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Autore: Norgor    13/03/2013    8 recensioni
"Il silenzio regna sovrano nella mia mente, ma il respiro mozzo e irregolare mi costringe a soffrire lentamente il dolore che attraversa il mio corpo. Avverto qualcosa premere fortemente sulla mia testa, i colori attorno a me risultano sempre più offuscati e indistinti. Vorrei parlare, ma dalla mia bocca fuoriesce solamente un lamento strozzato. Non percepisco più le braccia, le gambe non rispondono più ai comandi. Sono esausto, sono solo, e sto morendo. Lo capisco dalla stanchezza opprimente, dalla sofferenza lancinante che mi attraversa. Sto morendo, o forse sono già morto. Oramai il dolore è talmente forte che non lo avverto più, riesco a sentire solamente un leggero fastidio poco insistente. Ho paura di chiudere gli occhi, perché temo che non li riaprirò più".
[Raccolta di One-Shots dedicata a personaggi morti nella saga, degni di essere ricordati]
*Finnick: Hybrids and roses smell.
*Clove: It was only a stone.
*Foxface: Nightlock in the dark.
*Rue: My life in a four-notes song.
*Primrose: They aren't parachutes.
*Cato: Born to kill, dead breaking lives.
*Marvel: Death caught me unprepared.
*Glimmer: Shine like a broken diamond.
*Cinna: The chains of my soul.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Foxface: Nightlock in the dark. 

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Credo di essermi persa. Ogni albero attorno a me mi risulta estraneo, mentre la mia memoria fotogenica mi garantisce che questa parte dell’Arena non l’ho mai visitata. Il vento è forte e violento, ma vista la situazione non è una cosa per cui vale la pena lamentarsi. Siamo rimasti in cinque, e finora sono riuscita ad evitare un qualsiasi scontro diretto. Ciò nonostante, la tranquillità rimane una sensazione assai lontana dal mio stato d’animo. Continuo a guardarmi intorno attentamente, cercando mi memorizzare ogni minimo dettaglio che riesco a percepire. Sono sicura che i Tributi rimasti siano molto distanti da qui, ma la paura e il terrore non accennano a diminuire.
Sospirando, volto lo sguardo verso l’orizzonte, perdendomi nella bellezza del sole che splende sopra di me. Somiglia molto a quello di casa mia, del Cinque.  Stessi raggi, stessa intensità. Non che tutto ciò sia un bene, perché non fa che aumentare la nostalgia di casa che mi sta già assalendo da più di una settimana. Ma almeno rappresenta un qualche collegamento con la mia vita di prima, e questo mi da molta speranza in più.
Vengo improvvisamente distratta da un sonoro brontolio, di cui non distinguo la provenienza. Ma non mi ci vuole molto per capire che il mio stomaco si sta lamentando, vinto dai morsi della fame. Effettivamente, da quanto quella ragazza in fiamme ha fatto esplodere le riserve dei Favoriti, le mie razioni di cibo si sono limitate a radici e alcune bacche che, non so come, sono riuscita a riconoscere come commestibili. Quindi, devo assolutamente trovare qualcosa di più sostanzioso da mettere sotto i denti, e non vedo altra soluzione che fare ricorso alle mie preziosi doti quali la furbizia e il saccheggio.
Il silenzio attorno a me è così profondo e opprimente, che riesco ad avvertire la pelle d’oca che mi si è formata sull’avambraccio. Ma la spaventosa quiete che si è stabilita non è destinata a durare molto. Il mio cuore fa un balzo quando avverte lo sparo di un cannone echeggiare nell’aria. Solo quattro. Questo è il mio primo pensiero, perché il ragionamento di una mente fredda e razionale non deve avere spazio per la compassione. Ora che siamo alla fine, devo essere concentrata al massimo e attenta ad ogni particolare. Sicuramente avrei molte più possibilità di vincere se stanotte in cielo apparisse il viso di Cato, o di Thresh. Degli innamorati del Dodici non mi preoccupo più di tanto, soprattutto perché da quanto ne so lui è praticamente in fin di vita.
Non passa molto tempo prima che le tenebre avvolgano tutta la foresta, e mi lascio sfuggire un sospiro di soddisfazione quando vedo il volto del ragazzo dell’Undici apparire in cielo. Il resto della serata trascorre insonne e turbolento. Cerco a tutti i costi di rimanere sveglia, poiché sono sicura che al minimo cenno di cedimento gli incubi non mi lascerebbero più in pace. E per me una mente lucida conta più di ogni altra cosa in questo momento. Quindi, nonostante l’enorme sforzo che impiego per superare la serata, appena alzata mi sento pulita e riposata, stranamente pronta per affrontare la giornata che mi aspetta.
L’aria è calma e rasserenante, mentre decido di occupare il tempo che mi rimane per cercare del cibo, senza cui sono sicura che non riuscirei ad arrivare a fine giornata. Ho la gola sempre più secca a ogni passo che faccio, la fatica mi sta prosciugando lentamente le forze, e sento che, se non mangio qualcosa al più presto, non riuscirò a tirare fino a domani. Nonostante le poche capacità fisiche che mi sono rimaste, ho conservato una mente abbastanza composta per riuscire a riconoscere i pericoli ed evitarli.
Dopo un lasso di tempo limitato, mi accorgo di lasciare molte tracce sul mio cammino, esponendomi come una stupida preda. Senza esitazione, decido di proseguire di albero in albero, arrampicandomi sui tronchi e strisciandomi fra le liane il più silenziosamente possibile. Il caldo sembra aumentare, ma il mio soggiorno nel Cinque mi ha temprata e aiutata a sopportare le temperature più elevate. Non sudo solamente perché i pochi liquidi che mi sono rimasti cerco di tenermeli stretti quanto posso, ma non nego che sto pregando per qualche goccia d’acqua.
Stranamente, mi accorgo di essere giunta ad un rivolo d’acqua solamente quando lo scrosciare delle onde contro la roccia diventa insopportabile. Ma ciò che in realtà cattura la mia attenzione è un rumore secco poco lì vicino, che mi fa nascondere al meglio nel folto dei rami. Qualche istante dopo appare dal nulla una figura che riconosco come quella del Ragazzo Innamorato. Non è al massimo della forma, ma sinceramente ho sperato fino all’ultimo che le sue condizioni fossero irreparabili. A quanto pare la ragazza in fiamme è riuscita a tenerlo in vita, e questo è un ulteriore problema per me.
Sbuffo più forte di quanto pensassi, ma in questo momento Peeta è troppo concentrato per avvertire qualsiasi suono. Sta osservando attentamente il terreno, in cerca di chissà quale radice. Di sicuro non si cura di fare silenzio, perché produce un rumore così forte che mi domando come ho fatto a non sentirlo prima.
Trattengo il respiro e mi limito a fissare i suoi movimenti. Sorrido euforica quando lo vedo raccogliere delle bacche succose e deporle nello zaino. Non le ho mai viste prima d’ora, ma credo che lui le conosca, altrimenti non le avrebbe recuperate. Mi mimetizzo quando scorgo Peeta che si guarda intorno e si allontana verso il fiume, lasciando le provviste incustodite. Strabuzzo gli occhi. È il mio momento. Quale migliore occasione per prendere da mangiare?
Prima analizzo la situazione. Se fosse una trappola? Dubito, ma non posso negarlo con certezza. In ogni caso, se entro poche ore non metto qualcosa sotto i denti schiatto, quindi tanto vale tentare. Mi calo sul terreno il più rapidamente possibile, e con altrettanta cautela guardo il contenuto dello zaino. Annuisco soddisfatta e prendo un pezzo di formaggio, abbastanza per sfamarmi, ma non per destare sospetti. Raccolgo, inoltre, una manciata di bacche, e successivamente scappo nel folto della foresta senza voltarmi indietro. I miei passi sono pesanti e senza una meta, ma per il momento non me ne preoccupo, in quanto la mia priorità è correre il più possibile lontano da qui.
Ben presto, però, la fame si fa sentire, e mi rendo conto di aver mangiato tutte le bacche solamente quando le ho ormai masticate e ingoiate. Ma sono i secondi che vengono dopo, che mi fanno capire che quello che ho fatto è stato un errore imperdonabile. Improvvisamente, avverto la gola bruciare pesantemente, vittima del sapore mortale delle bacche che mi stanno sconfiggendo. Il mio corpo è già freddo, ma riesco a versare tutte le lacrime che mi sono concesse. Guardo il cielo senza speranza, immobile, e subito dopo esalo l’ultimo respiro che le bruciature mi permettono di compiere. Il silenzio è invadente, e io mi percepisco in balia della corrente, come se stessi increspando lievemente le onde del mare, che senza rumore mi portano alla lontana deriva che è la morte.
L’unico pensiero che riesco a formulare mi rende noto che non è giusto. Che è avvenuto troppo in fretta. A malapena mi sono resa conto di ciò che è successo. E per una mente come la mia è stato un duro colpo.
Ma io, non sono la più furba? Non sono colei che ragiona sempre di razionalità e compostezza, dai pensieri talmente lucidi che ci si potrebbe specchiare al loro interno? Non sono quella che è solita a programmare tutto, che alla strada facile e veloce preferisce quella difficile e faticosa? Non sono Faccia di Volpe, la più astuta dei Giochi?
Chi sono io? Io sono una ragazza che è riuscita a sfuggire al più temibile dei combattenti, ma che è morta a causa di una manciata di bacche. Mi sento stupida, e inutile. Ma in fin dei conti, queste bacche mi hanno garantito che rimarrò per sempre nella memoria di tutta Capitol City.
Perché non me ne vado da pedina, ma da guerriera. Dico addio a me stessa, l’unico Tributo che non si è mai sottomesso a nessuno, che è rimasto sempre sé stesso fino alla fine. E sono fiera di questo. Sono orgogliosa di me stessa, e di ciò che sono stata in vita. 

Angolo autore
Eccomi con la OS su Foxface <3 ** A parer mio, finora è la peggiore che ho scritto, ma spero comunque che vi piaccia, perché ho usato un approccio diverso rispetto alle altre. Infatti, Faccia di Volpe è un personaggio che, non essendo esposto in battaglia, ho avuto la possibilità di descrivere dal punto di vista "umano". Spero lo gradiate! Passo, poi, a rigraziare coloro che hanno recensito o letto o messo la storia fra le seguite/ricordate/preferite <3 Vi adoro!
Alla prossima!! 
   
 
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