Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: deepblueyes    28/02/2013    1 recensioni
Cosa faresti se un Demone, per scommessa, ti offrisse in un Contratto l'amore della tua vita, chiedendo in cambio soltanto la tua anima?
Accetteresti?
E se poi ti trovassi invischiato in un mondo di cui non immaginavi neppure l'esistenza, rischiando la vita, e scoprissi che la tua esistenza era sempre stata soltanto un'apparenza di normalità?
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2
La novantanovesima anima.


Fissavo distrattamente il panorama immenso che mi si stagliava di fronte, lasciando consumare la sigaretta tra le dita, i gomiti appoggiati alla ringhiera. 
Ora che ci facevo caso, gli umani, soprattutto quando erano potenti e ricchi, avevano la tendenza a vivere e lavorare in edifici quanto più alti possibile: il grattacielo dove mi trovavo era davvero assurdamente enorme. 
Riuscivo a vedere l'intera città.
I passanti sembravano insetti minuscoli persino alla mia vista acuta, e le macchine somigliavano a dei piccoli modellini, dei giocattoli per ragazzini. 
Stranamente però, nonostante questa tendenza a costruire palazzi spaventosamente vistosi e a rischio di torcicollo, avevano sviluppato l'attitudine opposta per gli interni: erano flessuosi, in acciaio e vetro, o in plastica, semplici, asettici, in bianco, nero o grigio. 
Portai la sigaretta alle labbra, voltando leggermente la testa. 
C'era uno strano trambusto lungo il piano, qualcuno correva, qualcun'altro urlava.
Sorrisi, lentamente. Mi aspettavo che venisse.
Spensi la sigaretta e la lasciai cadere giù, poi rientrai, sistemandomi i polsini della camicia e chiudendo la cravatta che avevo allentato. Mi versai del brandy, appena due dita, ridacchiando alle urla di Catherine, la mia segretaria: “Signore, non può entrare senza aver preso un appuntamento, signore..!” e ancora “Luis! Luis! Per favore, porti via quest'uomo!”
“No! Io devo vedere quel maledetto! Mi lasci, mi lasci!” 
Sorseggiai il mio brandy e mi diressi verso la porta, lentamente, lasciando che l'uomo “senza appuntamento” venisse stropicciato un po' dal mio gorilla, cercando di trattenermi dal ridacchiare. 
Mi affacciai sul corridoio, illuminato dalla penombra della sera. 
Eh sì, ero uno stacanovista che lavorava fino a tardi.
“C'è qualche problema, miss Rosing?” chiesi, lasciando correre lo sguardo sul volto affannato e accaldato della segretaria, che aveva evidentemente appena corso a perdifiato sui suoi altissimi tacchi a spillo, su Luis, dalla pelle più nera del suo completo (che sembrava sul punto di scoppiare visti i pettorali che doveva contenere) e, infine, sul signor Jacob, Miles Jacob. 
Anche lui sembrava affaticato, visibilmente ingrigito e smagrito rispetto all'ultima volta che l'avevo visto: vestito in modo indecente, scuoteva la testa in scatti nervosi e si guardava intorno come un coniglio spaventato. 
Quando, poi, i suoi occhi incontrarono i miei, la sua bocca si spalancò e la sua espressione si riempì di sorpresa, facendolo afflosciare di colpo tra le braccia del gorilla, che si trovò a dover sostenere tutto il suo peso.
Sollevando un sopracciglio, riportai l'attenzione sulla donna, che, nel frattempo, aveva cercato di ricomporsi: “Signor Ross, le chiedo scusa, sono mortificata. Quest'uomo si è presentato con l'intento di incontrarla, ma non aveva un appuntamento. Perciò gli ho detto che era impossibile vederla oggi, e che forse la settimana prossima avrei potuto trovare un'ora libera per un vostro incontro. Poi ha cominciato a correre e urlare e...”
La zittii poggiandole una mano sulla spalla e le sorrisi: “Non si preoccupi, non c'è problema. Mi dica, signore, per quale motivo voleva tanto vedermi?” chiesi poi, rivolgendomi direttamente a Miles.
Luis lasciò andare l'uomo, che barcollò in avanti, balbettando: “Mi.. mi scusi.. io.. cercavo un avvocato, l'avvocato Jack Ross, mi avevano detto che l'avrei trovato qui ma forse mi sono sbagliato, io...”
“Oh no. No no. Io sono esattamente la persona che cerca” sorrisi, invitandolo con un gesto del braccio: “Vuole accomodarsi, signor Jacob?”
L'uomo rimase qualche istante immobile, a bocca aperta, con un'espressione talmente comica che mi fu quasi impossibile non ridergli in faccia, ma in qualche modo riuscii a mantenere un certo contegno. 
In fondo, ero pur sempre un attore professionista.
Miles Jacob barcollò dentro, senza mai staccare gli occhi dal mio viso.
La segretaria sembrava sorpresa, e aprì la bocca come per replicare, ma la interruppi: “Non preoccuparti Catherine, è tutto apposto. Torna pure alla tua postazione, sei stata preziosa. Grazie Luis, ti chiamerò se avrò bisogno nuovamente dei tuoi servizi.”
Detto ciò rientrai nella mia stanza, in compagnia del caro signor Miles, che se ne stava tutto tremante a fissarmi, ancora sconvolto.
Gli offrii del brandy, che accettò con mani incerte, e lo spinsi a sedersi sul divano in pelle nera, di fronte alla mia poltrona preferita, consapevole che i suoi occhi non si erano allontanati nemmeno per un istante da me, mentre la sua fronte si corrugava e poi rilassava, in maniera nevrotica. 
“Allora, signor Jacob, cosa vuole da me?” esordii, sedendomi anch'io, ma con molta più grazia del mio ospite. 
Rimase in silenzio per qualche altro istante, prima di rispondermi: “Come fa a conoscere il mio nome?”
Risi, rilassandomi sulla poltrona, e accavallai le gambe: “Ah, certo. Immagino che non mi abbia riconosciuto, con questo aspetto da nonno. Se non ricordo male, quando ci siamo conosciuti avevo qualche anno di meno, giusto?”
Il bicchiere gli scivolò dalle mani, bagnando il mio costoso tappeto con il liquido ambrato che conteneva. O meglio, macchiò il costoso tappeto del prestigioso avvocato che era morto dopo aver perso la sua anima in un Contratto con il sottoscritto, e del quale avevo assunto l'aspetto. Ora, mentre il mio viso ringiovaniva, i miei capelli tornavano neri e la pelle bronzea, liscia, tonica e giovane, ridevo dell'effetto che la mia trasformazione causò in Miles Jacob, che saltò in piedi tremante, puntandomi il dito contro.
“E' da maleducati indicare sai?” notai, mettendomi più comodo.
“Tu.. tu.. sei..” balbettò, incapace di pronunciare una frase coerente.
“Cos'è, credevi scherzassi quando abbiamo fatto quella bella chiacchierata per la tua anima? Sono un demone, e, in quanto tale, posso modificare le mie sembianze come più mi piace.”
Crollò di nuovo sul divanetto come un sacco di patate, con lo sguardo vacuo, le braccia molli lungo i fianchi. Deglutì, sussurrando: “Allora... allora io...ho venduto..”
“La tua anima a me? Si, esatto, e l'hai fatto senza esitazione, per la tua cara, piccola Sophie...” risposi, ridacchiando ancora.
Ebbe un sussulto al suono di quel nome, e riportò i suoi occhi nei miei, tremando come una foglia: “Ma... ma adesso lei.. lei è...”
“..Morta? Si, lo so.” 
Quando vidi i suoi occhi bagnarsi di lacrime, avrei voluto spararmi. O meglio, sparargli.
Questi umani erano davvero noiosi, deboli e prevedibili; bastava un niente, e scoppiavano in lacrime, a prescindere dall'età, dal sesso o dai soldi che avevano. C'era sempre un punto in cui finivano in ginocchio, chiedendo pietà, frignando e pisciandosi addosso. 
Mi disgustavano. Profondamente.
“ Perché? Avevi promesso che se ti avessi dato la mia anima, avrei potuto rivederla... perché é morta?”
Sospirai e, spingendomi in avanti con il busto, poggiai i gomiti sulle ginocchia e il mento sulle mani, osservandolo contorcersi nel dolore. Schioccai la lingua, prima di cominciare a parlare: “Vedi, sono cose che succedono, continuamente. È la fregatura dell'essere umani. Basta un attimo di distrazione, e.. puf! Sei morto.”
Mi alzai in piedi, misurando la stanza a grandi passi: “Poi, volevi vederla no? Ho solo cercato di farvi tutti contenti.”
Lo sentii chiaramente tendersi e trattenere il fiato, appena comprese appieno le mie parole. Mi versai dell'altro brandy, aspettando tranquillamente che si riprendesse, soffermandomi sul panorama visibile attraverso le tende.
“Che... che cosa vuoi dire con questo?”
Sorrisi, per l'ennesima volta: “Che l'ho uccisa io. Sono io che l'ho investita, mentre tornava a casa da scuola con sua zia.”
Sgranò gli occhi, boccheggiando. Scivolò in ginocchio, prendendosi la testa tra le mani, disperandosi. Finii il secondo bicchiere di brandy, avvicinandomi di qualche passo.
“Perché? Era soltanto una bambina innocente...” sussurrò, a voce troppo bassa perché un orecchio umano potesse percepirla. 
“Mmm.. si, era piuttosto giovane. Ma, vedi, in questo modo ho fatto felici entrambi. Il mio è stato un gesto altruistico.”
Alzò di scatto la testa, fulminandomi tra le lacrime, sconvolto dalle mie parole.
“Oh, si, te lo garantisco. L'ho fatto col cuore. Vedi, tu volevi disperatamente rivederla, ma lei non aveva intenzione di avere a che fare con te. Sai, hai fatto fuori sua madre, non so se mi spiego. Perciò, ho trovato un compromesso. Le ho... offerto... ciò che voleva, riuscendo in questo modo a permetterti di avere ciò che, a tua volta, desideravi”
Il suo respiro rallentò, gradualmente, mentre elaborava le mie parole. Riuscivo quasi a sentire il ronzio del suo cervellino che si sforzava. Poi capì. E riprese a tremare.
“Le hai... offerto.. ciò che voleva?”
Annuii: “Puoi immaginare quale fosse il suo più grande desiderio... voleva rivedere sua madre. Così, le ho offerto un Contratto, che ha accettato subito. In questo modo, tu hai potuto incontrarla di nuovo, anche se forse speravi in una compagnia un po' più... vivace, se così si può dire.”
Aveva ricominciato a frignare a metà del mio discorso.
Uno spettacolo davvero pietoso.
“Tu... come puoi parlare così.. non hai...”
“Cuore? No. Sono un demone. E poi, se vogliamo dirla tutta, la colpa è solo tua: avresti potuto specificare meglio i termini del tuo Contratto. Se ci tenevi davvero così tanto a tua figlia, avresti dovuto pensare che, magari, sarebbe stato più prudente tenermi alla larga da lei.”
Chinò il capo, tremando e continuando a bagnarmi il tappeto, raggomitolandosi su se stesso. Mi sforzai per trattenere una smorfia di disgusto. 
La lavanderia, poi, mi sarebbe costata un occhio della testa.
Sentii chiaramente mentre mi dirigevo verso la scrivania, essendo in possesso della sua anima, il mutarsi dei suoi sentimenti da tormentati e disperati a furiosi, e premetti il tasto di chiamata della sicurezza. 
Nel frattempo Miles Jacob si rialzò, con i pugni serrati, incapace di controllare i tremori del suo corpo. “Ti ammazzo... giuro... che ti ammazzo...”
“Oh, no.” dissi, riprendendo le sembianze del vecchio e ricco avvocato: “Se ci riuscissi, poi torneresti in prigione. Sarebbe triste, non credi? Anche perché potrebbero finire col giudicarti colpevole persino dell'assassinio di tua figlia. Mi sembra abbastanza ovvio che sei tra i sospettati, e, in una tale circostanza sarebbe molto, molto poco saggio aggredire l'avvocato che, molto generosamente, ha accettato di portare avanti gratis l'accusa nei tuoi confronti, accusa che ti è stata rivolta da tua sorella. Ricordi Helen, vero? Colei che si occupava di Sophie, fintanto che era in vita. Credo di aver ammaccato un po' anche lei quando ho ucciso la ragazzina... quindi è una testimone, no? E dato che la macchina che ho usato era dello stesso modello della tua, e l'autista ti somigliava parecchio...”
Sembrò afflosciarsi di nuovo, come un palloncino bucato, la bocca talmente spalancata che temetti gli cadesse anche quella sul tappeto: “Tu.. tu mi hai..”
“Fregato? Imbrogliato? Ingannato? Si. Ma in fondo, che ti aspettavi? Sono un demone senza cuore.”
E sulla mia battuta finale, con una precisione chirurgica e un effetto davvero teatrale, arrivarono i buttafuori, che gli furono addosso in pochi istanti.
“E' un pazzo, agenti. Sarebbe il caso di avvisare la polizia.” dissi, con fare distratto.
Subito, quelli obbedirono, anche perché quell'idiota aveva cominciato a urlare che ero un demonio, un mostro dalle sembianze umane, che aveva rubato la sua anima e ucciso sua figlia. 
Il che era assolutamente vero, ma loro non gli avrebbero certo mai creduto. 
Quando la porta si chiuse, attutendo le grida, sprofondai nella poltrona e presi i miei Contratti: li contai con assoluta calma, totalmente rilassato e appagato.
99.
Sorrisi. 
“Miss Alice Keeper... non vedo l'ora di fare la sua conoscenza...”
  
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