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Autore: Calamity_Shadow    28/02/2013    2 recensioni
Marte è stata trovata in una radura e adottata dagli Assassini di Roma.
E' cresciuta sbirciando le lezioni delle reclute, saltando sui tetti della città eterna e scappando dalle guardie inferocite dopo l'ennesima marachella. Testarda come pochi, incurante delle regole e tremendamente orgogliosa, solo grazie alla sua furbizia, condita da due temibili occhi da incantatrice, Marte ha evitato il peggio in passato...
Un certo Auditore si ritroverà a Roma e, su decisione del gran consiglio, i due si ritroveranno a dover collaborare. I fantasmi del passato di Ezio lo tormentano ma con Marte sempre intorno è facile distrarsi e perdere di vista l'obbiettivo...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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<< NOVA LUX >>

 

Mi piace stare in armeria.

Tyler, il responsabile, mi lascia restare per tutto il tempo che voglio e non fa storie sul coprifuoco. Secondo lui, per il carattere che mi ritrovo, l’Abstergo dovrebbe ritenersi fortunato ad avere ancora un tetto sopra la testa…

Ogni tanto penso a cosa mai possano aver scritto nel mio fascicolo: tutte quelle occhiate incuriosite che scattano in automatico quando mi muovo non sono esattamente il massimo.

La mia vita prima dell’Abstergo deve aver occupato almeno la metà del mio dossier… Forse è proprio quella la parte interessante.

A scuola me la cavavo abbastanza bene.

Se mai un giorno avessi deciso di frequentare un college non avrei dovuto sborsare un centesimo: negli anni avevo accumulato più candidature per varie borse di studio, quasi tutte in ambiti differenti.

I miei genitori erano orgogliosi della loro bimba prodigio. Questa rosea situazione non era destinata a durare ancora.

Mia madre morì in un incidente d’auto il 12 gennaio del 2008 e mio padre diventò un alcolizzato. Prese il vizio di sparire per ore e, quando tornava, mi usava come un sacco da box.

Il motivo?

Gli dava fastidio vedere il volto di mamma su qualcuno che non fosse lei. Altro momento “clue” della mia esistenza: il licenziamento del vecchio.

I debiti si accumularono in fretta.

Fui costretta a trovarmi un lavoro e a vedere la macchina.

Dovetti abbandonare anche l’ultima cosa che mi aveva tenuto a galla sino a quel momento: la scuola.

La nostra vicina di casa tentò di aiutarmi in ogni modo.

Mi spiegò cosa vendere e m’insegnò, per filo e per segno, i segreti della programmazione informatica… Con quello, un paio d’anni dopo, riuscii a trovarmi un lavoro degno di questo nome.

Imparai a gestire i conti in banca dei miei.

Scoprii che mio padre era riuscito a sputtanare i risparmi di una vita in alcool e scommesse nel giro di tre mesi.

Avevo fallito, nonostante tutto quello che avevo fatto fino a quel momento, eravamo in banca rotta.

Il 7 marzo del 2008, alle 11:13 del mattino, la polizia aveva trovato il cadavere di mio padre in un vicolo sulla quattordicesima.

Ero ufficialmente orfana.

Mi spedirono da alcuni zii che non avevo mai sentito nominare.

Loro vendettero la casa e la mia macchina: di quei soldi non vidi mai un centesimo. Dopo altri tre mesi decisi di scappare, mi sentivo Harry Potter intrappolato a casa dei Dursley.

Vendetti la roba di valore per pagarmi il viaggio.

Non mi dispiacque: quel casino era soltanto colpa sua.

Mi spostai da una parte all’altra del paese in cerca di un lavoro e, finalmente arrivata a Los Angeles, trovai un lavoro come barista.

Per qualche mese andò bene poi l’affitto aumentò.

Fui costretta a vendere i gioielli di mamma… Di lei mi è rimasto soltanto un vecchio ciondolo da cui non mi separo mai.

Non nego di essere finita a fare la spogliarellista.

Per Marte sarà anche stato un hobby occasionale ma per me era diventato un lavoro. La paga era ottima ma quell’ambiente, se preso nel modo sbagliato, ti rovina. Come se non bastasse, un paio di ragazze che lavoravano con me, furono trovate morte in un cassonetto vicino al locale: overdose. Decisi di lasciar perdere.

Mi stavo trasformando in qualcosa che non volevo e, lentamente, il quartiere si stava riempiendo di teste di cazzo dalla fama poco raccomandabile.

Non sarei stata l’ennesima Jane Doe di qualche obitorio di periferia.

Abbandonai il lavoro e fui ospitata da alcuni amici.

Due settimane dopo James e Sarah furono assunti da una grande compagnia di New York. Impacchettai la mia roba, gli feci le congratulazioni e li salutai per l’ultima volta.

La mano di qualcuno si posò sulla mia spalla e, lo ammetto, mi sono spaventata. Non nego la mia sorpresa quando mi ritrovai faccia a faccia con Simon: tra le mani reggeva un piatto.

La cena forse?

 

- Pace? -

Alex gli riservò uno sguardo confuso, scaricò l’arma e inserì la sicura prima di levarsi le cuffie e voltarsi verso il biondo: - Per cosa devi farti perdonare? -

Simon si mosse a disagio, un vago rossore si materializzò sul suo volto mentre oscillava, spostando il peso da una gamba all’altra, sotto lo sguardo attento della rossa: - Ciò che hai sentito giù in laboratorio non è stato esattamente piacevole… Volevo farti le mie scuse. -

- E tu speri di comprarmi con un’insalata? - ridacchiò quella, indicando divertita la ciotola tra le mani del ragazzo.

- Veramente questa è per Tyler. Sua moglie l’ha messo a dieta… Tu ed io abbiamo due pizze fumanti in arrivo. – fu il turno di Simon per ridere; sul volto di Alex si era appena materializzata un’espressione ai limiti della sorpresa, erano mesi che non mangiava una pizza… Simon aveva appena scalato la sua top 5 dei dipendenti simpatici. Uscendo dal gabbiotto di Tyler, Simon si era fatto pensoso per qualche istante, poi le chiese: - La margherita ti piace con doppia mozzarella, giusto? -

Stupore. Meraviglia. Sbigottimento.

- Sai come mi piace la pizza? – domandò la rossa prima di ristamparsi in faccia la sua solita espressione diffidente, la sua mente ci impiegò due secondi a rispondere per Simon, era ovvio che tutte quelle piccole informazioni fossero racchiuse nel suo dossier – Prima o poi mi deciderò sul serio ad eliminare ogni copia del mio fascicolo. –

L’altro ridacchiò incrociando braccia dietro la nuca.

Entrambi salutarono River, la guardia del turno di notte, con un cenno prima di dirigersi al deposito dove la rossa sistemò la roba che aveva usato con cura e si voltò in direzione del biondo: - Racconta topolino, che hai fatto di bello nelle ultime due ore? -

- Ti fa proprio schifo il mio nome, vero? – ridacchiò Simon tra sé e sé; soltanto dopo qualche istante si accorse dell’espressione di Alexis che, da rilassata qual era, si era fatta improvvisamente più tesa.

Non durò molto, nel giro di pochi secondi era tornata a sorridere, come se niente fosse e scrollando le spalle gli aveva risposto: - Ti si addice di più “topolino”. -

 

*****************

 

DENTRO L’ANIMUS - ROMA

 

- Ti avevo chiesto di lasciare che fossero loro a completare questa missione, perché non mi dai mai retta?! – Luca era visibilmente “incazzato nero” con sua figlia, una volte che lei e gli altri due erano rientrati dalla missione di recupero si era occupato personalmente del recupero di Marte e l’aveva trascinata praticamente di peso nel suo ufficio, sottoponendola ad una dolente e quanto mai classica sfuriata da genitore infuriato - È così difficile capire le mie parole o devo iniziare a pensare che tu abbia qualche problema mentale che ti impedisce di elaborare correttamente un ordine! -

La rossa restò in silenzio.

Subì la sfuriata di Luca sino a quando, giunta al culmine della sua pazienza, si ritrovò a sbattere le mani sull’imponente scrivania prima di ribattere a tono: - È mai possibile che tu abbia sempre qualcosa da ridire? È andato tutto bene, nessuno si è fatto male e i due messaggeri non mi hanno neanche visto in faccia. Non c’è motivo di rimproverarmi! –

- Fino a quando non smetterai di comportarti come una bambina viziata mi riserverò il diritto di trattarti come accidenti mi pare! Essere Assassini significa muoversi nell’ombra, essere agili e veloci. Abili nel combattimento, maestri nel mimetismo, conoscitori della dissimulazione e dell’inganno. Siamo d’ovunque e in nessun luogo… – replicò l’uomo riservandole un’occhiata severa che, tuttavia, provocò soltanto uno sbuffo risentito da parte della ragazza; la rossa, impettita, si risedette sulla poltrona incrociando le braccia al petto in attesa di sentire cos’altro le avrebbe detto suo padre prima di lasciarla finalmente andare - Ricordati che teatralità e inganno sono strumenti potenti. Devi apparire più che umano agli occhi dei tuoi avversari… E non credere che quello spettacolino cui hai preso parte ieri sera rientri nei doveri di un Assassino! -

Marte gli riservò uno sguardo di sfida, poteva tirare fuori qualunque argomentazione per avvalorare la sua tesi ma dire che la sua non fosse stata una mossa quantomeno furba era un insulto: - Quello “spettacolino” ci ha permesso di raggiungere i documenti e di riportarli qui senza dare ai due nessun indizio che riportasse alla confraternita! -

- E dov’era in quel momento il tuo credo di Assassino?! Sembra quasi che tu non abbia capito niente di cosa voglia essere una di noi! - sbottò Luca rosso in volto per l’agitazione; era ormai evidente per entrambi che non sarebbero arrivati da nessuna parte con quel discorso, erano entrambi troppo orgogliosi per cedere e raggiungere un compromesso, non gli restava altro che scoprire le carte in tavola e vedere chi avrebbe chinato il capo per primo - Sei indisciplinata, caotica, priva di autocontrollo, quasi incapace di gestire le tue emozioni! Per essere assassini bisogna avere un enorme autocontrollo, Altair ne è la prova vivente, pagò un alto prezzo per i suoi errori e tu non sei neanche in grado di rispettare un fottuto ordine! –

Senza nemmeno rendersi conto delle proprie azioni Marte si era ritrovata in piedi, dietro di lei la poltrona giaceva ormai ribaltata al suolo, mentre nell’aria si era ormai perso il suono dello schiaffo con cui aveva colpito il volto di Luca prima di abbandonare la stanza.

 

*****************

Luca era stato convocato con urgenza dagli anziani: la sua

presenza era richiesta a Perugia dove gli alleati dei

 Borgia si erano riuniti per decidere le sorti del frutto dell’Eden.

Nel tentativo di ottenere informazioni, entrambe le fazioni si erano scontrate su più fronti, causando molteplici vittime.

Marte era stata più volte sul punto di abbandonare la casa.

La voglia di scendere sul campo, al fianco di suo padre, la riempì di energie ma gli Assassini di Roma erano in allerta.

Fu particolarmente difficile superare le difese dei suoi compagni.

Quando ormai le sue speranze cominciarono a vacillare,

la truppa di suo padre finalmente rientrò.

 

*****************

 

- Ascolta, c’è un’ultima cosa che devi fare per me. - Luca guardò la figlia per qualche istante, la leggerezza con cui di solito procedevano le loro conversazioni era stata improvvisamente sostituita da uno sguardo solenne.

- Non puoi impedirmi di ubriacarmi. - replicò la rossa fintamente seria, forse nel tentativo di ridirigere quella conversazione lontano da un qualcosa che istintivamente l’aveva preoccupata.

L’uomo represse un sorriso divertito.

Luca si guardò in torno, il clima era stranamente mite nonostante fossero ormai ai primi di novembre, riportò il suo sguardo sul volto della figlia e con rammarico disse: - Devi perdonare te stessa per tutto quello che è successo negli ultimi giorni. -

- Sei così noioso. -

Luca scoppiò a ridere: - Già. -

Marte sentì un brivido correre lungo il collo, come se qualcosa d’inspiegabile l’avesse improvvisamente colpita, senza lasciarle il tempo di reagire in alcun modo.

I suoi occhi si portarono immediatamente sul volto di Luca, era pronta a rivolgergli un’occhiata di disappunto ma, non appena si rese conto del sorriso ancora presente sul volto dell’uomo, ogni sua intenzione s’infranse.

- Ok. - fu l’unica parola che riuscì a dire Marte, si ritrovò quasi ad annaspare la risposta, forse una delle poche volte in cui si era davvero ritrovata senza fiato - Che strano… Non hai portato il tuo quaderno? Dove scriverai le scene che ti guizzeranno per la testa stando in mezzo alla folla urlante? -

- Scrivere cosa? -

Un soffio di vento gelido le scompigliò i capelli nell’istante in cui Ezio si materializzò alle sue spalle, cogliendola di sorpresa, come spesso era accaduto negli ultimi tempi.

Marte si voltò e notò con sorpresa che il fiorentino aveva abbandonato la divisa da assassino per indossare qualcosa di ben più formale: - Lo sai no? Gli innocenti flirt tra nobili e dame da compagnia, qualche bacio rubato oltre le siepi… Quello che ci si aspetta da una festa di periferia. -

La confusione si materializzò sul volto di Ezio.

Il moro sembrò valutare con attenzione le sue parole, Marte giurò di aver visto un lampo di preoccupazione materializzarsi sul volto del suo maestro, lo vide prendere un lungo respiro prima di avvicinarsi di un paio di passi: - Dove credi che siamo in questo momento? -

Marte si voltò verso Luca, sperando che trovasse qualche buona parola con cui replicare allo strano tono usato dal moro, solo per notare che non c’era più traccia di suo padre nei dintorni.

Intorno a lei c’erano file infinite di alberi che correvano lungo la strada, meticolosamente allineati lungo entrambi i lati, c’erano lapidi di varie dimensioni e angeli di pietra che si stagliavano sul terreno come enormi barriere.

In un istante, tutto sembrò crollarle addosso. Marte si ritrovò schiacciata e sconfitta dalla realtà dei fatti. La sua mente aveva tentato per giorni di oscurarle ciò che era successo.

Era ormai venuto il momento di confrontarsi con ciò che era successo.

Si ritrovò a guardare il cielo, sul suo volto si materializzò un’espressione carica di dolore e rammarico. Non c’era altro cui appellarsi.

Ricacciò indietro le lacrime prima che Ezio la raggiungesse.

La rossa si mise le mani in tasca e camminò sul prato verdeggiante, ignorò le lapidi di chi se n’era andato da tempo o di chi era stato semplicemente dimenticato, sino a raggiungere un’ultima lapide su cui c’era scritto il nome di suo padre.

 

  
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