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Autore: IdemConPatate    08/03/2013    1 recensioni
"Il papavero comune o rosolaccio (Papaver rhoeas L.) è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia Papaveraceae. La specie, largamente diffusa in Italia, cresce normalmente in campi e sui bordi di strade e ferrovie ed è considerata una pianta infestante. Petali e semi possiedono leggere proprietà sedative: il papavero è parente stretto del papavero da oppio, da cui si estrae la morfina". (Wikipedia)
"Lo sguardo ammirato di Mario seguì la linea sinuosa del corpo di Rossella, per poi tornare a fissarsi brevemente sul suo volto; arrossì violentemente quando vide un risata sommessa e quasi crudele affiorare alle labbra rosse, da vampira, della ragazza." (dal cap. 1)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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PROLOGO


Alle 11 e 37 del 2 luglio Rossella non era ancora pronta a partire da casa, benché l’ansia l’avesse destata alle cinque del mattino rendendola incapace di riprendere sonno.
 
Aveva studiato fino a tardi quel giorno e non aveva dormito nei due precedenti, sottoponendo il suo corpo alla più faticosa secchiata a cui la sua rischiosa condotta scolastica l’avesse mai condotta. Non era mai stata una studentessa diligente in quel senso, una di quelle che si prendono per tempo, che ripartiscono il lavoro in una o più settimane, che scrivono parola per parola ciò che dice l’insegnante, e in vista dell’esame di stato se ne era pentita in più occasioni. Aveva superato le tre prove scritte brillantemente - con sua sorpresa - e aveva con stupore constatato – leggendo il suo punteggio – che avrebbe potuto addirittura aspirare al fantomatico cento; a rallegrarla, però, non questa constatazione, quanto più quella che con il suo risultato poteva già considerarsi diplomata.

Sarebbe stata l’ultima della sua classe a sottoporsi alla prova orale e, come lei stessa si era ripromessa invano di non fare, aveva trascorso la settimana precedente oziando in giro per casa, indebolita dal caldo, portandosi appresso costantemente una bottiglia d’acqua da un litro e mezzo.

La tesina era già stata preparata e non vi si poteva trovare alcun rifermento alle materie d’esame; quando l’insegnante di italiano l’aveva puntualizzato, Rossella, facendo spallucce, aveva dichiarato che non era sua intenzione coinvolgerle direttamente. Nei tre giorni precedenti all’esame orale non aveva nemmeno aperto il suo elaborato, fiduciosa nelle sue capacità mnemoniche, che sperava le avrebbero impedito di dimenticare – anche in un momento di ansia - ciò che aveva scritto personalmente. Aveva studiato poco, constatò tristemente la mattina della prova davanti a una tazza di caffè, rigirandosi tra le mani uno dei tanti fogli su cui aveva raccolto i suoi appunti di filosofia. Non ricordava assolutamente nulla.

Sospirò e gettò uno sguardo all’orologio, 11 e 39; la prova sarebbe iniziata alle 12 e 20 e lei era ancora a casa immobile; stranamente non era per nulla agitata, giaceva in uno stato di tiepida rassegnazione; svuotò in due sorsi la tazza di caffè, la ripose nel lavandino e si gettò sotto la doccia.

A mezzogiorno e diciassette varcò il portone della scuola e percorse il corridoio che la separava dall’aula in cui si sarebbe tenuto il colloquio, giusto in tempo per incontrare una sua compagna, in lacrime, che abbandonava la scuola dopo la sua prova assieme al fidanzato.

Mormorò un saluto abbassando lo sguardo; non aveva mai avuto un buon rapporto con le sue compagne di classe, semplicemente perché tendeva a ignorare categoricamente tutto ciò che non le interessava. Valutò se fosse il caso di domandarle com’era andata, ma le parve una domanda superflua; aveva sentito che la commissaria esterna di inglese era una vera stronza che si divertiva a mettere sotto pressione gli studenti più in difficoltà e che tendeva anche a fare del sarcasmo ogni qual volta il candidato diceva qualcosa che lei reputava “impreciso” o “totalmente errato”.

Mentre avanzava nel corridoio ricordò che, la settimana precedente, una sua compagna le aveva raccontato che questa commissaria aveva indossato nel corso di tutta l’interrogazione degli occhiali da sole a specchio e che, sollevando schifata la sua prova, l’aveva commentata con un semplice “disgusting”. Non si sentiva per nulla intimorita, però, e si limitava a scivolare lungo il corridoio verso la porta socchiusa dell’aula B07.

La trattennero 55 minuti esatti e la lasciarono uscire dopo averla sottoposta ad una serie di domande invadenti in merito alle sue scelte per il futuro; cercò di rispondere pacatamente che non aveva idee chiare in merito a nulla che andasse oltre la programmazione delle sue vacanze ad agosto, ma questo non bastò a sciogliere la febbrile curiosità della commissione. L’esame orale era andato piuttosto bene, aveva risposto con calma a ogni domanda e era riuscita a mettere a tacere la commissaria di inglese, che tentava costantemente di far vacillare la sua sicurezza e metterla in difficoltà.

Varcò la soglia lentamente, quasi a volersi gustare ogni metro del corridoio che la separava dall’uscita; l’unico sentimento che affiorava nella sua mente era un senso di vuoto e silenzio.






Allora che dire? Quest’introduzione, in realtà, serve soltanto a presentare un po’ il mio personaggio e a definire il clima della storia, diciamo.
Siate pure crudeli ^^ La critica è altamente formativa e io ho veramente voglia di sentire cosa ne pensate. 
L’immagine che posto qua sopra (spudoratamente copiata dall’album dei dream theater xD) la metto perché mi sembra rappresenti bene il clima post-maturità ^^

Grazie mille per aver letto fin qui ^^

IdemConPatate

  
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