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Autore: Groan    19/02/2013    4 recensioni
I Guaritori sono poco collaborativi, ed interrogare il ritratto di Silente è più ostico che chiedere informazioni stradali ad una Sfinge. La storia di come Harry Potter, senza sapere come e neanche il perchè, si ritrova con un'altra piccola battaglia da combattere. Una persona sgradevole da salvare, dei nuovi ostacoli da superare, allucinanti allucinazioni da sconfiggere. Ed un Pensatoio assurdo in cui frugare.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da VII libro alternativo
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I. Senza pensare...

"Questa storia non m'è mai piaciuta, fin dall'inizio. Harry sembrava okay quando Tu... quando Voldemort è finalmente schiattato. Poi ha saputo di Piton e... be', è andato fuori di testa."
                                                                                                                                                                                                                                                         Ron Weasley

 

La busta è accartocciata, per come è conciata potrebbe tranquillamente essere stata aperta da un licantropo. Il gufo si sta lisciando le piume col becco, se ne rimane placidamente appollaiato sulla poltrona: non sembra inquietato dal profumino di pollo che viene dalla cucina.
I capelli di Harry, tanto per cambiare, non hanno un verso. Ma, se è per questo, non si sa bene neanche da che parte guardare il ragazzo: è un essere stropicciato, con addosso ancora i vestiti della sera prima, rincagnato al suo solito posto sul divano. Gli occhiali gli sono scivolati giù per il naso, ma Harry sembra troppo impegnato con la lettura per occuparsi di simili sciocchezze.
La voce di Molly, un po' esitante, gli chiede per la seconda volta se si ferma a pranzo.
«Eh? Ah, no. Grazie, signora Weasley, devo... insomma, torno più tardi.»
E neanche si prende la briga di concludere in qualche modo le sue scuse, si alza dal divano come se avesse le mutande piene di molle. Molly sembra sul punto di dire qualcosa, ma Harry è già uscito.
Ginny trascina i piedi, ha un'aria sfiduciata, ha un'aria già troppo adulta. Non guarda sua madre, sembra distratta, neanche si capisce se parli con lei o col gufo, o con la poltrona, o con se stessa.
«E' un periodaccio. Ce ne sono stati tanti, passerà anche questo.»
Ma non c'è ottimismo nella sua voce, che suona quasi meccanica.

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«Coraggio», dice al gargoyle, anche se a metà parola la voce per un attimo gli muore in gola, ed è costretto a ripetersi. Non sa come mai. Probabilmente, si dice, è per via della conversazione con la McGranitt: l'ha lasciato un po' scosso, anche se lì per lì annuiva e basta. Leggendo la lettera della professoressa si era aspettato chissà cosa, una... svolta. In bene o in male, ma almeno una svolta.
Invece no, sempre la solita cantilena di "è ancora stabile", "nessun cambiamento", "fanno entrare solo gli Auror ed i parenti stretti". Ecco, s'è scordato anche stavolta di chiedere se Piton abbia effettivamente dei parenti stretti. Due capelli (sperando che l'untuosità non sia un tratto di famiglia), un sorso di Polisucco e potrebbe...
«Ragazzo, o dentro o fuori.»
E' solo quando il gargoyle brontola in sua direzione che Harry si accorge di essersi perso a rimuginare, fermo impalato davanti all'ufficio del Preside. Della Preside. Accidenti, non sa neanche quello che sta succedendo ad Hogwarts, in realtà. Si perde un'altra volta in un vortice confuso di pensieri - recuperare il settimo anno, Hermione aveva detto qualcosa sul recuperare... - ed è solo una voce gentile, vecchia ma stranamente vitale, che riesce a riscuoterlo.

«Harry! Ti offrirei un sorbetto al limone ma, ahimè, temo che Minerva non sia dell'umore per fare acquisti simili. Piuttosto brutale, da parte sua, lasciarmi così... a secco.»
«...Preside», riesce solo a dire, in tutta risposta. Tra vent'anni, forse, si abituerà a parlare con questa versione a due dimensione di Silente. Ma ce ne vorranno almeno altri trenta prima che riesca ad affrontare l'assurdità di parlare di dolci con un ritratto.
Dovrebbe comunque complimentarsi col pittore: l'aria furbetta degli occhi del Preside è precisamente la stessa di quando era in vita.
«Hai un'aria un po' spaesata», osserva, con un sorriso da nonno - ma lo sguardo è attento, curioso. In una maniera che non mette Harry totalmente a suo agio.
«Be'... sì. Vede, Piton...»
«Ah. Sì, Severus... spero che stia meglio. Non sono riuscito a seguire bene gli avvenimenti dell'ultima settimana, ad essere onesti.»
«Veramente è passato un mese, signore.»
«Oh. Stare appesi ad un muro è una cosa che fa perdere la cognizione del tempo, devo dire! Difficile stare al passo coi tempi - anche perchè, disgraziatamente, non mi pare d'essere fornito di gambe. Non so proprio perchè m'abbiano fatto a mezzo busto. Tu che ne dici?»
«Ehm. Sì, immagino che... scusi, le stavo dicendo...?»
«Mi stavi parlando del professor Piton, Harry.»
«Ah. Sì. Non... non si è ancora svegliato. Cioè, sembra che abbia gli occhi aperti, ma...»
«Non reagisce.»
«No, signore. I Guaritori dicono di aver visto una cosa simile solo con... con chi ha ricevuto il Bacio del Dissennatore.»
«Non ho mai appoggiato l'utilizzo dei Dissennatori ad Azkaban, devo dire.»
«Ehm. Sì. Insomma, sembra quasi che il suo - ehm - corpo sia qui...», spiega, alzando una mano e chiudendola a pugno. «E l'anima sia, be', da qualche altra parte», conclude, facendo un altro pugno, e tenendolo ben lontana dall'altro.
«Parrebbe una conclusione piuttosto logica, in effetti», conviene il quadro, salvo poi rinchiudersi in un silenzio pacifico.
Harry rimane lì, con le mani a mezz'aria ed un'espressione decisamente smarrita.
«E...?»
«Mio caro ragazzo, cos'altro dovrei dirti?»
«Non so, pensavo... potesse sapere dov'è l'anima. Magari lui...»
«Non starai pensando agli Horcrux, voglio sperare.»
Il viso di Harry sembra come raggelare, ritrae le labbra fino a scoprire i denti. «Perchè no? Era... è un assassino, era un Mangiamorte! Avrebbe potuto...»
«Harry, ti posso assicurare che il professor Piton non ha mai desiderato l'immortalità. Accettava pienamente l'idea di morire durante lo svolgimento del suo compito e, anzi, oserei dire che... fosse questo, il finale che si augurava.»
Harry diventa improvvisamente molto consapevole del fatto che non può tirare un cazzotto ad un quadro. Innanzitutto, sarebbe inutile. Secondariamente, dietro alla tela c'è un muro di pietra. Espira lentamente, cerca di ricordarsi il movimento di bacchetta per il Reductor - per un qualche motivo, questo genere di nozioni pratiche sembra passargli spesso di mente, negli ultimi tempi. Silente pare comunque percepire lo stato d'animo del ragazzo, perchè continua a parlargli. Pacatamente, quasi paternamente.
«Non credere che condivida la sua visione della cosa, se veramente era questa. Ho sempre sperato che Severus riuscisse in qualche modo a... riprendersi da quanto era successo, a farsi una vita che non dipendesse unicamente dalla sua missione. Mi dispiace dire, però, che così non è stato. Ed ora che la sua missione è finita...»
«Lei vuole che muoia
Lo dice a denti stretti, con una voce roca, forzata, trattenuta.
«Come? Harry, ti prego...»
Ma Harry non ascolta più, gli volta le spalle. Silente lo richiama, il ragazzo non lo ascolta, ha delle parole sgradevoli incastrate nella testa. Perchè Silente prima li usa, e poi li manda a morire. Funziona così, ha quasi funzionato così anche con lui - Silente sapeva che sarebbe sopravvissuto? Si sentiva un animale portato al macello, mentre camminava tra gli alberi con la pietra in mano.
E' solo quando il ritratto cambia tattica che Harry si ferma, coi pugni chiusi, la testa incassata tra le spalle.
«I suoi ricordi. Li hai lasciati nel Pensatoio. Guardali. Cerca di capire. Forse dopo potresti lasciarlo...»
L'esitazione è durata poco: Harry è uscito e, a giudicare dai versi indignati che provengono dall'entrata, è pure andato a sbatacchiare contro il gargoyle.
«...andare», conclude Silente, con un'espressione strana sul viso ben dipinto.
«Lascia stare, Albus. A quanto ho visto fin'ora, non si ferma mai a ragionare prima della terza o quarta sceneggiata drammatica», commenta Nigellus Black dal suo quadro, prima di tornare a guardarsi le unghie con aria concentrata.

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«Harry?»
«Mmmmmhhh.»
«Hermione è tornata con dei libri. Anzi. Dei libri sono tornati con Hermione, credo che pesino più di lei. Aiutami, amico, non puoi lasciarmi da solo a cosare le note a piè di pagina...»
«Mmmmmmfffff...»
«HARRY! ESCI SUBITO DA QUELLE COPERTE!»
A quanto pare la vista di Hermione è potente quanto la sua voce: entrambe hanno sorpassato efficacemente le scale, hanno sgamato il ragazzo affogato tra le coperte del letto ed hanno imposto una rapida soluzione alla cosa.
La testa di Harry emerge da sotto il cuscino, strizza gli occhi verdi per mettere a fuoco Ron, mentre cerca gli occhiali a tentoni.
«Sembra tua madre, quando urla», osserva, stranamente irrispettoso, deliberatamente cattivo. Ma Ron sembra semplicemente scoraggiato, complessivamente a disagio e, quando parla di nuovo, abbastanza vicino ad un attacco isterico.
«Sto sopportando tutto questo per Piton. Per Piton!», esclama un'ultima volta, gesticolando con le mani e prendendo la via della porta, senza dare corda all'amico.
Harry, dal canto suo, non si sofferma a pensare su quanto la situazione sia grottesca: intuisce vagamente che, se inizia a pensarci adesso, potrebbe non smettere più.

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Un corpo non può sopravvivere a lungo, senz' anima. E' scritto nella maggior parte del materiale su cui fanno ciondolare la testa, accanto a schemi disegnati a mano di corpi umani, sotto a rappresentazioni fin troppo fedeli del viso di un Dissennatore. L'argomento è trattato di sfuggita, con un pudore un po' esitante, ed i tre ragazzi devono saltare interi paragrafi: contengono solo giustificazioni verbose di come la società magica sia arrivata ad usare pratiche tanto immonde.
Nessuno parla molto, Ron ha la stessa espressione cauta di quando teme che un ragno si sia infilato nelle proprie scarpe. Però sta guardando Harry. Anche Hermione lo sbircia, di tanto in tanto, con una mano praticamente scomparsa tra i capelli cespugliosi, gli occhi stanchi ma nervosi. Ginny, dal canto suo, ha scelto la via dell'accondiscendenza, scimmiotta quasi un comportamento da geisha, serve thè e caffè senza pronunciare una sola parola, lo sguardo basso. Ma ci sono gli indizi di una rabbia sorda e disperata nei suoi movimenti trattenuti, un po' bruschi. Harry non li vede, non gli importa.

Di solito, sono le infezioni a portarseli via. Piaghe infette, polmoniti e via dicendo. La nutrizione del corpo, nonchè il mantenimento di uno standard igienico almeno umano, è a discrezione dei parenti. Possono chiedere indietro le spoglie del loro caro una volta che di lui non rimane, in realtà, più nulla. Di solito, sono solo quelli con origini Babbane più o meno marcate a chiedere la restituzione del corpo - probabilmente, nella loro testa, il parente senz'anima rimane in un certo senso solo una persona che ha avuto... una specie di brutto incidente. Ma non ci sono possibilità di recupero e quella, in realtà, non è più una persona.
Con la giusta manutenzione un corpo può sopravvivere per un anno, forse due. Riempiendolo di pozioni, cambiandogli posizione ogni due ore, nutrendolo e pulendolo. Ma le prime difficoltà respiratorie compaiono già dopo qualche mese. Il riflesso della deglutizione, stranamente, è uno degli ultimi ad andarsene - ma rimane il fatto che tutto, lentamente, va a pezzi.

Hermione raccoglie i capelli in una specie di buffo cavolfiore in cima alla testa, tra le sue sopracciglia c'è una ruga profonda, esprime la sua opinione meglio di mille parole. Forse le piacerebbe comunque parlarne più dffusamente, ma ormai è tardi: Harry se n'è andato, non c'è bisogno di chiedergli dove è diretto.
C'è un dolore profondo e quasi materno negli occhi di Hermione, malgrado la voce sia piccina, spaesata.
«Avete letto la Gazzetta del Profeta. Sta andando... tutto a rotoli. Io non so, non... cosa dobbiamo fare?», chiede, a voce ancora più sommessa, ma Ron non sembra avere soluzioni da offrire, la guarda con aria allucinata. E Ginny, be', a quanto pare ha scelto il cinismo come suo salvatore e protettore.
«Stiamo facendo già fin troppo», commenta, e Ron per un attimo si ritrova a pensare che forse è così che diventerà, da grande. Acida, disillusa. Ma non si sofferma su questo pensiero quasi alieno, non fa in tempo a mettere radici, lo scaccia con un sospiro mentre si scrocchia mestamente il collo.

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L'odore del San Mungo continua a sembrargli tremendo. Stavolta, neanche importuna i Guaritori: ha adottato uno splendido approccio passivo-aggressivo. Se ne sta lì, ad eterno monito, cercando di far pressione con la sua sola presenza.
Parla con chi gli rivolge la parola, non si rende conto che i curiosi e gli ammiratori sono ogni giorno sempre di meno.
Percepisce distrattamente un movimento alla sua destra, sente una voce conosciuta, ma non guarda veramente.
«...Potter.»
«Malfoy», replica, distrattamente. Ma poi gli occhi si fanno enormi dietro alle lenti degli occhiali tondi, la testa si gira di scatto.
«Malfoy?», ripete, con un vocino da gallinaccio mezzo annegato. Ma è inutile che strizzi a questo modo gli occhi chiari, vede semplicemente la schiena stretta ed un poco curva di Draco, fermo davanti al banco d'accettazione, sente solo la voce strascicata del Guaritore barbuto chiedere, anche a lui, se è un parente.
Malfoy sorride e basta nel sentire la domanda, tiene le mani contro al petto, sembra giocherellare con le dita - con un dito, con qualcosa che ha all'anulare.




Note dell'autore
Draco, meno male che sei arrivato tu. Ma forse sarà Neville a salvarci da questa situazione di stallo! Forse. Ah, boh, di sicuro lo andremo a trovare nel prossimo capitolo!
Grazie per essere arrivati fin qui, vi adoro immensamente.

  
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