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Autore: MimiRyuugu    02/03/2013    2 recensioni
"Nonostante fosse passato solo un mese, mi mancava già. Le mia visite al suo ufficio. Le ore passate a chiacchierare, tra compiti e pozioni. Solo a quel pensiero sorrisi."
Sono arrivate le vacanze estive, la nostra Giulia è tornata a casa, ma non riesce a smettere di pensare al suo pozionista preferito. Riuscirà a convincere il vecchio gufo ad incontrarsi prima dell'inizio della scuola?
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Tre Uragani Saga'
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Buonsalveee *-*
si, lo ammetto, ho aspettato la mezzanotte per aggiornare, per fare finta che "si dai, è un giorno in più! va bene!". Aggiorno troppo spesso, ma sono così esagitata çwç *corre a caso* bene, non sto tanto a cincischiare e vi lascio a Giulia. In questo capitolo troviamo Wake Me Up When September Ends dei sempre cari Green Day e Worst Pies in London, dalla soundtrack di Sweeney Todd.

Avvertenze: nessun gufo è stato maltrattato per scrivere questo capitolo, Sweeney è consenziente. OCCtudine, diabetanza e spero di non cadere nella noia con quast'altro cap.

Ora vi lascio all'aggiornamento,
Buona lettura <3



Capitolo 3

Mi svegliai stretta al cucino. Ancora nella posizione della sera prima. Sentii un verso. “Billy Joe, piantala! Voglio dormire!” sbottai, tirando un cuscino. Uno stridio. Seppur ancora annebbiata dal sonno, mi suonava strano. I gatti non facevano quel verso! Aprii di poco gli occhi e vidi una figura sul davanzale. “Ah…è solo Sweeney…” sbuffai, poi tornai a sprofondare la testa nel cuscino. Dopo qualche minuto ripercorsi la mia frase. “S…Sweeney?!” esclamai, sobbalzando e buttando via il povero cuscino. Mi voltai e lo vidi. Mi stropicciai gli occhi incredula. Mi detti un pizzicotto. Poi mi alzai e mi avvicinai piano. Il gufo mi guardava come se stesse vedendo un programma comico in televisione. Mi porse la zampa, a cui era attaccata una lettera. La mia mano tremava. La presi e lo lasciai andare. Chiusi la finestra. E mi buttai sul letto. Sul davanti cera scritto “per Giulia”. La sua calligrafia. Elegante ed ordinata. La strinsi al petto. “Ti prego, fa che sia una risposta positiva…” pregai. Trassi un profondo respiro. E la aprii piano. Nervosa. Le mani tremanti. La lettera era scritta fitta. Chiusi gli occhi e sospirai. Poi li riaprii ed iniziai a leggere. “Cara signorina Wyspet, vedo che la sua bontà per le amiche non è rimasta ad Hogwarts. Riguardo ai G.U.F.O. sono certo che non deluderà i suoi genitori. Mi è sembrato di intuire che fosse andata più che bene. Inoltre volevo specificare che, nella mia materia almeno, è molto migliorata. In merito alla sua proposta…” lessi, soffermandomi su questo punto. Il cuore mi batteva a mille.  “…devo dedurre che le devo mancare davvero. Mi ha fatto piacere leggere le sue parole, pertanto, non posso che accettare la sua proposta…” continuai. Per poco caddi dal letto. Rilessi quella riga una miriade di volte. Un sorriso si stampò sul mio volto. Vidi però che la lettera non era ancora finita. “…però sotto delle clausole. Per primo, casa mia sarà solo un punto d’incontro. Le indicherò la via, e lei dovrà aspettarmi in quel punto. Non un passo in più, non uno in meno…” proseguii. Risi. Tipico. La sua precisione mi metteva tenerezza. “…faremo un giro per la città, nulla di più…le proporrei martedì prossimo, ovvero l’8 luglio…mi comunichi se la data è confermata. Cordiali saluti, Severus Piton” conclusi. Sembrava una lettera d’affari. La rilessi mille e mille volte. Più di tutte le lettere che mi aveva spedito durante quei giorni. Sospirai e mi cambiai. Feci tutto di fretta e corsi in cucina. Mia madre mi vide e intuì subito il motivo della mia contentezza. “Quando?” chiese soltanto. “Martedì prossimo…l’8…” sorrisi. “Mah…abbiamo una visita dalla nonna…” rispose lei. La guardai delusa. E lei scoppiò a ridere. “Sciocchina, sto scherzando!” mi prese in giro. Sbuffai. “Certo che puoi andare…basta che mi comunichi dove, così facciamo una Smaterializzazione congiunta…” spiegò. Annuii. Quella mattina mangiai le mie frittelle con un gusto indescrivibile. Chiamai Anna, appena prima che partisse. E anche Hermione. Poi mi precipitai a scrivere la risposta. “Caro Professor Piton, sono felice di confermarle la data dell’incontro. Per l’ora, proporrei alle 9.00. Prometto di essere puntualissima! Grazie ancora per la sua risposta. Baci, la sua Giulia” scrissi. Chiamai subito il povero Sweeney, che sonnecchiava sul mio davanzale. Gli battei una mano sull’ala, per svegliarlo. Lui mi guardò seccato. “Gufotto mio adorato…sai che ti voglio tanto bene?” dissi, languida. Lui mi guardò scettico e si allontanò di qualche passo. Mi avvicinai sorridendo. E l’animale mi scoccò uno sguardo alla “che vuoi?!”. “Puoi portare questa lettera al solito indirizzo? Ti prego! Più veloce possibile!” lo pregai. Il gufo mi guardò mezzo addormentato. Gli lanciai un bacetto da lontano e lui mi tese la zampa. Vi legai la lettera e gli feci una carezza alla testa. Poi si librò in volo. All’inizio andava a zig zag, ma poi ripristinò la sua normale andatura da gufo sveglio. Tornai ad aiutare mia madre in cucina. “Tuo padre sarà contento di vedere che sei tornata la solita…” sorrise lei. “Mi dispiace di averlo fatto preoccupare…” mi scusai. Lei scosse la testa. “Figurati! È normale che un padre si preoccupi…soprattutto quando non accetta che la figlia possa avere un fidanzatino…” ghignò. Arrossii. “Non…non è il mio fidanzatino…” sbottai, timida. Mia madre rise. “Si come no…anche io lo dicevo con tuo padre…” rimbeccò, poco convinta. Abbassai lo sguardo imbarazzata. “Tra rose e fior, vedo arrivar…Giulia e Se…” iniziò a canticchiare lei. “Siamo tornate ai livelli dell’asilo?” osservò divertito mio padre, entrando in cucina. Per poco caddi dalla sedia. Mia madre si era fermata giusto in tempo. “Stavo solo prendendo un po’ in giro Giulia…” si giustificò lei. Mio padre la guardò esasperato. “Tesoro, ti devo ricordare chi è delle due la sedicenne?” la rimproverò, divertito. Mia madre sbuffò. “Certo…io sono una vecchia mummia no…” rimbeccò poi. Lui la guardò sorridendo. Le diede un piccolo bacio sulla guancia e rise. “Tesoro, sei ancora una bella donna! Esattamente come al settimo anno di Hogwarts…” esordì poi. Mia madre scosse la testa. “Te lo concedo…anche se so che lo dici solo perché vuoi pranzare…” ammise. “Mi hai beccato…” rispose in colpa lui. Risi. “Com’era la mamma quando eravate a scuola?” gli chiesi, prendendo posto a tavola. “Era davvero una bella ragazza! Certo…l’ho notato un po’ tardi…” iniziò a dire lui. “Ovvio, avevi gli occhi abbagliati dal rosso dei capelli di Lily…ogni volta che ti passava davanti la tua mascella aveva un improvviso cedimento…” sbottò mia madre, iniziando a spartire il pranzo. Rifiutai la mia parte, avendo fatto colazione un’ora e mezza prima. “Andiamo Mary…tutti si sono presi una cotta per Lily Evans un volta nella vita…” osservò lui. “Io no…” esclamammo io e mia madre in coro. “Intendevo tutti i maschi…” precisò, esasperato. Mia madre scosse la testa. “Sirius aveva occhi solo per me…” sorrise fiera. “Potevi diventare una Black…pensa che onore!” rimbeccò lui sarcastico. “Mary Black…in effetti suona bene…” sorrise maligna lei. “Giulia Black…si, sta davvero bene!” dissi, dandole corda. Mio padre prese il piatto e si girò con la sedia, dandoci la schiena. Mia madre rise e lo abbracciò da dietro. “Che permaloso…secondo te perché non gli ho dato mai corda?” gli chiese. “Perché ti piaceva Remus…” rispose convinto lui. “Bhe…anche per quello…però…ho accettato di uscire con te…e non con Sirius…” precisò. Mio padre sorrise. Lei gli diede un bacio sulla fronte e si sedette, a gustarsi il polpettone. Risi. Quello era il massimo di screzio che si poteva trovare tra i miei genitori. Nemmeno un litigio. Chissà se anche io e Severus saremmo stati così. Se Eveline avrebbe osservato curiosa i nostri racconti su Hogwarts. Su di noi. Dalla sedia della cucina. “Allora bambina, come va? Hai dormito eh?” esclamò mio padre, distraendomi dai miei pensieri. Sorrisi. Lui mi guardò, poi guardò mia madre. “Qualcosa che dovrei sapere?” chiese, dubbioso. Io e lei ci scambiammo uno sguardo. Lei ridacchiò. “No…figurati…” rispondemmo all’unisono. Ci guardò sospettoso, poi si rimise a mangiare. “Davvero strana la collana a serpente…tel’ha regalata Anna?” mi chiese ancora. Alzai le spalle. “Giulia, vai fuori…non vedi che sole che c’è?” sbottò mia madre. Annuii e sgattaiolai in giardino. Come al solito, mi stesi sul dondolo. Ebbi appena il tempo di chiudere gli occhi, che una massa piumata mi atterrò in testa. Sobbalzai. Sweeney capitombolò per terra. Lo guardai e lui volò fino ad appoggiarsi accanto a me. un po’ stordito dalla caduta. Gli sistemai le piume e lui mi porse la zampa. “Di già?” esclamai, stupita. Il povero gufo aveva l’aria sfinita. Gli feci una carezza sulla testolina piumata. “Sei un tesoro! Doppia razione di cena stasera!” gli promisi. Lui spalancò felice gli occhi. Gli presi la lettera legata alla zampa e l’aprii. Sorrisi. solita calligrafia elegante e sicura. “Cara signorina Wyspet, le scrivo per confermare definitivamente l’orario e il luogo. Alle 9.00. La via è Spinner's End. Mi aspetti esattamente all’inizio della via. A martedì, cordiali saluti, professor Severus Piton” lessi d’un fiato. Sintetica. Essenziale. Però rassicurante. Mi sembrava quasi di vederlo, il mio professore, chinato sulla scrivania a trovare le parole migliori. L’espressione concentrata. Provai un tremito al cuore a questi pensieri. Sospirai. Sentii dei rumori e vidi la porta sul retro aprirsi. Nascosi in fretta la lettera sotto un cuscino e avvicinai a me Sweeney, ancora beatamente immerso a sognare la sua razione doppia. “Cosa fai di bello?” mi chiese mio padre, avvicinandosi. “Stavo giocando con Sweeney…” risposi, spettinandogli le piume sulla testa. Lui fece un verso di disappunto. “Sto tornando al lavoro…buon pomeriggio bambina…” disse. Gli diedi un bacio sulla guancia. Poi anche lui spettinò il gufo. Mi salutò ancora, per poi tornare in casa. Sospirai di sollievo, mentre Sweeney se ne volava via indignato verso il davanzale della mia finestra. Ripresi la lettera, la spiegai e la rilessi. Era la carta da lettere che gli avevo regalato al compleanno. Sorrisi. la sua festa. La nostra canzone. Solo per il fatto che lui avesse pensato a me in questi giorni, ero felice. Certo, dovevano ancora passare tre giorni, però l’importante era che lo potevo vedere. Anche se sapevo che quei giorni che mancavano sarebbero passati lentamente. “Guarda un po’ l’innamorata che sospira al vento…” mi prese in giro mia madre, sedendosi sul dondolo accanto a me. Sobbalzai e lasciai cadere la lettera. Lei la raccolse, e me la porse senza guardare. “G…grazie mamma…” risposi, imbarazzata. Per risposta mia madre mi accarezzò la testa. “Hai già deciso cosa metterti?” mi chiese. Alzai le spalle. “Una gonna…una maglia…” dissi, vaga. “Ovvio…di certo senza vestiti in giro non ti lascio andare…” scherzò. “Mamma!” la richiamai. “Domani allora shopping! Chiama anche Hermione, così non sei da sola…” propose. Arrossii. “Non è un evento mondiale…” precisai. Lei mi battè una mano sulla spalla. “Però comunque ti servono vestiti nuovi…la felpa che avevi quando Bellatrix Lestrange ti ha cruciata è da buttare…” commentò. “No!! Non buttarla!” obbiettai. Piton aveva cercato di aggiustarla. E per me era un motivo più che sufficiente per tenerla. Mia madre mi guardò dubbiosa. “E va bene...non la butto, però è meglio andare a far compere…” suggerì. Annuii. “Vado a fare le solite noiose faccende domestiche…” sbuffò, alzandosi. “Ti dispiace se chiedo ad Herm di venire qui stasera?” le chiesi. Lei scosse la testa. “Per nulla tesoro…vi metto la televisione di scorta in camera, così potete guardarvi in pace un film…” sorrise. La ringraziai e andai a chiamare il prefetto. Accettò sia lo shopping, che la serata a casa mia. Per l’occasione mia madre si cimentò in una torta al cioccolato, fatta in maniera babbana. Passai il pomeriggio a crogiolarmi sul dondolo, cullata dalla mia adorata musica. Aiutai mia madre con la cena. Poi, alle 21.00 precise, arrivò Hermione. Ci trasferimmo in camera e le raccontai del pomeriggio passato. Lei fece lo stesso. Si era già avvantaggiata su tutte le materie. Io era già tanto se avevo preso i libri di testo. Alla fine optammo per un dvd di Sex and the City. Io ed Anna avevamo l’intera collezione (quando si ha una madre fan come la mia è inevitabile). Hermione stringeva il cuscino ogni volta che appariva il marito (quasi ex) di Charlotte, uomo per cui aveva un debole. Io invece mi imbottivo di pop corn e torta al cioccolato. “Anima gemella: due piccole parole, un unico, grande concetto. La convinzione che qualcuno, da qualche parte, abbia la chiave del tuo cuore e della tua casa dei sogni. Tutto quello che devi fare è trovarlo. Intanto, dov’è questa persona?” si chiese Carrie. “E se hai amato qualcuno e non ha funzionato, vuol dire che non era la tua anima gemella?” continuò. “Anime gemelle: realtà o strumento di tortura?” concluse, infine. Mi voltai verso Hermione. Stava cercando di imprimersi quella frase nella mente. “Herm…tu ci credi all’anima gemella?” le chiesi. Lei alzò le spalle. “Ora come ora perfino io vacillo su cosa credere…e forse quella è l’unica cosa sicura…” commentò. “Però…non ti chiedi mai quando arriva quel particolare momento che aspetti da tanto?” chiesi, ancora. “In effetti si…però, se conto su di lui, va a finire che muoio zitella…” sbottò il prefetto, prendendo una manciata di pop corn dalla bacinella. Risi. “Hai fatto una battuta e Anna nemmeno c’è!” osservai. Hermione sorrise. “Chissà cosa sta facendo…” sospirò poi. “Sarà accoccolata vicino al suo Draco…a guardare il fuoco…oppure a bere vino con Narcissa…” tirai ad indovinare. Lei annuì. “Cambiamo film?” propose. Annuii. Se ci fosse stata la castana avrebbe protestato, per arrivare fino alla fine dell’episodio, in cui compariva Mr. Big. Passammo a guardare delle vecchie puntate di Dr. House, poi, ci abbandonammo alle chiacchiere. Anche se Hermione sembrava una ragazza molto attaccata allo studio, in realtà era davvero una tipa simpatica. Finimmo per fantasticare sul futuro. Come oramai facevamo da un po’. Se ne andò da casa mia alle undici e mezza. Io diedi la buonanotte ai miei e rimasi a guardare vecchi film. Non avevo molto sonno. Riguardai per la ventesima volta The Ring. Poi, appena finito, mi misi a letto in compagnia del mio mp3. Mi rigirai nel letto più volte. Sperando che il tempo passasse. Mi voltai verso la finestra semiaperta. La luna era alta nel cielo. Le stelle brillavano nel cielo buio. Chissà se anche Severus le stava guardando. Sorrisi. “You are the life, to my soul…you are my purpose…you are everything…” sussurrai, stringendo il ciondolo in una mano. Chiusi gli occhi. Un senso di protezione mi aveva accolta. Come ogni volta in cui ero sotto il suo mantello. Tra le sue braccia. Come quando stavamo nella stessa stanza. Ero felice. E con un ultimo sospiro. Mi addormentai.
Dormii tranquilla fino allora di pranzo. Scesi a fare colazione, mentre i miei pranzavano. Mi preparai veloce mentre mia madre finiva le faccende. Appena Hermione arrivò ci Smaterializzammo e arrivammo a Diagon Alley. Sapevo già dove cercare qualche vestito nuovo. Corsi, trascinandomi dietro il prefetto, fino infondo ad una via. Mia madre conosceva bene la strada. Un negozietto dalla vetrina con un adesivo raffigurante la A di anarchia era appostato nell’angolo. Aprii la porta ed entrai subito entusiasta. Hermione si strinse vicino a me, evitando di fare commenti su vestiti e la merce esposta. Mia madre entrò con calma poco dopo. Una donna, sulla ventina, stava dietro il bancone. Capelli corti dietro, lunghi ai lati della testa. Fucsia e neri. Percing al labbro e al naso. Maglietta sgangherata di Wivienne Westwood. Inconfondibile. Tossii per farmi notare. Lei alzò la testa e sorrise. “Giulia! Da quanto tempo!” esclamò, lasciando da parte il giornale che stava leggendo e venendo ad abbracciarmi. “Hai ragione Armony, ma sai…la scuola…” mi giustificai. Lei alzò un sopracciglio. “Certo…la scuola…” mi fece il verso. Risi. Armony era un’amica di Tonks. Mel’aveva presentata lei un anno prima. “Ciao Hermione…” la salutò ancora. Il prefetto fece un cenno di saluto, timida. “Allora, qual buon vento?” chiese poi la donna. Mia madre tossì. “Appuntamento…” accennò. Armony mi guardò con un sorrisone. “Brava Giulia! E con chi? Eh? Un tipo alla Sid Vicious? Oppure alla Billy Joe?” mi chiese. “Più alla Barman direi…” tossicchiò Hermione. Le tirai una gomitata. Mia madre trattenne una risata. “Quando mi porti Anna? Le è arrivata la maglia dei Sex Pistols che mi aveva ordinato…” spiegò poi Armony. Alzai le spalle. “Da quando Anna si mette maglie punk?” chiese stupita Hermione. “È per Draco…” spiegai subito. Il prefetto risultò ancora più sconcertato. Risi. “Dunque…la infondo ci sono tutti i nuovi arrivi…le spille sai dove sono…” indicò ancora la donna. Annuii. Mi diressi verso il fondo del negozio. Hermione svoltò verso un altro scaffale. Analizzai un paio di felpe, su suggerimento di mia madre. Poi, andai sulle magliette più leggere. Cen’era una con le spalline arricciate, su cui facevano capolino due bei teschietti che tenevano fermi dei nastri. Scollatura semplice, con fiocco. Altro teschietto. Tutto rigorosamente viola. Cercai la mia taglia ed andai a provarla. Mi cambiai e feci una piroetta davanti allo specchio. “Hey Herm! Che te ne pare?” la chiamai. Il prefetto era intento ad esaminare delle maglie leopardate. “Stai…bene…si…” sorrise, poco convinta. La guardai scettica. “Lo sai che non sopporto i teschi…” sbottò, rabbrividendo. Risi. “Dopo quasi sei anni nella stessa camera mia e di Anna credevo che ti fossi abituata…” precisai, divertita. Lei scosse la testa. “Allora mamma, come sto?” le chiesi. Lei alzò il pollice in segno di vittoria. Mi rimisi i soliti vestiti e gironzolai per il negozio. Trovai una felpa viola a teschi neri, delle calze a righe e notai la presenza di un bracciale simile al mio. Quello che avevo preso tempo prima al negozio di Astrid ad Hogsmeade con le mie amiche. “Anche Tonks è da tanto che non si fa vedere da queste parti…” sospirò affranta Armony, mentre una penna faceva i conti della spesa al posto suo. “Devi capirla…da quando…Sirius…bhe sai…al Ministero…povera ragazza, gli era davvero affezionata…” esordì mia madre. Guardai Hermione. Pagammo e andammo a mangiare un gelato. Passando davanti all’ubicazione del negozio dei gemelli. Era ancora in fase di costruzione. Tornammo a casa per cena. E la sera rimasi a leggere in camera.
Il giorno dopo, lunedì, nemmeno l’agitazione per l’incontro turbò il mio sonno. Dormii beata fino a tardi. Appena aperti gli occhi, mi trovai un gufo appollaiato sul davanzale. Sobbalzai. E se fosse stata una lettera di Piton per disdire la visita? Mi feci coraggio e presi la lettera. Quando lessi il mittente, tirai un sospiro di sollievo. “Cara Giulia, come va? Agitata per l’appuntamento? Vai cara!!!! Fuoco e fiamme!!! Ti starai chiedendo come me la passo io…bhe…non c’è male. Innanzitutto gli elfi domestici mi venerano come fossi una vera principessa (questo non l’ho scritto ad Hermione!!!), poi, Narcissa è davvero un tesoro. Chiacchieriamo in veranda. E la sera. Mi ha riservato una stanza enorme! Davanti a quella di Draco, si intente. Ma finora non ci ho ancora dormito. Quando il Capocasa non c’è, Anna Alvis balla! Ora che non ho l’incubo che Piton mi venga a trascinare fuori dal letto per un orecchio, dormo molto meglio! Riguardo a Lucius…bhe, non si sa nulla di particolare…spero solo che lo lascino al più presto…Narcissa è depressa, si vede da lontano un miglio! Figurati che ride alle mie battute! E Draco è davvero un bravo figlio. Sono certa che sarà un ottimo padre per Scorpius ed Elizabeth. Ora ti lascio, che l’ennesimo elfo mi chiama per la cena. Tanti baciotti, mi mancate, la vostra Anna Alvis Haliwell” lessi. Sorrisi. Tipico di Anna. Se era con noi le mancava Draco. Se era con Draco le mancavamo noi. Presi carta e penna e le risposi. Legai la lettera alla zampa del gufo che mi aveva mandato lei, poi scesi a fare colazione. Raccontai della lettera a mia madre. “Alla fin fine i Malfoy sono una famiglia prima di tutto…anche io, se tuo padre venisse spedito ad Azkaban, patirei le pene dell’inferno…” commentò lei. Annuii. “Spero solo che Draco non si faccia influenzare…altrimenti Anna morirebbe di infarto…” sospirai. Mia madre mi guardò. “Domani è il grande giorno…” sorrise. Arrossii. “Pensavo…siccome…alla fin fine ho proposto io di vederci…ecco…volevo…preparare dei biscotti…” spiegai, timida. Lei mi guardò divertita. “Dei biscotti per ringrazialo di essere uscito con te? Hai davvero poca stima figlia mia!” sbottò. Sorrisi. Mio padre arrivò poco dopo. I miei pranzarono, mentre io sfogliavo delle ricette. Cosa poteva piacere a Piton? Forse dei biscotti al cioccolato. Mi fermai sulla ricetta di quelli alle mandorle. Dopo aver letto la ricetta, optai per quelli. Anche se sapevo che non mi sarebbero venuti un gran che. Sapevo preparare pozioni complicate ma dei semplici biscotti mi risultavano difficili. Decisi di mettermi al lavoro dopo cena, in modo che si raffreddassero durante la notte. Il pomeriggio lo trascorsi sul dondolo, come al solito. Quel giorno un venticello tranquillo soffiava. Gli uccellini cinguettavano. Il cielo era limpido. Il sole splendeva. Se ci fosse stata Anna l’avrebbe definita una giornata da schifo. Sorrisi, al pensiero della castana rintanata nei meandri del Malfoy Manor per evitare il sole. Guardavo Billy Joe cercare di prendere le farfalle, dal mio davanzale. Mentre mia madre stendeva i panni alla maniera babbana. Mi chiese di aiutarla a farle il letto. Rifeci il suo. E mi tornò alla mente quando preparai quello di Severus. Quanto mi mancava quella camera. Questo dimostrava quanto Hogwarts, con il passare del tempo, fosse diventata la mia casa. Appena finito, frugai tra i libri in salotto. Dopo aver cercato tra manuali sull’arredamento e vecchie riviste, trovai quello che cercavo. Un librone dalla copertina rossa e sgualcita. Mi sedetti sul divano e lo aprii piano. Summer has come and passed, the innocent can never last, wake me up when September ends. La prima foto era di una donna con in braccio una neonata. Io e mia madre. Alzavo il mio pugnetto verso l’obbiettivo. Per raggiungere mio padre. Scorsi veloce le pagine fino ad arrivare a quella che mi interessava. Like my fathers come to pass, seven years has gone so fast, wake me up when September ends. Una bimbetta piroettava contenta, con indosso la sua prima uniforme. La mia prima uniforme. Non ancora Grifondoro, ma semplicemente felice. Di certo ad undici anni non mi immaginavo. Non sapevo. Che avrei conosciuto quelle meravigliose ragazze che ho per amiche. Anna ed Hermione. E tutti gli altri amici. Fred, George, Ginny, Ron, Harry, Luna. Per non parlare di lui. Non sapevo che avrei vissuto solo per i suoi occhi. I suoi sorrisi. Non sapevo ancora che avrei aiutato Harry a trovare la Pietra Filosofale. Girai la pagina. Here comes the rain again, falling from the stars, drenched in my pain again, becoming who we are. Una ragazza più grande, con stavolta un’uniforme oro e rossa. Facevo la linguaccia e ridevo. Quell’anno venne aperta la Camera dei Segreti. Ginny rischiò, Hermione rischiò, Anna rischiò. E conobbi Mirtilla Malcontenta. Paura. Ansia. O semplicemente adrenalina. As my memory rests, but never forgets what I lost, wake me up when September ends. Voltai la pagina e trovai un’altra foto. Un’altra ragazza, più alta, sorrideva saltando sulle sue Converse nuove. Ah, le mie adorate Converse. Non le volevo più lasciare. Anche se non si abbinavano perfettamente all’uniforme. Tredici anni. Fedele alle amicizie. Entusiasmata dai nuovi corsi. Poi, la fuga di Sirius. I dissennatori. La verità. E Severus, che quella notte ci protesse da Lupin. Senza che noi capissimo. Ma io lo vedevo già come un eroe. L’avrei visto un eroe anche se mi avesse lasciata in pasto al lupo mannaro. Summer has come and passed, the innocent can never last, wake me up when September ends. Altra pagina, altra foto. Stavolta una me stessa più recente. Fermaglio a teschio viola, Converse. Non più bambina. Nemmeno donna. Alle soglie del Ballo del Ceppo. Del Torneo Tre Maghi. E di quel giorno di primavera. Quando il persi il mio bracciale. Quando lasciai Josh. Quando Severus mi salvò. La prima di una lunga serie di volte. Poi, il pensatoio. I Malandrini. La promessa. Ring out the bells again, like we did when spring began, wake me up when September ends. Ed ecco l’ultimo anno. La fine dell’estate prima. Stavolta sotto la mia foto singola, c’era una di gruppo. Io, Anna ed Hermione. Sorrisi. Tre ragazze. Cresciute assieme. Fedeli l’una all’altra. Le nostre scorribande. La stanza delle torture. Le botte con Millicent e Pansy. Le feste dei gemelli. La Umbridge con il suo ufficio maledetto. Poi, c’era il suo, di ufficio. Dove avevo passato quasi tutto l’anno. Tra quella mura. Che sapevano di affetto. Protezione. Amore. Here comes the rain again, falling from the stars, drenched in my pain again, becoming who we are. Il mio protettore. Dai suoi sorrisi e le sue risate. Dal suo sguardo severo e il ghigno tipicamente Serpeverde. La voce suadente. Profonda. Che scalda il cuore e rasserena l’anima. Anche solo il suo sguardo mi faceva sorridere. Poi, comparve Eveline. Nella sua immaginazione forse. Nella mia sempre. As my memory rests, but never forgets what I lost, wake me up when September ends. Chiusi l’album e lo riposi al suo posto. Andai in camera mia e attaccai lo stereo. Sul letto, mentre Billie Joe Armstrong mi cullava. Give Me Novacaine. Chiusi gli occhi. E li riaprii solo quando sentii mia madre chiamarmi per la cena. scesi di fretta e mangiai veloce. Poi, mentre mio padre si posizionava sul divano, io iniziai a radunare l’occorrente per i biscotti. Mia madre mi guardava divertita. Iniziai a lavorare il burro e lo zucchero come da istruzioni. “A customer!” sibilò lei, divertita. La guardai. “Wait! What's your rush? What's your hurry? You gave me such a...” la seguii, stando attenta all’impasto. “…fright! I thought you was a ghost! Half a minute, can't ya sit? Sit ya down! Sit!” squillò mia madre, facendo una piroetta. “All I meant is that I haven't seen a customer for weeks! Did ya come here for a pie, sir?” chiesi, indicandole la farina. Lei prese la busta e ne versò un po’, dando qualche occhiata alla ricetta. “Do forgive me if my head's a little vague…ugh! What is that?” continuò, divertita. Sorrisi. “But you'd think we had the plague…from the way that people keep avoiding! No you don't!” sbottai, unendo poco a poco gli ingredienti. “Heaven knows I try, sir! But there's no one comes in even to inhale!” rispose ancora mia madre, buttandomi addosso un poco di farina. La evitai. “Right you are, sir, would you like a drop of ale?” proposi, formando una palla con la pasta che si era formata. Lei mi guardò scettica. “Mind you I can hardly blame them! These are probably the worst pies in London!” concluse. La guardai truce. “Davvero di buon augurio…grazie mamma…” osservai, mettendo la palla nel frigorifero. Lei rise. Mio padre entrò in cucina. “Cosa state combinando?” chiese, divertito. “Biscotti…” sintetizzai. Gli si illuminarono gli occhi. “Non sono per te…” precisò mia madre. Lui si intristì. Risi e gli passai il cucchiaio. “Puoi leccare questo se vuoi…” proposi. Mio padre sorrise e mi accarezzò la testa. “No grazie…lo lascio a tua madre…” rifiutò. Lei iniziò a saltellare contenta. Passai l’ora successiva guardando un po’ di televisione, poi, ripresi, come da ricetta. Stavolta mia madre rimase in salotto. Stesi la pasta e iniziai a mettere gli stampini con le forme. Cuori, nemmeno a parlarne. Stelle. Si dai. Fiori? No. Alla fine optai per stelle e dei serpentini da me brevettati. Sembrano più bisce, però l’importante era che fossero buoni. Li misi in forno ed aspettai. Poi li riposi su un piatto sulla credenza. Guardai l’ora. Erano le 23.30. la mattina mi sarei dovuta alzare presto, per cui, mi tolsi il grembiule da perfetta donna di casa e andai a salutare i miei. Mia madre promise di fare da custode ai biscotti. Andai in camera, mi cambiai e mi infilai nel letto. Ero davvero stanca. Forse era la tensione. L’agitazione. L’eccitazione. Oppure era semplicemente il caldo del forno ad avermi dato alla testa. Strinsi il cuscino a me. “A domani…Severus…” sussurrai. Poi, mi girai verso la porta. “It’s priest…have a little priest…” canticchiai ancora. Poi, chiusi gli occhi. E il sonno prese il sopravvento.
  
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