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Autore: Dreamer_on_earth    14/02/2013    4 recensioni
In una cittadina piccola ma caotica si svolge la loro storia. Una storia alquanto inaspettata.
Lui è Nathan: la luce.
Lei è Violet: l’ombra.
Così diversi l’uno dall’altra, ma complementari. La loro dipendenza passa inosservata, persino ai loro occhi.
Dalla grande mela a West Newbury per ricominciare, Nathan incappa in Violet. Una ragazza chiusa in se stessa e indifferente verso il mondo esterno. Cosa accadrà tra i due protagonisti portando la luce e l'ombra a scontrarsi e fondersi così perfettamente?
Varrà anche per loro il detto “Gli opposti si attraggono?”
***
Dal capitolo 2:
Sentendosi troppo gli occhi addosso, Violet aveva sbattuto il libro sul tavolo, facendo sobbalzare il cameriere pensieroso.
“Che caratteraccio!”
“Io? Non tu che ti siedi ai tavoli altrui senza nemmeno chiedere il permesso e sempre tu che fissi le persone??”
“Non ti stavo fissando!” Nathan negava l’evidenza, con nonchalance.
“No, hai ragione bello addormentato nel bosco. Stavi guardando intensamente alle mie spalle quella bellissima parete color lavanda.”
“Esattamente!”
“Peccato che la parete sia color albicocca.. e questo mi riporta alla mia tesi: tu-mi-stavi-fissando.”
“Eh va beh, quante storie! Io, se una ragazza mi fissasse, mi sentirei lusingato!”
***
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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Cap

 

Capitolo 23

 

Lasciare quella che per loro era diventata la casa del loro amore non fu facile. Violet osservava ogni singola stanza di quella villetta, ricollegandovi un pensiero felice ciascuna.

La cucina era stata luogo di dolcissime colazioni preparate dal suo Cioccolatino; la camera da letto era il luogo dove per la prima volta si erano uniti dando sfogo al loro amore. Ricordava ancora l’impaccio della prima volta, ma ricordava anche le altre volte che quel letto era stato ospite delle loro unioni e del senso di pienezza e felicità che poi provava; la camera da letto di Jackie l’aveva collegata alla favola della buona notte che le aveva raccontato la sera che si era rappacificata con Nate, ma ricordava anche i momenti in cui aiutava la piccola a prepararsi per andare a dormire e ogni volta lei le ripeteva che il suo fratellone era fortunato ad averla, perché lo rendeva felice; il bagno o meglio la doccia e tutte quelle bollenti, ma anche rilassanti che aveva fatto con la sua dolce metà; ed in fine il salotto: l’ultima stanza che avrebbe visto di quella casa, ma anche la prima ad averla accolta. Ricordava ancora quando vi era entrata di corsa il primo giorno che aveva messo piede in quella casa. Era bagnata fradicia per colpa di quell’improvviso acquazzone e gocciolava per tutto il parquet.

Ne erano cambiate di cose: ora stava partendo; stava lasciando West Newbury alla volta della California. Stava per andare all’università e iniziare davvero la sua vita, mettendosi in gioco in un ambiente che non le era famigliare. Era spaventata all’idea di abbandonare quel suo porto sicuro e dolce che l’aveva cullata innumerevoli notti; proprio come iniziarono a fare le braccia di Nate in quel momento.

“Scimmietta, dobbiamo andare. Se non ci mettiamo in marcia adesso non arriveremo mai.”

“Lo so.” Il suo tono era triste. Stava lasciando tutto per l’ignoto; ma questa volta non era da sola come quando si era trasferita nel suo monolocale a sedici anni. Ora aveva Nathan, lui era la sua sicurezza, e sentiva che quell’abbraccio l’avrebbe fatta sentire a casa ovunque.

Si voltò tra le braccia del ragazzo e gli scoccò un leggero bacio a fior di labbra. “Andiamo. Diamo il via alla nostra nuova vita.”

“Abbiamo mangiato pane e melodramma stamattina a colazione?” Le sussurrò Nate fra i capelli.

“Lo sapevi dal primo giorno che ci siamo incontrati.”

“Oh sì. Me lo ricordo bene! Ricordo il tuo viso scocciato per la mia interruzione. Sembrava proprio fossi andato a risvegliare il can che dorme.”

Violet sorrise a quel ricordo: l’irritazione che aveva provato quel giorno era di livelli epocali. “Eri proprio un gran rompi scatole. Distraevi una studentessa modello dai suoi libri.”

“Si, ma devi ammettere che poi certe distrazioni hanno iniziato a piacerti.” Ammiccò il giovane.

“Ok lo ammetto. Hai proprio un brutto ascendente su di me.” Gli cinse le braccia al collo e gli diede un altro bacio.

“A me questo sembra un ottimo ascendente!” rispose al bacio prendendola in braccio. “Dobbiamo andare, Jackie ci aspetta in macchina.” La rimise a terra e prese una mano tra le sue.

Insieme chiusero la porta di quella casa che per loro era tanto importante. Aveva rappresentato un punto di svolta per entrambi: la fuga dalla grande mela di Nate e Jackie e la conseguente liberazione dei problemi che li stavano facendo colare a picco; il riemergere di Violet dalla sua ombra che per anni l’aveva circondata.

 

Chiusa una porta si apre un portone. Questo era il proverbio, ma anche la realtà che si parava ora davanti agli occhi di quella particolare famigliola.

Il portone d’ingresso della Berkeley – seppur ancora in lontananza - era enorme, per non parlare del cancello e del cortile che li aveva appena accolti.

Avevano fatto quattro giorni di viaggio con diverse tappe prima di arrivare a destinazione: avevano portato Jackie a vedere le cascate del Niagara, dirottando un po’ la loro via, ma ne era assolutamente valsa la pena. La piccola era felice e mentre indossava quel piccolo impermeabile giallo correva lungo le ringhiere e si godeva le piccole gocce d’acqua che le inumidivano il viso.

Dopo quella giornata ad osservare quella meraviglia naturale si erano fermati anche al Disneyland Park, ad Anaheim, in California. Volevano regalare a Jackie un po’ di serenità visto che aveva dovuto abbandonare i suoi amichetti e alla partenza era un po’ contrariata.

Anche quella tappa aveva riportato il sorriso sulle labbra color cioccolato della bambina.

 

La loro vecchia Chevy procedeva lentamente lungo il viale alberato, mentre Jackie osservava quei grandi prati dove già immaginava di poter scorrazzare; Violet era incantata dall’enormità dell’edificio che si era abituata a vedere sulle piccole brochure e Nate si sentiva un po’ diverso, come se non appartenesse a quell’ambiente. Lo nascondeva bene però; non voleva far preoccupare Violet con la sua inadeguatezza. Quello era il posto della sua ragazza: non la immaginava altrove e lo poteva leggere nei suoi occhi color ghiaccio che era quello che lei voleva. Il suo sogno stava diventando realtà e lui era davvero felice per lei.

Seguì le indicazioni che dirigevano agli alloggi, e fortunatamente non trovò molta gente ad intasare l’ingresso. Avevano scelto il periodo ideale per partire: mancavano due settimane dal rientro accademico, per cui poche matricole si erano già accaparrate gli alloggi a loro riservati. Tutti pensavano a godersi la vacanza in libertà, ma loro, avendo qualche preoccupazione in più da gestire avevano deciso di anticipare un po’ i tempi.

Una volta arrivata a Berkeley dovevano trovare un appartamento dove stare, perché Nate e Jackie non potevano soggiornare negli alloggi studenteschi.

Nate non voleva che Violet fosse già stressata i primi giorni dell’università, perché aveva sempre pensato che quella dovesse essere un’esperienza bellissima e che se lui non poteva viverla, la sua compagna doveva farlo appieno; così partire con un po’ di anticipo gli avrebbe permesso di fare le cose con più calma. 

Trovarono un parcheggio – con molta fortuna, aggiunse Violet – non molto lontano dall’ingresso del dormitorio.

Grazie ai voti esemplari della ragazza e anche al suo colloquio che aveva colpito molto il rettore, le avevano assegnato una stanza in uno dei migliori appartamenti per studenti sul campus.

Al 2535 di Channing Way, le spettava un appartamento da dividere con altri studenti che sarebbero arrivati per l’inizio dell’anno universitario.

Sapeva solo che le camere erano doppie, e alcune dotate di letti a due piazze. Un lusso che non pensava potesse esserle riservato.

Scesero dalla macchina tutti insieme, quasi in sincrono, e tutti con lo stesso sguardo meravigliato.

“Benvenuti a Berkeley.” Una voce alle spalle li accolse. Quella voce roca e profonda apparteneva ad un certo Garth – così diceva la targhetta – un signore di mezza età dalle guance leggermente scavate e un sorriso simpatico.

Violet sorrise e lui continuò.

“Sono Garth, l’addetto all’accoglienza per i nuovi arrivati, nonché il custode del dormitorio. E voi siete?”

“Io sono Violet Peterson.”

“Ben arrivata, Miss Peterson; come d’accordo le abbiamo riservato un alloggio che al primo piano. È un alloggio per quattro persone, ma per ora i suoi coinquilini saranno due: Miss Davemport e Mr Les Jardins. Prego, seguitemi. ”

Nate non poté fare a meno di trovarsi in disaccordo con quella sistemazione: la sua Violet doveva dividere l’appartamento con un ragazzo?! No non se ne parlava. Non finché c’era lui a Berkeley.

“Chi è questo Mr Les Jardins? Già dal nome mi sa di damerino.” Sussurrò alla sua fidanzata, per non farsi sentire dal custode.

“E che ne so io, sono appena arrivata; non sapevo con chi dovessi dividere l’appartamento.”

“Ma dove sono finiti i dormitori separati? Maschi da una parte e ragazze dall’altra?”

“Non lo so, ma fa niente. Tanto non mi interessa il francesino.”

“Come fai a dire che è francese? Senti già la puzza?”

“No stupido, è per il cognome.” Sghignazzò cercando di non farsi scoprire.

“Può venire anche dalla Cina, per quanto mi riguarda, ma non sono d’accordo che sia nel tuo stesso appartamento.”

“Sei geloso, Nate?”

“No.”

“No?” Domandò la mora, impuntandosi sui due piedi e pugni ai fianchi.

“Ok, d’accordo sono geloso. Ma mi sembra normale visto che anche Mr. Accoglienza si è ringalluzzito vedendoti.”

“Ma non dire sciocchezze: sai che per me ci sei solo tu.”

Entrarono nell’edificio bisbigliando, mentre Jackie alle loro spalle ridacchiava vedendo l’espressione corrucciata del suo fratellone.

Presero le scale di pietra e seguendo Garth entrarono poi nell’appartamento 2. Il custode gli fece fare un mini tour indicandogli dove erano le stanze, e i bagni e poi chiese loro se avevano domande, altrimenti Violet poteva sistemarsi nell’appartamento.

 

“Oh finalmente un letto comodo! Quello dell’ultimo motel non era il massimo.” Nate si accasciò sul letto che aveva scelto la sua compagna. Non per egoismo, ma aveva scelto la parte dell’appartamento più grande:  aveva bisogno di spazio per tenere anche le cose di Nate e Jackie. Avevano portato tutti i loro averi in quel viaggio, l’unico a mancare era il micione rosso di Violet. L’aveva lasciato alla sua vicina, perché all’università le avevano esplicitamente detto che gli animali non erano ammessi negli alloggi multipli finché non c’erano tutti gli inquilini a dare il loro consenso. Se anche solo uno avesse negato il permesso, allora l’animale non poteva entrare nel territorio dell’università.

Violet sperava di poterlo riavere con se per Natale. Era pragmatica, sapeva che non poteva viaggiare da una parte all’altra dell’America per recuperare il suo gatto. Così, avendo accettato l’invito per le feste da parte della sua famiglia, sperava di poterlo riportare con sé in California alla fine di quel viaggio.

“Sono davvero lussuosi questi appartamenti. Meno male che ho la borsa di studio che copre le spese, altrimenti non potrei mai permettermelo.”

Nate la trascinò accanto a sé sul letto e prese ad accarezzarle la guancia seguendo con lo sguardo i riflessi della luce negli occhi di ghiaccio della sua compagna. “Non ti crucciare, amore mio. Tutto quello che hai è ciò che ti meriti; per cui ora portiamo dentro le valigie e poi usciamo alla ricerca di un posto per me e Jackie.”

Se fosse stato per Violet, i suoi due componenti della famiglia sarebbero rimasti con lei, ma la politica del college era rigida anche su quello.

Negli alloggi non erano ammessi in maniera permanente i non studenti, e non importava che loro fossero un caso particolare.

Con tutta la buona volontà possibile iniziarono la ricerca partendo dagli appartamenti più vicini al campus.

Trovarono un paio di soluzioni carine, che tuttavia non erano abbordabili per il loro budget, a meno che non volessero prosciugarlo in poco tempo.

Violet aveva con sé i soldi che avevano messo da parte i suoi genitori e Nate aveva i suoi risparmi di una vita, ma non volevano sperperarli per una questione di pochi chilometri di distanza. 

Vagarono per ore per la città, Jackie si addormentò tra le forti braccia del fratello, ma quel giorno non trovarono niente che facesse al caso loro.

Avevano tentato anche con appartamenti condivisi tra studenti, ma all’idea di avere una bambina per casa gli affittuari si tiravano indietro. Insomma chi lo faceva fare a dei ventenni di tenersi una marmocchia tra i piedi quando potevano spaccarsi e divertirsi tutte le sere, lontani e protetti da occhi indiscreti?

Da un certo punto di vista Violet capiva quei giovani, avevano finalmente la loro indipendenza e libertà che lei aveva già ottenuto da ben due anni: l’ebbrezza di vivere da soli, nessun controllo da parte dei genitori che probabilmente vivevano dall’altra parte del paese e la possibilità di divertirsi senza dover rendere conto a nessuno.

Ovvio, lei non aveva utilizzato la sua libertà allo stesso modo, ma quante volte si era concessa di andare a letto all’alba per poter finire un libro? Oppure per fare la maratona del suo telefilm preferito?

Eppure non capiva come alle volte la gente potesse essere così ottusa. Non capivano che, se un ragazzo e una bambina cercavano un appartamento, non era per divertimento?

Non potevano mettere da parte almeno per un momento l’idea di divertirsi?

 

Tornarono all’alloggio con i piedi che chiedevano pietà per quanto avevano camminato. Stanchi decisero di concedersi una pizza prima coricarsi.

Violet era leggermente turbata; la sua paura era che da lì a un paio di settimane non sarebbe cambiato niente e che allora sarebbero cominciati i problemi. Cosa poteva fare per far rimanere il suo ragazzo con lei al college? Onestamente sapeva di non poter sopportare di averlo lontano; era proprio per quello che non voleva accettare l’offerta dell’università in principio.

Non sapeva come fare, ma non poteva parlarne e turbare ulteriormente Nate. Almeno non dal primo giorno.

Si alzò dal letto senza fare rumore, attenta a non svegliare il suo compagno, prese il cellulare dalla borsa e uscì sul balcone.

 

“Bambi, tu davvero non sai cosa voglia dire chiamare ad un’ora decente!” borbottò il suo migliore amico dall’altra parte della cornetta.

“Hai ragione, scusami. Ma non sapevo chi altro chiamare.” Le venne automatico di abbracciarsi da sola con il braccio libero; voleva proteggersi dalle sue stesse parole.

“Problemi in paradiso?”

“Non proprio.”

“Non posso credere che Nate ne abbia combinata un’altra delle sue.” Violet sorrise; per quanto Ricky stesse cercando di andare d’accordo con il suo ragazzo, era sempre all’erta. Aveva paura che la facesse soffrire ancora.

“No no, non è colpa sua questa volta. È che non so come fare per farlo rimanere a Berkeley con me. Se non trova un alloggio al di fuori del campus, dovrà tornare a West Newbury con Jackie.” Si sedette sulla sedia di paglia e si rannicchiò abbracciandosi le gambe.

, che giorno è oggi?”

“Il 21 del mese, perché?”

“Perché sei lì da nemmeno 24 ore e hai già l’ansia. Prendi fiato e vivi quest’esperienza giorno per giorno. Non puoi pensare di passare le giornate con tutti questi problemi per la testa, altrimenti vivrai malissimo l’esperienza del college.”

Sbuffò, possibile che nemmeno il suo migliore amico la capisse?

“E non pensare che non ti capisca. So che hai paura di ritrovarti di nuovo da sola, ma avete ancora tempo e sono sicuro che qualcosa troverete. Nate ti ama e scommetto che si farà in quattro per trovare una soluzione.”

Sentire quelle parole pronunciate ad alta voce tranquillizzò la giovane matricola e la spinsero a salutare Ricky e lasciarlo al sonno che lei stessa aveva interrotto.

Rientrò silenziosamente, prese un bicchier d’acqua e poi tornò in stanza.

Si addormentò presto, a causa della stanchezza, ma il sonno non fu per niente ristoratore.

 

**

 

Si svegliarono di soprassalto, disturbati dal forte bussare di qualcuno alla porta.

Violet si lagnò per un momento, per poi iniziare a stiracchiarsi come una gatta. “Ma non hanno le chiavi?”

“No piccola, le abbiamo noi nell’appartamento. Ce le ha lasciate Garth, così da non essere disturbati.” Ammiccò il suo ragazzo abbracciandola.

Il rumore si fece sempre più intenso tant’è che Nate si convinse ad alzarsi e ad andare ad aprire.

“Era ora! Mi stavano venendo i calli per quanto ho bussato.. Per la miseria!” fu il commento di una bionda tutto pepe che aveva iniziato ad imprecare prima ancora di vedere Nathan. Era rimasta a bocca aperta e senza parole; si era trovata in difficoltà davanti alla bellezza del ragazzo ed era sicura di essere risultata poco fine ai suoi occhi. Non che la finezza fosse una delle sue migliori qualità.

“Scusaci stavamo ancora dormendo.” Aprì del tutto la porta per far entrare la ragazza.

“Fino a quest’ora? Ma solo già le nove.” La sua tenuta da notte – canottiera e boxer – di certo non aiutava gli ormoni ballerini della bionda.

“Sono ancora le nove vorrai dire.” Sorrise Nate andando a chiamare Violet.

“Scimmietta, sembra che sia arrivata la coinquilina.”

“Hai un animale? Non pensavo si potesse portare animali negli alloggi.” Il moro scoppiò a ridere capendo il malinteso, lasciando la nuova arrivata interdetta.

Violet uscì dalla stanza da letto e, solo allora, la bionda capì di aver fatto l’ennesima figuraccia.

“Oh scusami, i-io.. non volevo darti dell’animale.” Era arrossita.

“Non ti preoccupare. È colpa di questo cafone che non si è nemmeno presentato.” Tirò una gomitata al suo ragazzo. “Io sono Violet.” “E lui è Nathan, il mio ragazzo.” Aggiunse, notando come gli occhi della nuova arrivata analizzavano il suo ragazzo.

Se possibile la biondina arrossì ancora e poi si presentò: “Io sono Sarah.”

“Beh, ben arrivata Sarah.” Si sforzò di sorridere, non voleva instaurare un cattivo rapporto con la sua coinquilina a causa dell’effetto che Nathan faceva sulle ragazze. Era bello, e lei ne era consapevole, lo aveva notato anche quando erano andati alla ricerca dell’appartamento la settimana prima.

“Dove posso sistemarmi?”

“Scegli tu, ci sono ancora tre stanze a disposizione.” Le disse indicandole le porte alle sue spalle. Sarah si fiondò subito su quella più vicina, giusto per dare un’occhiata.

“Tu vatti a vestire!” ordinò Violet sottovoce al suo ragazzo.

“Ritira gli artigli, micetta. Non mi piacciono le bionde.” Sogghignò sparendo oltre la porta della loro stanza.

Leggermente compiaciuta si affacciò alla porta dove era entrata Sarah.

“Ti piace qui?”

“Cazzo, mi hai spaventato.” Urlò sorpresa dall’ingresso della mora.

Wow, quella ragazza non aveva peli sulla lingua, diceva esattamente quello che le passava per la testa. Era un po’ come Violet, ma decisamente più volgare.

“Scusa, non volevo. Avevo solo bisogno di parlarti di una cosa.”

“Sono tutta orecchi.” Trillò Sarah incuriosita.

“Vedi.. ecco… Volevo solo dirti che presto Nate e Jackie se ne andranno da questo appartamento, visto che non sono studenti.”

“Wow, una relazione a tre? Figo, non pensavo potessero funzionare.”

Violet scoppiò a ridere, l’ingenuità mista alla malizia di quella ragazza erano proprio divertenti.

“Ho detto un’altra cazzata, non è così?”

“Sì, beh per quanto possa essere una situazione allettante non è il nostro caso. Jackie è la sorellina di Nate. È una storia complicata e che ora non mi sento di raccontarti nel dettaglio. Volevo solo avvisarti di non spaventarti nel caso vedessi una bambina gironzolare per l’appartamento.”

“Posso vederla?” si fece avanti incuriosita.

“Veramente adesso sta dormendo; magari dopo, okay?”

“Certo, non c’è problema.” Le due ragazze si sorrisero a vicenda.

“Credo che mi sistemerò in questa stanza; mi piace la vista sul parco.”

“D’accordo. Io vado a preparare la colazione, tu vuoi qualcosa?”

“Cazzo sì, ti prego. Sto morendo di fame.”

Pancakes?”

“Io ti adoro.”

“È Nate il cuoco, però non adorarlo troppo.”

“Oh, sì , okay. Anche prima non intendevo mancarti di rispetto, non avevo capito che fosse fidanzato...”

“Tranquilla. Sono consapevole dell’effetto che faccia. Sono io che tendo a marcare il territorio.”

“E fai bene, cazzo. Se fosse il mio ragazzo lo farei anche io.” Violet non era abituata a sentire tutte quelle parolacce, però non le davano fastidio. Nel complesso le trovava simpatiche, come la ragazza che le pronunciava. Sarah era una bionda alta quasi un metro e ottanta, formosa in certi punti e sprizzava gioia anche stando in silenzio. Da quando era entrata nell’appartamento, figuracce comprese, aveva sempre avuto il sorriso.

L’unico problema era che doveva contenere la sua prorompente simpatia con Jackie, non voleva che crescesse scaricatrice di porto, per colpa/merito della sua coinquilina. Per ora decise di non dirle nulla, magari ci sarebbe arrivata da sola.

 

 

“Ci dispiace signorina Peterson, conosce la nostra politica riguardo agli ospiti degli alloggi.” Quella era l’ennesima volta che tentava di dare una chance a Nate di rimanere nel suo appartamento. Per vie lecite non c’era nulla da fare, e la sua coinquilina le aveva suggerito di percorrerne altre; dopotutto se non avevano ancora un posto dove stare, lui e Jackie non potevano di certo dormire sotto un ponte.

Iniziarono così i primi due giorni di orientamento delle matricole e Violet si trovò immersa in un ambiente freneticamente affollato e che lasciava poco spazio alle insicurezze. Non aveva immaginato che potesse essere così, ma nell’ambiente universitario si era lasciati a sé stessi. Non c’era nessun professore che si affezionava particolarmente al tuo caso perché ne conosceva la storia, nessuno sapeva niente della vita personale degli altri a meno che non fossimo noi i primi a raccontarla. Era un ambiente dove ognuno poteva sviluppare la propria individualità e a Violet piaceva molto.

Nessuno faceva troppe domande, totalmente assorto nei propri pensieri, altri prendevano costantemente appunti e altri ancora – proprio come lei – memorizzavano tutto quello che vedevano e sentivano. Era completamente affascinata dalle strutture architettoniche imponenti, dall’enorme biblioteca e la loro giovane guida, a suo parere, doveva essere completamente innamorata di quel posto perché lo descriveva come il paradiso.

La prima giornata d’orientamento volò via in un baleno e Violet e Sarah tornarono nell’appartamento con un bel po’ di brochure illustrative di tutti i corsi possibili e immaginabili.

Violet era orientata verso letteratura e giornalismo mentre Sarah cercava qualcosa di più esotico. Continuava a ripeterle che non era venuta fin lì dal Mariland per studiare qualcosa di così comune.

 

Il secondo giorno fu organizzato in modo differente. Una parte dell’ateneo era dedicata solo ai nuovi arrivati e ad ogni aula corrispondeva una facoltà, e per ognuna era possibile parlare con un professore e con un paio di alunni già laureati in quel corso.

Mentre le due coinquiline si separavano e seguivano ognuna la propria cartina, Nathan e Jackie si diressero in città. Le scuole elementari sarebbero iniziate in nemmeno un mese e loro dovevano darsi da fare e vedere quale scuola della zona accettasse ancora iscrizioni.

“Fratellone, io non voglio andare a scuola.”

“Jackie, che capricci sono questi?”

“Non ci voglio andare!” si impuntò sui piedi, interrompendo così la loro passeggiata.

“Da quando hai cambiato idea? Hai passato tutta l’estate a dire di volerci andare.” Nathan si chinò davanti a lei, non lasciandole la manina.

“Ma io non posso andare a scuola.” Asserì contrita e con lo sguardo fisso verso il basso.

“E perché non potresti?” Le chiese il fratello alzandole il mento, per fissare i loro occhi scuri gli uni negli altri.

“Perché non ho le cose per andare a scuola.” Faceva di tutto per evitare di incontrare gli occhi di Nathan.

“Le possiamo comprare.” Non capiva bene cosa turbasse la sorellina, eppure dove essere qualcosa di profondo, tanto da renderle gli occhi lucidi.

“No, la mamma dice sempre che se compriamo le mie cose per la scuola poi non possiamo mangiare la cena.”

Ecco qual’era il problema: la vita a New York le aveva lasciato cicatrici più profonde di quelle che sarebbero mai potute rimanere sulla sua pelle.

Era evidente che non aveva vissuto come una comune bambina; ed ecco svelato anche il motivo per il quale non aveva mai chiesto dei giocattoli nuovi e si ostinava ad abbracciare quel logoro orsacchiotto e la foca di Violet.

“Jackie, piccola, non ti preoccupare: possiamo comprare tutti i pastelli colorati che vuoi. Adesso fammi un sorriso che alle maestre non piacciono i bambini tristi.”

“Davvero mi compri i pasteli?” gli occhi le brillavano.

“Certo! Adesso andiamo a scuola e poi andiamo al centro commerciale a comprarli.” Jackie lo abbracciò di slancio e lui ne approfittò per prenderla in spalletta come piaceva a lei e riprese a camminare tranquillo e sorridente per le vie di Berkeley.

 

Jackie venne accettata dalla Walden Center School, poco fuori dal campus dell’università, e come le aveva promesso suo fratello, quella sera rientrarono a casa con tanti pastelli colorati, dei blocchi da disegno e un diario con tante fate colorate. Jackie era sorridente e rilassata, mentre invece Violet era tutta un fascio di nervi.

Non era la prima volta che la trovava così quando rientrava a casa. Evidentemente era l’ennesimo tentativo di trovare una soluzione andato male. Seduta al tavolo, con le mani nei capelli, quasi rantolava esasperata.

“Piccola non ti preoccupare. Ce la caveremo. Per ora possiamo ancora rimanere qui, no? Domani penseremo ad una soluzione.” Le baciò il capo e poi si sedette accanto a lei.

“Nate, ho paura. Ho chiamato adesso il municipio per sapere se avevano degli annunci sotto mano, ma la risposta è stata ancora negativa.”  Intrecciò le dita alle sue e continuò nel suo discorso. “Ho paura perché non abbiamo trovato niente prima che iniziassero i corsi, dubito che troveremo qualcosa ora.”

“Io non sarei così scettica.” Intervenne Sarah. “Non volevo origliare, ma non ho potuto farne a meno; comunque vedrai che nel giro di un mese si libererà qualcosa. Ne sono certa. Ci sono ancora le ultime lauree e gli studenti che se ne andranno lasceranno liberi i loro alloggi.” Si diresse al frigo e prese un po’ di succo di frutta per poi sparire nuovamente nella sua stanza.

“Ecco, hai sentito Sarah? Ci possiamo pensare domani. Adesso hai bisogno di rilassarti.”

“Nemmeno un soggiorno termale di un weekend intero potrebbe rilassarmi.”

“Io avrei un’altra idea.” Ammiccò indicando la camera da letto.

“E Jackie?”

“È impegnata con i pastelli e l’album per disegnare.” Nate si alzò e tenendola per mano la avvicinò a sé e inizio a posarle leggeri baci sul collo per poi passare alle sue labbra.

Dopo un bacio che di casto aveva ben poco, con gli ormoni più ballerini che mai si rinchiusero nel loro nido e si presero l’uno cura dell’altro, stando attenti a mantenere un certo livello di discrezione.

 

***

 

“Nate, cazzo la sveglia.” Violet si alzò di soprassalto convinta di aver dormito troppo. Il suo compagno dormiva ancora beatamente; dopotutto erano ancora le cinque di mattina.

Si perse per un po’ ad osservarlo e poi senza far rumore si alzò dal letto.

Il silenzio regnava nell’appartamento e, guardandosi in giro, decise di sistemare un po’ i pastelli di Jackie e raccogliere il disordine che aveva lasciato sul tavolino del salottino.

Nel sistemare si soffermò sul disegno lasciato incompiuto dalla bambina: vi era un bel giardino grande con qualche albero tremolante e poi c’erano tre persone nel mezzo. Due scure e una magra ragazza dalla pelle chiara e con lunghi capelli neri.

C’era un tetto che galleggiava nell’aria sopra le loro teste, ma quello era un dettaglio insignificante in quel momento. Violet era commossa da quel disegno. Non si aspettava che Jackie la considerasse davvero parte della sua famiglia; dopotutto una mamma lei ce l’aveva, eppure di Renée non c’era traccia in quel disegno.

“Ti vuole davvero bene. Lo vedo come osserva i tuoi movimenti e poi li ripeta come un’ombra.” Sarah era appoggiata allo stipite della porta e la osservava.

“Eh?” rispose interdetta.

“Un esempio? In bagno la mattina: vi spazzolate allo stesso modo. Lei ti osserva seduta sul bidè e poi appena tu esci ripete minuziosamente i tuoi gesti.”

Gli occhi di ghiaccio della mora diventarono lucidi. “Non ci avevo mai fatto caso.”

“È da tanto che Jackie vive con voi?”

“No. Da marzo.” Rispose tirando su col naso.

“Beh, non sarà tanto, ma si è sicuramente affezionata molto.” Si sedette anche la bionda sul divano.

“Sì, come avrai capito siamo una famiglia un po’ particolare.” Ammise timidamente Violet.

“Non devi raccontarmi nulla se non vuoi.”

Ci fu un momento di silenzio, e quando Sarah si stava per alzare la mora riprese a parlare.

“Nate ha ottenuto l’affidamento di Jackie a marzo. Prima viveva nel Bronx con la madre e il fratello Ryan.” Pronunciare quel nome scatenò un brivido in lei. “Nathan non ha un bel passato. Sta ancora cercando di lasciarsi tutto alle spalle. È proprio così che l’ho conosciuto.” Sorvolò abilmente sui dettagli della vita di Nate prima di West Newbury.

“Lui si è trasferito nella mia cittadina e il giorno che ci siamo conosciuti abbiamo discusso.” Sorrise. “Insomma, prima io non ero così.. così aperta caratterialmente diciamo. Mi comportavo davvero da stronza se vogliamo dirla tutta. Mi nascondevo dietro il mio muro e non davo retta a nessuno, ma Nate è entrato nella mia vita prima schiantandosi contro quella mia barriera, ma poi è riuscito ad abbatterla mattone dopo mattone. Mi ha fatta innamorare dei suoi modi gentili e del suo umorismo alle volte fuori luogo e dei suoi occhi profondi.”

“Wow. Sembra quasi la storia di un romanzo.”

“Ma non lo è: è vita vera.” Concluse quella breve sessione di confessioni sorridendo ed alzandosi dal divano. “Vuoi qualcosa da mangiare? Io sto morendo di fame.” Cercò di portare l’attenzione della sua coinquilina lontana dalle sue ultime affermazioni, ma non ci riuscì.

“Grazie per avermelo raccontato. Poi ti racconterò anche io la mia storia. Adesso però, diamoci sotto col cibo che il mio stomaco mi sta implorando di essere riempito.” Sorrise la bionda e prese a collaborare in cucina con Violet.

 

 

 

 

 

♥♥ Buon San Valentino donzelle!  ♥♥

Scusatemi per l’infinita attesa, ma la mia ispirazione era partita per Boston invece che per Berkeley con Violet e Nate.

Spero che questo aggiornamento vi faccia piacere! ^^

Non dimenticatevi di Mr Les Jardins! Presto arriverà a portare un po’ di scompiglio! :D

Se volete lasciarmi un parere, sarò ben felice di leggerlo!

 

Un bacione e un cioccolatino virtuale per ognuna di voi.

 

Giuliet.

 

 

 

   
 
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