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Autore: mindyxx    20/02/2013    18 recensioni
Justin, immobile di fronte alla lapide bianca, osservava il volto della persona che tanto lo aveva amato.
Era trascorso un anno dalla sua prematura morte e sapere che lo avrebbe rivisto solo nei suoi sogni gli faceva male.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Brian Kinney, Justin Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: i personaggi della serie televisiva “Queer as folk” citati nella storia non sono di mia proprietà, ma appartengono ai legittimi ideatori. Sono stati da me utilizzati senza il consenso degli autori, non a fini di lucro ma solo per divertimento personale.
Rating: giallo
Warning: slash
Personaggi: Brian / Justin / altro personaggio.
Genere: drammatico

Note: siccome non voglio essere lapidata, prima che decidiate di leggere questa “cosa” deprimente vi faccio notare che si tratta di una storia “drammatica”.
Lettore avvisato, lettore salvato!







ff


Justin, immobile di fronte alla lapide bianca, osservava il volto della persona che tanto lo aveva amato.
Era trascorso un anno dalla sua prematura morte e sapere che lo avrebbe rivisto solo nei suoi sogni gli faceva male.
Stringendosi nel cappotto, per ripararsi dal freddo pungente di quella mattina invernale, lasciò che lo sguardo indugiasse sulla piccola foto da cui l’ex amante gli sorrideva felice e una lacrima sfuggì ai suoi occhi per solcargli le gote arrossate dal vento gelido.
Quando sembrava essere riuscito a dare un senso alla propria vita, il destino aveva deciso che non avesse sofferto abbastanza e lo aveva privato della possibilità di essere felice accanto all’uomo che, il giorno del suo trentesimo compleanno, gli aveva regalato ciò che desiderava da sempre chiedendogli di sposarlo.
Mentre il vento soffiava senza tregua, facendo danzare i fili d’erba, chiuse gli occhi e rivide se stesso nell’attimo in cui, commosso, accettava la proposta di matrimonio del compagno.
Asciugando mestamente la guancia umida di pianto, ricordò la sua felicità in quel momento e le immagini del passato tornarono facendogli rivivere gli ultimi attimi di gioia prima del triste epilogo.

*****

Conferito a Emmett l’incarico di organizzare le nozze, Justin si era dedicato solo al futuro marito, per fargli capire quanto lo rendesse felice la prospettiva di trascorrere insieme il resto dei suoi giorni.
Arrivata la vigilia di nozze, aveva insistito affinché passassero la notte separati. Non che fosse superstizioso, però aveva già avuto sin troppa sfortuna nella vita e non voleva rischiare.
La tradizione richiedeva che lo sposo non vedesse la sposa il giorno prima delle nozze e aveva pensato che valesse anche nel caso in cui gli sposi fossero due uomini e, sordo alle proteste del futuro marito, aveva affittato una stanza in albergo.
All’alba del giorno delle nozze era stato svegliato da una telefonata in cui gli veniva chiesto di recarsi in ospedale perché il suo compagno aveva avuto un incidente.
Giunto in clinica, un’infermiera molto gentile lo aveva accompagnato in una saletta privata, dove era stato informato della morte dell’uomo che avrebbe dovuto sposare quello stesso giorno.
A causa di un guasto elettrico era scoppiato un incendio nella palazzina in cui risiedeva e il fuoco aveva sorpreso gli occupanti dello stabile nel cuore della notte. I soccorsi erano giunti tardi e per gli inquilini non c’era stato scampo.
In pochi secondi, quello che doveva essere un giorno di gioia si era trasformato in una tragedia. Di nuovo il destino si era accanito contro di lui, precludendogli la possibilità di essere felice.

*****

A un anno dall’incidente che si era portato via Manuel, l’uomo che avrebbe dovuto sposare, Justin si trovava di fronte alla sua lapide per trascorrere insieme quello che doveva essere il loro primo anniversario di nozze.
Posata una rosa sul freddo marmo, rimase immobile a contemplare il suo volto incapace di credere che anche lui lo avesse lasciato, quando un rumore lo distrasse e, voltandosi, vide una figura avvolta in un cappotto nero avvicinarsi e fermarsi al suo fianco.
Riconosciuto l’inaspettato visitatore, Justin si pietrificò e il suo sguardo si fissò in quello dell’uomo come tante volte era successo in un passato lontano dieci anni, un passato che credeva morto. «Brian», fu tutto ciò che riuscì a dire, prima che i ricordi lo sommergessero.
In quel giorno terribile, in cui il dolore per la perdita dell’amato sembrava troppo forte da sopportare, come un fantasma, Brian, l’uomo che aveva amato più della sua vita, era ricomparso.
Le loro strade si erano divise dieci anni prima, quando lui aveva lasciato Pittsburgh in cerca di gloria e Brian, un mese dopo la sua partenza, si era trasferito all’altro capo del mondo per aprire una nuova agenzia.
Da quel giorno non si erano più sentiti, ciascuno troppo impegnato a vivere la nuova avventura per pensare di portare avanti una relazione che era destinata a morire e, in quel momento, Brian era lì, di fronte a lui e il suo sguardo penetrante, che tante volte aveva scavato nel profondo della sua anima, aveva raggiunto il suo cuore come una pugnalata. E mentre il vento gelido sferzava i loro volti, i due ex amanti continuarono a osservarsi in silenzio, trasportati in un tempo remoto che doveva essere morto e che un unico sguardo aveva riportato in vita.
Il pianto di un bambino, sgridato dalla madre perché giocava in quel luogo di pace, li destò, sottraendoli al vortice di ricordi in cui erano stati risucchiati.
«Che ci fai qui?» chiese Justin sbalordito, ma Brian non rispose e indicò la foto sulla lapide.
«Bell’uomo», asserì, e sul viso di Justin apparve un tenue sorriso. Come sempre Brian stava eludendo le sue domande. In quello non era cambiato e decise di stare al suo gioco per capire cosa avesse in mente.
«Ti sarebbe piaciuto», replicò, ma Brian storse le labbra scuotendo la testa.
«Troppo vecchio per me», dichiarò serio e Justin sorrise di nuovo. Gli era mancata la sua sottile ironia.
«Quest’anno avrebbe compiuto quarantaquattro anni e, ammesso che non abbia perso il conto, siete coetanei».
«Appunto, troppo vecchio per me», replicò Brian malizioso. «Il mio fascino continua a mietere vittime tra gli sbarbatelli di venti, trent’anni. I quarantenni non m’interessano».
Un sorriso impercettibile affiorò sulle labbra di Justin. «Non cambierai mai Kinney». «Mai, Raggio di Sole», fu la replica di Brian, mentre alzava il bavero del cappotto per ripararsi dal freddo pungente e, sfregandosi le mani, fece un cenno con la testa. «Mi si sta gelando il culo», affermò rabbrividendo, mentre alito caldo usciva dalle sue labbra per formare una nuvoletta di vapore che si perdeva nell’aria gelida trasportata dal vento. «Suggerisco di andare a prendere qualcosa di caldo prima che mi iberni».
La sua proposta non ebbe risposta, sicché Brian scrutò il giovane al suo fianco che sembrava avere altri progetti. «Non vorrai passare tutto il giorno in questo posto?» gli chiese con tono accusatorio. «Hai intenzione di prenderti una polmonite? O peggio, di farla prendere a me?»
Justin rivolse un’occhiata alla lapide del fidanzato e si chinò per toccare la foto. In effetti, la sua intenzione era di stare tutto il giorno con Manuel, ma Brian aveva ragione, la temperatura gelida avrebbe rischiato di fargli prendere una polmonite. «Se ti seguo, mi dirai perché sei qui?» chiese, alzandosi e rivolgendogli un’occhiata indagatrice.
«Davanti a una tazza di caffè bollente mi scioglierò come neve al sole e ti dirò tutto quello che vuoi sapere», rispose Brian, incredulo di aver pronunciato una frase tanto sdolcinata.
«Allora andiamo». E insieme lasciarono l’immenso cimitero per raggiungere un luogo caldo, dove finalmente avrebbero parlato serenamente per l’ultima volta perché, dopo quel giorno, le loro strade erano destinate a dividersi ancora.

*****

Seduti in fondo al locale a un tavolo piuttosto appartato, Justin notò lo sguardo del giovane cameriere, che li stava servendo, indugiare sul volto di Brian e sorridergli in modo troppo amichevole.
Appena il ragazzo li lasciò soli, Brian estrasse una sigaretta dal pacchetto e sorrise. «Che ti avevo detto? I mocciosi mi adorano!»
«Non avevo bisogno di una prova, ti credevo sulla parola», ribatté Justin sincero. Nonostante non fosse più un ragazzino, Brian continuava a essere bellissimo e il suo fascino, negli anni, era aumentato. Non era cosa insolita che i giovani gay fossero attratti da lui. Il suo corpo urlava sesso quando aveva trent’anni e continuava a urlarlo ancora, nonostante avesse passato i quaranta.
Versata una bustina di zucchero nel caffè, Justin riportò il discorso sul motivo per cui si era fatto convincere a lasciare il cimitero. «Ho acconsentito a seguirti, ora sta a te parlare. Perché sei tornato a cercarmi dopo dieci anni? Perché proprio oggi? E come sapevi dove trovarmi?»
«Emmett», rispose Brian incapace di distogliere lo sguardo da quegli occhi che tanto aveva amato e in cui non riusciva a scorgere l’antico splendore che, provato dall’ennesima disgrazia, si era spento.
«Emmett? Lui ti ha detto di venire?»
Accesa la sigaretta, Brian la accostò alle labbra per inspirare una boccata di fumo che scese a solleticargli la gola. Il medico gli aveva detto di smettere di fumare e lui, sentendo il gusto della nicotina in bocca, sorrise. Non era ancora nato chi potesse privarlo di un simile piacere.
Osservando la tazzina di caffè appoggiata sul tavolo, la allontanò per concentrarsi sul volto del giovane che gli era seduto di fronte. «Perché non mi hai detto del matrimonio?»
La domanda improvvisa fu seguita da alcuni secondi di silenzio.
«Se lo avessi saputo, saresti venuto?» replicò Justin, mentre sulle sue labbra era apparso un sorriso ironico.
«No!»
«Allora perché dirtelo?»
«Giusta obiezione!» annuì Brian spegnendo la sigaretta poi, passando il pollice sul sopracciglio, e stendendo le gambe sotto il tavolino, cercò il suo sguardo. «Mi dispiace per il tuo uomo», ammise sincero. «E mi dispiace non essere stato al tuo fianco durante il funerale, ma non pensavo fosse giusto esserci, non era più posto per me».
«Eppure, oggi sei qui!»
«Ancora una giusta obiezione, Splendore».
Cercando di nascondere il turbamento che stava provando, trovandosi di nuovo al suo fianco, Brian sorrise ironico. Non poteva dirgli che in tutti quegli anni non aveva mai smesso di amarlo. Non poteva dirgli che il giorno in cui aveva saputo del matrimonio era stato come se lo avessero pugnalato in pieno petto. Non poteva dirgli che lo avrebbe voluto ancora accanto a sé. Non poteva e non lo avrebbe fatto, perché sapeva che non era possibile.
Scacciando la tristezza ritrovò l’ironia che lo aveva contraddistinto per anni e vi si rifugiò, per portare avanti quella giornata che, sapeva, sarebbe stata dura, non solo per Justin, ma anche per lui. «Emmett mi ha telefonato una settimana fa per informarmi che oggi sarebbe stato l’anniversario della morte di Manuel. La super checca era preoccupata perché, secondo lui, negli ultimi mesi sei cambiato».
«Cambiato?» chiese Justin perplesso, fingendo di non capire.
«Secondo Emmett sei diventato taciturno e il fatto che non ti fai trovare, quando lui e Debbie ti cercano, lo ha messo in ansia».
«Ed ecco spiegato il motivo per cui sei qui», lo interruppe Justin. «Emmett si preoccupa troppo. Io sto bene, hai fatto tanta strada per niente».
Brian, afferrata la tazzina per bere il caffè ormai freddo, storse le labbra. «Dici di stare bene, eppure sembri dimagrito e il tuo culo è flaccido».
L’occhiata pungente che Justin gli indirizzò, accompagnò la sua replica seccata. «Sono anni che non vedi il mio culo, non credo tu possa giudicarlo».
Appoggiata la tazzina sul tavolo, Brian si passò le mani tra i capelli. Sapeva che Emmett aveva ragione e non avrebbe ceduto finché non fosse riuscito a strappare la verità a Justin, una verità che il giovane si teneva dentro da troppo e che lo stava consumando, e lui non avrebbe permesso che continuasse a farsi del male.
Schiarendosi la voce iniziò il discorso che, sperava, lo avrebbe aiutato. «Tempo fa un tale mi disse che per risolvere un problema occorre parlarne».
«Quel tale doveva essere un vero genio», ironizzò Justin.
«Non era un genio, ma un cazzo di strizza cervelli», ribatté Brian. «E con un gran bel culo», aggiunse, sorridendo malizioso per mantenere la conversazione su toni sarcastici, le scene drammatiche non facevano per lui, preferiva lasciarle a Emmett.
«Ti sei fatto uno strizza cervelli?»
«Più di uno, ma chi li ha mai contati! Un buco è un buco, ed io non dico no a una buona scopata, dovresti saperlo».
La sua risposta fece sorridere Justin che sembrò rilassarsi e gli fornì la possibilità di sondare il terreno. «Perché non rispondi alle telefonate di Debbie?» s’informò, avvicinando la seconda sigaretta alle labbra.
«Perché quando chiama sono indaffarato».
«A fare che?» replicò Brian, mentre una nuvoletta di fumo usciva dalla sua bocca.
«A scopare!» rispose Justin seccato.
«Se fosse così, sarei contento per te... ma il vero motivo per cui non rispondi è che non vuoi dirle ciò che ti turba e che, ovviamente, io so!».
La sua affermazione fu accolta dalla risata sarcastica di Justin. «Non pensavo bastasse scopare un paio di strizza cervelli per acquisire la laurea in psicologia», replicò acido, tanto che Brian rise divertito.
«Noto con piacere che la tua lingua è sempre tagliente, chissà se la sai ancora usare per qualcosa di più utile che dire cazzate».
Justin evitò di ribattere e riprese a giocare con la tazza di caffè per eludere il suo sguardo, ma Brian non aveva intenzione di lasciar cadere il discorso. «Da quando Manuel è morto, quante scopate ti sei fatto?»
La domanda non ottenne risposta.
«Dal tuo silenzio deduco poche, o forse nessuna».
Di nuovo Justin non rispose e Brian, con una delicatezza che aveva sempre riservato solo a lui, gli prese la mano per stringerla tra le proprie. Il contatto con la sua pelle gli procurò un brivido che ignorò e riprese a parlare. «Quando Hobbs ti aggredì, pensai che fosse colpa mia», confessò con un sussurro. «Pensai che se fossi stato più veloce avrei potuto fermarlo prima che ti facesse del male».
Ricordare l’episodio in cui Justin era quasi morto gli procurava un immenso dolore, ma sapeva che era l’unico modo per aiutarlo e lo avrebbe sopportato. «Pensare che avrei potuto evitare che fossi assalito mi stava logorando e iniziai a bere e drogarmi più di quanto facessi abitualmente».
Faticosamente, Brian cercò di nascondere il leggero tremolio alla voce e riprese il discorso, mentre Justin continuava a tenere lo sguardo fisso sulla tazzina di caffè ancora piena. «Anche se impiegai parecchio tempo, alla fine capii che non avrei potuto evitare che Hobbs ti aggredisse e se volevo tornare ad avere un’esistenza normale dovevo smettere di incolparmi».
Justin cercò di sottrarsi alla sua presa ma Brian strinse più forte, non lo avrebbe lasciato andare, non quella volta. «Se tu fossi stato con Manuel la sera dell’incendio, non avresti potuto fare nulla», gli disse, incapace di mascherare la commozione, e finalmente Justin alzò la testa per cercare il suo sguardo, mentre la prima lacrima gli solcava il volto pallido.
«L’ho lasciato da solo», confessò con voce rotta dal pianto. «Se non fossi stato tanto idiota da voler passare la notte in albergo, lui non sarebbe morto».
Angosciato, Justin chinò di nuovo la testa, mentre lacrime amare scendevano dai suoi occhi spenti a rigargli le gote scarne. Da quando Manuel era morto, non aveva fatto altro che incolparsi e il peso del rimorso lo stava consumando.
«Se fossi stato con lui, sareste morti entrambi». Pronunciando la terribile verità, Brian avvertì un brivido corrergli lungo la schiena all’idea che in quel cimitero potesse esserci anche la tomba di Justin e scacciando l’angosciante pensiero continuò a parlargli. «Devi smettere di incolparti e tornare a vivere, sono sicuro che Manuel non vorrebbe vederti così».
Le sue parole arrivarono al cuore di Justin che di nuovo sollevò la testa, e quando i loro sguardi s’incontrarono, Brian avvertì un dolore soffocante. Vedere gli occhi del giovane, colmi di lacrime per l’uomo che aveva occupato il posto che una volta era suo, faceva male, troppo male.
Costringendosi a scacciare il dolore si alzò per sedersi accanto a lui e accoglierlo tra le braccia, come aveva fatto tante volte quando era solo un ragazzino impaurito in preda agli incubi.
Con estrema dolcezza gli passò la mano tra i capelli per cercare di calmarlo, mentre il suo cuore continuava a sanguinare perché consapevole di ciò che aveva perso e che il destino gli stava di nuovo negando.
Stretto nel caldo e rassicurante abbraccio di Brian, Justin finalmente ritrovò la calma e la forza di parlare. «Mi amava», sussurrò commosso. «E anch’io lo amavo».
«Lo so Splendore».
Le parole di Justin lo avevano colpito come una stilettata in pieno petto, ma di nuovo Brian aveva soffocato il dolore per il bene di quel giovane che, nonostante il tempo, nonostante la lontananza, non aveva mai smesso di amare. «Immagino fosse una brava persona», disse, sciogliendosi dall’abbraccio che ancora li univa.
«Sì, lo era», rispose Justin con un sorriso stentato.
«Vuoi parlarmi di lui?»
«Davvero vorresti che ti raccontassi di Manuel?» chiese Justin perplesso non aspettandosi una simile richiesta.
«Secondo lo strizza cervelli che mi sono scopato prima di venire da te, la terapia migliore in questi casi è il dialogo».
Estraendo dal pacchetto l’ennesima sigaretta, Brian la accostò alle labbra. Sapeva che a Justin avrebbe fatto bene parlare per ricordare i momenti vissuti con il compagno e lui lo avrebbe ascoltato aiutandolo, con la sua ironia, a ritrovare l’antico splendore.
Ritirato l’accendino e inalata la prima boccata di fumo, gli strizzò l’occhio. «Avanti, parlami di lui e vedi di soffermarti sui particolari piccanti che sono quelli che preferisco, sempre che ce ne siano».
Justin rimase in silenzio per alcuni secondi, il tempo di una breve riflessione. Lui e Brian non erano più una coppia da dieci anni e pensò, con un pizzico di malinconia, che l’ex fidanzato avesse messo una pietra sul passato e sapere della sua storia con Manuel non lo avrebbe turbato.
Egoisticamente aveva sperato che provasse un minimo di gelosia e l’idea di aver formulato un simile pensiero lo fece sorridere, perché per un attimo la mente lo aveva riportato alla sua adolescenza, quando Brian era il suo mondo e avrebbe dato tutto pur di saperlo geloso di lui.
Scacciati i ridicoli pensieri, finalmente iniziò a parlare e le successive ore le usò per raccontare la storia che aveva vissuto con Manuel e, poco per volta, il peso che lo opprimeva scomparve sostituito da una rinnovata serenità.
«Quindi, a letto ci sapeva fare!» esclamò Brian con malizia quando fu certo che il racconto fosse finito.
«Era una bomba», ammise Justin sincero, suscitando la sua replica immediata.
«Era più bravo di me?» chiese Brian arcuando un sopracciglio e il sorriso comparso sul volto di Justin coinvolse anche i suoi occhi spenti.
«Non è ancora nato qualcuno che a letto sia più bravo di te, mister Kinney, e mai nascerà!»
E così, tra una battuta e l’altra, la mattinata volò. Justin sembrava finalmente sereno e Brian poteva tornare a casa, il suo compito era finito.
«Il mio volo parte tra un’ora. Credo sia meglio che vada, non vorrei perderlo».
Guardando l’orologio appeso alla parete, Brian si alzò pronto a lasciare il locale.
«Il lavoro ti aspetta!» annuì Justin vedendolo indossare il cappotto.
«E non solo quello, Splendore», replicò lui con malizia.
Usciti dal bar, Brian chiamò un taxi mentre Justin lo osservava commosso. Aveva affrontato un lungo viaggio solo per trascorrere quella giornata con lui, aiutandolo a superare l’ennesimo ostacolo che la vita aveva posto sul suo cammino e gliene sarebbe stato grato per sempre. E mentre sentimenti mai dimenticati riaffioravano, udì la sua voce e si sforzò di non cadere nel passato.
«Ormai sei un artista famoso. Credo che la tua carriera non ne risentirebbe se decidessi di abbandonare la Grande Mela per tornare a casa. Pittsburgh ha bisogno del suo Raggio di Sole per risplendere».
Ascoltate le parole di Brian, Justin sorrise e con lo sguardo lo seguì mentre si allontanava per raggiungere il taxi. «Ci rivedremo?» chiese speranzoso vedendolo posare la mano sulla maniglia.
«Chi può sapere cosa ci serba il futuro», rispose Brian con un’alzata di spalle e aprì la portiera, ma la voce di Justin gli impedì di salire sull’auto.
«Quando ho detto che amavo Manuel era vero».
Brian si voltò per guardarlo. «Lo so Splendore».
«Ma è anche vero che non potrò mai amare nessuno come ho amato te».
Trascorsero pochi secondi, in cui il tempo parve fermarsi per fare un balzo indietro in un passato lontano in cui tutto sembrava possibile, un passato che non poteva tornare.
Stringendosi nel cappotto per difendersi dal freddo gelido Brian sorrise, il sorriso più bello che Justin avesse mai visto e che avrebbe ricordato per sempre.
«So anche questo, Splendore», ammise tristemente, mentre il suo cuore si spezzava poi, con un ultimo cenno della mano salutò l’unico ragazzo che avesse mai amato, consapevole che non lo avrebbe più rivisto.

*****

La visita di Brian fece capire a Justin quale fosse il suo posto e un mese più tardi lasciò New York per tornare dalle persone che lo amavano e che furono felici di riaccoglierlo in seno alla famiglia.
Ritrovarsi con loro, e frequentare luoghi che da ragazzino erano stati importanti, attenuò il suo dolore offrendogli la possibilità di ricominciare a vivere.
Trascorsero altri tre mesi e il sorriso valsogli il nomignolo di “Splendore” riapparve sul suo volto. Finalmente era sereno perché l’affetto degli amici gli aveva donato la felicità persa.
La sua vita era di nuovo degna di essere vissuta. Solo una cosa mancava, una cosa che, tornando a Pittsburgh, aveva capito di rivolere: l’amore di Brian.
Non avrebbe mai negato il profondo affetto per Manuel, ma dopo aver rivisto Brian, il sentimento che li aveva uniti era tornato prepotente e vivere a Pittsburgh, dove ogni luogo gli ricordava il loro amore, aveva reso tutto più difficile.
Dopo essersi fatto mille esami di coscienza, ammise a se stesso che solo con Brian sarebbe stato veramente felice e decise che lo avrebbe riconquistato.
Come gli aveva detto l’uomo, nessuno poteva conoscere il futuro e se era destino che la loro storia riprendesse, nessuno avrebbe potuto ostacolarla. Ma Brian aveva mentito, perché lui sapeva cosa il futuro gli avrebbe riservato e, una domenica come tante, in cui la famiglia era riunita a casa di Debbie, giunse la notizia che nessuno si aspettava e che avrebbe svelato il destino infame: nel cuore della notte Brian era deceduto, stroncato dalla malattia che sei mesi prima era ricomparsa e così, dopo dieci anni, il gay più desiderato di Pittsburgh avrebbe fatto ritorno nella sua vecchia cittadina, in cui era stato una leggenda, per trascorrervi l’eternità.

*****

Durante le esequie funebri, Justin non disse nulla. Non una parola uscì dalle sue labbra e immobile osservò la bara che lentamente veniva calata nella fossa, mentre due mani invisibili si stringevano attorno al suo cuore per procurargli un dolore terribile. Un dolore straziante che gli impediva persino di respirare.
Osservando la bara sparire, ingoiata dalla profonda buca, le immagini di Brian a New York tornarono per devastargli l’anima.
Già allora l’uomo sapeva della malattia eppure lo aveva raggiunto per stargli accanto, aiutandolo ad affrontare il suo dolore.
Come sempre, il primo pensiero Brian lo aveva rivolto a lui senza curarsi del male che era tornato per portarsi via la sua vita. E lo aveva ascoltato mentre gli parlava di un altro uomo. Lo aveva ascoltato soffrendo in silenzio, perché Brian non aveva mai smesso di amarlo e la prova del suo amore era visibile a tutti.
Toccando l’anello infilato sull’anulare sinistro, Justin pensò a tre giorni prima quando, tra gli effetti personali di Brian, lo aveva trovato. Lo stesso anello che l’uomo aveva acquistato per il loro matrimonio e che aveva conservato a testimonianza di un amore mai morto.
Osservando la bara scendere verso l’abisso, Justin rivide il sorriso che Brian gli aveva rivolto a New York e, disperato, si lasciò cadere sulle ginocchia, annientato dalla consapevolezza che il suo amico, il suo amante, il suo grande amore, non sarebbe più stato al suo fianco.
Non avrebbe più sentito la sua voce irriverente e sensuale, non avrebbe più visto il suo sorriso ironico e sexy, e non avrebbe potuto confessargli che non aveva mai smesso di amarlo, perché quella era la verità. Nonostante si fosse innamorato di Manuel, una parte del suo cuore gli era sempre appartenuta.
Brian era stato il primo. Era stato la sua casa, la sua famiglia, la sua forza e sapere che non lo avrebbe più visto, se non nei suoi sogni, era un dolore troppo grande da sopportare.
Toccando la fede, testimone dell’amore che l’atroce destino aveva di nuovo osteggiato, Justin si portò le mani al volto abbandonandosi a un pianto silenzioso che scivolò nei cuori dei presenti.
E mentre la mano di Emmett si posava tremante sulla sua spalla, seppe che niente e nessuno avrebbe placato la sua sofferenza.
Morendo, Brian aveva portato con sé la sua anima e neppure il tempo avrebbe mai allievato il dolore che sarebbe stato il suo unico compagno per il resto della vita.
E così, in una fredda giornata primaverile, in cui il vento sferzava i volti angosciati dei presenti e il sole era rimasto nascosto dietro una fitta coltre di nubi grigie, finiva un’epoca, che negli anni sarebbe stata ricordata da tutti per la storia d’amore più romantica e più intesa che l’aveva segnata.


Fine







Ps: non odiatemi, ha fatto male pure a me scrivere questa cosa orrenda, ma vi avevo avvertito di non leggere se non foste state pronte a una storia drammatica.
La prossima sarà più allegra, lo prometto…
Un bacio.




Questa storia ha partecipato al contest: “Hurt contest” indetto da Faffina! – classificandosi QUARTA.
Questa storia ha partecipato al contest: “La malinconia, flash contest” indetto da Fanny_rimes – classificandosi TERZA



   
 
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