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Autore: Jude_McCartney    19/02/2013    3 recensioni
Liverpool, 1958. Il fumo delle ciminiere delle fabbriche offuscava la luce del sole, rendendo il paesaggio triste e macabro. Emma, seduta sul prato del giardinetto pubblico vicino casa, poggiava la schiena su di una quercia antica, l'unica che riusciva a sostenere il grande peso che gravava sulle sue spalle da anni ormai, l'unico posto in cui si sentiva davvero al sicuro da sguardi indiscreti e dalle sue paure.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Nuovo personaggio, Paul McCartney , Pete Best
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Chi sono?- rise Emma.
Paul quasi si spaventò, poi rise con lei. Prese le mani che lei gli aveva posato sul viso, si voltò e la guardò. I suoi occhi splendevano dello stesso verde delle foglie del salice che li cingeva, come in un abbraccio.
-Le do il mio sincero benvenuto nel nascondiglio dell'egregio signor McCartney!
-Nascondiglio..?- domandò Emma.
-Si, da anni.- annuì Paul. Fece un profondo respiro. Stava davvero per dirglielo?
-Ogni volta che ho un problema, sto male per qualcosa, vengo qui, a pensare. Quando mia madre era malata, è stato come perdere il mio punto di riferimento. Era già come se non ci fosse più. Prima del tumore parlavamo molto, le dicevo tutto e lei mi consigliava. Poi è diventata sempre più debole, non aveva quasi la forza di parlare. Non sapevo a chi rivolgermi, se non a lei. Tutte le mie preoccupazioni, quegli sfoghi che dovevano essere esternati, si sono accumulati nel tempo, e ad un certo punto non ce l'ho fatta più. Vedere un genitore in quelle condizioni, è qualcosa di orribile.- strinse i pugni, facendosi forza. Dopo tanti anni, faceva ancora troppo male.-Tutta quella pressione, quella sofferenza non era sopportabile. Così un giorno, stupidamente, scappai di casa. Fu un'azione istintiva, non ci pensai su. Sentii il bisogno pressante di andarmene, e senza dire nulla a nessuno, scappai. Camminai per la città per ore, senza una meta. Calato il sole, non sapevo dove andare. Poi vidi l'entrata nord nel Newsham Park, e ci entrai. Continuai ad andare avanti, e poi trovai questo salice. Era perfetto per nascondercisi, per essere solo, protetto dagli sguardi del mondo, dalle sofferenze e da ogni pensiero negativo. Sotto queste fronde, mi sentì a casa come non succedeva da quando fu diagnosticato il tumore a mia madre. Nel silenzio, mi sentì più ascoltato e compreso che nel trambusto della malattia. Piansi in silenzio, e fu molto più forte di uno sfogo di parole. Mi sentì meglio. Allora decisi di rincasare, non potevo abbandonare i miei genitori. Da quel giorno però tornai spesso. Ed eccoci qui!
-Questo posto è bellissimo- sussurrò Emma, provata da quel racconto così intenso- ma perchè hai voluto incontrarmi proprio qui?
-Perchè questo luogo racchiude tutte le sofferenze del mio passato, è parte di me.- sospirò Paul, mantenendo lo sguardo sul prato, come se fosse impegnato nel contare ogni singolo filo d’erba che li circondava- E, come hai fatto tu raccontandomi di tua sorella, volevo renderti partecipe di tutto questo.
Le prese la mano, e la strinse.
-E' una cosa bellissima, lo apprezzo davvero tanto. Grazie.- ricambiò la stretta affettuosa.
Paul prese la chitarra in braccio, e iniziò a suonare degli accordi a caso.
-Questa chitarra ha un nome.-rise Paul, ed Emma con lui.
-Sentiamo, come si chiama?
-Emma.
La ragazza rimase spiazzata, il suo sguardo era confuso.
-Me l'ha regalata mia madre- annuì, compiaciuto-allora l'ho chiamata come lei.
Emma era sempre più allibita.
-E' un bellissimo nome, non trovi?- sussurrò Paul, con dolcezza.
Lei sorrise, con tutto il cuore. Si avvicinò a lui, e gli si sedette accanto.
-Mi suoni qualcosa?- chiese Emma, curiosa.
-Con piacere. Preferisci una canzone dolce e deprimente oppure allegra e romantica?
-Allegra e romantica-sorrise lei.
Paul pizzicò con le dita veloci le corde della chitarra, e iniziò a cantare.
- Oh yeah, I tell you something, I think you'll understand. When I say that something, I want to hold your hand. I want to hold your hand, I want to hold your hand! -le fece l'occhiolino, e lei arrossì ridendo.
-Oh please say to me "you'll let me be your man" and please say to me "You'll let me hold your hand" !Now let me hold your hand,I want to hold your hand!
And when I touch you I feel happy inside, It's such a feeling that, my love, I can't hide, I can't hide, I can't hide!
Yeah you got that something, I think you'll understand. When I say that something, I want to hold your hand! I want to hold your hand, I want to hold your hand!
Smise di cantare e lasciò la chitarra. La guardò dolcemente, e le prese la mano.

-

16.45. Paul ed Emma camminavano per Liverpool, mano nella mano. Stavano percorrendo Wall Street, da soli. La città era deserta. Il cielo su di loro stava diventando sempre più scuro, spruzzato di nuvole grigie.
-Qual'è il tuo sogno più grande?- chiese Emma, curiosa.
-Diventare una star.-sorrise Paul.
-Si, saresti assolutamente una bellissima soubrette!-sogghignò lei. Scoppiarono a ridere.
-Ti ringrazio-rise con gusto- Ma no, non è questo che intendevo.. Vorrei essere un musicista, cantare le mie canzoni su palchi enormi, di fronte a milioni di persone che urlano il mio nome. Diventare un fenomeno, di quelli conosciuti in tutto il mondo. Magari con un gruppo.
-Sei ambizioso!-annuì Emma, immaginandolo con una chitarra in mano, davanti ad un pubblico sconfinato. Rise fra sé e sé per la situazione buffa che si era figurata -Se iniziassi a fare musica e non andasse nel verso giusto? Se rimarresti nell’anonimato? Non ti cadrebbe il mondo addosso?
-Beh, forse sarebbe una delusione, ma almeno sarei consapevole di aver inseguito il mio sogno, di averci provato, senza nessun rimorso.
-Risposta esatta- sorrise Emma.
Proprio in quell'istante, videro un fulmine squarciare il cielo. Il boato fu fortissimo, ma non come l'esplosione di pioggia che li travolse. Paul si sfilò la giacca, la appoggiò sulla testa di Emma e sulla sua e iniziarono a correre uno stretto all'altra, ridendo come mai. In poco arrivarono sotto casa di lui. Paul la invitò ad entrare, ma lei esitò un istante.
-Paul, non dovrei..- sfiorò il naso a punta con le dita fredde e bagnate, imbarazzata.
-Cosa dici?- insistette-Dai, entra, o ti bagnerai tutta!
Fece un passo indietro, sentendosi terribilmente a disagio.
-Ma, se tuo padre mi vede? Non è inopportuno portare una ragazza che non conosce in casa?
-Ma no, mio padre è a lavoro, siamo soli- sorrise lui, con un pizzico si maliziosità negli occhi, porgendole la mano.
Un brivido la scosse dalla testa ai piedi. Ricambiò il sorriso, e intrecciando le dita alle sue, lo seguì.
Casa McCartney la lasciò a bocca aperta. Era una villetta a due piani, davvero grande e ben arredata. Le sembrava un sacrilegio camminare con gli stivaletti bagnati sui lunghi tappeti persiani che si distendevano per tutto il salotto, ma Paul li pestò senza pensarci. La guidò nel salotto, una stanza enorme, con quadri di famiglia appesi al muro, soprammobili antichi e divani bianchi. Al centro della stanza, vide un pianoforte a coda Steinway nero, un gioiello. Esterrefatta, vi corse in contro.
-Oh mio Dio Paul, questo pianoforte è stupendo!- esclamò Emma.
-E a dire che non lo so suonare..- sospirò lui.
-Non lo suona nessuno in casa tua?
Lui scosse la testa.
-E' un reato lasciare questa meraviglia a prendere polvere, devi assolutamente imparare.
-insegnami tu- sorrise Paul. - me l'avevi promesso, ricordi?
-Va bene, va bene..-gli fece spazio sul sedile di pelle nera-Siediti qui accanto a me.
Si sedettero uno al fianco dell'altra di fronte al pianoforte.
-Vedi? Questo è il Do.-fece Emma, indicando il tasto bianco-Lo riconosci perchè è sempre il tasto vicino ai due neri. E poi vengono il Re, il Mi, il Fa, il Sol ecc..
-Mi suoni qualcosa?- sorrise lui, imitando il tono di Emma quando gli aveva fatto la stessa domanda, poche ore prima.
-Va bene-continuò, imbarazzata- ma non aspettarti nulla di straordinario..
-Sarà comunque bellissimo, qualsiasi cosa sia.- le carezzò i capelli.
 
Emma iniziò a suonare "River flows in you". Le sue dita scivolavano da un tasto all'arto, veloci. Era così aggraziata e delicata, Paul rimase allibito. Era un'armonia angelica. E vederla suonare, concentrata, rendeva tutto più bello. Quando terminò la canzone, si voltò verso di lui, soddisfatta. Paul la guardò dritta negli occhi, quegli occhi da cerbiatto indifeso e spaventato. Quegli occhi, che prima di tutto l'avevano fatto innamorare. Raccolse le ciocche di capelli di Emma arruffate e bagnate dalla pioggia dietro il suo orecchio. Poi le accarezzo il collo. Le sue labbra erano così rosse, carnose. Lentamente, avvicinò il volto al suo. Emma tremava. Stava per succedere, stava succedendo davvero. Lui era vicinissimo, lei lo desiderava. I loro nasi si sfiorarono. Lui rise. Emma sentiva il suo calore vicino, vicinissimo. Gli posò la mano tra i capelli. Chiuse gli occhi.
 
TRRIIIN. Un campanello suonò, infrangendo la magia del momento. Era George, fuori dalla porta di casa. -Paul?! Paul, apri, sono io!
Emma aprì gli occhi. Era così vicino che non riusciva a metterlo a fuoco. -Paul, cazzo apri, mi sto infradiciando tutto!
Insieme, scoppiarono a ridere.
  
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