accento. Bella Parigi, ci sono stata!- butto fuori il fumo.

-Ah sì? In vacanza?-

-No, un viaggio con la chiesa.-

-Per quanto io ti creda, mi sembra difficile che tu sia tipo da chiesa!- Sorride innocentemente.

-Sì, be’ posso essere tanti tipi!-

-Mi piacciono le persone come te. Sembri una che ha tante storie da raccontare.- si siede sulla panchina alla nostra destra.

-Non mi conosci ed è meglio così.-

-Io credo che tu sia bellissima!- Sorride ancora ma mi lascia senza parole.

Si alza. – Vado dentro, ci vediamo a cena se scendi. E’ stato un piacere conoscerti!- cammina all’indietro guardandomi e sorridendomi poi fa una piroetta ed entra dentro.

In quel momento ho capito che mi era entrata dentro il cuore e che il male che c’era in me, lei non riusciva a vederlo.

 

  
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