I wish you could see yourself through my eyes, there’s no need to cling
to unnecessary lies.
(Maria Mena, Internal Dialogue)
“Hika-chan se ne sta chiuso in camera da quando siamo tornati dal
luna park.” comunica un Honey quasi in lacrime al ragazzo appena arrivato, che
già si era preparato al peggio.
La notizia lo lascia perplesso a dir poco; lagnarsi in un angolino
dell’ingiustizia della vita è la scena madre di un altro componente del
Club…forse stava subendo la sua stessa metamorfosi?
Il Lord sarebbe, forse, stato deliziato dalla notizia che i gemelli stavano
diventando come lui, ma a Kaoru la prospettiva non sembrava delle più rosee.
Anzi, il solo pensiero basta a dargli il coraggio per aprire le porte
scorrevoli e confrontarsi con il fratello.
Hikaru, nell’impeto della sua determinazione, evita al gemello la fatica e si
trovano così l’uno di fronte all’altro.
S’osservano a lungo, studiandosi, come due pistoleri di un vecchio film western
che si prendono il tempo per decidere il preciso istante in cui faranno
scivolare le dita sulla curva del grilletto, togliendo all’altro la vita.
Se s’alzasse improvvisamente un vento arido a sferzar loro il viso, sollevando
tanta polvere da nascondere i loro visi, non ci starebbe neanche poi così male.
E’ proprio lui a sparare per primo, attaccando il fratello minore con un “Che
cosa ci fai qui? E prima di potersi fermare prosegue, “Magari ti stai pure
aspettando le mie scuse, eh?!”
Per un soffio Kaoru evita che le parole lo colpiscano più a fondo, e prima di
poter essere gravemente ferito passa al contrattacco con un bacio sulla
guancia, che manda momentaneamente in tilt l’assetto da combattimento
dell’avversario.
“Perdonami, Hikaru.” Gli dice, mentre sa che l’altro sta elaborando la realtà
che anche quello scambiato con Haruhi non era che un semplice bacio sull’angolo
delle labbra. Che con quel gesto gli aveva svelato che era stata tutta una
grande farsa ai suoi danni.
Aggiunge poi “Ho dovuto.” Perché sa che tornerebbe indietro prenderebbe
esattamente le stesse decisioni e l’ipocrisia non si sposa bene con le sue
intenzioni pacificatrici: lui non prova alcun pentimento e non vuole che questo
trasparisca dalle sue scuse.
Sentono tutti, forse persino Pyo-chan e Tanuki, il timer della bomba innescata
da quelle parole in Hikaru, già livido alla sola idea che tutto quello che gli
era stato fatto passare negli ultimi tempi era stato ampiamente e freddamente
pianificato. Non da un concorrente degli Hitachiin, non dal suo acerrimo
nemico: da suo fratello gemello.
“DOVUTO? DOVUTO COSA? CALPESTARMI PER RIDERE ALLE MIE SPALLE?” Boom. “ED IO CHE
HO ANCHE PENSATO CHE FORSE AVEVO FERITO I TUOI SENTIMENTI QUANDO TU…”
“Quando io cosa? Pensi veramente che io sia tanto vile da architettare qualcosa
ai tuoi danni?” Diavolo, questo non
voleva dirlo ad alta voce. Teme la risposta di Hikaru, ma forse lui avrebbe
semplicemente glissato la domanda...
“Io non so più cosa pensare, Kaoru.” La mancata assoluzione sottintendeva un
‘Per quanto ti conosco ora potresti
anche esserne capace.’
Combattendo le lacrime che già gli bruciavano agli angoli degli occhi, tenta di
trovare la giusta cosa da dire per fugare ogni dubbio nella mente di Hikaru,
per riacquistare la sua fiducia. Non c’è, ma può comunque rivelare parte dello
scopo per cui l’ha fatto.
Ferma le mani del gemello prima che afferrino con forza il suo colletto. Prima
le spiegazioni, poi magari potrà anche farsi strozzare. “Senti, ti ho già detto
che mi dispiace. Non ho mai creduto che i tuoi sentimenti per Haruhi non fossero
profondi e sinceri. Eri tu quello che doveva rendersene conto.”
Hikaru, intanto, tenta disperatamente di liberarsi dalla sua presa.
Con quale presunzione aveva dedotto i sentimenti altrui ed aveva agito facendo
quello che lui credeva fosse il loro bene?
Ancora con questa storia del suo presunto amore per Fujioka! Era più
un’indefinita sensazione che provocava il suo imbarazzo ogni qual volta si
trovava vicino alla ragazza. Okay, non essendosi mai innamorato non poteva
escludere niente, e Kaoru poteva anche aver ragione su ciò che sentiva per lei,
ma questo non gli dava il diritto di usarli entrambi.
Almeno poteva smetterla con quest’arrampicata libera degli specchi! Invece no,
non s’accorgeva che non faceva altro che peggiorare la situazione ogni volta
che fiatava.
“Dovevo farmi da parte, far sì che tu facessi tesoro di quest’impeto. Smetti di
dirigerlo contro di me ed usalo per farti avanti con lei. Starla a guardare,
borbottare di quanto ti senti frustrato per il modo di cui parla di Tamaki non
è da te.” Ogni protesta di Hikaru tace
dopo questa affermazione.
Ne vuole comprendere
pienamente il succo, prima di prendersela nuovamente con l’altro, che sta ora
raccogliendo i suoi bagagli con la certezza che lui sarebbe tornato a casa.
E’ confortante che almeno non ci sia stata cattiveria dietro alle sue azioni,
era così confuso che ha quasi temuto che potesse essere il contrario.
Si lascia trascinare, mentre, approfittando della tregua, Kaoru si scusa per il
disagio causato dal loro litigio e ringrazia Mori per l’ospitalità.
Camminano in silenzio verso casa. Avevano fatto portare via le valigie dal loro
autista, ma loro due avevano preferito prendere una boccata d’aria per sbollire
gli animi.
All’inizio era sembrata una buona idea, ma poi qualcuno non era stato in grado
di tenere chiusa la sua boccaccia.
“Non mi aspetto che tu capisca che non è stata certo la cattiveria o la malizia
a spingermi a comportarmi così. Sei libero di pensarla come meglio credi.” Lo
dice con tanta tranquillità, come se fosse un dato di fatto, che Hikaru non può
che ribattere “Oh, troppo gentile, tanta libertà potrebbe uccidermi.” Il
sarcasmo che trasuda in ogni sillaba fa tremare le spalle di Kaoru, ma ciò che
Hikaru prova è solo soddisfazione, un sadico compiacimento nel sapere di
avergli fatto del male.
La chiara mancanza di fiducia nei suoi confronti è peggio di una coltellata
alle spalle. E’…é…é una stilettata al cuore.
Quasi lui pensasse che non ci potesse arrivare. Che non fosse abbastanza
sensibile o addirittura intelligente per comprendere le motivazioni del ragazzo
che con spaventosa impassibilità continuava a tenergli la mano.
“Farà meglio a non ucciderti, perché non è l’unica libertà che avrai da
stasera.” Il tono è scherzoso, come se stessero progettando una nuova,
malefica, burla ai danni di Tamaki. Ha ignorato del tutto l’acidità di Hikaru,
gli era scivolata addosso facilmente.
“Intendo lasciarti la camera tutta per te, io andrò in quella degli ospiti.
Domani avviseremo Kyoya che d’ora in poi le clienti si godranno il piacere
della nostra compagnia separatamente. Sarà un po’ dura convincere lui e il Lord
a lasciarci mollare la nostra recita, ma….Sapremo convincerli con i numeri.” Di
nuovo la sua opinione contava meno di zero.
Tanto è lo sgomento a questa cruda constatazione, che Hikaru neanche ha la
forza di replicare. Lascia che Kaoru continui a descrivere come intende
rivoluzionare la loro vita.
Ciliegina sulla torta delle opinioni non richieste è la sua crudele – seppur
veritiera – analisi delle sue possibilità con Haruhi.
Un’altra bella coltellata. Eh sì, ci voleva. Non può tacere, e lo fa presente a
Kaoru, rosso in volto a parlare dei suoi (sempre supposti) sentimenti per la
plebea dell’Host Club.
Viene liquidato con l’affermazione che proprio perché gli vuole bene deve
dirgli le cose come stanno, ma questo non vuol dire che si debba arrendere e
rinunciare alla prima difficoltà.
In realtà l’unica impresa in cui Hikaru vorrebbe riuscire, ora come ora, è far
entrare in quella testa di legno di suo fratello il concetto che non si può
controllare così ossessivamente né la propria vita né tantomeno quella degli
altri…una causa persa, almeno per quella sera.
Kaoru, d’altra parte, non è così cieco come il gemello pensa al suo disagio.
Solo non intende dargli spazio per convincerlo ad avere ripensamenti, quindi
continua il suo sproloquio fino a casa ed anche durante la cena, seppur le risposte
a monosillabi dell’altro gli fanno dubitare di essere ascoltato.
“Questa sarà l’ultima sera che dormiremo insieme. Meglio non rimandare la fine
di un’epoca…” dichiara con un sorriso tanto falso che si può vedere guizzare
negli occhi di Hikaru l’intenzione di levarglielo con un pugno.
E’ presto per dormire, normalmente avrebbero passato qualche ora a fare la
prova generale della loro prossima interpretazione, a trovare qualche nuovo
metodo per tormentare il Lord e Haruhi o anche solo a giocare con le loro
consolle.
Tutto fuori discussione quando la tensione tra loro si poteva tagliare con un
coltello. Entrambi s’erano infilati immediatamente sotto le coperte, giurando
l’uno all’altro di non essere mai stati così stanchi.
Spente le luci non si dicono più nulla, ma una domanda continua o frullare
nella testa di Hikaru: tutto questo è davvero necessario?
Questa rabbia, frustrazione…dolore…incomprensione…E’ inevitabile?
No, ci dev’essere uno sbaglio un errore. Non erano proprio tutti questi
sentimenti che aveva cercato d’evitare confrontandosi con Kaoru?
Proprio non è possibile scegliere un’altra strada, da percorrere insieme?
Lo dovrò chiedere l’indomani a Kaoru.
Sperando che questa volta lo stesse veramente
ad ascoltare.
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Note: Detesto scrivere al presente, non mi viene naturale per niente. Però ho
deciso di prenderla come una sfida…e spero che la consecutio temporum non sia
andata a farsi benedire. Alla fine ci sono solo le battute cambiate rispetto al
53, non tanto le situazioni. Voglio complicargli un po’ la vita *o*
Pensavo di aver scritto chissà quanto, invece questo capitolo è di nuovo
schifosamente corto, mi spiace…Cercherò di rimediare con i prossimi ;) !