Castle
chiuse la portiera della macchina nell’istante in cui il primo raggio di sole,
di quella che si prospettava una vigilia di Natale coi fiocchi, illuminò i
grattacieli di New York.
Aveva
avuto una nottata decisamente difficile: dopo aver parlato con Alexis al
telefono, la fitta nevicata montana si era arrestata e questo aveva scatenato
idee malsane nella testa della sua compagna. Col piglio autoritario del
detective Beckett dei tempi migliori, gli aveva intimato di prendere il badile
in mano e di aiutarla a liberare sia la macchina sia la strada dalla neve.
Visto
che il tempo si stava dimostrando clemente perché non approfittarne?
A
nulla erano valsi i suoi tentativi di farla ragionare, ma in fondo se lo aspettava.
Quando mai era riuscito a farle cambiare idea se si metteva in testa qualcosa?
Così
si era ritrovato immerso nella neve fino quasi alle ginocchia con quell’arnese
in mano che non sapeva minimamente utilizzare. Lui era uno scrittore di best
seller, mica un operaio del comune! Se nevicava si limitava a vestirsi per bene
per non prendere freddo ed a non utilizzare la Ferrari ed accontentarsi della
metro. Aveva tentato un’ultima supplica sfoderando gli occhi da cucciolo:
“Kate, tesoro, se continuiamo così ci ammaleremo e ti immagini che seccatura
sarebbe passare il giorno di Natale a letto? Sarebbe un’enorme tragedia e chi
lo spiegherebbe a Joy?”, ma lo sguardo inceneritore della sua compagna non
ammetteva replica.
Così
aveva spalato, spalato e ancora spalato finchè la macchina non aveva raggiunto
la strada principale. Avevano viaggiato tutta la notte muovendosi a passo
d’uomo, bagnati ed infreddoliti, ma, dopo mille peripezie, erano riusciti ad
arrivare alla meta. La città che non dorme mai non gli era mai parsa così bella
e, mentre le porte dell’ascensore del loro palazzo si chiudevano, giurò a se
stesso che avrebbe rimesso i piedi in quella baita solo durante il periodo
estivo! Errare è umano, perseverare sarebbe stato un errore imperdonabile.
Si
voltò per guardare la sua giovane compagna e vide anche sul suo bel viso i
segni della stanchezza per la lunga nottata appena trascorsa, ma il suo istinto
materno aveva avuto la meglio su tutto. Era riuscito a convincerla a nascondere
i regali prima di salire, ma non era stato molto semplice.
Quando
aprirono la porta del loro loft, dopo aver disinserito l’allarme, entrarono in
salotto cercando di non fare troppo rumore.
“Dormono
ancora” sussurrò Kate.
“Vorrei
ben vedere tesoro, sono le cinque del mattino. Cosa pensavi stessero facendo?
Dai andiamo in camera nostra e cerchiamo di riposare anche noi qualche ora. Ce
lo meritiamo, credo” disse Rick cingendo la vita della donna, mentre lei gli
regalò un debole sorriso.
“Ok..”.
Varcarono
l’entrata della stanza e Rick stava per accendere la luce, quando Kate lo
bloccò afferrandolo per un polso: “Tesoro no! Non accendere nulla!”.
“E
perché mai non dovrei farlo? Non pretenderai mica che…”.
“SSSShhh!
Guarda..” disse Kate indicandogli il letto.
Alexis
e Joy dormivano ancora abbracciate. Il piccolo visino della bimba spuntava da
sotto le coperte appena appena e una manina era appoggiata contro il petto
della sorella maggiore e sembrava molto serena. Per fortuna erano addormentate
molto profondamente e non si erano accorte del loro arrivo.
“Ho
due figlie bellissime non trovi?” sussurrò Rick estasiato a quella visione.
“Sì
tesoro, sono la nostra famiglia. E hai ragione, niente è più bello della
propria famiglia!”.
Rick
le strinse una mano ed uscirono insieme dalla stanza.
“E
noi dove dormiamo adesso?” chiese l’uomo improvvisamente preoccupato.
“Credo
che, se escludiamo il lettino di Joy, l’opzione possibile sia una sola”.
“Il
letto di Alexis?” chiese Castle.
“Ok,
allora le opzioni sono due, ma non riusciremo mai a stare entrambi nel letto di
tua figlia, quindi uno dei due dovrà accontentarsi del divano e so già a chi
toccherà..” sentenziò Kate un po’ delusa.
Rick
ascoltando la parola divano impallidì: divano era sinonimo di mal di schiena,
dolore muscolare per una settimana e cattivo umore il mattino seguente.
La
decisione, però, non fu molto difficile da prendere: non avrebbe dormito
lontano da Kate, solo Joy aveva l’autorità di scalzarlo dal suo posto accanto a
lei.
Da
quando era uscita dal coma si separava il meno possibile da lei,
quell’esperienza lo aveva segnato e voleva “godersela” ogni istante. Del mal di
schiena in fondo gli importava ben poco.
Quindi
se divano doveva essere, divano sarebbe stato.
La
raggiunse, mentre Kate era intenta a togliersi le scarpe e sistemò i cuscini in
modo da poter trovare una posizione semi comoda.
“Che
stai facendo?” gli domandò la donna.
“Dormo
con te, mi sembra chiaro- disse Rick coricandosi ed aprendo le braccia- avanti,
mettiti giù. Questa sera diverrò il tuo cuscino personale”.
Kate
sorrise: “Staremo scomodissimi qui. Dai, non preoccuparti, vai nel letto di
Alexis. Starai sicuramente più comodo”.
Rick
non le rispose, ma le afferrò un braccio e la tirò verso di sé facendole
perdere l’equilibrio, così Kate cadde rovinosamente su di lui: “Tira su la
coperta, incomincio ad avere freddo!”.
La
giovane donna si girò per poterlo guardarlo in viso, gli regalò una lieve
carezza e si accoccolò nell’incavo della sua spalla. Così, ben presto, Morfeo
compì il suo lavoro in maniera egregia, catapultandoli entrambi nel mondo dei
sogni.
Un
tenero calore su una guancia destò Alexis dal suo sogno, riportandola un poco
alla realtà. La giovane ragazza dovette però faticare non poco per riuscire ad
aprire gli occhi. Era ancora molto stanca e avrebbe desiderato dormire un altro
po’.
Mentre
stava per ritornare nell’oblio, sentì nuovamente quel tocco leggero sulla sua
pelle e scostò di poco la testa per rendersi conto di cosa stesse veramente
accadendo.
Quando
i suoi occhi riuscirono a focalizzare l’immagine, vide davanti a lei lo
splendido sorriso della piccola Joy.
“Ciao
Lexie! È mattina.. ciai, non liuscivo a velliatti, dolmivi ploplio bene. Ma
mammina ha lagione, i bacini funzionano semple!”.
Alexis
si mise a sedere e la bimba le si buttò nelle braccia: “Beh Joy, è il risveglio
migliore che io abbia mai avuto. Erano bacini tenerissimi, grazie piccola”.
“Di
nente. Tutti hanno dilitto alla ploplia lacione di coccole. Ola tocca a me”
sentenziò la piccola stringendosi ancor di più ad Alexis.
La
giovane rampolla Castle scherzò: “Come tocca a te? E io che pensavo di avere
l’esclusiva per oggi. Vorrà dire che farò un’eccezione e mi sacrificherò”.
Coricò di forza la sorellina sul letto a pancia in su ed incominciò a
tempestarla di baci, facendole a tratti il solletico sulle gambine.
Joy
rideva come una matta e si contorceva nel tentativo di “sottrarsi” alla
sorella, ma quel gioco le piaceva da morire. Ad Alexis nacque un’improvvisa
gioia nel cuore nell’ascoltare quel dolce suono.
Ad
un tratto si fermò e la guardò come se fosse la prima volta. Joy le stava
ancora sorridendo ed aspettava il secondo round di coccole. Alexis si rese
conto di provare qualcosa di veramente importante per lei. Quello strano
sentimento doveva essere la complicità tra sorelle, il legame intrinseco tra di
loro o, ancor più semplicemente, quello era bene. Una forma d’amore diversa
dalla classica passione tra innamorati, ma non meno importante.
Sorrise
serenamente come poche volte in quegli ultimi due anni e la prese in braccio dandole
un bacino su una guancia: “Sai che ti voglio davvero bene piccola monellina?”.
Joy
incurvò un poco la testa: “Lo ciò benissimissimo cosa cledi? Io ciono moolto
fulba! E poi non pocciamo non vollelci bene! Siamo ciolelline!”.
Alexis
la baciò di nuovo: “E’ vero siamo sorelline! E quindi cosa fanno due sorelle a
quest’ora del mattino dopo le coccole?”.
Il
pancino di Joy mugugnò: “Fanno colacione! Velo?”.
“Esattamente!
Latte piccola?”.
“Ciiiii!”
urlò felice la piccola Joy.
Alexis
scese dal letto e posò a terra la sorellina ed insieme si diressero verso la
cucina. La piccolina si mise a correre, sempre brandendo per mano la sua
adorata bambolina. Era felice e serena.
La
giovane ragazza sorrise a quella visione, quella piccolina l’aveva
definitivamente conquistata.
Joy,
però, si fermò di colpo, mentre imboccava l’ingresso del salotto. Restò
immobile per alcuni secondi come paralizzata, poi si mise a saltellare ancora
più forte di prima urlando: “Mammina! Papino!”.
Alexis
si affrettò a raggiungerla e la vide lanciarsi a peso morto contro il divano
dove, effettivamente, suo padre e Kate stavano dormendo. I due furono investiti
in pieno da quell’uragano d’amore, ma, nonostante la sorpresa, Kate ebbe il
riflesso di stringere sua figlia prima che tutti e tre cadessero dal divano.
Joy
si strinse forte al collo della sua mamma: “Sei tolnata mammina. Mi sei mancata
tantissimissimo- poi si voltò per guardare sua sorella- ma Lexie è stata
bravissima!”.
Kate
le accarezzò le guanciotte: “Non ne ho mai avuto il minimo dubbio piccola mia.
E sì, anche tu mi sei mancata! Posso darti lo stesso il bacino del buongiorno,
anche se oggi sei stata tu a svegliare me?”
“Ma
celto mammina, lo vollio” e si girò in maniera da poterlo ricevere.
Nel
medesimo istante sotto di loro provenì una specie di suono soffocato, quasi un
lamento: “Questa scena è davvero commovente, lo ammetto, ma, donne della mia
vita, mi fareste il piacere d’alzarvi dalle mie stanche membra? Mi state
massacrando.. E poi lo vorrei anch’io un bacio. Chi sono? La pecora nera della
famiglia?”.
Joy
si affacciò dalla spalle della madre e guardò in direzione della voce: “Papino!
Cogia fai là sotto? Celto che ti do un bacino!” e, con la grazia tipica dei
bambini, abbandonò l’abbraccio della madre per buttarsi a peso morto contro il
viso di Rick che riuscì a “pararla” in tempo prima di riscontrare ulteriori
danni.
“Tesoro
piano! Papà non scappa mica!”
“Ma
io ciono tata ben un giolno senza te! Dobbamo lecupelale! Giocamo?”.
Rick
scoppiò a ridere: “E me lo chiedi? Non vedevo l’ora!!”
Kate
nel frattempo si era rialzata, si era avvicinata ad Alexis ed osservava la
scena con fare divertito: “Ok, mentre voi due recuperate il tempo perso, io
preparerò un po’ di colazione. Necessito di caffeina, o questa sarà una
giornata davvero difficile..”.
Alexis
le fece eco: “Concordo! Posso darti una mano? Ho bisogno anch’io di qualcosa da
mettere sotto i denti”.
Kate
si voltò e le sorrise: “Certo, se ti fa piacere” e sparirono entrambe dietro al
balcone della cucina.
Le
due donne si misero all’opera dapprima in silenzio, poi Alexis si avvicinò alla
compagna del padre intenta a infilare i biscottini nel biberon della figlia,
sistemandosi così vicino a lei quasi da toccarla. Non sapeva bene come
intavolare il discorso, ma, nonostante le mille frasi che aveva preparato nella
sua testa in precedenza, l’unica parola che riuscì a pronunciare fu: “Grazie”.
Kate
si fermò e posò il suo sguardo su di lei. In quel preciso momento Alexis
comprese cosa intendesse suo padre quando raccontava quanto gli occhi di Kate
fossero magnetici. Non lo aveva mai preso seriamente, ma ora doveva ammettere
di essersi sbagliata. Il suo sguardo era davvero magnetico e rassicurante,
lasciava trasparire le sue emozioni senza velarle, in maniera totalmente
sincera. Ora sapeva da chi Joy avesse preso. Per sua fortuna negli occhi di
Kate in quel momento si poteva vedere solo gioia, anche se mitigata da una
lieve stanchezza.
La
voce della giovane donna la distolse dai suoi pensieri: “Grazie di che? Sono io
che dovrei farlo, ti abbiamo costretta a fare la baby sitter a tempo pieno!
Poteva sembrare che ti avessero dato gli arresti domiciliari!”.
Alexis
rise: “Non poteva augurarmi condanna migliore. Joy è davvero una nanerottola
speciale.. E ti prego Kate accetta i miei ringraziamenti. Hai capito che stavo
attraversando un momento particolare e mi hai aiutato. Hai fatto in modo di
farmi sentire di nuovo a casa.. Non ho scusanti per come mi sono comportata in
questi ultimi mesi, ma non so nemmeno io cosa mi stesse accadendo..”.
Kate
le posò un dito sulle labbra per zittirla e continuò per lei: “Non voglio
sentirti parlare in questo modo Alexis, non devi sentirti in colpa di nulla.
Nella vita spesso ci si sente “nel posto sbagliato nel momento sbagliato” e ci
si sente inadeguati. A volte ci chiudiamo in noi stessi, in un luogo dove si
crede di star bene e dove niente e nessuno può ferirci, ma, a lungo andare, si
capisce che si sta commettendo un errore. Si vorrebbe tornare indietro, ma la
strada è spesso più tortuosa di prima. Ci si sente in colpa e di conseguenza
anche molto soli. Si ha bisogno di un piccolo aiuto e nel tuo caso è stata
Joy...”.
“Tu
hai deciso di affidarmi tua figlia anche se io ti avevo fatto capire
chiaramente quanto la vedessi come una nemica. Non ho ancora capito bene il
perché. Non credo sia solo per il fatto di farci riavvicinare..”.
“Sei
proprio figlia di tuo padre, non ti si può nascondere nulla- disse Kate
appoggiandosi contro il balcone e dando la schiena alla sala dove i due bambini
della famiglia Castle continuavano a giocare sul tappeto- Non ti ho lasciato
sola con mia figlia per caso. Non credo di averti mai raccontato la prima volta
che ho conosciuto Joy, in coma intendo..”.
Alexis
scrollò la testa, non avevano mai affrontato l’argomento.
Kate
continuò: “Avevo incontrato mia madre, ed ero felice, ma nello stesso tempo
sentivo in maniera viscerale la mancanza di tuo padre. Credevo di averlo perso,
di non poter mai più ritrovare quella breve felicità che ci eravamo costruiti
da così poco. Avevo passeggiato a vuoto per un po’ e poi mi ero seduta su
un’altalena in un parco. Mi sentivo sola e triste, quando una bimbetta dagli
occhi azzurri e la lingua tagliente ha posato le sue manine sulle mie ginocchia
e mi ha convinto a giocare con lei. La sua risata e la sua spontaneità mi hanno
rallegrato e mi hanno trasmesso una strana tranquillità, tutto sarebbe finito
per il meglio. Io non potevo ancora saperlo, non l’avevo riconosciuta sai?, ma
era proprio lei la mia speranza, la mia gioia. Ha avuto il merito di cambiarmi,
d’aiutarmi. Per questo io la considero speciale e non solo perché è mia figlia.
Lei ha la straordinaria capacità d’amare e di farsi amare e ho pensato che, se
era riuscita a compiere un miracolo con me, forse ci sarebbe riuscita anche con
te..”
Alexis
rise: “Una specie di Miracolo di Natale al 595 di Broome Street?”.
“Ok
non è esattamente un ragionamento da premio Nobel, ma..”
“E’
estremamente dolce Kate. È davvero bellissimo. Ti ringrazio d’averlo condiviso
con me, mi hai fatto davvero sentire a casa come nessun altro, tranne mio
padre” e d’istinto l’abbracciò.
Kate
la strinse, felice del gesto della ragazza: “Non sei mia figlia di sangue
Alexis, ma non riesco a considerarti meno importante di Joy. Tu fai parte di
questa famiglia, non dimenticarlo mai. Noi per te ci saremo sempre e qualunque
problema tu abbia, se ne volessi parlare, io sono qui”.
Alexis
non abbandonò quell’abbraccio caloroso, ma non riuscì a risponderle nulla. Si
voleva solo godere il calore di quella donna che stava diventando come una
seconda mamma per lei.
Si
sentì tirare per i pantaloni e una vocetta dire: “Cusate, vollio venile in
blaccio anch’io! Chi mi plende?”.
Alexis,
lasciata Kate, si accucciò e allungò le braccia verso la sorellina che le saltò
in braccio: “Io! Posso?”.
“Ciiiii!!
Tanto che mammina finice di plepalale andamo a giocale con la bambolina? Vole
te cennò non mangia!”.
“Non
sia mai! Una bella bambolina come lei non può digiunare. Andiamo a preparare il
the con le tue tazzine?” e sparirono nella cameretta della bambina lasciando
Kate e Rick soli in cucina.
L’uomo
si avvicinò alla compagna e le strinse una spalla: “Vederti abbracciata in quel
modo a mia figlia mi ha fatto commuovere sai? Eravate bellissime. Cosa hai
detto ad Alexis per farla reagire in quel modo?”.
Kate
sorrise: “Semplicemente la verità, cioè che le vogliamo bene”.
“Sei
una donna meravigliosa lo sai? Questo è il regalo più bello che tu potessi
farmi per Natale…”.
“Anche
se ti ho fatto spalare?”.
“Quello
purtroppo è il tuo lato materno e ormai ho imparato a conviverci. Ma ti amo
anche per questo!” e la baciò di soppiatto, ma non riuscì nel suo intento
perché furono beccati in pieno dalle loro figlie.
“Papino,
pelchè dai bacino a mammina?” chiese Joy un po’ gelosa.
“Come
perché Joy? Papà ama la tua mamma. Non c’è niente di più bello al mondo, no?
Dobbiamo essere felici!” le rispose Alexis.
“Mi
cià che hai lagione! Cì, sono felice! Pelò mangiamo? Ho ploplio tanto famina
ola..”.
Kate
raccolse il biberon dal lavandino e prese sua figlia dalle braccia delle
sorella ed andò a sedersi a tavola. Rick si avvicinò ad Alexis e le sussurrò:
“Sono molto fiero di te lo sai? Sarai un’ottima sorella maggiore. Joy è molto
fortunata”.
Alexis
donò al padre un enorme sorriso: “Ti voglio bene papà” ed andò a raggiungere le
altre donne di casa Castle per la colazione.
Castle,
invece, si fermò ad osservarle ancora per alcuni minuti. Erano davvero una
bella famiglia, finalmente unita e senza più ombre.
Era
stato fortunato, la vita gli aveva sorriso molte volte: era ricco, era famoso
ed era un bell’uomo, ma avrebbe barattato tutto pur d’aver la certezza che
quella scena così normale si ripetesse all’infinito. Avrebbe congelato il tempo
se solo avesse potuto.
“Hei
tesoro non vieni? Non hai fame?” lo chiamò Kate.
“Certo tesoro, vengo subito!” disse sorridendo, sapendo con certezza che quello sarebbe stato un Natale davvero stupendo.
Angolo mio!
Anche questa è finita finalmente! Se aspettavo ancora un po' veniva Pasqua per davvero. Spero vi sia piaciuta! Mi sa che per un po' non vi stresso più, sempre se l'iapirazione non mi coglie all'improvviso..
Grazie a tutte!