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Autore: hikarufly    10/03/2013    3 recensioni
Piccolo inciso ne Lo Hobbit. La compagnia dei nani fanno un incontro che non si sarebbero aspettati, che risveglia vecchi sentimenti di orgoglio, rivincita e fraternità.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Bilbo, Kili, Sorpresa, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era un giorno di sole, di quelli che dopo un gelido inverno iniziano a fare capolino. Il cielo era sgombro di nuvole, di un azzurro talmente limpido da quasi fare male agli occhi a guardarlo.

I prati verdi e le stradine che li percorrevano tortuosi sembravano parte di un paesaggio idilliaco che in certe altre zone della Terra di Mezzo erano soltanto nei sogni o nei quadri. La Contea era uno spettacolo particolarmente rassicurante e allegro in quei giorni, in cui i fiori iniziavano timidamente a sbocciare e il rumore del fiume suonava come una musica per chi non aveva altro da fare che sedersi, fumare, mangiare e magari bere qualcosa.

C'era però fermento nella città di Hobbiton: nella vicina Lungacque, appena oltre il fiume, erano arrivati dei nani. Erano giunti a Brea alcune settimane prima, ed avevano percorso le strade principali, fermandosi nei centri più grossi, senza fretta, ed alloggiando nelle locande più rinomate. Gli hobbit erano inizialmente perplessi di questa strana cosa, dato che normalmente nessuno, tranne loro stessi, viaggiavano tra un decumano e l'altro, e anche loro lo facevano molto di rado. Uomini, Nani ed Elfi non si addentravano mai nella Contea, e solo i primi di essi si avventuravano fino a Brea.

Le voci sulla loro presenza si diffusero velocemente tra un buco hobbit e l'altro, ma la ragione della loro venuta venne presto svelata: erano una piccola compagnia, una dozzina circa, di mercanti. A gruppi di due o tre, si piazzavano con piccoli banchetti costruiti in legno e poco altro nelle piazze o vicino alle locande stesse, dovunque ci fosse posto a sufficienza per tutti, e mostravano i loro lavori: orologi, fibbie in metallo, abiti vari in pelle, giocattoli. Non avevano portato gioielli od armi da vendere, sapendo che la gente della Contea non era avvezza a quel genere di articoli. Li avevano venduti o li riservavano per il viaggio di andata e poi di ritorno. Vi erano anche stagnini e calzolai, tra loro, che riparavano qualunque oggetto fossero in grado di riparare, a chiunque ne avesse bisogno.

Nella piazzetta di Lungacque si erano radunati abitanti della città e vicini, tutti ugualmente interessati alle mercanzie dei nani e un po' timorosi nei loro confronti. Molti dei nani avevano un aspetto truce, e si faceva fatica a capire la loro espressione, dietro le lunghe barbe. Alcuni di essi erano sfregiati da vecchie cicatrici, gli sguardi induriti dalle sofferenze e dai lunghi pellegrinaggi in cerca di un luogo dove stare. Altri erano più cortesi, ma in ogni caso piuttosto bruschi. Solo uno di loro aveva modi più accattivanti, ed era il giocattolaio. Aveva con sé un socio, che non parlava mai, ma aveva molta cura degli oggetti in vendita, e attendeva che il suo compare facesse il tutto. I bambini hobbit si radunavano sempre intorno al suo banchetto, mentre questo, seduto a volte sulla tavola accanto ai giocattoli, altre volte camminandoci intorno, raccontava storie di luoghi lontani, avventure che nessun hobbit si sognerebbe mai di fare, neppure per scherzo. I bimbi più coraggiosi si mettevano sempre in prima fila, mentre i più timorosi restavano incollati alle gonne delle proprie madri, impauriti. Uno di essi, però, sembrava non appartenere ne all'una nell'altra categoria. Se ne stava in disparte, la testolina di ricci scuri che si distingueva tra le tante brune intorno a lui, come se si fosse trasferito da poco in quel decumano, e non avesse amici. Restava in silenzio ma tratteneva il respiro a ogni colpo di scena, come gli altri, e gioiva quando, nei racconti, l'eroe vinceva sul male.

Il nano, poi, attirò l'attenzione di tutti, adulti e bambini, hobbit e nani, quando raccontò del grande drago Smaug. Raccontò che lui era parte della compagnia di coloro che si erano recati alla Montagna Solitaria e che uno di loro, proprio un piccolo hobbit con un bel panciotto e amante della seconda colazione, aveva affrontato in drago... non con una spada, naturalmente, ma con l'astuzia! I bambini applaudirono entusiasti, ma lo sguardo di quello in disparte, di quello moro, si accese più di tutti gli altri, come se sapesse già come andava a finire la storia, ma volesse sentirselo dire dal nano, come a confermare o negare ciò che già conosceva. La storia del nano si concluse tra ovazioni, applausi e commenti, e i bambini cercarono di convincere i genitori a comprare i draghetti di legno che il giocattolaio vendeva.

Il sole scese piano piano, e così il giocattolaio e il suo socio iniziarono a nascondere la merce invenduta e a sistemare l'incasso al sicuro. Il piccolo hobbit dai capelli neri era ancora lì, però, solo. Il socio fece cenno al suo compare in direzione del bambino che, sentendosi scoperto, abbassò appena lo sguardo quando il nano si avvicinò a lui. Portava guanti a mezze dita e un cappello foderato di quello che appariva come manto di pecora, con due para-orecchi stranamente rigidi e sollevati. Si abbassò, in modo da guardare negli occhi il suo interlocutore.

«Giovanotto... sei solo?» iniziò a dire lui, con un sorrisetto quasi complice. Il piccolo hobbit annuì.

«Ti ho visto prima... ti è piaciuta la storia di Smaug, il dorato?» chiese ancora, mentre il suo socio sistemava le ultime cose. Gli altri nani erano già rientrati nella locanda della città vicina, ed erano solo in tre, in quello spiazzo, a parte alcuni curiosi passanti. Il bambino annuì di nuovo.

«Sembra quasi che ti abbia tolto la parola, da quanto era emozionante» replicò poi il nano, facendo per alzarsi e lasciarlo in pace. Gli aveva già voltato le spalle, quando infine il piccolo hobbit parlò.

«Io... io conoscevo già quella storia»

Il nano e il suo socio si voltarono verso di lui, piuttosto sorpresi, ma non straniti: presero evidentemente la notizia con allegria, dalla loro espressioni. Si scambiarono una rapida occhiata. Le loro reazioni sembrarono dare coraggio al bambino.

«E conosco personalmente lo hobbit di cui parlavate» aggiunse, incrociando le braccia con fare spavaldo.

«Mi sembrava di ricordare qualcuna di queste strade» commentò il nano, mentre il socio annuiva.

«Allora voi siete davvero un membro della compagnia di cui Bilbo Baggins aveva fatto parte?» chiese il piccolo interlocutore, ora molto più simile a un bambino.

«Certamente, giovane mastro hobbit. E sarei molto felice di rivederlo, se ciò è possibile... potreste indicarci la strada?» chiese, gentilmente, con un sorrisetto d'intesa.

«Possibilissimo, signore!» rispose contentissimo lui.

«Siamo pronti?» chiese al socio che gli fece una sorta di saluto militare, come a dire che potevano già incamminarsi.

«Perfetto, ma prima permettetemi di presentarmi. Sono Bofur, al vostro servizio» disse il nano, con un profondo inchino, allo hobbit «questo è il mio socio in affari. Non ama parlare in pubblico, ma si presenterà direttamente al Signor Baggins, se nel frattempo ha imparato un po' di lingua nanica»

Il suo socio si toccò il cappello, rispettoso, verso il bambino.

«Io sono Frodo Baggins, della Contea, per servirvi!» esclamò, educatamente, il bambino, anche lui inchinandosi.

«Siete figlio del buon signor Bilbo?» chiese Bofur, mentre si incamminava con lui verso la vicinissima Hobbiton, tagliando per alcuni campi.

«Sono un suo nipote... e cugino mi ha detto» rispose lui, senza mostrare alcuna particolare emozione «si prende cura di me da quando i miei genitori sono morti»

Entrambi i nani rimasero molto colpiti a quella dichiarazione. Frodo sembrava abbastanza tranquillo, però, e cercarono di non creare in lui alcun disagio, e cercarono di non mostrarsi troppo preoccupati.

Giunsero alla casa sotto la Collina, e Frodo entrò dal cancellino che già il sole stava tramontando. I nani rimasero in disparte, con un paio di sacchi, mentre i loro pony erano al sicuro alla locanda, appena al di là di Lungacque. Frodo bussò alla porta tre volte, e da essa fece capolino Bilbo.

«Ti sembra questa l'ora di rientrare, Frodo Baggins?» domandò, accigliato e burbero.

Il bambino era fin troppo contento di aver trovato i due nani per essere intimorito da quel suo rimprovero.

«Zio Bilbo, ti ricordi dei nani di cui ti ha parlato il signor Soffiatromba?» chiese, tutto contento, mentre i loro ospiti percorrevano i pochi gradini che portavano all'ingresso rotondo di Casa Baggins. Bilbo riconobbe immediatamente l'amico Bofur.

«Che mi caschi un fulmine dritto in testa se non siete invecchiato neppure di un giorno, signor Baggins!» esclamò il nano, poggiando uno dei sacchi delle sue mercanzie a terra per abbracciare lo hobbit. Questo ricambiò il suo gesto d'affetto, sotto gli occhi meravigliati e contenti di Frodo, sicuro di aver fatto bene a portarli lì.

«Signor Bofur!» rispose Bilbo, che oltre a essere contentissimo di vedere il suo amico era anche preoccupato: l'ultima volta che aveva avuto i nani in casa sua, le sue provviste si erano quasi esaurite... ed era quasi ora di cena!

Il socio di Bofur appoggiò a sua volta il suo sacco, e Bilbo quasi fece un grido di sorpresa. Frodo non capì: cosa c'era di speciale in quel nano? Non parlava nemmeno, e poi... lo osservò meglio, ora che si levava il cappuccio che aveva calato sulla fronte e sorrideva sopra la balba folta ma corta, i vestiti ampi, troppo ampi per le piccole mani che uscivano dalla giacca.

«Non ci posso credere... Elna!» esclamò Bilbo, superando la soglia e andando ad abbracciarla «ancora con gli abiti di vostro padre?» chiese poi.

«Oh, sì, signor Bilbo... è una precauzione che era meglio mantenere, almeno in viaggio. Ma spero di potermi mettere un po' più comoda nella vostra leggendaria dimora» disse, lanciando un'occhiata complice a Bofur. Frodo era molto meravigliato: certo, aveva una voce un po' più scura di qualsiasi donna hobbit lui conoscesse, ma era indubbiamente una femmina! Si sorprese di non essersene accorto, e che nessuno se ne fosse accorto. Ma conciata in quel modo, con quella barba... impossibile distinguerla dagli altri nani, se non si era abituati a vederli, pensò Frodo.

I due nani vennero invitati ad entrare. Frodo notò che, sotto la pesante e grande giacca, la nana aveva un vestito simile a quello delle signore hobbit oltre il fiume, e le brache erano talmente larghe che al di sotto portava una gonna. Quando si fu liberata dei pesanti abiti del padre, si sedette dallo stesso lato di Bofur, ma a distanza. Tra di loro si sedette Frodo, tutto contento, mentre Bilbo portava un po' di cose da mangiare. Non chiese se si fermavano per cena: Bofur si stava già alzando per recuperare altre prelibatezze hobbit.

Si rifocillarono, i due nani per il viaggio e il lavoro, e Bilbo e Frodo per riprendersi dalla sorpresa.

«Quindi siete qui per i giocattoli?» chiese lo hobbit più anziano. Bofur annuì silenziosamente.

«Qualche altro nano aveva deciso di sfruttare la primavera per portare un po' dei prodotti della gente di Erebor fuori dalla Montagna... La città di Dale è molto visitata ma ci piaceva l'idea di andare in giro per un'altra avventura, per terre il più possibile sicure. È stato il signor Bofur a dire che probabilmente nella Contea non avevano mai visto bellezze come quelle dei nostri manufatti» aggiunse, scambiando un'altra occhiata un po' troppo complice per non far nascere qualche sospetto in Bilbo.

«Lavorate insieme, adesso?» chiese ancora il padrone di casa, indagatore. Frodo li guardava entrambi, girando la testa di qua e di là.

«Sono soci, zio!» si intromise il piccolo hobbit, mentre Bofur posava una mano guantata sui suoi ricci, scompigliandoli.

«Il giovane signor Frodo non dimentica nulla di quel che gli si dice» commentò, divertito e in tono gentile.

«Avevo già ricominciato a fare la giocattolaia nel villaggio in cui mi avevate lasciato. Quando poi ci siamo trasferiti ad Erebor, ho iniziato a lavorare nella bottega del signor Bofur e del signor Bombur. Anche il signor Bifur è con noi, anche se più che altro spaventa i clienti» spiegò Elna, con una risatina finale, che Bilbo imitò. Ma quest'ultimo era alla ricerca di una ulteriore informazione, anche se non osava chiederla, non dopo aver assistito, già una manciata di decine di anni prima, al sentimento lacerante che si era creato tra lei e il principe Thorin. Elna scambiò un'altra occhiata con Bofur, alzando le sopracciglia in modo eloquente. Bofur sembrò non capire al volo cosa intendeva, ma dopo qualche istante fece cenno di aver compreso. Si alzò e andò verso uno dei loro sacchi, estraendone una scatola di medie dimensioni, che riportò sul tavolo.

«Dato che il signor Frodo non ha acquistato nulla da noi, ma è rimasto ad ascoltare in modo molto educato le nostre storie... volevamo permetterci di fargli un regalo» spiegò Bofur, allungando la scatola verso di lui. Elna lo osservava impaziente della sua reazione, ma aspettando che Bilbo gliene desse il permesso. Quest'ultimo annuì e Frodo aprì la scatola: si trattava del giocattolo meccanico che Bofur aveva chiesto ad Elna di custodire, ma non solo. Insieme ad esso vi era un giocattolo simile, ma a forma di uomo. Frodo lo sistemò sul cavallo, e Bofur gli mostrò tutti i meccanismi non solo per farlo muovere, ma anche per fargli cambiare forma. Entrambi i giocattoli cambiavano forma, e si coordinavano: il drago e il demone incappucciato, il cavallo e il cavaliere, il mannaro e l'orco.

«È bellissimo! Grazie!» esclamò Frodo, scendendo dalla sua panca e spostandosi nello studio-soggiorno, di fronte al focolare acceso.

«Il cavaliere è opera vostra, Elna?» chiese Bilbo, meravigliato quanto il nipote dalla maestria dei due giocattolai.

«Sì... lo iniziai quando ero lontana da Erebor, ma non ho le capacità del signor Bofur» spiegò, anche se lui fece un gesto come a dire “sciocchezze” «per cui ci ho messo un bel po' di tempo. Alla fine, è venuto un bel lavoro»

«Immagino teniate molto a quei due pezzi, non è forse troppo per un regalo?» domandò Bilbo, iniziando a fare qualche calcolo, nella sua mente, e pensando davvero che quei due oggetti fossero importanti per i due nani.

«Tanto più siamo convinti che sia un buon regalo» disse Bofur.

«Siamo sicuri che qui sarà utilizzato per lo scopo migliore: il divertimento di un bambino» aggiunse Elna, strappando un sorriso grato e intenerito allo hobbit.

«E in definitiva, i nostri figli a lungo andare li avrebbero fatti a pezzi» concluse lui, lasciando Bilbo di stucco.

«I vostri figli?» chiese, sorpreso e sconcertato «avete dei figli? Siete sposati?» domandò, a raffica, mentre i due nani sorridevano divertiti dalla sua reazione.

«Due piccole pesti, molto simili a Frodo» spiegò Elna, lanciando un'occhiata tipica di una madre al piccolo hobbit, troppo preso a emulare i racconti di suo zio per ascoltarli.

«Staranno sicuramente dando del filo da torcere a loro zio Bombur, che starà spergiurando di farcela pagare al nostro ritorno per averlo lasciato solo con loro. Bifur è talmente spaventato da quei due che sta seriamente pensando di trasferirsi» raccontò placidamente Bofur.

Bilbo era ancora senza parole, immaginandosi il grosso Bombur assediato da due piccoli nani.

«Beh, è una magnifica notizia!» si ritrovò a dire, cercando di sopire le proprie idee su ciò che pensava tormentasse ancora la nana. Come poteva pensare che sarebbe rimasta semplicemente nel dolore per Thorin? Era una cosa stupida, e poi, ormai aveva imparato un po' di cose sul cuore dei nani.

«E come si chiamano?» chiese ancora lo hobbit.

«Fili e Kili» rispose Elna, con un sorriso a metà tra il mesto e il fiero, che Bofur imitò. Bilbo non seppe cosa replicare, ma la sua espressione fu lo specchio di quella dei suoi ospiti.

Frodo tornò tra di loro, chiedendo di qualche bella storia dei tempi della loro avventura. Chiese di Thorin Scudodiquercia e Bilbo si preoccupò per la loro possibile reazione: le loro voci restarono serene e accattivanti, quella di Bofur soprattutto. D'altronde, la gelosia non era mai stata cosa sua, ed era il narratore migliore tra i due.

Si trasferirono nel salottino, accanto al fuoco, e passarono qualche piacevole ora a raccontarsi storie di tempi vicini e lontani, finché Frodo sembrò sul punto di crollare dal sonno. Elna, allora, lo prese sul proprio ginocchio, rubandolo a quello del marito, e iniziò ad intonare, piano, quella che sembrava una variante più dolce del canto delle Montagne Nebbiose che Bilbo aveva ascoltato, in quella casa, molti, moltissimi anni prima. Gli occhi di Frodo si chiusero lentamente, finché il suo respiro non si fece regolare e si addormentò.

 

La mattina dopo, Frodo si svegliò nel suo letto, senza ricordare come ci era finito. Scese dal suo giaciglio e si avventurò nel corridoio, dove incrociò lo zio, già vestito, che si apprestava a preparare la colazione.

«Il signor Bofur e la signora Elna non sembrano davvero sposati» disse Frodo, cercando di aiutarlo con del bacon.

«Cosa intendi?» chiese Bilbo, incuriosito.

«Mio padre e mia madre si tenevano sempre per mano e si baciavano spesso. Loro non l'hanno fatto mai» sentenziò il bambino, con una piccola alzata di spalle.

«Vedi, Frodo, non tutti si comportano come noi hobbit. Ogni razza ha le sue... abitudini, i suoi modi di dimostrare le proprie emozioni» spiegò lo zio.

Frodo sembrò pensarci su.

«Noi hobbit amiamo le cose che crescono, come le piante o gli alberi. I nani amano di più le cose che fanno con le loro mani, o con abilità e perizia» continuò, pensando che Bofur avesse fatto una cosa, inconsciamente, a suo vantaggio nel chiedere ad Elna di custodire il suo tesoro. Aveva fatto in modo che lei lo avesse come sua costante presenza, come una piantina che uno hobbit regalava ad un'amica un po' speciale.

Frodo annuì, distogliendolo dai suoi pensieri.

«Vado a vedere se solo svegli, così la colazione non gli si fredderà» disse, scendendo dallo sgabello su cui si era arrampicato e correndo alla loro porta. Sbirciò dall'uscio semiaperto e nascose un sorrisetto con una mano, nel vedere che i due ospiti dormivano abbracciati.

 

I due nani ringraziarono per l'ospitalità, dopo la lauta colazione, e si separarono, per l'ultima volta, dallo hobbit Bilbo Baggins, senza sapere ancora che i loro due pestiferi figli avrebbero avuto presto una sorellina e senza sapere neppure che il destino di tutta la Terra di Mezzo era stato nascosto a pochi metri da loro per tutta la notte.

 

~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~

 

Qualche dovuto ringraziamento: alla cara Chiara/Emmina per essere una grande fan dell'evilsmirk nascosto di Bofur, e per avermi detto che questa storia è un concentrato di pucciosità.

 

A Martina che non ha amato questo finale ma mi ha fatto da correttrice di bozze.

 

A tutti quelli che mi hanno commentato (e commenteranno) e in particolare ad “Eruanne”, che si è fedelmente trovata a lasciarmi i suoi infiniti complimenti sempre in tempo record.

 

Un abbraccio e a presto (speriamo) (potrei fare uno spin-off su questi due)!

   
 
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