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Autore: Cosmopolita    11/03/2013    10 recensioni
Quando sei un single che abita da solo, alcune cose ti sembrano talmente scontate da non accorgerti nemmeno che esistano.
(Dal prologo)
Arthur Kirkland è un poliziotto cinico e felice della sua vita in solitario.
Ma l'entrata di due bambini nella sua vita gli farà presto cambiare idea...
[...]–Eileen Jones ha due bambini. – cercava di misurare le parole, di dire e non dire –Si chiamano Alfred e Matthew, sono gemelli... – si sistemò una ciocca di capelli color del grano dietro l’orecchio, forse un altro stratagemma per perder tempo e fece un gran sospiro.
–Lei è il padre. – buttò giù la frase frettolosamente, quasi volesse togliersi subito quel fastidioso sassolino dalla scarpa.
Arthur si strozzò con la sua stessa saliva. Tossicchiò per alcuni minuti poi incredulo, ripeté –Il padre? Io? – [...]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'This is your father'
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Quando Ian e Hannah se ne andarono, per un attimo in casa calò il silenzio più totale. Nessuno per un bel po’ trovò qualcosa di sensato da dire, anche perché, non c’era proprio niente da dire: i bambini non avevano ben compreso quello che era successo dal principio, Francis sapeva che era meglio non infierire con ulteriori domande sulla situazione già di per sé abbastanza penosa e Arthur…beh, forse lui era l’unico che poteva fornire delle spiegazioni, ma il problema era che non aveva la forza per farlo: tutto quello scambio di battute che gli erano scorsi davanti agli occhi e, soprattutto, il fatto che Ian aveva l’intenzione di restare a New York, lo avevano lasciato basito.
Inaspettatamente, il primo a parlare fu Matthew con il suo tono di voce basso e dolce al tempo stesso –Papà, ho sonno. – sembrava non avesse capito praticamente nulla di tutto il trascorso, ma suo padre sapeva benissimo che, più lui che Alfred, aveva intuito qualcosa.
D’altronde, non sarebbe di certo stata la prima volta che Matthew gli dimostrava di saperne una più del diavolo.
-Anche io voglio andare a letto!- gli fece eco Alfred, sbadigliando assonnato.
Arthur sorrise inconsapevolmente: anche se la situazione era per lui quello che era –disastrosa- non poteva fare a meno di cambiare atteggiamento davanti ai suoi figli.Forse stava davvero cambiando.
-Certo, adesso andiamo a dormire…-
Francis annuì d’istinto, dome se l’inglese si fosse rivolto a lui; prese Matthew in braccio senza farsi troppi problemi, cercò di ignorare l’occhiata poco incoraggiante che gli aveva rivolto l’altro ragazzo e lo accompagnò nella camera dei gemelli. Quando la vide, inizialmente, fu preso dalla nostalgia, perché si era ricordato di quel giorno in cui lui, Gilbert e Antonio avevano aiutato Arthur a dipingere quella stanza dove ora dormivano.
Osservò l’inglese mentre rimboccava le coperte ai suoi figli e, vuoi per la dolcezza che trapelava in Arthur in quel momento, vuoi perché dopo tutto quello che era accaduto avrebbe voluto soltanto essere rassicurato, desiderava solo stringerlo e dirgli quanto lo amasse, quanto lo bramasse in quel momento.
-Papà, ma quando lo zio ha raccontato la storia di quel suo amico…io non l’ho capito, cosa voleva dire?- chiese Alfred con voce impastata. Si vedeva lontano un miglio che stava lottando contro se stesso per non cedere al torpore e addormentarsi.
Suo padre sospirò –Nulla, nulla. – sussurrò sbrigativo, accarezzandogli i capelli, come se quel gesto servisse a scusarsi per tutte le sue risposte poco convincenti –Ha solo litigato con un amico, tutto qui. – era la replica più stupida che avrebbe potuto fornire, ma il bambino parve crederci e annuì soddisfatto –Per fortuna sono un eroe, papà. Lo zio Ian non può dire quelle cose brutte anche a te, se ci sono io-. Scosse la testa con fare divertito –Buonanotte, Al. –
Diede un bacio sulla fronte di Matthew, che ormai era talmente intorpidito dal sonno da tenere gli occhi semichiusi, e spense la luce.
Rimase a guardarli nella penombra per un po’, fino a quando non sentì la mano di Francis attraversargli tutto il braccio senza energia, come se lo stesse facendo con distrazione, come se non se ne fosse neanche accorto.
Sospirò –Sono bellissimi, vero?- non se lo riusciva a spiegare neanche lui il perché di quella domanda; una cosa era certa, non voleva accennare nemmeno una parola ai suoi fratelli e a tutto il resto, non in quel momento naturalmente. Era ancora troppo scosso per parlarne
-Io direi meravigliosi. – lo assecondò l’altro. Anche se non poteva vederlo, sapeva benissimo che il francese stava sorridendo
-Non mi somigliano per niente. Forse è una fortuna, che dici?-
Sentì una risata soffocata–Mmm…io invece sono dell’idea che siano uguali a te. Guarda Alfred, per esempio; volete entrambi prevaricare su tutti…in questo ti somiglia, no?- avvertiva la sua voce, calma, tranquilla, all’altezza del suo orecchio –E Matthew…Matthew è un bambino molto sensibile ed insicuro. Anche tu lo sei, anche se fai di tutto per non darlo a vedere. – il suo palmo passò sulla sua guancia e Arthur la bloccò con la mano con fare irritato
–Dai, lasciamoli dormire. – lo intimò un po’ sbrigativo e spazientito al tempo stesso, alzandosi in piedi.
Era strano rimanere solo con Francis. In quei giorni erano rimasti spesso da soli, questo era vero, ma non avevano avuto addosso la stessa tensione di quella che stavano vivendo in quel momento. -Io…- aprì la bocca ad un certo punto Francis. Aveva la voce roca, come se non sapesse bene da dove cominciare il suo discorso -…Mi dispiace di averti messo in difficoltà con i tuoi fratelli. Credevo esagerassi quando dicevi che erano terribili e via di seguito e…In fin dei conti, io sarei dovuto rimanere a casa, forse. –
-Non preoccuparti. – tagliò corto il britannico con aria rassegnata. Era vero, un po’ ce l’aveva con lui, ma la cosa che lo spaventava più di ogni altra cosa era la notizia del trasferimento di Ian a New York e questo forse attenuava il rancore che provava nei suoi confronti –Ormai è fatta. –
Francis si avvicinò a lui e gli prese la testa tra le mani –So a cosa stai pensando; che forse loro già sanno. O che, in ogni caso, prima o poi dovrai dire a tuo fratello ogni cosa e temi la sua reazione.-
L’altro assentì con un cenno della testa –Devo trovare una soluzione. Maledizione, io so che ha capito tutto, lo so. E’ un bastardo, lui non aspetta altro che glielo riveli io stesso. – il suo tono di voce, a differenza di quello del francese, sfiorava l’esasperato e l’isterico
-Perché non glielo dici?-
Lo fulminò con lo sguardo –Ti rendi minimamente conto di quello che hai detto? Se riferissi questo lato di me finirei per diventare “lo strano” della famiglia. Già mi odiano, non voglio essere considerato anche un disgustoso pervertito omosessuale!- Francis non seppe cosa rispondere. Non c’era modo di rispondere, secondo lui, ad un’affermazione del genere.
Lo abbracciò e basta, sentì il corpo rigido di Arthur rimanere impassibile.
Probabilmente avrebbe fatto meglio a staccarsi, sapeva quanto l’inglese odiasse i contatti fisici troppo prolungati, ma non lo fece; il fatto di sentire la sua presenza vicino a lui gli piaceva, in un certo senso lo rincuorava.
Rimasero in silenzio per un po’, finché Arthur non aprì bocca –Penso che sarebbe meglio lasciar perdere. Tutto. E’ meglio sia per te che per me. – il suo tono era incredibilmente monocorde.
Il francese si raffreddò improvvisamente e, sciolto l’abbraccio, guardò l’altro con un’occhiata piena di malumore; non se l’aspettava una frase simile, anche se da parte sua era abbastanza prevedibile –Dici sul serio?- Annuì –E’ la cosa migliore, sì, non c’è alcun dubbio. Il problema è che…- inaspettatamente, scoppiò in una risata amara e abbassò lo sguardo, leggermente imbarazzato; era fuori di sé, non c’era alcun dubbio –Il problema è che non ci riuscirei…-
Francis sgranò gli occhi. Ora, il fatto che Arthur Kirkland, il suo Arthur, gli avesse dimostrato di tenere a lui era già troppo, ma sentirglielo dire lo aveva giudicato quasi improbabile, un’utopia su cui non contare più di tanto. E invece…
Sentirglielo dire, senza peraltro essere stato costretto lo rese felice. Era davvero una reazione idiota, considerato che erano stati coinvolti in una situazione abbastanza critica, ma non poteva fare nulla per reprimerla.
Era fatto così; non riusciva a nascondere la sua passione, i suoi sentimenti verso di lui, perché erano troppo forti, troppo intensi.
Lo amava, non poteva farci nulla. Perché Arthur era diverso dagli altri, così complesso, così pieno di difetti…all’apparenza gli era parso significante, a volte perfino indegno delle sue attenzioni, ma piano piano si era accorto che non era affatto così. Era singolare e alla fine tutto di lui, dalle sue sopracciglia enormi alla sua avversione nei suoi confronti, lo avevano affascinato, colpito, ammaliato.
E in quel momento, il solo fatto che Arthur, seppur con malavoglia, gli aveva fatto capire che anche lui ricambiava il suo sentimento, era stupendo.
-Ripetilo. –
-Sei uno scemo, un pervertito e alla lista adesso si è aggiunto anche l’incontentabile. Sei un rottame. – era strano, e in un certo senso molto buffo, accostare l’ inflessione acida che aveva usato, al viso rosso che l’inglese aveva in quel momento.
–Neanche tu sei messo meglio mister acidità!- Il francese scoppiò a ridere e si avvicinò a lui ancora di più –Voglio dire, sei sempre così caustico, non riesci mai a farti coinvolgere dall’amore…-
-Credimi, in questo momento non ho proprio voglia di farmi coinvolgere. Men che meno da te – ribatté ironico alzando gli occhi al cielo e, se possibile, arrossendo maggiormente rispetto a prima.
Francis continuò a fissarlo con un sorriso. Poi lo prese per la vita e, con una certa esitazione, si avvicinò sempre più alla sua bocca; temeva che Arthur lo respingesse, in fondo non avrebbe potuto biasimarlo dopo tutto quello che era successo, e invece non accadde.
Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalle tante emozioni che ogni volta provava nel baciarlo; sentiva il respiro lieve dell’inglese, la sua lingua che dolcemente accarezzava la sua e la sua mano che, con non poca titubanza, si era poggiata sulla sua schiena, come se volesse invitarlo ad avvicinarsi ancora di più.
Entrambi avevano bisogno più che mai di quel contatto, perché dopo la visita di Ian e Hannah sentivano la necessità di stare vicini, di avere una sorta di “supporto morale”.
-E’ tardi…- mormorò il francese quando, a malincuore, si separarono –Ti ho già disturbato fin troppo, mi sa.-
–Direi di sì. –
Sorrise –Sei sempre molto gentile…- fece per prendere il cappotto, ma la mano di Arthur afferrò il suo braccio lo costrinse a fermarsi –Che c’è?-
-E’ effettivamente troppo tardi…- la voce del ragazzo tradiva un certo imbarazzo. Era una di quelle pochissime volte in cui non dimostrava la sua celebre acidità –Se vuoi…beh, puoi rimanere qui…Ma solo perché mi fai troppa pena per lasciarti vagare da solo a quest’ora, precisiamo. –
L’altro ridacchiò in maniera compiaciuta –Sono contento che tu me lo abbia chiesto.-
Sembrava che Arthur avesse temporaneamente dimenticato quello che era successo poche ore prima in presenza dei suoi fratelli, ma in realtà non era affatto così.
 
 
Quella notte non riuscì a dormire perché, ogni volta, gli tornava in mente l’espressione sinistra di Ian, il modo perfido con cui gli aveva annunciato che sarebbe rimasto lì, nella sua stessa città
“Pensa che bello, ci vedremo ogni giorno” gli aveva detto, il che suonava molto più come una minaccia che come una notizia su cui festeggiare.
Era la prima volta che non sapeva davvero che fare; teneva troppo, suo malgrado, a Francis per lasciarlo, ma era anche vero che non poteva tenere nascosta la loro relazione ancora per molto, prima o poi l’avrebbero scoperto.
L’idea di parlare con Hannah e Ian di come stavano realmente le cose tra lui e Francis lo terrorizzava; li conosceva troppo bene da non prevedere la loro probabile reazione.
D’altronde, quel maledetto stronzo aveva interrotto l’amicizia con David (in maniera anche abbastanza brutale, da quello che aveva capito), solo perché quest’ultimo gli aveva confessato di essersi innamorato di lui! Non era difficile immaginare come si sarebbe comportato una volta venuto a sapere che suo fratello era della stessa risma del suo ex migliore amico.
Hannah invece…beh, forse lei sarebbe stata meno perfida…a modo suo ovviamente. Si rigirò dall’alto lato del letto, il braccio con cui Francis lo stava avvolgendo a sé ricadde sul materasso con un tonfo sordo. Sapeva che il francese avrebbe voluto che lo dicesse; anche se non glielo aveva dichiarato apertamente, lo aveva capito da molte circostanze e poi, sarebbe stato scontato da parte sua.
Sospirò e socchiuse gli occhi.
L’indomani pomeriggio, una volta tornato dal lavoro, sarebbe andato dai suoi fratelli e avrebbe raccontato ogni cosa, pensò in conclusione. Se ne sarebbe pentito amaramente, questo già lo sapeva, e tra tutte le opzioni quella era meno dignitosa, ma sentiva che era la cosa giusta da fare.
Se non altro, era quello che gli suggeriva il cuore.
 
 
La mattina dopo, i bambini furono molto sorpresi di trovare al loro risveglio, il viso limpido e perfettamente rilassato di Francis
-Buongiorno. – li salutò con un tono allegro e un sorriso aperto. Alfred, dopo un momento di sorpresa ( E suo padre si domandò come facesse ad essere così pimpante e riposato a quell’ora della mattina), ricambiò il saluto con un cenno della mano
-Zio Francis? Che ci fa lui qui!- domandò, pragmatico come sempre, indicandolo a suo padre
-Vi ho voluto fare una sorpresa, non siete contenti?-
Alfred rispose per entrambi –Sì sì. Papà non sa preparare neanche la colazione, magari puoi pensarci tu. – Arthur lo fulminò con lo sguardo –Ehi, ragazzino, bada a come parli.-
-E’ vero, papà, non puoi farci niente. – La risata del francese interruppe il piccolo battibecco che si era creato tra i due –Dai, non preoccupatevi!- si avvicinò al bambino con fare complice –Facciamo in questo modo; papà è la mente e io il braccio. Cosa ne dici?-
Per tutta risposta, la piccola peste ci pensò per un po’ e poi annuì abbastanza compiaciuto –Mmm…ok, si può fare. –
Era davvero bizzarro, pensò Arthur mentre osservava Francis preparare la frittata, pensare a loro quattro insieme come una famiglia, eppure era quello che stava accadendo quella mattina; stavano preparando la colazione insieme, avrebbero accompagnato i suoi figli all’asilo insieme, sarebbero andati al lavoro insieme, come una famiglia. Non avrebbe mai creduto, né lontanamente concepito, che potesse accadere una cosa simile nella sua vita, tutto era così lontano dalla pallida idea che aveva del suo futuro. Prima di tutto, era padre di due bambini, cosa su cui in passato non si era mai soffermato più di tanto e come ultima cosa, ma non per questo meno importante, si era innamorato di Francis, la persona che più aveva odiato nella sua vita. Era strano come la vita aveva giocato con il suo destino.
-A cosa stai pensando?- gli domandò il francese, con lo sguardo fisso sui suoi occhi
-A niente. – tagliò corto, quelli erano pensieri che teneva volentieri per sé
–Senti,- esordì dopo qualche minuto di silenzio –Oggi pomeriggio verranno i miei fratelli, per raccontarmi quanto è stato bello fare shopping nell’Upper West Side, immagino…- Il ragazzo, intuendo dove l’inglese volesse andare a parare, gli posò un dito sulle labbra –Non agitarti, tornerò a casa e non mi farò vedere fino a domani, contento mon cher?-
-In realtà, vorrei che ci fossi. Se mi lasciassi completare la frase, magari. –
Francis inarcò un sopracciglio e lo guardò con aria perplessa
–Davvero? Credevo che dovessi farmi vedere poco o niente in presenza dei tuoi fratelli –
-So cosa ho detto, però…- si morse un labbro –Odio doverlo dire, ma avevi ragione. Ho deciso che riferirò ad Ian e Hannah di noi due…ci ho riflettuto ieri notte e, per quanto possa essere la più grande cazzata che farò nella mia vita, è la cosa più ragionevole che mi è venuta in mente. Tanto…- e qui la sua voce assunse un tono improvvisamente più cupo –Ian lo avrebbe scoperto comunque. O, peggio, lo ha già scoperto, perciò…Ehi, ma ti senti bene?-
Francis era rimasto a guardarlo con gli occhi spalancati, nella sorpresa di quella notizia aveva perfino fatto cadere la forchetta che aveva in mano
-Di…dirai loro tutto?- balbettò meravigliato, una volta che fu capace di formulare una frase di senso compiuto
Alzò gli occhi al cielo –Ti ho detto di sì. Sei scemo o sordo?-
-N...Non devi agire in questo modo solo per farmi felice, tu lo sai. – non poteva davvero crederci che quell’inglese così scorbutico avesse davvero pensato di dire della loro relazione ai suoi fratelli. Di sicuro lo stava prendendo in giro.
Insomma, già lo aveva spiazzato quando la sera precedente aveva ammesso di tenere a lui, ma addirittura questo…no, era davvero troppo!
-Non lo faccio per te, cosa credi! Lo faccio solo perché non ho altra scelta. – concluse sprezzante, lanciandogli un’occhiata in tralice, prima di andare in sala da pranzo per servire la colazione.
Francis, invece, rimase per un po’ di tempo in cucina; sul viso, gli era rimasto impresso un sorriso colmo di felicità e di soddisfazione.
 
 
 
 
I due Kirkland arrivarono puntualissimi quel pomeriggio. Appena sentì suonare il campanello, ad Arthur venne quasi un infarto: ci siamo pensò in una maniera alquanto apocalittica. Forse avrebbe dovuto lasciar perdere, non riusciva a rendersi conto di che cosa diavolo aveva avuto per la testa quando aveva deciso che parlare della sua situazione ai suoi fratelli sarebbe stata la cosa migliore da fare. O, comunque, l’unica chance che aveva. Sentì la mano del francese sulla spalla –Andrà tutto bene, rilassati…- l’inglese sapeva che lui era contento della decisione che aveva preso, ne aveva avuto la conferma dal tono concitato che aveva usato.
Deglutì e andò ad aprire; trovarsi avanti Hannah e Ian lo fece impallidire e, dentro di sé, pensò che quella non era la realtà, era la sceneggiatura di un film dell’orrore... Perlomeno, i presupposti c’erano.
-Ciao Bruco!- la voce esaltata di Hannah gli risuonò nelle orecchie –Vedo che non sei in gran forma, come al solito ovviamente…Dove sono i miei nipoti preferiti?-
Sentiva il suo cuore martellargli nel petto come se fosse andato repentinamente in tilt –Al e Matt sono con Lily…cioè, la baby sitter . – i suoi figli non dovevano assistere ad un simile frangente, questo era poco ma sicuro -E perché? Uh, c’è il tuo collega, ciao!- Francis rispose al saluto con un cenno del capo, anche lui sembrava, come l’inglese, in preda all’agitazione.
Ian era rimasto in silenzio; fissava alternamente prima suo fratello, poi il suo amichetto francese e, ancora una volta, Arthur ebbe la brutta impressione che avesse capito già ogni cosa. In fondo, non era difficile fare due più due e tirare le somme; l’assenza dei bambini, la baby sitter, loro due insieme…più palese di così! Eppure, stava rimanendo troppo impassibile per poter giungere ad una conclusione possibile. Si trattava pur sempre di Ian Kirkland, non era il tipo da essere disinteressato davanti ad una notizia simile. L’inglese cominciò a respirare in maniera più profonda, mentre dentro di sé sentì l’ansia e l’agitazione accrescere sempre di più –Io…- sussurrò incerto sul da farsi –Devo dirvi una cosa molto importante. –
Vide con la coda dell'occhio Ian sogghignare. Di nuovo si fece prepotentemente strada la congettura che aveva ipotizzato pochi secondi prima.
Tanto, concluse rassegnato Oramai è fatta. Non posso più tornare indietro.
Perfino sua sorella era diventata più seria –Avanti, di’ pure. –
Si accomodarono sul divano e Arthur prese fiato; era arrivato il momento –Ecco…- guardò dritto negli occhi i suoi fratelli con uno sguardo a metà tra il rassegnato e il consapevole: non sapeva se quello che stava per fare fosse la cosa giusta o meno, ma era la prima cosa sensata che gli era venuta in mente. Scegliere tra due cose: i suoi fratelli, la sua credibilità, il suo orgoglio, oppure Francis. Questo era il suo problema e se prima vagava nel dubbio, adesso era più che sicuro su quello che doveva fare.Sentì sia gli occhi di Ian, sia di Hannah, sopra di sé, entrambi si aspettavano una qualche rivelazione eclatante da parte sua –Non c’è un modo per dirlo e…insomma, non è una cosa piacevole da sentire, ma ho deciso che non posso nasconderlo. Si sono create troppe circostanze che mi hanno costretto a rivelarvi ogni cosa. –
 
Sentì il corpo del suo compagno, che era accanto a sé, irrigidirsi. Prese nuovamente fiato e finalmente parlò-Io…e Francis…- cominciò, scandendo per bene le parole, deciso più che mai a svuotare il sacco e dire tutto –Stiamo insieme. –



 
Salve. Eh, vabbè, diciamo che mi sono sforzata di pubblicare il capitolo prima della mia partenza per la gita (Parto domani, che bello!), per cui non so se il capitolo fa schifo o meno…vabbè, spero che vi sia piaciuto tanto quanto gli altri. Anche perché, il prossimo è il penultimo :D
Ne approfitto per ringraziare la cara Fede perché è una compagna di banco bravissima ed è riuscita a tirarmi su il morale durante i periodi più neri. E poi, naturalmente, tutti quelli che seguono questa storia. Vi ringrazio di tutto cuore.
Indovinate? Sì, questo capitolo sarebbe stato più brutto senza l’ascolto di “Mad World”, sia la versione dei Tears for Fears e dei R.E.M…era da un po’ che non citavo le mie canzoni ispiratrici :)
A presto <3
Cosmopolita

   
 
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