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Autore: Maunt    07/02/2013    1 recensioni
Sara e Grissom si ritrovano a parlare con Catherine dei loro sentimenti e ciò li fa ragionare. Si ritroveranno poi in una situazione imbarazzante mentre parlano di come dovrebbero comportarsi.
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Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Catherine Willows, Gilbert 'Gil' Grissom, Sara Sidle
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lo squillare del telefono mi svegliò, mi mossi velocemente e risposi con voce assonata:
"Pronto chi è?" dall'altra parte qualcuno di famigliare mi parlò con tono rassegnato:
"Gil sono Brass, drovesti venire alla centrale"  fui irritato da quella chiamata:
"Io ho finito da un pezzo Jim, chiama quelli del turno di giorno!"
lui sospirò mettendomi un po' in apprensione:
"No vedi non si tratta di un caso, è Sara che..." lo nterruppi prima che potesse finire:
"Sta bene? Cosa le è successo?" la mia voce era spaventata, ripensai a come l'avevo lasciata e una morsa mi strinse lo stomaco:
"Tranquillo sta bene, un agente l'ha fermata alla guida ubriaca, ho soffocato la cosa, ma non può tornare a casa da sola." trassi un sospiro di solievo e confermai che sarei andato a prenderla.
Dopo aver indossato i primi vestiti che trovai corsi all'auto e partii in direzione della centrale.


Mi avevano fatta sedere su una sedia dura, fredda e scomoda; volevo alzarmi e andare via, ma la stanza intorno a me roteava vorticosamente facendomi venire la nausea. Mi presi la testa fra le mani per tenerla ferma,ma non cambiò nulla; chinandomi in avanti cercai di fissare un punto preciso del pavimente, ma era tutto molto sfocato e le luci bianche mi abbagliavano.
Un uomo si sedette al mio fianco pronunciando il mio nome in maniera dolce e premurosa,
mi chiese se era tutto a posto e biascicando risposi qualcosa di accettabile, poi mi prese la mano fra la sua e disse:
"Sara vieni, ti porto a casa" non sapevo chi fosse, ma qualcosa nella sua voce familiare mi rassicurava e mi lasciai scortare fino ad una jeep nera, all'improvviso qualcosa scatto nella mia testa e bloccandomi sul posto iniziai a parlare agitata:
"Non voglio venire con te! Chiama Grissom ecco-gli porsi il telefono-Grissom si prenderà cura di me! Chiamalo!" lo sconosciuto cercava di tranquillizzarmi stringendomi le spalle:
"Sara stai tranquilla, sono io! Sono Gil!" quelle parole mi sconvosero, ma non ebbi la forza di guardarlo in faccia, scoppiaia a piangere squittendo come una bambina spaventata:
"Gil! Per fortuna sei qui! Grazie, scusa se...  oh Gil sono così felice di vederti!" ero incapace di controllarmi e le parole uscivano ancora prima che io le pensassi, lui senza dire niente mi cinse la vita e mi aiutò a salire in macchina dopodichè il buio calò sulla mia mente.

Avevo sorretto Sara dal parcheggio fino al pianerottolo del sua appartamento e dopo averle tolto le chiavi di tasca eravamo entrati; lei si lasciò cadere pesantemente sul divano, la testa gettata all'indietro, io, che mi ero seduto di fianco, la offervavo indeciso su come comportarmi.
Dopo quanche minuto iniziò a trafficare con l'allaciatura della giacca imprecando ripedutamente, le scostai delicatamente le mani e la aiutai a slacciare la zip; mi guardò e i suoi occhi erano vacui come privi di ragione, poi senza una parola si alzò e si diresse barcollando verso quella che presumibilmente era la sua camera da letto. Fece solo pochi passi perchè inciampò nell'angolo del tappeto e cadde sul pavimento con un tonfo sordo, scattai in piedi e la aiutai a sollevarsi portandola poi nella stanza. La osservai mentre si toglieva i vestiti con qualche difficoltà, ma non potevo aiutarla, il solo fatto di guardarla spogliarsi mi faceva vergognare, il suo corpo snello era a dir poco perfetto in biancheria.
Finalmete si mise sotto le coperte e mi avvicanai tenendo gli occhi fissi sul pavimento, il mio cuore palpitava incontrollabile e le mie mani sudate si torcevano l'una nell'altra, ma un suo flebile sussurro mi costrinse a guardarla:
"Gil vieni qui con me ti prego!" imbarazzato e titubante mi sedetti sul lato opposto del letto tenendomi a una certa distanza, ma lei strisciando sotto le coperte arrivò fino a me e dopo essersi messa a sedere si accoccolò sul mio petto sussurando:
"Gil ti amo, non posso vivere senza di te" sapevo che non avrebbe mai pronunciato quelle parole in un'altra situazione, era ubriaca ma si sa che in vino veritas così la strinsi tra le mie braccia e sentivo la sua schiena nuda sotto le mie dita tremanti e la sue mani stretta a pugno sul colletto della mia camicia, poggiai la guancia sulla sua testa e inspirai profondamente il dolce profumo dei suoi capelli sussurrando :
"Penso di amarti anche io" nessuno sentii quella frase perchè nessuno aveva un udito tanto acuto.
Cercai di far sdraiare Sara e appena sentii le sue mani allentare la prese mi alzai per dirigermi in salotto, ma qualcosa afferò il mio braccio e voltandomi vidi il suo volto fissarmi impaurito:
"Ti prego Gil resta" per quanche istante rimasi immobile a osservare il suo viso incapace di reagire, poi prendendole la mano mi sdraiai al sua fianco senza staccare gli occhi dai suoi e lei capì che sarei rimasto perchè pochi secondi dopo si era già assopita con le dita intrecciate alle mie.
La osservai dormire per un po' di tempo e capii che qualche ora prima avevo preso la decisione sbagliata convinto come senpre che la ragione vince i sentimenti, ma forse per la prima volta io ero il meglio per qualcuno. Rimanendo in quella stanza avevo avevo preso la decisione che non avrei mai pensato di prendere e così facendo avevo dato una svolta alla mia vita che ora era irrimediabilmente legata a quella di Sara.
Mi lasciai invadere da un senso di pace che non sentivo da moltissimi anni e mi addormentai al suo fianco consapevole che al risveglio avrei potuto finalmente dichiararle il mio amore.


Spalancai gli occhi di colpo e iniziai a guardarmi intorno senza muovere un muscolo, ero sicura di essere nella mia camera da letto, ma non sapevo come esserci arrivata. L'ultima cosa che ricordavo chiaramente era il bar dove mi ero recata dopo il lavoro, il resto delle ore era un insieme di immagini sfocate: ricordavo di essermi messa alla guida, ma non sapevo devo fosse la mia auto; ricordavo una stanza abbastanza familiare con delle luci abbaglianti e poi ricordavo un uomo.
All'improvviso mi resi conto del respiro lento e profono che proveniva dalle mie spalle, fui presa dal panico. Non avevo idea di chi fosse e notando di essere in biancheria intima venni invasa da un senso di nausea crescente, ero stata così sprovveduta e ubriaca da portare a casa una sconosciuto?
Mi girai lentamente per non svegliarlo, lui mi dava le spalle, ma lo riconobbi comunque: Gil Grissom dormiva nel mio letto.
La cosa mi sconvolse profondamente e una sequenza di emozioni passò in me; il sollievo arrivò per primo perche sapevo che quell'uomo non mi avrebbe mai fatto del male, poi fu il turno del dubbio in quanto non avevo idea dicosa ci facesse lì, ma la gioia e l'euforia cacciarono qualsiasi altro sentimento perchè lui era l'unico che avrei voluto al mio fianco.
Rimasi nel letto ad ascoltare il suo respiro osservando le sue spalle muoversi, aspettavo il suo risveglio con ansia in cerca di risposte; non mi fece attendere molto perchè si svegliò dopo qualche minuto e girandosi verso di me disse con un sorriso:
"Ciao Sara" nella sua voce c'era qualcosa di diverso dal solito, era calda e rilassata, così tranquilla da sembrare irreale.
Continuava a fissarmi sorridendo e la cosa mi metteva molto a disagio, io non osavo parlare per paura di avere l'alito pesante, ma non ce ne fu bisogno perchè lui si alzò a sedere e disse:
"Sei stata incosciente questa notte-il suo tono questa volta era di rimprovero-ora avrai bisogno di un caffè" detto questo uscì dalla stanza lasciandomi sola a ragionare; non capivo come facesse a essere così rilassato, come se fosse normale che io e lui ci svegliassimo nello stesso letto, da una parte ne ero estremamente contenta, ma dall'altra mi metteva a disagio perchè qualcosa mi stava sfuggendo.
Mi alzai lentamente e mi resi conto solo in quel momento del forte bruciore di stomaco e del gran mal di testa, avevo proprio esagerato sta volta; andai in bagno e dopo essermi lavata i denti cercai  di sistemare il groviglio che  avevo al posto dei capelli; dopo vari tentativi falliti decisi di legarli in una coda.
Rientrai nella camera da letto fermandomi davanti all'armadio aperto, sapevo che Grissom non era il tipo che nota certe cose, ma non volevo sfigurare. Fissai i miei vestiti per circa cinque minuti senza arrivare a una soluzione, dopodichè mi arresi e indossai una vecchia tuta, ormai la mia figura pietosa l'avevo già fatta.
Andai incerta verso la cucina e mi appoggia allo stipite della porta per osservarlo mentre trafficava con i miei armadietti, era un sogno poterlo vedere nella mia casa e un piccolo sospiro mi sfuggì senza che me ne accorgessi, ma lui lo colse e si girò dicendo:
"Il caffè è pronto" di nuovo un sorriso e di nuovo la voce calda e rilassata.
Mi avvicinai con passi calibrati  e mi sedetti al tavolo, lui mi servì una delle mie tazze e si accomodò sulla sedia di fianco alla mia; mi guardava da dietro la tazza come se volesse entrarmi in testa e persa nel blu dei suoi occhi parlai:
"Perchè sei qui Gil?" le parole erano uscite troppo volecemete e per un secondo pensai che non avesse capito poi sfoderò un sorriso, che mi sciolse il cuore, e disse tranquillamente:
"Perchè sei stata tu a chiedermelo" ecco la conferma che ero stata troppo sfrontata.
Abbassai lo sguardo e continuai:
"Ok, allora ti chiedo cos'è successo ieri notte perchè non mi ricordo quasi niente" il suo volto si fece scuro e il sorriso scomparve appena iniziò a parlare:
"Ti ha fermato un agente della stradale e ti ha portata in centrale perchè eri alla guida in stato di ebrezza" se ero stata beccata allora significava un licenziamento assicurato, il mondo mi crollò improvvisamente addosso e iniziai a respirare affannosamente, ma Grissom si affrettò a continuare:
"Brass ha insabbiato la cosa quindi non ci saranno conseguenze al dipartimento -trassi un sospiro di solievo- appena Jim mi ha chiamato sono andato alla centrale e ti ho riportata a casa"
Questo fatto spiegava come fossi arrivata lì, ma ancora non sapevo perchè lui era nel mio letto.

Mentre le raccontavo cosa era successo dopo trovai difficoltà nel rimanere calmo, avevo omesso qualche particolare di cui mi vergognavo, quando le disse che mi aveva voluto lì con lei diventò rossa in viso e rimase decisamente allibita quando confessai di non aver avuto il coraggio di andare. Aveva gli occhi sbarrati e mi fissava:
"Perchè?" fu la sua unica domanda, probabilmente aveva già capito il motivo, ma aveva bisogno di sentirmelo dire. Trassi un profondo respiro mentre il mio cuore martellava in petto e lo stomaco lottava per uscire:
"Perchè sono follemente e incondizionatamente innamorato di te".


Quelle parole mi colpirono in pieno volto come un pugno, non potevo credere che finalmente aveva confessato, solo qualche ora prima diceva l'esatto contrario ed era il motivo per cui mi ero abbandonata all'alcol in quel bar.
Lo vedevo in trepida attesa che io metabolizzassi la notizia e la cosa mi riusciva stranamente difficile; ero combattuta tra volerlo picchiare con tutte le mie forze e saltargli al collo come un adolescente. Ci aveva messo quasi un anno, ma finalmete aveva capito che non potevo stare senza di lui; sorrisi inconsciamente e i miei occhi si fecero lucidi e bagnati, se ne accorse subito perchè iniziò ad agitarsi sulla sedia fissandomi perplesso:
"Hey non piangere! Cosa c'è che non va?" il suo tono era leggermente seccato perchè non comprendeva il motivo delle mie lacrime, mi fece ridere e parlai con un po' di imbarazzo nella voce:
"Sai non ho mai pianto per la felicità fino ad ora".
Ogni minima traccia di dubbio sparì dal suo volto lasciando spazio ad un'espressione mozzafiato che non avevo mai visto: eccolo finalmente davanti a me in tutta la sua più sincera fragilità, Gil Grissom, l'uomo della mia vita.

Avrei voluto stringerla a me, ma il mio corpo non rispondeva ai comendi del cervello, sembravo un ragazziono alle prese con la sua prima cotta; La sua mano si mosse in cerca della mia e la trovò sul piano del tavolo. I muscoli delle spalle si irrigidirono al contatto, paralizzato dall'emozione non sapevo cosa fare, mi concentrai esclusivamente sui muscoli del braccio e uno alla volta li rilassai fino ad arrivare alla mano e finalmete riuscì a stringere quella di Sara come desideravo fare. Le fissavo mentre lei tracciava cerchi contrentrici sul mio palmo perchè sembravano fatte per trovarsi: le dita si intrecciavano perfettamente insieme come due tessere di un unico puzzle.
Mi alzai, avevo finalmente ripreso il controllo del mio corpo, e dopo averle dapo un bacio sulla fronte la tirai delicatamente verso di me per stringerla goffamente in un abbraccio; con le parole non sarei mai stato in grado di descriverle i miei sentimenti, ma in quel momento il mio cuore emanava amore in ogni direzione e sapevo che lei avrebbe capito tutto.


Le sue braccia forti mi stringevano teneramente, appoggiai la testa sul suo petto ascoltando i battiti irregolari del suo cuore e sentendo il suo profumo mi sembrò di essere a casa, al sicuro; Spostai leggermente la testa verso l'alto cercando il suo collo e lo baciai dolcemente, lo sentii irrigidirsi fra le mie braccia e stringermi ancora più forte.
Sarei potutta stare in quella posizione per sempre perchè sentivo che ogni cosa era al posto giusto, ma come tutto anche quel momento doveva finire. Dopo un minuto o forse un' ora sciolse l'abbraccio, guardandomi negli occhi mi prese il viso fra le mani e con estrema lentezza si avvicinò a me mandandomi in paradiso nel momento in cui le nostre labbra si toccarono.
 Per la seconda volta in poche ora ci stavamo baciando, ma quello per me fu il primo bacio della nostra storia perchè non ci sarebbe mai stato niente di più bello e dolce in tutta la mia vita, le nostre bocche che si scottavano l'una con l'altra e le mani: di lui sul mio viso e tra i miei capelli, le mie sulla sua schiena in cerca di un appiglio per stringerlo più forte.

La notte seguente iniziai il turno con gioia ritrovata e qualcosa doveva essere cambiata in me perchè quando incontrai Catherine per prima e mi chese:
" Grissom stai bene?" sul suo volto si leggeva chiaramente lo stupore e la curiosità, ma non ne cercai il motivo, mi limitai soltanto a risponderle sorridendo:
"Mai stato meglio"
.

Il turno seguente al laboratorio incontrai Catherine e la salutai sorridendo cercando di trattenere la mia estrema euforia, il suo volto si illuminò di comprensione quando mi vide e con un sussuro mi disse:
"Complimenti! Sapevo che prima o poi ce l'avreste fatta!" la guardai preoccupata aggrottando la fronte, sapevo di cosa parlava, ma non le dissi nulla:
"Andiamo Sara! Ho incontrato Grissom poco fa e sorrideva come te, da quando lo conosco non l'ha mai fatto senza un motivo preciso!" la sua espressione lasciava intendere che la sapeva lunga, non potevo più nascondere l'evidenza e arrendendomi all'intuito di quella donna mi lasciai andare in un sorriso a trentadue denti.
  
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