Fanfic su attori > Cast Il Signore degli Anelli
Segui la storia  |       
Autore: Moon    04/08/2004    3 recensioni
Seguito di "The Birthday Gift". Alla fine di ogni storia siamo abituati ad immaginare che cosa accadrà quando i due protagonisti sembrano aver preso una direzione. Questa storia tratta appunto di questo. Saranno in grado due persone, che pur amandosi molto, di condividere una vita insieme? Un ragazzo e una ragzza dal carattere troppo simile e troppo orgoglioso, una serie di situazioni, alcune delle quale molte difficili, li metteranno a dura prova, basterà il loro sentimento a superarle? Oppure...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Monaghan, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa storia è stata scritta per divertimento

NOTA: Ciao a tutti! Siamo in dirittura d'arrivo e vi dico solo che nella stesura di questi ultimi capitoli mi sono divertita parecchio, spero quindi con tutto il cuore che vi divertiate anche voi e ancora una volta GRAZIE di cuore a tutti i lettori ^__^  GRAZIE Roy (mi sono sdata in romanticherie inusuali, ma del resto se non lo si fa nelle fic...spero che comunque gradirai anche sti capitoli un pò movimentati :P) Anjulie (spero di non essere stata troppo smielata e tu sai che io NON lo sono affatto :P Grazie ancora per il tuo insostituibile supporto, sei unica e fantastica!) GRAZIE Conty (per tutto tesorina mia sei stata gentilissima  e preziosissima ah! benvenuta nel club delle guardone :P) GRAZIE Frodina (sei dolcissima  carinissima ^_^ per gli eventuali continui.... bhe! ne riparleremo in seguito forse...) E come di rito, GRAZIE e buona lettura a tutti! ^_^

 

 

 

 

Capitolo quarantaquattro

 

 

E così arrivò anche il giorno antecedente la partenza di Orlando. Il tempo era trascorso veloce e gli impegni di lavoro purtroppo dovevano essere assolti. Era quella la loro vita e se l'erano scelta, come avevano scelto di condividerla, pienamente consapevoli dei sacrifici che avrebbero dovuto fare come coppia.

Orlando, come già era al corrente da tempo, sarebbe stato via circa tre mesi durante i quali avrebbe fatto più o meno il giro del mondo per le varie promozioni e premiere di rito, visto che stava per uscire Elisabethtown.  A fronte di ciò, quella che avevano trascorso, era stata una settimana funesta, e non solo per l'imminente partenza di lui, ma anche per la restituzione di Rambo ai legittimi proprietari che erano al fine rientrati dalla Florida. Erano affezionatissimi a quel cane e separarsene fu davvero dura.

Quella notte, sia Orlando che Aylén non riuscirono proprio a dormire, per lo più erano stati abbracciati a parlare, come accadeva spesso prima di ogni lunga partenza che li avrebbe tenuti separati per diverso tempo. Quel distacco, a cui erano preparati, pesava lo stesso molto ad entrambi e a dire il vero li spaventava anche un po’, così cercarono in qualche modo di rassicurarsi a vicenda. Alla fine però Aylén si era addormentata tra le braccia di Orlando, con il viso appoggiato nell'incavo della sua spalla, mentre lui s'era assopito solo dopo che lei dormiva da qualche minuto, con il mento poggiato sulla testa della ragazza.

Alle cinque in punto la sveglia cominciò a suonare rompendo fastidiosamente il silenzio in cui era immersa la camera.

Orlando borbottò a denti stretti un paio di parolacce grattandosi la testa con il palmo della mano e scompigliandosi i già di per sé arruffatissimi capelli, poi, con una manata, face volare in terra la sveglia che si spaccò in due. Aylén aprì gli occhi, li richiuse subito e istintivamente strofinò il naso contro il petto di Orlando, tra il sonno disse a fatica: “Già le cinque sono?”.

Orlando mugugnò qualcosa di incomprensibile come risposta e l'attirò a se stringendola ancora più forte rimettendosi subito a dormire. Si riaddormentarono stecchiti fino a che l'insistente suonare del campanello lì svegliò in modo brusco e definitivo.

Orlando schizzò fuori dal letto come fulmine e nel farlo picchiò una ginocchiata sul comodino rischiando di brutto la rotula. Dopo aver snocciolato una sequenza paurosa di parolacce volò di corsa alla porta dove trovò il suo assistente. Stava rischiando di perdere l'aereo, allora si organizzarono così: l'assistente si prese tutti i bagagli e si avviò per anticipare le pratiche d'imbarco, Orlando nel frattempo si sarebbe vestito a tempo di record ed Aylén lo avrebbe accompagnato con la macchina all'aeroporto.

Orlando, continuando ad imprecare a denti stretti, si lavò come i gatti e s'infilò la prima t-shirt che gli capitò sotto mano, un paio di jeans lisi, scarpe da ginnastica, una felpa verde di due taglie sopra e si calò un cappellino da basket giallo sopra i capelli che non pettinò neppure. Aylén lo imitò lavandosi e vestendosi più in fretta possibile facendosi trovare pronta in contemporanea a lui, quindi senza indugio il ragazzo afferrò la sua tracolla di cuoio contenente tutti i documenti e il cellulare, inforcò i Rayban e prendendo Aylén per mano si precipitarono a rotta di collo in garage. Orlando aprì la macchina e fece per salire, al che la ragazza disse risoluta: “Guido io”.

Orlando la guardò con aria interrogativa, ma lei lo prevenne “Andiamo muoviti, dammi le chiavi! Sono una ex stunt, ricordi? Ho fatto tre livelli di guida veloce, in venti minuti netti sono in grado di farti arrivare in aeroporto!”.

Salirono in macchina e lei gli raccomandò di allacciarsi la cintura. Non seppe perché, ma quella raccomandazione lo preoccupò lievemente, ad ogni modo obbedì, ma non senza una punta d'ansia.

Uscirono a tutta velocità dal garage e percorsero tutto il vialetto a retromarcia, evitando di perdere inutile tempo in manovre per raddrizzare la macchina. Orlando, già da quell'inizio, fu piuttosto preoccupato e decisamente si svegliò dl tutto. Imboccarono la strada con una manovra fulminea ed Aylén procedette a velocità sostenuta. Per fortuna che non c'era traffico. I semafori però funzionavano bene, e lei, rossi, gialli o verdi che fossero li bucava tutti. Ovviamente i rossi e gialli con la dovuta cautela, ma non certo andando piano, né tanto meno accennando a fermarsi. Orlando cominciava a farsela decisamente sotto. Aveva artigliato il bracciolo con entrambe le mani, mentre contemporaneamente puntava i piedi a terra come a voler frenare. Ad un certo punto, all'ennesima manovra spericolata a tutta velocità, completa del solito imbucamento del semaforo, giusto un attimo prima che diventasse rosso, non ce la fece più a stare zitto e disse: “Non per niente vero?… Ma insomma, io ci vorrei arrivare all'aeroporto. E vivo possibilmente!”.

Lei senza guardarlo, continuò concentrata a dare occhiate sia alla strada che allo specchietto retrovisore. Intanto teneva saldamente con una mano il volante e con l’altra scalava in continuazione di marcia, quindi gli disse sorridendo “Non mi dire che hai paura? Tu? Tu che sei uno spericolato per natura! Naaaaaaa! Non ci credo” e accelerò ancora.

“Non so se te ne rendi conto, ma in California c'è l'arresto per guida pericolosa ed eccesso di velocità!” disse con voce strozzata Orlando, poi urlò “Oh!… Oh!… CAZZO!” e gli si paralizzò la lingua dalla paura.

Erano appena passati con il rosso schivando un autobus che sopraggiungeva dalla parte opposta.

“Mi faccio tagliare le palle prima di farti guidare di nuovo la macchina!” esclamò contrariato il ragazzo che aveva i battuti cardiaci impazziti e la fronte imperlata di sudore.

Aylén rise di nuovo.

Era tranquilla e sicura alla guida, sapeva di aver rischiato, ma poteva capire la fifa di Orlando, che però al tempo stesso la divertiva anche.

Pochi minuti dopo, con una frenata brusca, la macchina si fermò davanti all'ingresso secondario e defilato dell'International Airport di Los Angeles. Incredibile ma vero, erano arrivati sani, salvi e pure dieci minuti in anticipo.

Finalmente Orlando si rilassò di colpo. Si levò il capellino dalla testa e si asciugò la fronte, poi guardò Aylén e le disse “Tu sei davvero pericolosa!”.

Lei rise appena ancora una volta, poi gli disse “Hai intenzione di passare questi pochi minuti che ci restano a farmi la predica? Oppure ti degni di salutarmi come si deve?”.

Fu allora che calò un silenzio un po’ cupo, il tempo a disposizione era davvero risicato. Orlando le si accostò e la baciò sulle labbra, poi le sorrise dicendole: “Continuo a pensare che sei pericolosa, però hai ragione tu, io amo il pericolo, per questo sto con te!”.

“A proposito di pericolo nappettino” lo redarguì lei “Vedi di comportarti a modo quando sei in giro per il mondo a fare il fighetto, perché potrei anche ispirarmi ad una certa Lorena Bobbit, non so se ricordi?” concluse semiseria.

Orlando fece una smorfia e strinse istintivamente le gambe: “Certe cose non si dicono nemmeno per scherzo!”.

“Ah ma io non scherzavo affatto!” lo canzonò lei.

“Devo andare tra…” disse Orlando controllando poi rapidamente l'orologio “Sei minuti esatti, potresti anche abbracciarmi e baciarmi salutandomi decentemente invece di promettermi evirazioni varie!” concluse protestando e mettendo il broncio.

Aylén allora lo abbracciò stretto e lo baciò, poi leggermente intrististi, dovettero loro malgrado staccarsi ripromettendosi le solite telefonate, di fare in modo di vedersi non appena fosse stato possibile, e alla fine si divisero. Le partenze erano sempre e comunque dure da digerire. Aylén rimase a guardarlo dalla macchina mentre oltrepassava le porte scorrevoli e si girava per l'ultima volta salutandola con la mano prima di scomparire sul tapisroulant verso l'accesso degli imbarchi. Le era preso il magone, quando qualcuno le bussò energicamente al finestrino distogliendola dai sui pensieri.

Era un poliziotto che in tono severo le disse: “Favorisca i documenti prego!”.

Aylén sussultò, ma  ebbe, per fortuna fulmineo un lampo di genio e fece finta di non capire.

“Vorrei sapere se lei guida sempre così o oggi è un’occasione particolare. Patente e documenti prego!” rimarcò duro l'agente.

Aylén capì di essere nei guai grossi, quindi sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori e disse con aria da innocentina: “¡Lo siento! ¡No hablo inglés! ¡Sólo he llevado una persona al aeropuerto!”.

Per sua fortuna l'integerrimo poliziotto non fu insensibile al suo fascino e chiuse un occhio, bevendosi, o facendo finta di bersi la sua buona fede di straniera, ma nonostante se la fosse scampata evitando guai seri, Aylén rimase triste per tutto il resto della giornata.

 

***

 

Qualche tempo dopo…

 

Orlando era in aereo stava sorvolando la Spagna. Di lì a poco sarebbe atterrato a Madrid, si sarebbe trattenuto due giorni per la premiere spagnola di Elisabethtown, poi sarebbe andato da Aylén che aveva ottenuto ben venticinque giorni di ferie, cinque dei quali li stava passando con i suoi e venti li avrebbe passati con lui tra la Francia e L'Inghilterra, per terminare il giro europeo delle prime ed infine sarebbero rientrati insieme a Los Angeles, non prima di una brevissima vacanza a Londra di circa una settimana.

Le cose stavano andando meglio del previsto e con questa bella novità Orlando aveva colto la palla al balzo per andare a conoscere i genitori di Aylén.

All'inizio lei era stata parecchio titubante, ma poi le era sembrato anche giusto, senza contare che sua madre e suo padre le avevano fatto capire chiaramente più di una volta di voler conoscere questo fidanzato straniero.

 

La mattina che doveva arrivare Orlando a casa di Aylén c'era un gran fermento e per fortuna c'erano anche Alejo e Reina a dar man forte alla ragazza che temeva qualche intemperanza da parte di suo padre, che era bello che cupo da diversi giorni. Sua madre Rosa invece aveva tirato a lucido tutta la casa e aveva cucinato per un battaglione ogni tipo di specialità possibile ed immaginabile.

Alejo si incaricò di andare a prendere Orlando e finalmente arrivano a casa Delgado verso le undici e trenta.

Alla porta i ragazzi furono accolti da Aylén ed Alejo li lasciò subito opportunamente soli. Orlando notò subito che lei era parecchio agitata. Infatti lo salutò impacciata con un semplice bacio sulla guancia e si premurò di dirgli di non fare troppo caso all'atteggiamento di suo padre. Il Ragazzo rise appena “Che c'è, mi devo forse preoccupare?” le chiese in tono leggermente canzonatorio, prima di prenderla per la vita e cominciare a baciarla con impeto. Dopo tutto erano quasi tre mesi che non la vedeva.

Furono interrotti quasi subito da un brusco e chiaro schiarimento di voce che fece scattare Aylén come molla staccandosi subito da Orlando. Fu così che il ragazzo incontrò lo sguardo accigliato e decisamente carico di disapprovazione di Abel Delgado che lo squadrava da capo a piedi come a prendergli le misure.

Orlando sfoderò il suo lato ottimista insieme ad un sorriso a trentadue denti e allungò la mano verso l'uomo presentandosi, ovviamente in inglese. Alejo che solerte era sopraggiunto, fece subito da interprete visto che Aylén era impalata e agitata come non mai. Abel si presentò a sua volta e afferrò con vigore la mano di Orlando, stringendola come se gliela volesse stritolare, particolare che non sfuggì al povero ragazzo, anche perché gli fece anche un po’ male, al che capì che forse sì, c'era da preoccuparsi. Per fortuna l'incontro con Rosa fu più tranquillo anche se pure la donna non mancò di guardarlo in maniera un po’ strana.

Abel Delgado, che era un uomo tutto d'un pezzo, pensò che era il caso di mettere in chiaro alcune cose e invitò Orlando nel salottino per parlarci a quattrocchi, ovviamente sarebbe andato anche Alejo a fare da interprete.

Le donne intanto si sarebbero occupate delle ultime cose in cucina.

“Papà!” esordì costernata Aylén “Mica siamo nell'ottocento! Per favore!”.

Intanto Alejo traduceva ad Orlando.

“Beh! Che vuol dire?” rispose Abel “Non posso scambiare quattro paroline con l'uomo” e alla parola uomo si fermò guardando Orlando e alzando un sopracciglio, come per dire che più che un uomo gli pareva una specie di saltimbanco per come era conciato e vestito. Orlando aveva avuto la malaugurata idea di sfoggiare uno dei suoi soliti abbigliamenti bizzarri con pantaloni di tre taglie sopra e finte bretelle da cui uscivano quattro centimetri di boxer a scacchi, mentre sopra portava una delle t-shirt che gli aveva regalato Aylén, per l'appunto quella con su scritto: I’m divine, more ‘vine’ that ‘di…, e per completare l'opera aveva la sua affezionatissima bandana in testa. Abel Delgado pensò che gli mancasse qualche rotella, e che gli avesse plagiato la figlia, quindi continuò “Sì, insomma con questo coso qui, che vive con te” e sorvolò volutamente sul cosa comportasse il vivere insieme.

“Ma è stanco! Lascialo in pace almeno il tempo di riprendersi…” protestò Aylén che però fu interrotta da Orlando, Alejo come di prassi tradusse poi per lui.

“Non c'è problema per me” esordì l'inglese che scemo non era e aveva ben capito che sottrarsi avrebbe solo peggiorato le cose.

Era preparato ad un’accoglienza lievemente ostica, anche se di fatto le cose sembravano un tantino più complicate del previsto, ma ci teneva davvero a questa cosa e quindi si dichiarò pronto e in cuor suo rassegnato, al confronto fatidico che gli sarebbe toccato con il famigerato Abel Delgado.

 

Ringrazio Conty per la traduzione della frase in spagnolo, senza la quale chissà che corbelleria avrei partorito. La frase comunque significa: Mi dispiace! Non parlo inglese! Ho solo accompagnato una persona all’aeroporto!

 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Il Signore degli Anelli / Vai alla pagina dell'autore: Moon