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Autore: KowaretaTamashii    10/02/2013    3 recensioni
Fine del concerto. Il tour bus si allontana, lasciando la nostra protagonista da sola, in una città che non conosce molto bene.
Dubbi e timori s'insinueranno nella sua mente, fin quando un cambiamento improvviso non precipiterà nella sua vita, sconvolgendola.
Una richiesta inaspettata, fin troppo insolita. Di quelle che, anche a distanza di giorni, ci ripensi e ti domandi se non si fosse trattato soltanto di un sogno.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andy Biersack, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno seguente, mi alzai presto e mi precipitai immediatamente in bagno, portando con me dei vestiti puliti e fissandomi successivamente allo specchio, con aria critica. A causa delle scarse ore di riposo, si vedeva lontano chilometri che non fossi in perfetta forma però, con l’aiuto di un buon correttore e di un velo di fondotinta, sarei tornata come nuova. Alla fine, sarebbe stato stupido, nascondere l’evidenza. Volevo fare bella figura e non mi biasimavo per quello, sapendo che molte ragazze avrebbero fatto lo stesso, al mio posto.
Dopo una calda doccia rigenerante, mi preparai al meglio, abbandonando poi la stanza e andando a controllare se qualcuno fosse già sveglio. Per mia fortuna, dormivano ancora tutti ed, essendo sabato, mio padre avrebbe trascorso il weekend a casa, così da poter fare la conoscenza di Andy. Sebbene non avesse una buona opinione del suo stile, mi auguravo che potesse apprezzarlo come persona, se non altro.
Senza perdere ulteriore tempo, mi rifugiai in cucina, adoperandomi subito a preparare un ottimo pasto mattutino e chiedendomi come dovessi comportarmi, una volta finito. Non volevo andare a svegliare il mio ospite di proposito, però, servirgli del cibo freddo sarebbe stato poco carino, soprattutto dopo la fatica che avevo fatto per cucinare qualcosa che potesse piacergli.
Ci riflettei su per svariati istanti, decidendo, infine, di provare a chiamarlo. Così, seppur titubante, appoggiai ogni pietanza su un pratico vassoio, avviandomi successivamente in salotto ed aprendo lentamente la porta, dopo aver bussato un paio di volte, non ottenendo alcuna risposta. Avendo fatto le ore piccole, la sera precedente, non osavo immaginare quanto potesse essere stanco, soprattutto al pensiero che un intenso tour dovesse essere molto più che spossante.
Adagiai tutto sul tavolo, spostandomi poi di fronte al divanoletto e restando immobile a fissare la figura del moro, completamente assorta nel mondo dei sogni. Avendo la certezza che, un simile momento non mi si sarebbe più ripresentato, sarebbe stato sciocco non approfittarne. E, in ogni caso, le mie non erano di sicuro brutte intenzioni.
Mi sedetti sul bordo del materasso, mordendomi nervosamente il labbro inferiore e tenendo lo sguardo fisso sul viso del giovane che, grazie alla luce che filtrava dai fori delle tapparelle, pareva quasi risplendere. Era incredibilmente bello, anche mentre dormiva, che sembrava una sorta di angelo caduto. Sarebbe stato un vero peccato, strapparlo dalle braccia di Morfeo però, seppur egoisticamente, avevo il bisogno di perdermi nei suoi occhi. Desideravo che, almeno un solo giorno nella sua vita, fossi io la prima cosa che avrebbe visto al suo risveglio.
«Andy …». Sussurrai dolcemente, picchiettando delicatamente le dita sulla sua spalla ed avvertendo il suo corpo muoversi sotto di essa, rigirandosi pigramente tra le coperte e costringendomi ad allontanare velocemente la mano ed a scattare in piedi. Non volevo che si facesse strane idee, o che si arrabbiasse perché, in qualche modo, avevo invaso il suo spazio.
Il cantante si grattò la nuca fiaccamente, emettendo un sonoro sbadiglio e schiudendo lentamente le palpebre, lasciando che le profonde pozze d’oceano s’affacciassero sul mondo e si soffermassero su di me, togliendomi il respiro. Mi sentivo tremendamente stupida, a reagire in quel modo, come se fossi ancora una ragazzina.
«Oh, buongiorno! Come stai? Io ho dormito da re! Non riposavo così bene, da mesi!».
«Buongiorno … ecco, scusami se ti ho svegliato, però … ehm … la colazione è pronta ed io …».
«Non devi mica giustificarti. Anzi, hai fatto bene. Se avessi aspettato che mi alzassi spontaneamente, sarebbero passati anni.». Esalò tranquillamente, accennando una risata e tirandosi su a sedere, stiracchiandosi energicamente. Per fortuna, aveva compreso le mie buone intenzioni. «Comunque, grazie mille. Non avresti dovuto darti così tanto da fare, per me. Mi sarei accontentato, pure di una semplice tazza di caffè.». Sorrise allegramente, passandosi una mano tra i capelli corvini ed alzandosi con uno scatto, mentre sollevavo le persiane, permettendo alla luce d’invadere la stanza. Sebbene la notte fosse stata serena, la neve di due giorni addietro era ben lontana dallo sciogliersi e riscoprire i verdi prati e i numerosi tetti delle case.
Presi posto su una sedia, facendo segno al giovane di sedersi e scrutandolo seguire il mio esempio, accomodandosi di fronte a me. Nonostante mi si fosse chiuso lo stomaco per l’agitazione, avevo deciso lo stesso di sgranocchiare qualcosa in sua compagnia. D’altronde, lasciarlo mangiare da solo, non sarebbe stato per niente carino. Senza contare il fatto che volessi trascorrere più tempo possibile con lui, dato che mi sembrava fosse una certezza, che avrei avuto a disposizione solamente una giornata.
«Ci mancherebbe, l’ho fatto volentieri. Quando tornerai alla tua vita, non voglio che tu abbia un brutto ricordo di me.».
«Sarebbe impossibile, non dopo la gentilezza e l’accoglienza che hai dimostrato nei miei confronti.». Rispose semplicemente, cominciando a divorare tutto quello che avevo preparato ed assumendo un’espressione sempre più soddisfatta ad ogni boccone che ingoiava. Perlomeno, sembrava appezzare parecchio le mie doti culinarie e ciò mi mise maggiormente di buonumore.
Il resto della mattina bruciò fin troppo in fretta e, dopo che il moro si fece una doccia calda e conobbe mio padre, l’ora di pranzo arrivò in un battibaleno. Sotto richiesta del nostro ospite, ordinammo delle pizze, che si premurò lui stesso di offrirci, per sdebitarsi in qualche modo e che, a detta sua, fossero davvero la fine del mondo. In fondo, non mi era difficile credergli, poiché ero fermamente convinta che, per avere il piacere di gustare dell’ottimo cibo italiano, bisognasse farlo cucinare a qualcuno nato e cresciuto nel Bel Paese.
Una volta finito di consumare il nostro pasto, il cantante mi propose di uscire un po’ all’aria aperta, così da poter fare qualcosa di rilassante. Fortunatamente, risiedendo fuori città, il posto dove abitavo era abbastanza tranquillo e, per una qualsiasi star, era sicuramente un vantaggio.
Così, indossammo le nostre giacche e, dopo esserci coperti abbastanza, abbandonammo l’edificio, incamminandoci lungo la via e chiacchierando allegramente, come se fossimo amici di vecchia data. Se me l’avessero domandato anche solo una settimana prima, non avrei mai scommesso un centesimo su ciò che stava accadendo. Eppure, stava succedendo sul serio. Quindi, forse, i sogni potevano davvero avverarsi per qualcuno.
Una volta fatto un giro in centro, decisi di mostrare al ragazzo un luogo a me caro, spiegandogli brevemente dove si trovasse e venendo seguita a ruota da lui, che sembrava parecchio curioso. Non era nulla di speciale, però, era pieno di bei ricordi, che mi avrebbe fatto piacere condividere con lui.
Imboccammo una stradina asfaltata da poco, percorrendola quasi completamente ed oltrepassando alcune abitazioni, compresa quella dove, molti anni addietro, vivevo con la mia famiglia. Ma non era quella la destinazione che avevo in mente.
Dopo l’ultima casa della via, aveva inizio un sentiero sterrato, che conduceva ad una sorta di bosco, dove si ergeva un immenso prato, accanto ad un piccolo corso d’acqua. E fu lì, che ci ritrovammo io e il giovane, una manciata di minuti più tardi.
«Wow! Quindi, qui è dove trascorrevi le tue giornate? Bel posticino appartato, direi.». Ridacchiò, guardandosi intorno stupito ed allargando le braccia come se, con quel gesto, potesse catturare l’intera zona che lo circondava.
«Sì, da bambina mi piaceva andare all’avanscoperta. Prendevo la bicicletta e sfrecciavo lungo la strada che abbiamo fatto noi, nascondendomi, infine, in mezzo alle piante. Lontana dagli altri. Solo in compagnia di me stessa. Non so, mi piaceva …».
«A quell’età, anch’io ero solito fare cose del genere. Non riuscivo mai a sentirmi compreso da nessuno, così, scappavo e mi rifugiavo nel mio posto segreto, dove le cose erano migliori.». Esalò pacatamente, allargando le labbra in un sorriso ed appoggiandosi contro il muretto del ponticello. Sebbene sapessi che, durante la sua adolescenza, avesse avuto diversi problemi da superare, non credevo che persino la sua infanzia fosse stata difficile. Oltre ogni mia aspettativa, si stava rivelando talmente simile a me che, nelle sue parole, mi riconobbi immediatamente.
Mi strinsi nella calda giacca, volgendo la mia attenzione al piccolo fiumiciattolo e scrutando il mio riflesso sulla lastra gelata. Evidentemente, se il destino aveva deciso di portare Andy nella mia esistenza, anche se solo per un giorno, doveva pur significare qualcosa. Forse, ogni cicatrice che segnava le mie battaglie perse, ma affrontate sempre a testa alta, mi stava ripagando in qualche modo. Interi anni d’Inferno, per ventiquattr’ore di Paradiso.
All’improvviso, la voce profonda del moro mi riportò alla realtà, chiamandomi gentilmente e costringendomi a voltarmi nella sua direzione.
«Non voglio vedere musi lunghi, oggi. Coraggio!». Esordì allegramente e, non appena i miei occhi si posarono su di lui, una soffice sfera di neve mi sfiorò il braccio, andando a frantumarsi al suolo, a pochi metri di distanza da me.
Spalancai la bocca incredula, scoppiando successivamente a ridere e preparandomi a contrattaccare, mentre il cantante sghignazzava divertito. Se quello era ciò che voleva, sarebbe stata guerra.
«Biersack, hai una pessima mira! Ora ti faccio vedere io come centrare un bersaglio!». Urlai appena, dandogli qualche secondo di vantaggio per scappare e lanciando poi la palla, colpendolo perfettamente sulla schiena e dando il via ad una vera e propria battaglia. Era incredibile come, con un semplice gesto, fosse stato in grado di ribaltare il mio umore, facendomi dimenticare i brutti pensieri e il resto del mondo.
Dopo svariati minuti di cui persi praticamente il conto, ci ritrovammo stesi a terra, in mezzo alla neve, con lo sguardo rivolto verso il cielo chiaro ed un leggero fiatone. A quanto pareva, nessuno dei due era più abituato a fare certi giochi, tipici dell’infanzia.
Ripresi lentamente il respiro, girandomi verso di lui e venendo catturata da un lieve bagliore, proveniente dal gioiello che portava al polso. Non miravo ad essere indiscreta, però, avevo il disperato bisogno d’intavolare una nuova conversazione con lui. Volevo lasciarmi cullare dal suono della sua voce.
«E’ davvero bellissimo, il tuo bracciale. Hai buon gusto.».
«Oh, in realtà, mi è stato regalato da una persona a me molto cara, prima che morisse. È una delle poche cose materiali, che mi è rimasta di lei …». Sussurrò appena, abbozzando un sorriso ed assumendo un’espressione triste, che non gli si addiceva troppo. Mi sentivo in colpa per aver beccato proprio un simile argomento e, quando il ragazzo propose di cambiare discorso, gliene fui molto più che grata. Odiavo vederlo infelice. «Ma, piuttosto, raccontami qualcosa di te. Tu conosci molte cose della mia vita ma io, di te, non so quasi nulla.».
«Se proprio ci tieni, ok. Però, ti avviso che, con tutta probabilità, ti annoierai.».
«Scommettiamo di no?». Incrociò le braccia al petto, accennando una risata divertita e lasciando che i suoi occhi cristallini s’incrociassero coi miei, in un gesto naturale, che mi spinse ad iniziare il riassunto della mia esistenza. Gli narrai dei rapporti che avevo con la mia famiglia, del palese distacco dei miei genitori, delle torture che ero stata obbligata a sopportare quando andavo a scuola e dei problemi che ciò che mi aveva causato. Gli rivelai alcuni dei miei pensieri più intimi, i miei segreti e gli scheletri che giacevano nel mio armadio. Non tralasciai niente, o quasi.
Lui mi ascoltò attentamente, senza interrompermi una sola volta e, quando conclusi finalmente il mio monologo, quello che disse mi spiazzò, facendomi perdere un battito e spingendomi a chiedermi se avessi sentito davvero bene, o stessi fantasticando un po’ troppo.
«Mi dai il permesso di scriverci una canzone?».
 
 
 
 
A/N: Come promesso, sono tornata con la quarta parte. Come potrete notare, i due giovani iniziano ad entrare un po’ più in confidenza e, chissà, che questo non possa gettare le basi per una buona amicizia futura. Voi cosa ne pensate? Cosa potrebbe accadere nel prossimo capitolo?
Mi piacerebbe molto leggere qualche vostra recensione, per conoscere le vostre idee e capire se la storia è di vostro gradimento, così da vedere se sia il caso di continuare a postare :)
Grazie comunque a chi sta seguendo questo mio scritto sin dall’inizio <3
  
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