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Autore: nevertrustaduck    10/02/2013    6 recensioni
"...Guardando i suoi occhi per una volta mi sentii a casa. Per una volta credetti veramente di essere importante per qualcuno, sentii di essere nel posto giusto. Pensai che non sarei mai più stata sola..."
Jessica vive in un orfanotrofio da quando ha cinque anni. E' cresciuta sotto l'occhio severo e premuroso di Tess, la sua migliore amica, con la quale ha intenzione di scappare non appena compiuti i diciotto anni. Nessuno si è mai curato di lei, a scuola è una continua derisione per quello che non ha, ma un incontro sul lavoro le cambierà radicalmente la vita. Tutto è innescato da delle coincidenze.
E' proprio vero: la vita è quell'entità che si pone tre te e i tuoi piani per il futuro.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era strano.
Uscire separatamente e ricongiungersi per strada per gli appuntamenti, andare in posti che non frequentavamo di solito per non essere visti e poter stare in santa pace, rifugiarsi nell’androne di un palazzo perché uno strano signore ci rincorreva per una foto.
Era stato lì che me l’aveva detto, con il respiro ancora un po’ affannato dalla corsa, tra le cassette della posta e il retro della portineria.
Mi aveva detto chi era, insieme ai suoi fratelli, per tutto il mondo.
Ecco il perché delle foto.
E quando gli avevo chiesto perché non mi avessero detto nulla mi aveva risposto con un “non volevo complicare ulteriormente le cose. Volevo risparmiarti il più a lungo le maldicenze, le curiosità e tutto quello che inaspettatamente salta fuori quando sei accanto a una celebrità, ma non dev’essere una delle mie specialità.”
In fondo, non mi aveva veramente mentito. Era stata solo omissione di verità.
E io dovevo ancora metabolizzare che ci fosse un altro ostacolo sulla nostra strada.
Emisi un piccolo sospiro, poggiando il mento sul palmo della mano.
«Jessica?» mi riprese Chelsea.
Mi riscossi. «Sì?» dissi cercando di drizzarmi sulla sedia.
«Allora?» mi chiese.
«Allora cosa?» domandai a mia volta.
Questa volta fu lei a sbuffare, aspirando una boccata dalla sigaretta che teneva tra le dita. «Non hai sentito niente di quello che ho appena detto, vero?» mi chiese soffiando piccole nuvolette di fumo.
Il mio silenzio imbarazzato le fornì la risposta.
Aspirò un’ultima boccata dalla sigaretta e la spense con decisione nel posacenere.
«Si può sapere cos’hai ultimamente? Sei sempre assente, proiettata verso il mondo dei sogni o chissà cosa… sicura di stare bene?» mi chiese preoccupata, stringendomi una mano.
Abbozzai un sorriso. «Sì, sto bene, tranquilla. È solo che… »
NO. Fuori discussione. Non potevo parlarne con Chelsea. Era, sì, mia amica, ma era allo stesso tempo capitano delle Cheerleader e non potevo contare sulle “voci da spogliatoio”. Alle sue compagne avrebbe anche fatto piacere mettermi nei guai.
No, decisamente no.
«Hai… una malattia grave?» chiese con gli occhi lucidi.
«No» risposi, sorridendo della sua melodrammaticità.
«Sei… vittima di qualche stalker?» domandò ancora, non contenta.
«No!» risposi nuovamente, sgranando gli occhi, sorpresa dalla sua fantasia.
«Sei incinta?» chiese sgranando gli occhi a sua volta.
«CHELSEA!» la richiamai, arginando il suo fiume in piena di domande. «Va tutto bene! Sono in salute, il tè è ancora caldo e non c’è una nuvola in cielo. Sono solo un po’ preoccupata per l’esito che avrà il nostro progetto di letteratura, al quale ho deciso di apportare qualche modifica dall’ordinario per personalizzarlo un po’. Tutto qui» dissi d’un fiato.
Rimase ancora incerta per qualche secondo, socchiudendo appena gli occhi grigi.
«Sul serio» aggiunsi.
Ritornò ad appoggiarsi allo schienale della seggiolina del bar, mantenendo comunque un terzo dei suoi dubbi.
«Mi hai fatta preoccupare» disse soffiando sul suo tè verde.
«Mi dispiace» le dissi bevendo un sorso del mio. «E a te come va?» chiesi, cambiando argomento.
«Ti dicevo, credo di non aver dimenticato il mio ex» disse soffermandosi sulle ultime parole, mordendosi appena il labbro senza però rovinare quel velo color pesca che vi era stato applicato con sapienza.
«Oh» dissi leggermente sorpresa. Non mi sembrava che Stephen (o forse era Luke?) fosse un tipo di cui si potesse sentir così tanto la mancanza.
«Mi dispiace. Ma non eravate la coppia più bella del liceo con Stephen?» dissi assaggiando un biscotto ai cereali.
Aveva un leggero retrogusto di cartone, provai ad intingerlo nel tè. Si sciolse in mille briciole, come tanti coriandoli che celebravano il carnevale in anticipo nella mia tazza. Provai a raccoglierli uno per uno con il cucchiaino, ma mi ci volle poco per capire che sarei diventata vecchia a forza di ripescarli tutti, così lasciai perdere.
Perché non eravamo andate alla pasticceria danese all’angolo? Quelli sì che erano Biscotti.
Chelsea e la sua fissa delle calorie pensai scuotendo appena la testa.
Intanto lei si era sciolta in una fragorosa risata. «Stephen?» mi chiese con le lacrime agli occhi.
Dovevo aver fatto una battuta eclatante senza essermene resa conto.
«No, non lui. Ma è grazie a lui che sono arrivata a questa conclusione» disse fornendo, per lei, la più chiara delle spiegazioni.
«Scusa Chels, ma non ti seguo» confessai poggiando la tazza sul tavolino.
Fu allora che si scostò dalla sedia, poggiò i gomiti sul tavolo, si guardò rapidamente attorno e mi disse in un sussurro, con fare cospiratorio: “sono ancora innamorata di Nicholas.”
 
***

Ero sul letto con le cuffie nelle orecchie, il cuore e la testa che si rimbalzavano i pensieri.
Insomma il mio Nicholas non poteva essere anche il suo. Non era qualcosa di condivisibile, soprattutto se lei lo voleva ancora.
Ma come scoraggiarla dal suo intento?
E perché, ancora una volta, nessuno mi aveva detto niente?
Mi rigirai su un fianco, incrociando le braccia.
La riproduzione casuale mi suggerì una scarica di chitarra elettrica. Cambiai. Non ero dell’umore adatto per ascoltare qualcosa di diverso dal sound triste-desprimente che mi trascinava ancora di più nel mood “allegro” della giornata.
Mi voltai dall’altra parte, chiudendo gli occhi, cercando di scacciare i brutti pensieri con il sonno.
Contai le pecore, i pastori e tutta la fattoria, ma non riuscivo a concentrarmi su qualcosa che non riguardasse Chelsea e Nicholas. Li vedevo passeggiare mano nella mano, sentivo la risata cristallina di lei, li vedevo uno tra le braccia dell’altro mentre si baciavano. Magari appassionatamente.
Mi misi a sedere, invasa da una sgradevole sensazione che si irradiava dalla bocca dello stomaco, che mi stringeva le viscere in una morsa.
Cominciai a tamburellare nervosamente le dita sul copriletto, avvolgendo le cuffie attorno all’iPod.
Mi tormentai le mani per qualche minuto, pensando sul da farsi.
Alla fine conclusi che rimanere lì ad aspettare che arrivasse la manna dal cielo era l’ultima delle scelte da fare.
Sciolsi le gambe e scesi dal letto in punta di piedi, assicurata dal morbido scendiletto che attutiva ogni rumore.
Presi la felpa che avevo indossato quella mattina dalla pila di vestiti che sormontava la sedia. Mi ripromisi per l’ennesima volta che il giorno seguente ogni cosa avrebbe riacquisito il suo posto. Inutile dire che non sarebbe stato così.
Misi cautamente il naso fuori dalla porta per controllare di avere la via libera per oltrepassare il corridoio.
Si sentiva solo un borbottio soffocato proveniente probabilmente da un televisore del piano di sotto, segno che o Kevin o Joe era ancora sveglio.
Mossi quei pochi passi che mi separavano dall’altra porta e mi accostai ad essa. Attraverso uno spiraglio riuscii a intravedere Nicholas comodamente disteso sul letto, con il volto illuminato dalla flebile luce che emanava il laptop che teneva sulle gambe.
Mi concessi ancora un attimo di esitazione.
Poi il macigno che avevo all’altezza del petto e il freddo che dal pavimento si irradiava a piccoli cerchi fin dentro le ossa mi spinse a tamburellare leggermente con le dita sullo stipite.
Alzò lo sguardo, scrutando nel buio con difficoltà. Accese il piccolo abat-jour che riposava sul comodino e magicamente apparsi ai suoi occhi.
Mi sorrise, facendomi segno di entrare, indicandomi il posto accanto al suo.
Mi avvicinai lentamente, stringendomi nella felpa.
«Tutto bene?» mi chiese.
«Mmmh» mugolai non troppo convinta.
Doveva essere la giornata mondiale del “chiedi anche tu a Jessica se va tutto bene”, non era il primo che mi faceva quella domanda.
«E allora perché sei sveglia?» mi chiese digitando rapido qualcosa sulla tastiera.
«Non avevo sonno» dissi semplicemente.
Chiuse con un gesto deciso il portatile e batté con la mano sulle coperte, facendo segno di avvicinarmi.
Mi andai a sedere al suo fianco, mantenendo le debite distanze.
«Perché non mi hai detto che Chelsea è la tua ex?» chiesi rompendo il silenzio.
Penso che lo colsi di sorpresa con quella domanda, perché mi domandò un “cosa?” a voce più alta di quanto avrebbe dovuto.
«Hai capito benissimo» dissi incrociando le braccia.
Soffocò una risata, sedendosi meglio.
«Francamente non lo trovo così divertente» dissi acida.
«Sai, la prima cosa che si dice a una ragazza non è propriamente il resoconto delle ex» disse inclinando la testa da un lato.
«No, ma dopo quattro mesi… magari lasciando perdere i primi, che era già tanto se non ci tiravamo una sedia… insomma… doveva saltar fuori, no?» dissi allargando le braccia.
«Soprattutto se si tratta di quella ex. Insomma, siamo diventate anche amiche e se poi mi fa delle confidenze che… oh, ma perché proprio a me?» continuai imperterrita, senza badare alla sua reazione, prendendomi la testa tra le mani.
«Ma se è la mia ex  e non la mia ragazza attuale un motivo ci sarà, non ti pare?» disse accarezzandomi piano la schiena.
Sbuffai impercettibilmente, cercando di non lasciare troppo spazio a quel sorriso vittorioso che si voleva allargare sul mio volto.
«Ma lei è…»
«Non mi importa cosa sia, so cosa sei tu. E so che a volte vorrei che il mondo intero sapesse di noi. Forse così le cose sarebbero più facili…»
«O forse no» dissi.
«O forse no. Ma è difficile tenere sempre tutto segreto» disse piegando tristemente la bocca.
«Ce la faremo» dissi fiduciosa, strizzandogli l’occhio.
«Anche se…» continuai.
«Anche se?» incalzò Nick cercando il mio sguardo.
«E’ questo non-sapere che le da la speranza» ammisi mestamente.
Mi buttai sui cuscini, gonfiando le guance. Strinsi nuovamente le braccia al petto, sentendo tornare quella morsa gelida alla bocca dello stomaco.
Chiusi gli occhi cercando di concentrarmi sul silenzio ovattato della notte. Non si sentiva più nulla ora, fatta eccezione per i nostri respiri leggeri.
Riaprii di nuovo gli occhi, incontrando quelli di Nick che mi fissavano curiosi.
Da quello sguardo caldo, che alla lucina flebile dell’abat-jour sembrava ancora più intenso, trassi la forza per confessare ciò che sapevo: «E’ ancora innamorata di te.»
 
***

TELLER’S POV
Jeremy aveva abbandonato il telefono sul piccolo mobiletto scrostato accanto al divano.
In una notte come le altre era sbracato sul divano, che tracannava birra intervallando una lattina e l’altra con qualcosa di più forte. Quando l’apparecchio squillò, vibrando rumorosamente sul mobile, urlò maleducatamente a Tess di farselo portare.
La ragazza fece ciò che gli era stato chiesto e tornò ad accoccolarsi sulla poltrona, pregando di sparire nella fodera scolorita. Niente era andato come aveva voluto e ora eccola là a vivere quella vita che le imponeva ogni giorno di rimanere appesa a quel filo di coraggio che le era rimasto, per non farsi trascinare nel baratro in cui viveva il ragazzo.
Reclinò il capo, lasciando correre l’ennesima lacrima sulla sua guancia.
Jeremy si alzò di scatto dal divano. La paura la invase, costringendola a farsi più piccola che poteva.
Ma le attenzioni del ragazzo non erano per lei.
Era impegnato in una telefonata importante, con qualcuno ai vertici del giro in cui era coinvolto. E il suo interlocutore non era dei più sereni.
«Sei un idiota! Un buono a nulla!» sbraitò qualcuno dall’altra parte dell’apparecchio.
«M-ma signore io le avevo portato…» cercò di ribattere Jeremy.
Vederlo così sottomesso era un evento per Tess, così prestò più attenzione alla conversazione.
«Della tua amichetta non me ne frega un cazzo! Quante volte ti devo ripetere che non è lei che stiamo cercando?» urlò un vocione maschile.
«E’ l’altra che ha visto. L’altra sa» disse calmandosi un poco.
Jeremy le gettò un’occhiata fugace.
Tess tornò ad abbracciarsi le gambe, senza più osare guardarlo, continuando a tenere le orecchie tese.
«Fino a quando addossavano la colpa al padre potevamo stare tranquilli, ma ora che è cresciuta potrebbe ricordare. Meglio non correre rischi» gracchiò ancora la voce.
Il ragazzo annuì debolmente, come se l’uomo con cui stava parlando potesse vederlo.
«Trovala e portala a me»
«Non la deluderò» disse Jeremy.
«Sarà meglio per te» concluse l’uomo riagganciando bruscamente.
Jeremy attaccò e lanciò il telefono sul divano. Sbuffò, guardando a terra.
Poi alzò lo sguardo, acceso da una scintilla sinistra, e lo puntò su Tess.
«Adesso mi dici dove si è nascosta.»


*Si prepara a ricevere pomodori tra 3...2...1*
Okay, sono tornata, sono mortificata per l'immensa attesa ç.ç
Scusateeeeeeeeeeeeeee

Non ve lo meritate affatto ç.ç
Ma andateci a parlare voi con i miei professori che se ne escono con tre compiti a sorpresa lo stesso giorno. Per non parlare di quelli programmati. D:
Vabè, questo non è un blog sugli imprevisti della mia vita quindi taglio corto :P
Una mia lettrice mi ha pregato di non essere troppo cattiva con i nostri personaggi, ma la verità è che non ce la faccio u.u sono malefica
Scheeerzo farò il possibile c:
Domandina da un milione di dollari... erano un pò noiosetti questi capitoli?
Tanto per sapere, perchè mi servivano da collegamento per ciò che succederà dopo...
Fatemi sapere e non sparite prendendo esempio da me, che io tengo a ogni singola parolina delle mie lettrici :3
A presto! (Questa volta per davvero, su)
Un bacione♥
Miki

   
 
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