Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: JhonSavor    19/02/2013    5 recensioni
Bielorussia è conosciuta da tutti come la sorella minore di Russia; Natalia è una donna cortese, elegante, difficile da avvicinare, ma ha dimostrato di essere anche una donna forte, abile, ingegnosa e autoritaria.
E molto abile con le lame.
Vi siete mai domandati come mai? La Storia ha sempre risvolti segreti e inaspettati, ma per vostra foruna avete incontrato chi conosce alcuni di questi misteri.
Vi ho incuriosito? Bene, leggete e fatemi sapere cosa ne pensate di questa strana vicenda.
Ovviamente questa storia è collegata ad altre della mia serie di Hetalia e forse potrebbero esserci collegamenti. Grazie per l'attenzione e buona lettura.
Genere: Avventura, Azione, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Bielorussia/Natalia Arlovskaya, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Hetalia: Storie di Nazioni'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Beh allora siamo di nuovo qui con le vicende di Natalia (ora Kósmima) in terra araba, anche se in questo caso la vicenda sarà vista dagli occhi di Abdel, il misterioso persiano venuto direttamente da Alamut e mangiatore di Hashish! E di datteri ma quella è una goloseria sua personale :D
Cedo la palla al nostro scrivano di fiducia e buona lettura!
 
 
 
Approposito ho scritto due fic per chi non lo sapesse:  Dimmi Germania… tu chi vorresti essere? e 11/02/2013; ci dareste un occhiata, per  il vostro JhonSavor, please? Thankyouverymuch! XD
 
 
 
Attenzione! Questo cap può (ho detto può) essere un filino violento. Non sono uno che ama il sadismo, specialmente se scritto, ma in questo cap un po’ di violenza c’è. Non da alzare il livello della fic in genere però… avvertiti! Spero che con sto avviso non mi scappino tutti i lettori (magari per niente neh? XD)
 
 
 
 
I miei omaggi a voi signori lettori.
Nel capitolo precedente ho parlato di come Natalia fosse stata venduta al mercante siriano Hassan i’ Karim di Aleppo.
Quell’uomo non fu il solo padrone di Natalia, molti vennero prima di lui, in sedici anni ebbe modo di spostarsi molto e di venir data sempre in cambio di ingenti somme. Il fatto è che dopo un certo periodo ognuno dei suoi padroni la prendeva a “noia”: se avrete notato non ho descritto forse la nostra protagonista come particolarmente apatica, vitrea? Per sedici anni mantenne quell’atteggiamento, quella postura, andando avanti quasi meccanicamente, spinta dal vento, a seconda del compito affidatele.
Dopo Hassan, il padrone più duraturo di Natalia era stato un pastore con numerose armenti di cui la ragazza doveva prendersi cura. Quell’uomo come il mercante non aveva di che lamentarsi se la sua schiava compiva il suo lavoro in silenzio.
È curioso il modo in cui reagiscono il corpo e la mente di un Rappresentante, Proto-regnum, potenziale Nazione, quando sottoposto a determinate ferite dello spirito.
Natalia si era chiusa in se stessa. E sembrava che niente la scuotesse da quello stato.
Appariva come una di quelle statue di marmo bianco che si possono vedere quando si va a Roma.
E di marmo, per l’appunto, sembrava essere diventata.
 
 
Abdel era confuso. Confuso come non lo era mai stato in vita sua.
Era convinto di aver visto qualcosa attraverso gli occhi di Kósmima, qualcosa di profondo e terribile.
Altre volte aveva percepito negli occhi degli uomini sensazioni simili. Gli occhi sono molto eloquenti.
Ma mai così. Era come se la sua mente non volesse farglielo ricordare.
C’era qualcosa di sospetto, di misterioso in quella schiava.
E lo avrebbe scoperto, qualsiasi cosa fosse.
 
L’afa non era particolarmente forte quel giorno.
Vi era una brezza proveniente dal mare che mitigava l’effetto dei raggi del sole rendendo il tutto più sopportabile.
Abdel camminava sulla sabbia del deserto, vestito alla leggera ma armato di tutto punto. Aveva predisposto il suo equipaggiamento in modo tale che venisse occultato dagli abiti alla vista dei suoi compagni di viaggio. Le uniche armi visibili erano l’arco, con la sua faretra di frecce, e la scimitarra.
Prese un dattero tra quelli che gli erano rimasti dalla giornata precedente e lo lanciò per aria.
Dopo una veloce parabola, il frutto cadde nella sua bocca senza errore.
I pensieri che lo avevano tenuto impegnato in quei giorni erano stati completamente sostituiti dalla concentrazione che dedicava ora alla sicurezza della carovana.
Se qualcuno l’avesse vista da fuori avrebbe detto che era stato un gruppo di mercanti in cooperazione a organizzarla: seicento dromedari stracolmi di mercanzia, viveri e acqua, affiancati da una cinquantina di guardie armate e parte della servitù di Hassan.
Il persiano dovette ammettere di aver sottovalutato il potere effettivo di quell’uomo e la sua ricchezza. Anche se non bastavano, a quanto aveva sentito, per mettere a tacere le malelingue. Ma addirittura questo poteva far parte della sua fama di eccentrico, che lui stesso non impediva che circolasse.
Abdel faceva spaziare lo sguardo su tutto ciò che i suoi occhi potevano vedere. Non vi era cosa che si movesse che non sfuggiva al suoi occhi.
E tutto ciò che non poteva vedere, lo poteva sempre udire. Ogni rumore che stonasse dal normale fruscio del vento, dallo spostamento della sabbia o dal passo dei carovanieri.
Il resto era tutto istinto.
 
 
Le mie parole vi parranno accademiche, specialistiche ma c’è da dire che sulle Nazioni vi è una ricca letteratura che ne tramanda la figura e l’essenza. Pare che il primo ad averne redatto un opera sia stato Plinio il Giovane, allegandola al Panegirico di Traiano (ma in realtà si pensa che nel mondo latino già in età Repubblicana vi erano trattati e testi sullo stesso tema, oggi purtroppo perduti). Da allora si iniziò a formare l’immagine dei Rappresentanti nel pensiero occidentale.
Con le epoche si è arricchito il sapere su di loro, a volte con ragione di causa e altre volte no.
Resta il fatto che venne subito fatt’oggetto di ponderazione la loro differente… natura corporale.
 
 
-Caro Abdel vedo che stai compiendo bene il tuo lavoro-
Hassan gli si era fatto vicino, comodamente seduto sul suo cammello personale ed impegnato nel difficile compito di farsi aria con uno spolverino.
Il persiano compatì la povera bestia per il tremendo sforzo che gli era stato imposto.
-Non sono il tipo che prende le cose alla leggera Hassan-
-Beh dico solo che è una settimana che siamo partiti e non è accaduto ancora niente… e tra poco saremo nei pressi di un oasi, quindi ti concedo di prenderti una pausa-
-Ti chiedo di dispensarmi e di lasciarmi continuare il mio compito…-
-Ma ti dico che siamo al sicuro! E tra poco lo saremo ancor di più-
Stupido idiota… non ci si deve sentire sicuri finchè non lo si è davvero… e anche allora non è lecito abbassare la guardia.
Mai. Mai abbassare la guardia…
Abdel vide che di fianco al cammello del mercante camminava lentamente Kósmima, bianca come al solito ma vestita leggera come quando l’aveva vista al bazar.
Rischiava di prendersi un insolazione così. Ma in fondo a lui che gliene importava?
-Ehi stai bene?- le domandò
Ma la ragazza non rispose, tenne sempre gli occhi bassi continuando la marcia.
Una risata richiamò l’uomo –Non preoccuparti per lei! In tutti i viaggi in cui è venuta con me, non ha mai dato segni di malessere o altro. È molto più forte di quello che sembra!-
Abdel riportò la sua attenzione sulla ragazza. Decise che avrebbe provato a parlarle, stando attento che Hassan non sentisse.
Doveva risolvere un mistero, no?
-Allora dimmi, da dove vieni?-
Niente, silenzio di tomba.
-Non sei una persona molto loquace, a quanto vedo, uhm?-
Forse stava sbagliando approccio. E se il problema fosse stato la lingua? Non era sicuro che il suo padrone gliela avesse insegnata, dopotutto.
Provò in franco –Hai sete? Vuoi bere?-
Doveva avere un accento orribile: in fondo aveva imparato a parlarlo per via di una missione che aveva dovuto effettuare tra gli infedeli. Saranno stati almeno dieci anni che non lo parlava più. Comunque fosse neanche quello sortiva effetto.
Se ne stupì, non era forse quella la lingua degli europei? Ma gli venne in mente un’altra cosa…
Le avvicinò il sacchetto dei datteri -Ne vuoi uno?-
Le parlò in greco, la lingua degli abitanti delle terre sotto l’imperatore infedele.
E a quelle parole, la cui pronuncia era convinto che fosse nettamente migliore di quella di prima, la ragazza ebbe un sussulto e voltò i suoi occhi verdi su di lui.
Oh, ha capito?
Kósmima continuò a guardarlo, abbassando un sola volta gli occhi sul sacchetto, per poi riportarli sull’uomo.
Abdel glielo avvicinò ancora finchè lei non ne prese uno.
-Buono vero?-
La ragazza iniziò a sbocconcellare il dattero con estrema esitazione come se non sapesse bene che fare.
-Senti- Abdel si lanciò in bocca un dattero e dopo averlo snocciolato con i denti sputò il seme –da dove vieni?-
Kósmima finì di mangiare il dattero ma non parlò.
-Me ne vuoi parlare? La mia è semplice curiosità non sei obbligata…-
Abdel aveva imparato le tecniche per circuire le persone, per farle parlare, per raggirarle. Sapeva mettere a suo agio quanto intimorire il suo prossimo con la stessa abilità con cui maneggiava un pugnale.
Sapeva dove colpire.
-…non è un ordine-
Kósmima ebbe un sussulto e i suoi occhi riluccicarono, lontani da quella vacuità che li contraddistingueva.
-Io… io… non lo so-
Abdel non seppe da che parte iniziare a sentirsi confuso.
Era la prima volta che la sentiva parlare, e la sua voce era incantevole come la musica di uno strumento ben suonato, ma non gli era sfuggito quello che gli aveva detto.
-Perchè non lo sai o perchè non lo ricordi?-
Stava procedendo troppo velocemente, forse?
-N-non saprei, ho come il… il vuoto in testa-
Abdel si rese conto che le cose stavano prendendo una strana piega. Quella ragazza stava reagendo in modo troppo… artefatto.
Come era possibile che non mostrasse alcun’altra emozione se non il dispiacere di non riuscire a dargli una risposta?
Chiunque, dopo aver incontrato qualcuno in grado di capire, avrebbe reagito con un minimo di felicità, gioia, contentezza di poter parlare liberamente.
-Andiamo con calma, ti va? Qual è il tuo nome?-
Kósmima si voltò verso di lui ma non riuscì a sentire che cosa stesse dicendo: un urlo coprì la sua voce.
Un grido di guerra.
Più in lontananza vide le guardie di Hassan ingaggiare battaglia con dei nemici. Ma da dove erano sbucati?
-Abdel- Hassan lo chiamò a gran voce –sono predoni! Vengono fuori dall’oasi e… sbucano dalla sabbia!-
Fu un attimo.
Abdel spinse Kósmima vicino ad uno dei cammelli e velocissimo incoccò una freccia e la scagliò, centrando un uomo in gola.
Ne incoccò subito un'altra perchè ne vide arrivare molti altri.
Hassan aveva ragione: si erano mimetizzati nella sabbia e li avevano circondati.
Furbi, non li aveva neanche sentiti.
-Molto… bene-
Se ne vide arrivare tre incontro e ne abbatté uno colpendo al petto; gli altri avevano scudi e lance, non era il caso neanche di provarci.
Prima che avessero potuto anche solamente avvicinarsi per arpionare lui o i cammelli, si ritrovarono distesi al suolo con una lama in fronte. L’arco non era la sua unica risorsa.
-Abdel!-
Il cammello con su Hassan venne colpito da delle frecce e per poco il grasso mercante non gli cadde addosso.
Nonostante tutto lo ritrovò illeso e prima che qualche altra freccia rischiasse di perforargli l’enorme pancia, lo trascinò verso Kósmima, mettendolo al riparo con lei affianco alla cavalcatura -Hassan resta qui e non ti muovere!-
-Dove credi che voglia andare, secondo te!?-
Dall’altro lato cinque uomini coperti dal tiro degli arcieri si facevano avanti correndo, spade sguainate.
Il persiano si levò la faretra -Tienimi questa-
Abdel si lanciò in avanti.
Aveva quasi inquadrato la posizione degli arcieri infami. Ora doveva solo sbarazzarsi degli intralci.
Infilò le mani nel mantello e scagliò altri due pugnali che colpirono implacabili, mentre uno dei tre rimasti gli vibrò un fendente dall’alto; schivò di lato e lo colpì alla mascella mentre con un manrovescio abbatté il secondo che pensava di prenderlo alle spalle.
La terza spada gli arrivò di lato e la parò con l’avambraccio. Il predone non ebbe modo di stupirsene che venne afferrato dal persiano e usato come scudo per tre frecce nemiche rivolte contro di lui.
I tre arcieri, rimasti interdetti per aver colpito un loro uomo, non si ritrassero subito e Abdel ne approfittò: tre lame d’acciaio sgusciarono fuori dal suo mantello e colpirono in pieno petto due dei tre; il terzo, ripresosi prima degli altri schivò e si rifugiò dietro una duna.
Abdel diede un rapido sguardo intorno a sè.
Non vide nessun immediato pericolo e si diresse più silenzioso che mai verso la duna.
 
 
L’essenziale per un assassino è muoversi con cautela, niente movimenti bruschi, niente scenate. I colpi scenografici sono per le pedine sacrificabili. Quelli fatti in silenzio sono per i più esperti.
 
 
Si avvicinò quatto, quatto alla nascondiglio del brigante. Sentiva l’ansimare del suo fiato mozzo e senza far il minimo rumore, saltò dall’altra parte afferrandolo al volo.
Lo schiaffò al suolo e lo colpì al petto con le nocche del pugno destro –Dimmi in quanti siete qui?-
Ma il predone annaspava, senza fiato.
-Quanti?!-
-Una se-set-ttantina-
-Allora con te, ora, ne rimarranno meno di sessanta-
Un schiocco metallico e da sotto la manica scattò veloce e letale uno stiletto che inzuppò di rosso le vesti dell’uomo.
Abdel lo sfilò e con un colpo secco del braccio lo ripulì dal sangue della sua vittima.
La duna era poco più alta rispetto alla piana ma gli permise lo stesso di osservare le condizioni della battaglia e di avere un quadro della situazione.
Non stava andando bene: il suo intervento aveva come tagliato in due lo scontro ma le guardie di Hassan stavano capitolando sul davanti, il punto più vicino all’oasi mentre nella parte più arretrata la situazione era in stallo.
Evidentemente avevano contato di mandare allo sbando la carovana con dei piccoli interventi individuali lungo tutta la sua estensione mentre il grosso sarebbe pian piano avanzato sbaragliando le ultime guardie rimaste.
Un buon piano, doveva riconoscerlo. Ma nessuno aveva potuto prevedere la presenza di un servo di Alamut tra le fila del povero Hassan.
E questo avrebbe cambiato le sorti della battaglia.
Abdel si sarebbe lanciato su di loro come un falco, li avrebbe eliminati uno ad uno personalmente.
Perchè era tanto che non gli capitava.
Era tanto che non uccideva qualcuno, figurarsi su commissione.
E anche stavolta sarebbe stato un momento glorioso.
Da tramandare.
Quei poveri stolti che li avevano attaccati e anche coloro che pensavano di aver ingaggiato un miserevole mercenario, avrebbero capito che cosa era in grado di fare Abdel Nasser.
 
 
[[Fine prima parte ]]
 
 
Ed eccoci qui al terzo capitolo (che ho preferito dividere in due se non risultava pesante).
Qui si è vista già un po’ più di azione ma il prossimo vedrà una svolta nella trama e il ruolo di Natalia ritornerà ad essere se non da protagonista per lo meno da co-protagonista XD.
Vedremo, vedremo…
Allora che ne pensate della fic fino adesso? Vorrei aggiornare prima per eliminarvi subito dei dubbi ma pensavo di avere più tempo con l’università fuori dalle balle e invece rieccola qua! In anticipo sui miei programmi … e va be vedremo di adattarci giusto? XD
 
Attendo le vostre recensioni. Ciao!

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: JhonSavor