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Autore: dahbanana    10/03/2013    13 recensioni
Aria Stewart era esattamente il tipo di ragazza che pensava fosse meglio non creare delle aspettative su nulla e poi sorprendersi, invece che crearne per poi rimanere delusa.
Aveva anche una sorellina minore alla quale era molto legata, Emma Stewart, una bambina solare ed iperattiva, il cui sorriso sarebbe stato capace di far cessare una guerra.
~
“C'era stato un tempo, in cui gli Stewart erano considerati la famiglia perfetta.
La tipica famiglia che si vedeva nelle pubblicità della mulino bianco: felice, armoniosa ed unita.
E da un giorno all'altro, quella felicità e quell'armonia erano scomparse, lasciando spazio ad un dolore immenso e ad una paura ancora più grande.
Quando quel pomeriggio, Amanda Stewart aveva deciso di portare Emma all'ospedale, non sapeva a cosa sarebbe andata incontro. Non immaginava nemmeno che il risultato della diagnosi sarebbe stato quello. La loro vita era troppo perfetta e la loro famiglia troppo felice perché succedesse proprio a loro. Non riusciva a capacitarsene, eppure era così: Emma aveva la leucemia."
* Alcuni dialoghi della storia, sono stati ispirati al film di Nick Cassavetes "La custode di mia sorella" *
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo 1

 

 

Le luci di scena si spensero mentre la folla li acclamava per un'ultima canzone.
I ragazzi scesero dal palco, dirigendosi verso il loro camerino saltellando, abbracciandosi, ridendo e sorridendo, troppo felici ed orgogliosi per l'ennesimo concerto portato a termine con successo.
C'era ancora troppa adrenalina nei loro corpi, erano troppo attivi ed avevano bisogno di un bis su quel palcoscenico. Ed era sempre così. Si era appena concluso il loro secondo tour mondiale, eppure ogni concerto sembrava essere il primo: la stessa sensazione incredibile che li invadeva prima di salire sul palco, l'emozione che provavano nel sentire le urla delle fan, i sorrisi che sorgevano spontanei nel leggere dichiarazioni d'amore scritte in enormi cartelloni che le directioner tenevano sollevati in modo che loro potessero vederli.
Quella era stata l'ultima tappa del
Take Me Home Tour, che avevano scelto di fare a Londra, la città dove la loro vita era cambiata per sempre.
Il backstage era in festa e da qualche parte si sentiva scoppiare la risata spacca timpani di Josh Devine, il batterista della band.

«Ancora non ci credo di essere qui» sospirò Niall, che sembrava stesse vivendo sulle nuvole.
«É davvero incredibile come possa cambiare la tua vita in soli tre anni» aggiunse Harry, scuotendo la testa. Sorrideva talmente tanto da sentire addirittura male alle guance, ma non riusciva proprio a smettere. Era più forte di lui. Stava vivendo il suo sogno, insieme ai suoi migliori amici, esisteva per caso motivo più valido per essere felice?
«Ragazzi, sono contento di star vivendo il mio sogno insieme a voi.» esordì Liam, facendo voltare tutti verso di lui. Louis con il suo solito sorriso canzonatorio, Niall con un sorriso dolce e profondamente sincero ad increspargli le labbra, Zayn con il suo sorriso infantile ma terribilmente irresistibile e Harry, con il suo sorriso estremamente magnetico.
«Lo so che é un po' troppo sdolcinato, ma non m'importa. Vi voglio bene e dopo tutto quello che abbiamo condiviso, ormai vi considero come fratelli.» aggiunse stringendosi nelle spalle.
«Oh Liam, sei talmente dolce! Oddio ti amo troppo» squittì Louis con tono acuto congiungendo le mani, imitando la voce di una fan e cominciando subito dopo a ridere insieme agli altri quattro.
Improvvisamente vennero interrotti da Paul Higgins, il loro manager/guardia del corpo che li aveva raggiunti
«Il SUV è qui, dobbiamo andare» dichiarò con il suo solito tono autoritario. I ragazzi si ripresero dalle risate ed annuirono.
«Forza, andiamo» Paul si sistemò meglio l'auricolare, facendo segno agli altri addetti alla sicurezza di stare attenti.
Aveva un'aria parecchio seria e se i ragazzi non avessero saputo chi fosse veramente, ovvero un tenerone di prima categoria, probabilmente avrebbero avuto paura di lui. Paul infatti, si era dimostrato una persona magnifica, ed era diventato quasi un padre per quei cinque ragazzi.
Arrivarono al SUV, completamente circondato da bodyguards, che cercavano di tenere lontana la folla di fan impazzite.
I ragazzi sorrisero
a tutte le ragazze che continuavano a mandare loro baci volanti e a salutarli, urlando e cercando di attirare la loro attenzione in tutti i modi possibili.
Posarono velocemente per alcune foto con alcune fan fortunate ed infine entrarono nell'auto, sedendosi sui
comodissimi sedili in pelle.
«Ah quasi dimenticavo! Ottimo lavoro ragazzi» si complimentò con loro Paul, sorridendo, mentre l'autista metteva in moto.
«Grazie Pauly» Louis gli stampò un sonoro bacio sulla guancia mentre gli altri quattro non poterono fare a meno di scoppiare a ridere.
«Tomlinson quante volte dovrò ripeterti di non chiamarmi con quel soprannome ridicolo?» chiese l'uomo retoricamente, scuotendo il capo sconsolato. «Se continui ti scordi la storia della scorta di carote, ti avverto.» lo minacciò fingendosi serio.
Louis rise, alzando le mani arrendevole
«Okay, la smetto promesso, ma lascia in pace la mia scorta di carote»
Paul alzò gli occhi al cielo, non riuscendo però a trattenere un sorriso. «Comunque, devo dirvi una cosa» confessò improvvisamente guardandoli con una strana luce negli occhi.
«Domani dovrete essere alla casa discografica per una riunione.» continuò «Una riunione che riguarda me» precisò poi, facendo voltare i cinque ragazzi tutti verso di lui.
«Te?» chiesero quasi all'unisono allarmati.
Che Paul volesse dare le dimissioni? Che volesse abbandonarli?

«Sì, ho avuto un'idea e l'ho proposta alla Sony» esclamò, con una punta d'orgoglio e i ragazzi tirarono un sospiro di sollievo.
«E quale sarebbe questa idea?» chiese Liam, particolarmente interessato.
«L'altro giorno ho visto un servizio in televisione sui bambini affetti da malattie gravi, come il cancro.» cominciò a spiegare «E l'idea che mi é venuta, é che credo sarebbe bello andare a visitare un'ospedale. Sono sicuro che molti bambini sarebbero molto felici di conoscervi.»

***


Gli One Direction entrarono nel Royal Marsden Hospital, accompagnati da Paul, mentre all'esterno, la polizia evitava che l'ospedale venisse invaso da fan impazzite. Era davvero incredibile come riuscissero sempre a scoprire dove fossero.
«Vado a parlare con il direttore dell'Ospedale. Vedete di non mettervi nei casini per cinque minuti.» raccomandò loro Paul, prima di avvicinarsi ad un'infermiera per chiedere indicazioni.
«Ho fame» sbuffò Niall improvvisamente, cominciando a guardarsi intorno.
«Io sto morendo di sonno» Zayn si passò una mano sugli occhi gonfi e stanchi.
«Smettetela di lamentarvi!» Liam fece un gesto disinteressato con la mano, mentre Louis si metteva in mezzo a Harry e Niall, poggiando la testa sulla spalla di quest'ultimo.
Era famoso per riuscire ad addormentarsi in un nano secondo.

«Sarà meglio trovare del caffè prima che Louis si addormenti» commentò Harry, ridendo mentre osservava l'amico, che da un momento all'altro si sarebbe messo a russare.
Quella mattina erano stati svegliati prestissimo per andare alla casa discografica, in seguito si erano diretti all'ospedale e non avevano ancora avuto il tempo di fare colazione.

«Quando lo trovi prendine uno anche per me» ribatté Zayn, prima di andarsi a sedere su una delle sedie della sala d'attesa insieme a Liam, in attesa che Paul tornasse.
In quel momento il riccio si accorse di una giovane infermiera bionda dai lineamenti delicati, che non aveva smesso di fissarli da quando avevano fatto ingresso nell'ospedale.
Le rivolse un sorriso ammiccante.
«Adesso risolvo io» rassicurò i suoi due amici, senza toglierle gli occhi di dosso.
La raggiunse e la giovane per poco non svenne. Evidentemente era una sua fan.

«Ehi bellezza» la salutò.
«C-ciao» balbettò lei in risposta.
«Io sono Harry Styles.» si presentò «Tu come ti chiami?» e chiedendoglielo non aveva smesso un attimo di sorriderle.
«Ehm... io... cioè, so chi sei» continuò a balbettare lei «Becky. Cioè Rebecca. Il... il mio n-nome, é Rebecca.»
«
Perfetto, Rebecca. Sai per caso dove posso trovare del caffè?» le chiese.
L'infermiera rimase un attimo incantata a guardarlo e Harry la scosse leggermente
«Ci sei?» ridacchiò e lei arrossì.
Annuì mestamente
«Te lo procuro io» si decise finalmente a rispondere.
«Davvero? Grazie mille, Becky. Davvero» le sfiorò un braccio e la sentì rabbrividire.
Sorrise soddisfatto mentre la ragazza si dirigeva di fretta verso un corridoio, per poi sparire dietro l'angolo.

***


«Buongiorno Connor» sorrise la mora al signore anziano dietro al bancone.
«Ciao Aria, come sta tua sorella?» domandò Connor mentre finiva di sbrigare un'ordine.
Aria sospirò stringendosi nelle spalle
«Dicono che stia reagendo abbastanza bene al trattamento.»
«Ne s
ono davvero felice» le sorrise sincero «I tuoi genitori invece?»
«
Loro... sono ancora molto scossi. Mia mamma non vuole accettarlo, ma prima o poi dovrà farlo. E mio padre... beh, sta andando avanti.» spiegò la ragazza mentre gli occhi incominciavano a pizzicarle.
«E tu Aria?» le chiese il signore, assumendo un'espressione preoccupata.
«
Io sto bene» mentì lei forzando un sorriso. Ormai le riusciva fin troppo bene. Era da quando aveva scoperto della malattia della sorellina, che Aria si imponeva di essere forte. C'erano già i suoi genitori a disperarsi e lei doveva essere forte anche per loro, pensava.
«Vedrai che si sistemerà tutto, stai tranquilla» tentò di consolarla «Allora, cosa posso offrirti?» le chiese poi Connor, cambiando argomento.
«Due caffè, per piacere.»
Connor le diede per alcuni istanti le spalle, giusto il tempo di sbrigare l'ordine e poi si girò porgendoglieli.
«Quanto ti devo?» domandò la mora prendendo il portafoglio dalla borsa.
«Oh no, non ti preoccupare» le sorrise dolcemente «per questa volta offre la casa».
La ragazza provò ad insistere ma Connor fu irremovibile, quindi alla fine non poté fare altro che ringraziarlo e fargli giurare che la prossima volta si sarebbe fatto pagare senza fare storie.
Uscì dal bar e si diresse verso l'ospedale. Girò l'angolo e attraversò la strada, e una volta entrata salutò Carmen, la donna delle pulizie, ed alcune infermiere con cui ormai aveva fatto amicizia. Percorse un lungo corridoio, con l'intenzione di raggiungere la stanza di sua sorella, quando però si imbatté in un gruppo di ragazzi.

«Grazie mille Becky» le disse uno dei ragazzi, prendendole i due bicchieri di caffè dalle mani. Aveva i capelli ricci, gli occhi verde smeraldo e una voce profonda e roca.
Aria rimase un attimo interdetta, guardandolo a bocca aperta
«Scusa?» domandò poi, incredula.
Il riccio parve accorgersene
«Ah giusto. L'autografo, ma certo.» esclamò come se si fosse appena ricordato di qualcosa, tirando fuori una penna dalla tasca.
La ragazza intanto non aveva smesso un attimo di fissarlo
«Autografo?» chiese non capendo «Sei pazzo? Io non voglio nessun autografo. Non so nemmeno chi sei» continuò guardandolo male, mentre il ragazzo le rivolgeva uno sguardo pieno di sorpresa. Era completamente spiazzato e forse anche un po' imbarazzato.
«Ora se non ti dispiace mi riprendo il mio caffè e me ne vado» concluse riprendendo bruscamente i bicchieri dalle mani del riccio, che era rimasto immobile e zitto, incapace di proferire parola.
Sentì delle risate provenire da dietro il riccio, e poco prima di andarsene, notò altri due ragazzi: un era biondo, probabilmente tinto dato che gli si vedeva la ricrescita, aveva degli occhi azzurrissimi e un viso angelico, mentre l'altro aveva i capelli castani, un sorriso malandrino e gli occhi molto simili ai suoi.
Salì le scale ancora incredula per quello che le era appena successo: o quel ragazzo era completamente pazzo, oppure aveva dei seri problemi mentali. Cioè, le rubava il caffè, la ringraziava e le chiedeva anche se voleva un suo autografo? Ma era scemo o cosa? Scosse la testa scocciata, fermandosi davanti alla stanza di Emma.
Sospirò ed entrò, trovandosi davanti agli occhi una situazione che le fece formare un groppo in gola, come tutte le volte che l'andava a trovare, del resto.
Emma, la sua sorellina di sette anni che era sempre stata abituata a veder correre per tutta la casa, ora se ne stava sdraiata su un lettino d'ospedale a guardare dei cartoni animati alla piccola televisione posizionata davanti a lei.
Aria le si avvicinò, appoggiando i bicchieri sul comodino
«Buongiorno piccolina» la salutò, lasciandole un bacio sulla guancia.
La bambina si aprì in uno dei suoi soliti sorrisi allegri, nonostante il pallore del suo viso dal quale traspariva la sua stanchezza e anche il suo stato di salute.

«Aria!» esclamò mettendosi seduta improvvisamente e allacciando le braccia al collo della ragazza, per stringerla in un abbraccio.
Le sorelle Stewart avevano sempre avuto un ottimo rapporto. Non erano mai state il tipo di sorelle che litigava tutto il tempo, anzi. Si volevano fin troppo bene ed era questo, uno dei motivi per i quali Aria stava ancora più male per la malattia di Emma.
Avrebbe preferito di gran lunga essere al suo posto, che vederla in quelle condizioni.
La ragazza rispose all'abbraccio, accarezzando i morbidi boccoli biondi della sorellina, per poi staccarsi
«La mamma? Non ha dormito qui?» le chiese guardandosi intorno.
Quando Amanda aveva scoperto la malattia della figlia infatti, aveva smesso di lavorare, per poter passare praticamente tutto il tempo all'ospedale con la figlia.
Emma annuì «Sì che ha dormito qui.» rispose «Ma é andata a prendermi le caramelle» aggiunse sorridendo furbamente.
Aria non poté fare a meno di sorridere a sua volta. La sua sorellina era sempre andata pazza per le caramelle e da quando stava in ospedale, se le faceva ricomprare puntualmente ogni volta che le finivano.

«Ah ma che furbetta!» le fece il solletico ed Emma scoppiò in una risata allegra e contagiosa, mentre si dimenava per sfuggire alla sorella maggiore.
Aria amava la sua risata. Le ricordava i tempi felici in cui non vi era nessuna malattia e nessuna sofferenza. Solo lei, Emma e i loro genitori, sempre felici e sorridenti come una famiglia perfetta. E le mancavano da morire quei giorni.

«B-basta... A-Aria!» riuscì a dire fra le risate la biondina e l'altra si bloccò, sorridendo soddisfatta.
«Cosa guardi di bello?» cambiò completamente argomento.
«SpongeBob» squittì dolcemente la bambina. Era sempre stato il suo cartone preferito.
«Ti va se lo guardiamo insieme?» le chiese ed Emma annuì felice, spostandosi leggermente, così da lasciarle il posto per distendersi al suo fianco.
Aria ed Emma cominciarono a guardare la televisione insieme, mentre la prima sorseggiava anche il suo caffè.
Quando l'episodio finì, la bambina voltò il visino nella direzione della sorella
«Ti voglio tanto bene» le disse semplicemente.
La mora si sciolse e sentì gli occhi pizzicarle, ma non avrebbe pianto.
Cacciò indietro le lacrime ed accarezzò la testolina bionda di Emma
«Anche io te ne voglio. Tengo tantissimo a te, piccolina»
«
Come SpongeBob tiene a Patrick?» le chiese l'altra innocentemente, puntando i suoi occhietti verdi su quelli azzurri della sorella maggiore.
Aria sorrise e l'abbracciò forte
«Sì. Come SpongeBob tiene a Patrick» confermò, mentre una lacrima sfuggitale al controllo, le rigava il volto.

***

Un'infermiera, accompagnata da Amanda Stewart, entrò nella stanza di Emma, trovandola accoccolata sul petto della sorella, mentre assieme, guardavano i cartoni animati.

«Buongiorno» esordì sorridente, avvicinandosi con la colazione della bambina.
«Ciao Backy!» risposero all'unisono le due sorelle.
«Come ti senti, tesoro?» si rivolse questa ad Emma.
«Benissimo» le rispose entusiasta. «Dove sono le caramelle?» chiese subito dopo, spostando lo sguardo sulla madre e scatenando le risate delle altre due.
«Sono qui» rispose Amanda, porgendole un pacchetto che la bambina afferrò allegra.
«Non prima della colazione, signorina» la giovane infermiera le prese il pacchetto dalle mani, appoggiandolo sul comodino.
Aria allora si alzò dal letto, avvicinandosi alla madre e salutandola, mentre l'infermiera si accertava che Emma mangiasse la colazione.

«Ti avevo portato il caffè... ma credo che ormai si sia raffreddato» Aria si rivolse ad Amanda, la quale distolse lo sguardo dalla bambina, che in quel momento stava addentando una merendina.
«Non importa. L'ho appena preso» la tranquillizzò sorridendole dolcemente. «Come stai?» le chiese poi, appoggiandole una mano sulla spalla.
Nonostante Aria fosse bravissima a nascondere le proprie emozioni, Amanda era pur sempre sua madre, quindi riusciva a percepire il suo vero stato d'animo. Sapeva che Aria non avrebbe mai ammesso di stare male, ma lei continuava comunque a chiederle come stesse, nonostante sapesse che le avrebbe mentito.

«Tutto bene» rispose infatti la ragazza, sorridendole forzatamente. «Ho ricevuto i risultati dell'ultimo esame ed ho preso il massimo» cercò di cambiare discorso.
Amanda accarezzò una guancia alla figlia, osservandola con un sorriso stanco sulle labbra «Bravissima tesoro, sono davvero contenta. Te lo meriti, sei una ragazza molto intelligente» le baciò la fronte.
Aria accennò ad un sorriso, mentre la madre tornava a posare il suo sguardo su Emma. «
Tu mamma come stai?» le chiese allora.
La donna sospirò scuotendo la testa, mentre gli occhi le si facevano lucidi e la figlia l'abbracciò.

«Andrà tutto bene mamma» le mormorò ad un orecchio e la madre le depositò un bacio fra i capelli, prima di staccarsi ed annuire, cercando di forzare un sorriso.
In quel momento l'infermiera attirò la loro attenzione, cominciando a parlare.
«Indovinate chi ho visto qui in ospedale?» domandò con gli occhi che le brillavano.
«Chi? Chi?» chiese Emma curiosa, tirandole un lembo della divisa bianca.
«Gli One Direction!» esclamò l'infermiera in risposta, facendole spalancare gli occhietti sorpresa, prima di ridere allegramente e battere le manine.
Le altre tre non riuscirono a fare a meno di ridere a loro volta. Era davvero incredibile come Emma riuscisse sempre a ridere e sorridere. Infatti, nonostante il peso della sua malattia, lei non aveva mai pianto, anzi era rimasta la stessa bambina allegra, solo che si stancava molto più facilmente e non aveva più la forza e l'energia di una volta.

«Sono venuti per vedere voi bambini.» continuò Rebecca dolcemente «Da un momento all'altro entreranno da quella porta, quindi sarà meglio che tu finisca la tua colazione, così sarai forte per giocare con loro».
La bambina annuì senza smettere di sorridere, ricominciando a mangiare
«Harry é venuto per me! Noi ci sposiamo» affermò fra un boccone e l'altro, facendo scoppiare a ridere tutte.
Harry era uno dei componenti della band, ed Emma ne era innamorata follemente. Non faceva altro che parlare di lui e del fatto che un giorno si sarebbero sposati.

~
  


*Spazio Autrice*


Ehilà bellezze mie :) 
Ecco qui il primo capitolo! Allora come vi sembra?
Prima di tutto vorrei specificare, per chi non l'avesse capito bene leggendo, che rispetto al prologo, sono passati TRE ANNI, quindi dato che nella realtà non hanno ancora terminato il secondo tour, ma praticamente appena incominciato, temporalmente si svolge nel "futuro" ahahah.
Secondariamente, vorrei ringraziarvi tutte di cuore per aver letto/recensito il prologo di questa storia, e anche quelle che hanno già messo la storia fra le seguite/ricordate/preferite! Siete dei tesori :)
A questo punto, non avendo nient'altro da dire, spero vi sia piaciuto questo capitolo, ed aspetto con ansia di sapere le vostre opinioni.
Bacioni,

-S

PS:
Crediti a _Sparks_ per aver realizzato il magnifico banner che trovate ad inizio capitolo :)

  
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