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Autore: Purrrkwood    14/03/2013    3 recensioni
Day 1 ~ Pioggia: “Dai, rimani” gli fece il verso alzandosi “Ti fa paura un po’ d’acqua?”
Day 2 ~ Librarian: Jeff capì di aver appena avuto un colpo di fulmine al confronto del quale Lightning Lad era solo una pila scarica.
Day 3 ~ First Kiss: Ma era solo cinema, cinema con Nick. Tutto regolare. “E’ perfetto.”
Day 4 ~ Chocolate: Era un vero e proprio mondo parallelo, decorato di fiori rosa e bianchi e pieno, strapieno di cioccolato.
Raccolta di one-shot sui prompt della niff-week di marzo.
Through the sorrow, all through our splendour
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval | Coppie: Nick/Jeff
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ci sono! Scusate il ritardo, ho dormito per tutto ieri xD A questo punto sono ufficialmente sfasata per la week, visto che l' unica shot che ho pronta e finita è la sesta, ma vedrò di limitare il ritardo a un giorno o due, nonostante i prossimi giorno siano un inferno di compiti e interrogazioni. Le sigh ç__ç

Innuendo
Trough the sorrow, all trough our splendour
***
Cast a spell [First Kiss]

A diciotto anni di età, Jeff Sterling era ormai uno di quelli conosciuti,  alla Dalton. Era famoso per essere quel tipo di persona in grado di fare qualunque cosa: non necessariamente nel senso effettivo di portarla a compimento, non sempre, ma era di certo uno che non si arrendeva al primo segno di ostacolo e, con tanta buona volontà (e spesso una dose generosa di fortuna), alla fine raggiungeva il suo obiettivo. Agli occhi di tutti, un atteggiamento del genere era qualcosa di invidiabile; in realtà qualcosa che Jeff non sarebbe stato mai e poi mai in grado di fare – almeno dal suo punto di vista- c’era. Più precisamente, le cose in questione erano due: avere una media stabile in chimica e porre fine allo straziante supplizio che era la sua amicizia con Nick Duval, suo storico compagno di stanza e amore più o meno segreto. Più o meno perché, a dispetto del loro presentarsi come studenti perfetti, i ragazzi della dalton erano terribilmente, oscenamente pettegoli. Delle comari. Non si poteva fare un apprezzamento a qualcuno, nella più totale innocenza, che qualcuno ci ricamava sopra una storia. E Jeff di apprezzamenti su Nick ne aveva fatti parecchi, nei due anni passati, non tutti a voce, ma tutti piuttosto evidenti. Jeff sapeva che Nick stesso era a conoscenza dei rumors che correvano tra i corridoi riguardo a loro due, ma per qualche motivo il moro non gli aveva mai fatto domande in proposito, non si capiva se per indifferenza o imbarazzo. Ciò che era evidente, però, era che quella situazione diventava ogni giorno più ingestibile, per Jeff e per chiunque.

“Senti” quella mattina Thad gli aveva fatto trovare una brioche e la tazza di caffè già riempita sul tavolo della colazione, gesto che significava solo una cosa: dobbiamo parlare e tutto il tuo tempo ora lo dedicherai a me. Jeff conosceva Thad abbastanza da sospettare che quell’ atteggiamento sicuro e un po’ arrogante lo avesse preso da Smythe, ma Harwood non gli avrebbe permesso di cambiare discorso.

“Tu e Nick mi state uccidendo con questo gioco del gatto e del topo a cui nemmeno vi rendete conto di giocare” continuò il più basso mentre spalmava del miele sul suo pane imburrato “Visto che, nonostante tutto, io non sono affatto come Sebastian, ma ho un animo romantico, continuerò in eterno a rifiutare la sua proposta di chiudervi insieme nello sgabuzzino delle scope o di rubarvi i vestiti in palestra mentre siete sotto la doccia, ma voi due dovete darvi una mossa, chi non mi interessa.” Concluse la frase addentando con gusto la fetta di pane e lanciando un’occhiata eloquente a Jeff, che si limitò a sospirare e prendere un sorso di caffè.

“Non è una buona idea.”

“Fottiti, Sterling, stressare il mio sistema nervoso non è una buona idea” Thad alzò gli occhi al cielo e versò un cucchiaino di zucchero nel cappuccino “Non devi fartelo stasera, devi solo-”

“Non gli interesso, Thad.” Jeff aveva perso il conto delle volte che aveva ripetuto quella frase in tutte le salse possibili. Thad lo sapeva, visto che in genere era lui il destinatario di quelle lamentele.

“Ti ho già detto fottiti? Credo che tu gli interessi tanto quanto lui interessi a te, è che siete entrambi troppo disgustosamente innamorati per poter anche solo pensare di correre un rischio, anche se quel rischio significherebbe uscire una buona volta dalla zona amici, dove vi siete auto-relegati.”

“Non ci siamo relegati da nessuna parte e-”

“Infatti no, hai ragione: siete nella zona fratelli, che a mio parere è anche peggio. Ascoltami, provaci, fai un tentativo, che se aspettate di sviluppare la telepatia siamo fregati. Lo avvicini in un luogo non affollato, lo inviti a una delle vostre uscite assolutamente da amici etero – che sono più gay delle mie con Seb, beninteso- e poi vedi di trovare il momento perfetto. Per fare cosa decidi tu, hai carta bianca, io non voglio i dettagli. Ti prego. Fallo per me.”

Jeff avrebbe voluto annegare nella sua tazza di caffè, un po’ perché sapeva che cosa Thad intendesse con ‘momento perfetto’ – di nuovo, era probabilmente colpa di Smythe che lo aveva traviato-, un po’ perché l’ idea di fare qualcosa del genere gli era effettivamente balzata in testa più di una volta, nelle sere che lui e Nick passavano al cinema: nel buio della sala, Jeff aveva immaginato tantissime volte di sporgersi di lato quel che bastava per far voltare l’ amico dalla sua parte e posargli un bacio sulle labbra. Quella labbra su cui aveva fantasticato un numero imprecisato di volte e che, ogni volta che vi posava lo sguardo, sembravano incitarlo a gran voce ad aggredirle. Poi succedeva che ci pensava un istante di troppo e l’ adrenalina scivolava via nel suo sangue, facendogli perdere l’ occasione, lasciandolo con l’ amaro in bocca al pensiero che forse, se avesse avuto coraggio, in quel momento si sarebbe trovato ad usare la bocca per attività più soddisfacenti del masticare popcorn.

Sospirò, dando un morso alla brioche e gustandosi il sapore della crema: “Sì, sì, ci penserò.” Che equivaleva a ‘ci penserò, ma poi non farò nulla’. Thad sapeva anche questo, purtroppo.

Quella mattina, Jeff accolse le lezioni quasi con gioia, soprattutto quelle in cui la presenza di Thad e della sua ramanzina non aleggiava nella stanza. E arrivò il momento in cui tutte le sue paranoie su quanto la sua vita sentimentale facesse effettivamente pena dovettero lasciare spazio a cose- relativamente  - più importanti. Per l’ ora di pranzo Jeff si era già dimenticato quasi tutto. La giornata sarebbe andata come al solito, né più né meno.

“Jeff!”

Continuò a crederlo anche quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla e, voltandosi, si specchiò negli occhi che avrebbe potuto rimanere ad ammirare in eterno. Nick aveva il fiato leggermente grosso, come se gli fosse corso dietro.

“Senti, il coach ha spostato gli allenamenti alle sei invece che alle cinque, va bene se rimandiamo a mezz’ ora più tardi?”

A quel punto Jeff, dal suo stato di beatitudine che lo coglieva ogni volta che il moro apriva bocca, cadde nuovamente sulla Terra.

“Che?”

Nick sorrise “Per il cinema, dico, mi serve tempo per fare la doccia. Quando me l’ hai infilato quel biglietto nella cartella, comunque? Non avevamo lezioni insieme, oggi!”

Jeff a quel punto non sapeva da dove iniziare a pensare. Nella sua mente era tutto un mescolarsi di Nick, cinema, Nick, cosa diavolo, ma che, Nick… biglietto. Thad.

THAD.

Ti uccido.

“Jeeeff?”

Il biondo si riscosse “Oh, beh… mica te lo dico.”

Nick sorrise “Dunque…”

“Sì, sì, va bene.” Oh, sì, andava benissimo. Qualunque cosa implicasse un Nick sorridente andava bene. Ed era solo cinema, a quanto pareva. Thad avrebbe potuto regalare loro due ingressi omaggio allo Scandals, per quel che ne sapeva. Ma era solo cinema, cinema con Nick. Tutto regolare.

“E’ perfetto.”

***

Era così, sempre così: Nick passava i suoi venerdì pomeriggio correndo dietro ad un pallone, Jeff li passava nella sua stanza, cercando contemporaneamente di fare i compiti e di non lasciarsi divorare dall’ ansia al pensiero di ciò che lo aspettava quella sera. Ogni volta era sempre peggio, in realtà, perché ogni volta accumulava dentro di sé una maggiore consapevolezza di essere un completo disastro nelle dichiarazioni d’ amore – ed è inutile dire che era proprio questo, alla fine, a farlo puntualmente fallire per l’ ennesima volta. Era quasi divertente osservare come lo stesso ragazzo che si buttava a capofitto e con spavalderia in qualunque impresa, si trasformasse completamente, riducendosi ad avere la sicurezza di un cucciolo, davanti ad una sola persona. In quel momento, davanti allo specchio nell’ intento di scegliere il proprio vestiario, Jeff stava seriamente prendendo in considerazione l’ idea di non provarci nemmeno e di godersi il più possibile la serata.

Certo, fu decisamente più difficile rimanere dello stesso pensiero quando, un quarto d’ora dopo, Nick fece ritorno dal bagno, in Jeans e camicia nera leggermente aperta, i capelli ancora umidi pettinati quel poco che bastava. Jeff davvero non riusciva a capire come Nick non si fosse mai accorto degli sguardi che gli lanciava. C’ erano momenti in cui quasi implorava di essere scoperto: oh, sarebbe stato il momento più imbarazzante della sua vita, ma magari allora avrebbe avuto un motivo per non riuscire a mettere due parole di fila e, soprattutto, non sarebbe dovuto passare attraverso la fase della dichiarazione, il suo peggior incubo. Ma Nick continuava imperterrito a farsi scivolare addosso le sue occhiate languide, quasi non ci vedesse – e Jeff gli aveva dato dell’ idiota non poche volte, nella sua testa.

Sospirando, afferrò le chiavi della macchina. Nel peggiore dei casi si sarebbe concentrato sul film: che uno fosse cotto perso o no, James Franco e il mago di Oz valevano bene una serata di sospiri malinconici.

Quei sospiri, rigorosamente mentali, iniziarono nel momento in cui si sedettero in macchina, continuarono durante la cena e terminarono durante il film. Jeff lo ammetteva, esagerava sempre un po’ quando si trattava di lamentarsi. Non al punto da battere i drammi di Kurt, nel lontano tempo in cui si struggeva d’ amore per un ignaro Blaine, perso chissà dove nella top 40, ma quasi. Non ci poteva fare niente, ogni volta che uscivano si rendeva conto di quanto fosse diventato più difficile rimanere due ore seduto accanto al ragazzo che amava, cercando in tutti i modi di non sobbalzare quando i loro gomiti si toccavano sul bracciolo della sedia, o quando allungavano entrambi la mano verso il bicchiere dei popcorn, finendo con l’ intrecciare le dita. Era difficile, maledettamente difficile, resistere all’ urgenza di tenere le dita intrecciate per davvero. Quella sera, però, Nick sembrava non avere voglia di snack, la sua mano si ostinava a rimanere immobile e rigida, così come il resto del corpo. Il moro fissava o schermo senza mai voltarsi verso di lui, come faceva di solito ogni tanto, per fare qualche commento. Era assorto nella visione, sembrava. Jeff cercò di fare altrettanto.

Non ti muovere, non fare niente. Dio, quando mai ho accettato di guardare la Sirenetta con Julie domenica, com’è che faceva quella canzone? Kiss the girl? Kiss the boy… oh, Thad, vai a quel paese!

E non si accorse di nulla. Non si accorse che Nick non era poi così tanto preso dal film, che aveva in realtà passato quella prima mezz’ ora a spiarlo con la coda dell’ occhio da dietro gli occhiali 3D e che ora si era definitivamente voltato verso di lui. Successe un po’ quello che il biondo aveva sempre immaginato di fare. Si girò, spinto da chissà quale voce nella sua mente, e ciò che trovò, nel buio della sala, furono un paio di labbra perfettamente appoggiate alle sue. E, prima che potesse anche solo rendersi conto di ciò che stava accadendo, una mano dietro la nuca che lo spinse in avanti e lo tenne ben saldo in quella posizione. In un remoto angolo della sua mente decise che doveva essere tutto un sogno: perché non potevano essere di Nick quelle labbra così soffici, così calde, così perfette sulle sue. Non poteva essere Nick quello che ora si stava muovendo timidamente sulla sua bocca, quasi non  sapesse cosa fare di preciso, che stringeva piano la sua maglia e il suo collo per non lasciarlo scappare. Eppure, se era un sogno, era davvero il migliore che potesse vivere. Come se una scossa elettrica lo avesse svegliato di colpo, Jeff strinse a sua volta la presa sulla vita dell’ altro e approfondì quel bacio, troppo casto per soddisfare i bisogni repressi per tanto tempo. Lasciò che la sua lingua indugiasse per qualche secondo sulle labbra del moro, in una muta richiesta; e quando essa fu accolta si divertì ad esplorare con lentezza quella bocca, che era esattamente come l’ aveva immaginata. Quando Nick ricambiò il gesto sentì l’ adrenalina scorrere furiosa nelle sue vene. Oh, se era davvero un sogno voleva morire lì.

Quando si staccarono avevano entrambi il fiatone e sullo schermo le immagini continuavano a scorrere, completamente indifferenti a loro. Con le fronti unite si fissarono per qualche secondo, o forse minuti, o ore. In quel momento davvero non importava più. Jeff non seppe dire quanto tempo fisse passato quando ritenne di riuscire di nuovo a parlare.

“Devo dirti una cosa” sussurrò “Quel biglietto… non te l’ ho mandato io.”

Nick sorrise – e arrossì, anche- “Lo so. Thad fa schifo a imitare le scritture degli altri.”

Il biondo avrebbe voluto dire mille cose in quel momento, ma tutto ciò che potè fare fu scuotere la testa. Di tempo per le spiegazioni ne avrebbero avuto a volontà più tardi. Ricambiando il sorriso annullò quel poco di distanza che li separava, ormai libero da ogni paura.

“Ci perdiamo il film” Nick mormorò quelle parole tra un tocco di labbra e un altro.

“Mmhh…”

“Te ne” bacio “frega” bacio “qualcosa?”

“Mmh..no” Jeff gli tirò appena i capelli “Parla di meno”

E Nick ubbidì, senza indugio.

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Wuuuuuu...(?)
   
 
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