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Autore: Cristie    24/02/2013    2 recensioni
Prendete la serie del Dw e provate a farvi una domanda : cosa sarebbe successo se i Dalek avessero vinto la Guerra del Tempo? Probabilmente l'universo sarebbe stato diverso da quello che conosciamo.
Cambiamo gli eventi, ma la storia è sempre quella : il Dottore, il Tardis nuovi legami e nuove avventure. Un solo obiettivo sconfiggere i Dalek e riportare la pace nelle galassie.
Una nuova storia ancora tutta da scrivere, e spero tanto che vogliate seguirla insieme a me.
Storia sospesa a data da destinarsi.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - 9
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Across The Universe -

 

Capitolo 3.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tutto era cominciato quando il Dottore e V erano sbarcati su Karakum un pianeta desertico di classe M, cioè adatto alla vita, ovvero un posto dove tempeste di sabbia potevano arrivare a soffiare sino a duecento chilometri orari. Una vera goduria se sei costretto a muoverti a piedi.

Il Dottore depose a terra la sua sacca da viaggio, stirando le braccia e prendendo un bel respiro – Finalmente la cara ed amata atmosfera -

L'alieno appariva energico e pimpante come la prima volta che V l'aveva visto, peccato non si potesse dire lo stesso di lei, semplice umana che si stava ancora riprendendo da una ferita e che aveva fatto il viaggio più estremo di tutta la sua vita.

- E adesso che si fa? -

- Aspettiamo. – rispose il Dottore mettendosi placidamente seduto su una roccia – A quest'ora non troveremo nulla, dobbiamo aspettare che si faccia giorno – terminò lui, osservando l'espressione confusa che V stava assumendo.

- Va bene, so che me ne pentirò sicuramente, ma come fa ad essere sera?- chiese allora lei indicando con la mano il cielo assolato, facendo apparire un sorriso benevolo al Dottore.

- Karakum è un pianeta unico nel suo genere, non ha una propria orbita e rimane sospeso sempre nello stesso posto. Infatti solo una parte di questo pianeta è abitata -

V si passò una mano sulla fronte, per scacciarsi un po' di sudore – La metà colpita dal sole, quindi sarebbe notte? Per questo non c'è anima viva in giro? -

- Notte fonda, dobbiamo solo prendere una stanza da qualche parte e attendere il mercato per vedere un po' di folla -

Il Dottore riprese la sua sacca e cominciò a camminare verso una stradina tra due case in mattoni di terracotta. Si potevano vedere pesanti tendaggi scuri davanti alle finestre, per ripararsi dalla luce forse.

V continuò a guardarsi intorno con occhi pieni di curiosità, cercando di imprimersi nella testa più immagini che poteva. - Questo posto è incredibile -

- Ed ancora non hai visto niente, tra qualche ora questa strada sarà così affollata che dovremo farci strada a forza per passare -

- È come se tutto questo non fosse stato toccato dalla tecnologia – disse V toccando la parete rugosa di una casa, sotto lo sguardo de l'alieno.

- Non fidarti troppo di quello che vedi, c'è molta più tecnologia qui, che nella colonia da dove vieni tu -

Quel monito poco più che sussurrato risuonò nella mente della ragazza, resasi conto d'aver abbassato le sue difese nei confronti del suo compagno di viaggio. Infondo che sapeva di lui? Che era un tipo strambo appartenente ad una razza non riconosciuta nel database Dalek. Qualche tempo prima, questo l'avrebbe messa in guardia e probabilmente avrebbe diffidato di lui. Eppure per un qualche strano motivo che non sapeva identificare nemmeno lei, si era ritrovata a chiedergli di continuare il viaggio con lui.

-Non sono in gita di piacere, viaggerò parecchio e potresti trovare un pianeta che faccia al caso tuo - gli aveva risposto lui, con quel suo solito tono non curante, ma V poté percepire a pelle il sollievo del Dottore, in qualche modo sollevato nel non dover fare parte del viaggio da solo.

C'era comunque un grosso problema.

- Ancora non mi hai detto perché siamo qui – chiese V, continuando a guardarsi intorno durante la marcia.

- Devo riprendermi una cosa che avevo lasciato qui tanto tempo fa -

- Mi raccomando non sbottonarti troppo – pensò lei, accorgendosi appena d'averlo detto ad alta voce, e quello fu sufficiente ad oscurare il volto dell'alieno che strinse di più il manico della sua sacca ed affrettò il passo, cominciando a distanziare la ragazza.

Imboccarono l'ennesima via che tagliava in due lo stesso motivo di case, ogni strada cominciava a sembrare l'una uguale a l'altra.

- Hey! Vuoi almeno dire qualcosa? - domandò V spazientita.

Il Dottore fermò la sua avanzata spedita esattamente davanti ad una porta, non tanto differente alle altre che si erano trovati ad oltrepassare percorrendo un tragitto di cui era a conoscenza solo il Dottore.

L'alieno bussò alla porta, due brevi colpi che riecheggiarono, propagandosi tra le mura della casa in un suono profondo.

- È disabitata – si rese conto V, notando le finestre completamente sbarrate.

- Qualcuno verrà ad aprire – rassicurò lui, appena una manciata di minuti e la porta che fino quel momento era chiusa, si aprì.

Era una ragazza ad aver aperto la porta, come ogni karaiana era una rettiloide, con squame che le ricoprivano il corpo color sabbia, che risaltava tra i veli color marrone opaco della sua veste.

- Perché avete bussato a questa porta? - chiese la ragazza in una lingua che V non riuscì a comprendere.

V rimase in silenzio, fu il Dottore a prendere la parola, nello stesso idioma – Qualcuno mi sta aspettando in casa vostra -

A quella affermazione gli occhi della rettiloide si fecero più affilati, e mettendosi a scrutarlo con una strana espressione. Il Dottore invece non aggiunse nulla e rimase fermo sotto esame.

- Non aspettiamo ospiti, vi consiglio di riprovare domattina per cercare i vostri amici - e così come si era aperta la porta si stava richiudendo.

-Dì a Lesthaye che un vecchio amico è venuto a riprendersi ciò che gli ha lasciato tanto tempo fa-

Ed una volta che parlò il Dottore il silenzio calò nuovamente.

Il Dottore guardò la sua compagna di viaggio – V non hai capito una sola parola vero? -

Lei negò con la testa – Non conosco questa lingua -

La ragazza si scosto dalla porta – Seguitemi. - parlando la lingua ufficiale del'Impero Dalek, a quanto pare non erano solo i pianeti assoggetati a conoscerla, ma anche i pianeti ancora indipendenti, si rese conto V. I due varcarono una porta ritrovandosi circondati solo dalle tenebre.

 

 

***

 

E si ritrovarono a scendere scale su scale, illuminati solo dalla tenue luce del cacciavite sonico del Dottore – I rettiloidi non hanno bisogno di luci, possono vedere al buio -

Ragion per cui V si teneva bene stretta al braccio del Dottore. Procedettero in silenzio per un altro paio di minuti, prima che la giovane alzasse una mano fermando il loro cammino.

- La Madre è molto debole, ed a breve il suo respiro si unirà a quello degli antenati. Se sei realmente chi dici di essere, sappi che ti ha aspettato – spiegò la rettiloide facendo loro strada, nel mentre le pareti del corridoio cominciarono a farsi sempre meno nitide, come un'immagine che piano andava sfumando.

- Ologrammi? - chiese una V stupita al Dottore. - Questo sotterraneo non esiste? -

- La mimetizzazione è una forma difensiva di questa razza, le loro tane si sviluppano nel sottosuolo creando dei labirinti, per un intruso sarebbe impossibile trovare un'uscita – spiegò il Dottore pur tuttavia non guardandola, concentrato com'era nell'osservare la grande caverna che stata via via prendendo forma.

Un gruppo di altri rettiloidi, ipotizzò V dato che le davano le spalle rendendo impossibile capire la loro razza, erano seduti a semi cerchio davanti ad un giaciglio. Una delicata melodia proveniva da loro, era bassa come se fosse appena sussurrata – Perché stanno cantando? - domandò la ragazza nello stesso tono bisbigliato, non volendo disturbare il canto.

- Accompagnano gli ultimi istanti della Madre, è malata da molto tempo ma Lei ha sempre tenuto duro. Lo spirito è forte, ma il corpo non lo è allo stesso modo. È alla fine, l'unica cosa che possiamo fare è attendere che si spenga – spiegò la giovane rettiloide, fermandosi nuovamente a pochi metri dal gruppo. - Aspettate qui – e distaccandosi da loro si diresse verso il giaciglio.

- Questo posto non è cambiato -

- A vederti, sembra che siamo passati secoli dalla tua ultima visita qui – disse V osservando l'espressione quasi nostalgica de l'alieno. Espressione che mutò in un breve sogghigno – Se solo sapessi quanto hai ragione ragazzina -

Avrebbe voluto chiedere il perché di quella risposta V, ma non ebbe il tempo.

- Tu – e la rettiloide indicò il Dottore – Avvicinati a Lei -

Il Dottore si distanziò da V, avanzando verso il giaciglio. La ragazza mosse un passo verso di lui, a disagio nel trovarsi da sola circondati da alieni ed al chiuso, senza una possibile via di fuga.

- Fermati, non è te che Lei vuole – la fermò la rettiloide.

- Lei? -

- Lesthaye, la nostra Madre . Lei ed il Dottore hanno molto da dirsi, vieni con me. Prometto di non mangiarti – La battuta riuscì a stemperare la tensione di V, facendole fare uno sbuffo divertito.

- Davvero non mi mangerai? -

- Non mi piace la carne umana -

- Sul serio? - se ne uscì V con un tono che suonava quasi sollevata. Non potendo fare altro che seguire l'altra ragazza.

Il Dottore era rimasto ad osservare la scena con espressione interessata, per poi andare da Lei.

Erano passati anni, anche se era impossibile quantificare il numero esatto. Tutto era diverso allora,

Lesthaye era molto giovane e lui, il Dottore guardava l'universo con occhi pieni di speranza. Convinto che ancora qualcosa potesse essere fatto, quando l'universo era ancora senza Dalek.

Un lieve rumore di macchinari accompagnava i suoi passi. Alcuni di essi erano collegati alla figura distesa sul letto.

- Dottore – bisbiglio con grande fatica la rettiloide. - Pensavo che non ti avrei più rivisto in questa vita, è passato molto tempo -

Il Dottore si inginocchiò al lato del letto, e prendendo una mano tra le sue fece – Sarei dovuto arrivare prima...ma non ho potuto -

- Allora non avevi questo aspetto...c'è qualcosa di oscuro nel tuo sguardo. Che stai combinando Dottore? - chiese Lesthaye in un sospiro più profondo aiutata dalle macchine.

L'alieno si rubbiò - Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. È semplice, è arrivato il momento di muoversi -

- Il Dottore che conoscevo non avrebbe mai parlato di vendetta -

- Sono passati più di cento anni, devo riprenderla non sarei venuto se non fosse necessario -

Lesthaye annuì lentamente – Immagino che non sia necessario mostrarti la strada. -

Il Dottore annuì in risposta – Sono contento d'averti rivisto Lesthaye – si congedò l'alieno.

- La strada che stai percorrendo è pericolosa Dottore, se fallirai moriranno centinaia di vite – disse per l'ultima volta l'anziana con voce sempre più flebile – Non farlo da s...-

Il canto che prima era poco più di un sussurro si alzò in un tono disperato. Lesthaye se n'era andata. Il Dottore si allontanò, permettendo ai rettiloidi di piangere la loro perdita. Dirigendosi verso il corridoio nella mente del Dottore risuonarono le ultime parole di Lesthaye ' Non farlo da solo'.

Si domandò se V sarebbe stata capace di sopportare fino in fondo, una volta saputa la verità.

 

 

 

 

***

 

- Dov'è che stiamo andando esattamente? - chiese V alla rettiloide, Deletha aveva infine scoperto il suo nome, stringendo la presa sulla torcia che aveva in mano.

- Ti sto portando a vedere una storia – rispose questa camminandole di poco avanti, non aveva bisogno di alcuna luce, lei. I suoi occhi potevano vedere al buio.

- Come si può “vedere” una storia? -

- Solo un po' di pazienza e lo scoprirai – e dopo un altro po' di tempo Deletha parlò ancora – Siamo arrivati – il rumore di qualche passo ed ecco che di colpo tutto venne illuminato da una luce soffusa mostrando nuovamente un'altra grande grotta .

La rettiloide la tirò gentilmente per un braccio e la condusse davanti ad una parete pitturata.

- Anni fa, quando ancora la nostra Madre era ancora molto giovane, accadde qualcosa nel cielo – nel mentre aveva appoggiato una mano sulla parete, che raffigurava in maniera alquanto rudimentale un cielo blu scuro, ricoperto di stelle per poi far scorrere la mano su un altro murale che raffigurava lo stesso cielo di prima, ma illuminato di un rosso fuoco.

- Una esplosione – dedusse V.

- Era qualcosa che mai era accaduto al mio popolo, per qualche istante il cielo fu senza stelle, finché il mio popolo non si accorse che qualcosa stata precipitando verso di loro – durante la narrazione le due si erano ancora spostate, verso la parete raffigurante la superficie di un pianeta dove un qualcosa avvolto dalle fiamme si stava schiantando al suolo.

- Che successe poi? -

- La stella, era questo quello che pensavano che fosse i miei antenati, impattò su una zona desertica lontano dalle nostre tane sotterranee. Bruciò per quasi un giorno intero. Poi le fiamme si estinsero ed alcuni rettiloidi più coraggiosi si avvicinarono al cratere. C'era un uomo che stava venendo loro incontro, fece qualche passo e svenne davanti ai loro occhi impauriti. Lo portarono qui, ma non avevano molte speranze per aiutarlo. Dormì per tre giorni. Quando riprese conoscenza la prima cosa che chiese fu delle condizioni della sua nave. Nessuno l'aveva toccata per paura che potesse in qualche modo esplodere. Ma così non fu Lesthaye che a quel tempo aveva poco più giovane di me, si occupò di lui, portava tanti segreti con se. Così tanti che quelli che condivise con Lesthaye furono sufficienti a metterla nella successione della Madre che stava per andarsene . Lui rimase con noi per un altro mese, e poi sparì facendoci promettere che la cabina sarebbe stata al sicuro e mai toccata -

- Quale cabina ?- V era ancora intenta a cercare qualche nuova pittura.

- Quella cabina blu – indicò Deletha mostrandole, ciò che penombra della grotta nascondeva.

Era una cabina blu, questo risuonò nella testa della ragazza con le parole della giovane rettiloide. V lo guardava rapita, era sicuramente l'oggetto più strano che avesse mai visto. Non sembrava nulla di speciale se ne stava lì a prendere polvere. Ma V non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.

- Tutto bene V? - la rettiloide sembrava allarmata nel vedere lo strano comportamento de l'umana, che aveva cominciato a girare intorno alla cabina.

- Posso toccarla? – V stava stringendo sempre di più i giri, calamitata sempre più verso la cabina.

Non si diede il tempo di sentire la risposta alla sua domanda, ormai arrivata in prossimità della cabina, allungò la mano destra verso la porta della cabina.

Solo un semplice tocco.

Tum-tum...tum-tum.

V ritrasse la mano sconcertata, sotto gli occhi di Deletha -Lo hai sentito vero? È viva-

- Viva?-

Deletha aprì la bocca per rispondere, ma vedendo il Dottore che stava arrivando la richiuse di nuovo.

- Ecco dov'eri! Allora che ne pensi? - il Dottore si avvicinò alla cabina.- È bello rivederti amica mia – ed aprendo le porte della cabina entrò.

V rimase interdetta a godersi la scena, qualche secondo e le porte si aprirono. - Beh? Vuoi entrare o no? -

- Entrare? Non c'è posto per due persone lì dentro – alle parole della ragazza, il Dottore alzò gli occhi spazientito, uscì fuori dalla cabina. Caminando con le sue falcate nervose davanti a lei.

- Ti fidi di me V, solo per una volta? - ancora una volta, l'alieno l'aveva inchiodata con quei suoi occhi azzurri, per V era impossibile negargli una risposta.

Era di nuovo di fronte a l'ennesimo bivio, l'ennesimo di una lunga serie, se avesse continuato a viaggiare con il Dottore.

Ancora una scelta. - Si – risposa la ragazza, prendendogli la mano e farsi trascinare nella cabina.

Salutarono Deletha, che tanto avevano fatto per loro ed entrarono nella cabina blu.

 

***

 

 

 

V di cose ne aveva capite tante, era brava a memorizzare ed a capire codici e nuove tecnologie.

Aveva ingoiato l'esclamazione che di si era bloccata in gola, quando entrando in quella cabina aveva notato che l'interno era molto più grande del'esteno. Aveva osservato il Dottore saltellare contento intorno alla console del Tardis, che non solo era una nave spaziale. Ma aveva la particolarità di viaggiare nel tempo, V gli aveva chiesto se potevano fare un viaggio, per vedere se veramente esisteva una macchina che potesse fare una cosa del genere.

- I circuiti temporali devono essere ricaricati, non è ancora possibile. Per quello dobbiamo fare prima una sosta.L'energia è al massimo, possiamo muoverci. Quindi allacciati alla cintura, si parte! - suggerì il Dottore comincindo ad armeggiare con li tasti della console, il tutto condito da varie esclamazioni del tutto prive di senso per V, della serie ' È bello viaggiare di nuovo con te, amica mia ' che la ragazza non seppe a chi quello strampalato, si stesse riferendo. Quella nave comunque aveva poco di sicuro.

Il problema era che non esistevano delle cinture di sicurezza, così con un rombo ed una serie di potenti scosse, V si ritrovò inchiodata a terra, con la schiena dolorante a causa della caduta.

- Te l'avevo detto di metterti la cintura! -

- Lo avrei fatto più che volentieri, se il tuo Tardis avesse una qualche minima misura di sicurezza!- sbraitò V al limite dell'isteria, cominciava seriamente a pentirsi di aver lasciato la sua tranquilla ed illegale attività di hacker sulla colonia mineraria.

Al Dottore sfuggì una risata liberatoria, alla reazione esagetata della ragazza. Alzò ed abbassò un altro paio di manopole davanti a lui e la nave smise di tremare. - Eccoci qua. Spazio aperto, avanti guarda -

V si rimise in piedi cauta, pronta ad arregersi a qualunque cosa nel caso le scosse fossero ricominciate, e voltò lo sguardo sullo schermo davanti a lei. Lo spazio le si presentava in tutta la sua vastità e tranquillità.

- Vedi? Tutto tranquillo, non è fantastico? - furono le sue ultime parole, prima che il Tardis cominciasse a precipitare.

- Che sta succedendo? -

- Un buco nero, stiamo precipitando al suo interno. - il Dottore non stava facendo una piega.

- Puoi spiegarmi come abbiamo fatto a cacciarci in questa situazione? - Urlò V mentre si teneva ben stretta alla console di pilotaggio. Non si poteva dire lo stesso per il Dottore che cercava invano di riavviare la nave,il Tardis come lui la chiamava, solo che da ormai due minuti non c'era stato alcun segno di accensione.

- I motori sembrano essersi spenti. Non capisco, c'è qualcosa che mi sfugge. Mi sono dimenticato di qualcosa di veramente importante.Solo che non ricordo cosa! - Gli confidò l'alieno dopo l'ennesimo sballottamento, non cambiando tuttavia il suo tono tra il non curante e l'irriverente, che V si era accorta da qualche minuto a quella parte di non riuscire a sopportare.

- Vuoi restare concentrato? È o non è la tua nave? -

- Mia cara V, credo che tu abbia un qualche problema nell'incanalare l'attenzione su cose importanti, i Tardis venivano allevati dal mio popolo. Non erano navi per uso esclusivo, ma per tutti, per questo chiunque di noi era capace di pilotarne uno. Quindi non ne ho mai posseduto uno -

E mentre il Dottore continuava a parlare, un altra scossa li fece stramazzare entrambi a terra.

- Avevi detto che l'energia era a posto! - urlò lei, piantata ancora al pavimento.

- Lo è!- rispose lui allo stesso tono, cercando di tenersi a qualcosa in attesa della prossima scossa.

Qualcosa non era andata come previsto. Il Tardis su cui stavano viaggiando, anzi precipitando, non era una nave di costruzione recente, di questo doveva prenderne atto eppure sembrava che non ci fosse nulla di strano. Erano riusciti ad immettere nella nave energia sufficiente per mettersi in viaggio.

Perché allora il piano non era andato come lui aveva sapientemente previsto? Fortuna che c'era V a dargli un aggiornamento dettagliato della situazione.

- Come accidenti ho potuto darti retta? “Avanti V vieni con me e ti farò vedere l'universo” - scimmiottò lei, ricordando la proposta che lui gli aveva fatto appena aveva aperto gli occhi, dopo la fuga dalla colonia.

- Se solo mi lasciassi il tempo per riflettere, riuscirei a capire cosa non va! - tuonò lui, riuscendo per qualche istante ad ottenere un po' di pace.

-Stiamo precipitando! -

- Pensa, avanti! Cos'è che non va?- si disse il Dottore riguardando per ennesima volta la console in cerca di una risposta.

Poi la folgorazione, era un piccolo tastino color viola melanzana, così piccolo eppure così importante. Si mosse di puro istinto, pigiò il bottone, il Tardis si riattivo i motori ricominciarono finalmente a funzionare, nel giro di qualche secondo furono nello spazio aperto, ben lontani dal buco nero.

Entrambi si guardarono con cautela, rendendosi conto che il pericolo era ormai scampato.

- Visto? Siamo salvi ora – esultò il Dottore arrestando ancora il Tardis.

- Già questa volta – borbottò V prendendo un lungo respiro, cercando di rallentare i battiti del suo cuore che minacciava di uscirle dal petto.

Tutto andava per il meglio, il Tardis si era ormai stabilizzato anche se una rotta non era ancora stata tracciata.

V si sedette accanto al Dottore vicino alla console – Questo sì che è strano. Non ci stiamo muovendo... -

 

 

“Qui è Vala MalDoran, sono il capitano della Omnis. Tirate fuori tutti i vostri averi, state per essere abbordati!”

 

- Abbordati? Una nave pirata? - fu l'ultima cosa che disse il Dottore prima di svenire.

 

 

 

 

Bene! Eccoci qua, con un ritardo impressionante! XD

Dunque dunque, la truppa è finalmente al completo ora che il Tardis è stato recuperato, però il Dottore e V non hanno un attimo di pace, ora ci si mettono pure i pirati.

Che succederà?

Per saperlo dovrete solamente aspettare il prossimo capitolo.

Come sempre vi lascio il il link della pagina facebook: https://www.facebook.com/CristieEfp?ref=hl

 

E della nuova raccolta Sterek su Teen Wolf.


The story of us.

13/05/2013 Avviso

Non pensavo che sarebbe successo proprio a me, fatto sta che è accaduto.
Sono in pieno blocco produttivo, non riesco ad andare avanti e quello che scrivo non mi piace neanche un po', sono passati tre mesi e sono riuscita a scrivere giusto un paio di pagine. Non era quello che avevo in mente per questa storia a l'inizio e di certo voi lettori che seguite questa storie non meritate questo trattamento. Ragion per cui mi ritrovo a dover lasciare incompiuta questa storia.
Mi dispiace, queste poche righe non bastano per esprimere il mio rammarico. Vi prometto che riprenderò quando l'ispirazione sarà tornata ed avrò capitoli sufficienti per aggiornare.
Grazie ancora per la pazienza che avete dimostrato.
A presto, Cristie.
   
 
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