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Autore: TangerGin    22/03/2013    17 recensioni
"2003 - Lorraine Welsh è una di quegli esemplari di essere umano che dimostrano che la teoria darwiniana dell’evoluzione è vera: adesso non vige più la legge del più forte, ma del più affascinante. Del più scaltro. E lei è la più affascinante e la più scaltra ragazza di tutto il Cheshire. E sa perfettamente di esserlo."
___
2010 - Sette anni dopo Harry torna tra le mura di quella scuola, di quell'inferno che lo ha costretto per quattro, lunghi anni. E rincontra la Regina di quell'inferno: Lol Welsh.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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~ II ~


 

Con quella risata che gli rimbombava nelle orecchie, strinse ancora di più il braccio della povera professoressa Johnson, e cominciò a guardarsi attorno circospetto per cercare l’origine di quel suono familiare.
«Styles, posso capire che tornare tra queste mura dopo tanti anni possa comportare uno shock di un certo livello, ma mi piacerebbe poter utilizzare ancora questo braccio per i pochi anni che mi restano - disse, scherzosa e sarcastica, la anziana – comunque ti ringrazio per avermi accompagnata fin qua. Vado a trovare la cara Judith ma, mi raccomando, passa a trovarmi. Sai perfettamente dove abito, e mi piacerebbe tanto sapere come te la sei passata durante questi anni, nonostante ormai la tua vita sia sulla bocca di tutti, qua ad Holmes Chapel» concluse, sorridendo.
Il ragazzo lasciò la presa, scrutandosi ancora attorno per qualche attimo, per poi ricambiare il sorriso «Non creda a quello che legge sui giornali, conduco una vita molto più noiosa di quanto non la facciano sembrare! Comunque verrò a trovarla volentieri, ancora mi sogno la notte i suoi biscotti
paradisiaci al burro e cannella !»
Salutò quindi la vecchietta che, con passo calmo e traballante, si diresse verso la piccola casetta al margine del boschetto, dove abitava la giardiniera.
Adesso era solo.
Solo, in mezzo a quegli edifici pieni di ricordi, e con la consapevolezza che lei era là, da qualche parte.
Il telefono prese a vibrare nella tasca della giacca e rispose velocemente, senza nemmeno controllare chi mi stesse chiamando.
«Pronto?»
«Harry Edward Styles?»
«LOUIS WILLIAM TOMLINSON! – urlò il riccio – vecchia volpe! Si può sapere dove sei finito? Ci eravamo dati appuntamento all’incrocio per il St. Martin, ma ti ho aspettato per venti minuti e di te nemmeno l’ombra».
«Ero… impegnato» poteva vedere distintamente il ghigno marpione dell'amico dall'altra parte della cornetta, a sottointendere una certa malizia su quell’impegnato.
«Ah, beh, conosco i tuoi impegni, posso immaginare che siano stati molto, come dire, ludici» ed entrambi si persero in una risata complice.
Louis Tomlinson, il suo vecchio, caro amico, Louis Tomlinson.

Dopo il diploma, le loro strade si divisero: Louis diretto a Cambridge, dove lo attendeva una sicura carriera da avvocato, sulle orme del padre; Harry diretto verso la Capitale, con uno zaino pieno più di bozze e manoscritti che di vestiti. Ma erano rimasti in contatto, tra mail spedite ogni tanto, qualche cartolina da posti esotici e qualche visita quando Styles andava a trovare i suoi genitori ad Holmes Chapel, o quando Tommo si trovava a Londra per lavoro.
Adesso Louis, come previsto, era già diventato socio dello studio legale del padre, pronto a prendergli il posto non appena il vecchio fosse andato in pensione, mentre il riccio… beh, lui aveva fatto fortuna pubblicando i suoi diari del liceo. 
Il che gli pareva ancora assurdo considerata la quantità enorme di storie e scritti, nettamente migliori e più maturi, che aveva mandato alle varie case editrici. Eppure, per puro caso – e per pura disperazione – un giorno inviò quell’infantile diario da liceale e nel giro di pochi mesi non era solo stato pubblicato, ma era in cima alle classifiche dei best sellers dei libri per ragazzi del Regno Unito. E adesso lo stavano pure traducendo in qualcosa come cinque lingue. Ancora non se ne capacitava, ma si godeva la “fama”, se così si poteva definire.
Chiaramente, quando lo pubblicarono, Harry non si preoccupò di avvertire nessuno. Solo dopo venne a sapere che era potenzialmente citabile in giudizio – e fu proprio Louis ad avvertirlo della cosa. Inizialmente temeva anche che lui e Niall potessero essersi offesi, per le parole che aveva riservato loro in quelle pagine, ma dopotutto non era stato troppo severo, e soprattutto loro sapevano perfettamente che si trattava di un diario. Insomma, ringraziò il cielo di avere due amici intelligenti e svegli, che non si preoccuparono minimamente della cosa, anzi ne furono divertiti, se non lusingati – Tommo gli scrisse addirittura ringraziandolo per averlo citato con nome e cognome perché, a quanto pare, riusciva “a cuccare” più del solito.
Però di certo non aveva riservato mezzi termini per Lorraine Welsh e le sue tirapiedi. 
Louis gli disse subito di tenersi pronto, di mettere da parte soldi perché molto probabilmente lo avrebbero denunciato per diffamazione, o qualcosa di simile. Aveva pure pensato di cambiare i nomi, dargli dei soprannomi, ma il suo agente, concorde con la casa editrice, sentenziò che il libro avrebbe perso di veridicità. Quindi doveva solo tenersi pronto ad un’eventuale processo giudiziario.
Processo che non avvenne mai.
Nessuna di loro infatti lo citò in giudizio. Non ricevette nemmeno una telefonata infuriata, mail minacciose, nulla. Dal loro versante non fiatava un alito di vento, cosa che lo fece adagiare ancora di più sugli allori. Insomma, se non si erano incazzate loro – specialmente Lol – poteva ritenersi salvo.
Non si era nemmeno preoccupato più di tanto quando il preside Goldberg gli inviò l’invito per partecipare a quella iniziativa delle “lezioni tenute da ex-alunni del St. Martin, adesso uomini e donne di successo”.
In effetti era stato piuttosto stupido a non varare l’idea che lei ci sarebbe stata sicuramente: era già una donna di successo quando ancora non era nemmeno una donna.
In realtà, il ragazzo non aveva la benchè minima idea di che fine avesse fatto la Welsh, dopo il collegio.
Sinceramente, uno dei motivi – se non il principale – per cui era corso via a gambe levate dal Cheshire era stata proprio lei. Immaginò che fosse diventata manager di una qualche azienda, magari anche lei era subentrata al posto del padre come dirigente dell’industria di Jaguar che possedevano ai tempi. Provò a immaginarsi il suo classico sguardo sprezzante e strafottente, invecchiato di sette anni.
E mentre cercava di immaginare quegli occhi nocciola che aveva maledetto per anni, aspettando Louis seduto su una panchina sotto il loggiato, ecco che quello sguardo, quegli occhi freddi e affilati come lame, incrociarono i suoi. Era là, come previsto, che si dirigeva verso l’aula magna accompagnata da un uomo di mezza età che Harry riconobbe come il Professor Anderson. I capelli, adesso lunghi fin sotto le spalle, le incorniciavano il viso, che aveva perso quel candore tipico del liceo. La sua espressione era meno fiera e più stanca di quanto il ragazzo ricordasse. Però rideva, e quella risata che
prima aveva sentito chiaramente  perdersi nell’aria era proprio la sua.
Quando i loro sguardi si incrociarono, lui provò subito quelle stesse, fastidiosissime sensazioni di sette anni prima: rancore, astio, risentimento verso quel sorriso beffardo e quelle sfere color sabbia.
Eppure, dopo qualche frazione di secondo, ecco che tutto cambiò. Non lesse più, negli occhi della ragazza, quella tensione e quella sfida che le erano soliti, ma… vergogna. Imbarazzo, misto forse a delusione.
Perché evidentemente lei non aveva dimenticato quell’ultimo giorno di liceo, così come non lo aveva dimenticato lui, e non lo avevano fatto nemmeno i milioni di lettori del suo libro.
 


 

4 Aprile, 2003

La sveglia mattutina è sempre un trauma.
Lo so, è un luogo comune, ed è difficile per la maggior parte delle persone alzarsi la mattina, ma le sveglie del St. Martin sono pure più tremende del normale.
Il suono della tromba insistente, che proviene dal parco davanti all’ingresso, è ciò che ci penetra nelle orecchie alle sei e mezza di ogni sacrosanta mattina. Sì, perché oltre alla tromba, dobbiamo assistere alla cerimonia della bandiera, ogni giorno, non importa che ci siano metri di neve, o pioggia torrenziale, o un caldo asfissiante: tutti gli studenti, alle sette in punto, devono essere là, dritti sull’attenti, pronti a recitare fedeltà al Regno Unito. Io voglio bene alla Regina, dico davvero. E’ una vecchietta simpatica, e poi ha quei cagnolini che sono davvero spassosi. Ma se potessi dormire quella mezz’oretta in più, e non dovessi strascicarmi fuori all’alba per vedere la solita Union Jack issata sull’asta, beh, certamente ne sarei più felice, e magari ne guadagnerei anche in salute.
Inoltre, come se non bastasse lo stress provocato da un risveglio simile ogni giorno, devo anche beccarmi la Welsh, impeccabile nella sua divisa, come se svegliarsi a quell’ora improbabile non la scalfisse minimamente. Non c’è mai un segno di cedimento sotto quegli occhi perfidi, la sua pelle è sempre rosa e vivace, e quel sorriso è sempre piantato là, a ricordare a tutti quanto lei sia superiore.
«Lol, ti ricordo che oggi pomeriggio dobbiamo passare dall’ufficio del preside per parlare del ballo…»
Sentire la voce stridula di Jane Moers, di prima mattina, è forse peggio del suono della tromba. Chiaramente si sono messe in fila dietro di me. È sadismo puro. Stringo forte la mano in un pugno, serrando la mascella al contempo. Niall, alla mia sinistra, mi guarda con la coda dell’occhio e “ignorale” mima con la bocca. Annuisco impercettibilmente, cercando di concentrarmi sulla bandiera che viene lentamente issata, ascoltando la solita pappardella mattutina del preside Goldberg. Ma quelle voci fastidiose alle mie spalle sono peggio dei tarli, cristo.
«Lo so, Jane, non preoccuparti – il tono della voce di Satana è mellifluo ed accondiscendente – piuttosto vediamo di non far tardi per la riunione in redazione».
Sottolinea quelle tre parole con arroganza. E sappiamo tutti benissimo – lei, Jane, Louis, Niall ed il sottoscritto – che quelle parole sono dirette specificatamente a me. Come a sbattermi in faccia (o forse dovrei dire sulla nuca, dato che è dietro di me) che la redazione è sua.
Ma stavolta non voglio darle soddisfazioni, guardo avanti e fingo di ignorarla quando, in realtà, dentro di me sto covando scenari apocalittici con lei piantata sul rogo, pronta a fare la fine che si merita.
 
Mi avvicino alla porta dell’aula con il cuore nelle scarpe, un polpo aggrovigliato attorno alla gola, e una nuvola pesante sulla testa.
Perché non mi va, non mi va di doverla affrontare per tutto il pomeriggio, non mi va di essere sfruttato perché sono l’unico che sa usare decentemente il programma di impaginazione, e non mi va di dover reggere il confronto con lei, per l’ennesima volta. È… estenuante. Dopo quasi dieci anni, mi ritrovo davvero senza forze.
Sento il vociare concitato e divertito dall’altro lato di quella porta in legno di mogano, e rimango là, imbambolato, indeciso se varcare quella soglia o meno.
La professoressa Johnson mi vede, dal fondo del corridoio, mi sorride e mi fa il pollice su, come per incoraggiarmi. Quella donna avrà anche duecento anni ma è l’unica che forse ha capito come gira la giostra, qua al St. Martin. L’unica che per lo meno riesce a vedere dietro a tutti questi specchi, e non si lascia ammaliare dal riflesso di quello di Lorraine Welsh.
Sospiro profondamente, mi sistemo la tracolla sulla spalla e il ciuffo di capelli riccioli che casca di continuo davanti agli occhi ed entro.
Ed ecco la mirabolante redazione composta dall’arpia:
da una parte ci sono le sue scagnozze, capitanate ovviamente dalla Moers, che si occupano di articoli ai limiti del ridicolo (“SPOTTED: dichiaratevi in via anonima attraverso il giornale scolastico!” “I 10 consigli di bellezza per superare il cambio di stagione senza problemi!!” “WE ♥ SHOPPING!!!” – insomma, ogni articolo che contenga almeno un punto esclamativo);
al lato opposto della stanza possiamo notare i nerd, ovvero tutti quei poveri sfigati che sono stati ammaliati dalle false lusinghe di quella mantide religiosa della Welsh e ora sono costretti a smanettare al computer, alle prese con file salvati male da quelle incapaci, programmi impallati, idee grafiche irrealizzabili e chi più ne ha più ne metta;
in giro per la stanza, indaffarati, ci sono i tuttofare, tra cui – mio malgrado – rientro anche io: povere anime, con sogni di gloria ormai riposti in un cassetto, costretti in un limbo di tutto e nulla, ridotti a fare da impaginatori, da facchini, addirittura da cuochi – come dimenticare quando la Welsh ci costrinse a portare a lei e alle sue galline tea e biscotti?
Poi ci sono Zayn Malik e Kate Wu, gli unici due ragazzi sopravvissuti allo sterminio dei giornalisti decenti compiuto da Lorraine, e gli unici che scrivono articoli di questo nome. Loro si vedono poco da queste parti, a dire il vero: spediscono tutto qua in redazione e tocca poi a noi tuttofare il compito di leggere, correggere, e quindi pubblicare.
Infine ovviamente c’è lei, la Regina. Che si limita a controllare e tiranneggiare su ogni singola parola e frase che passa per le nostre mani. Perché se qualcosa non è di gradimento a Sua Maestà, state sicuri che non vedrà la luce del giorno: sarà accartocciato e gettato nel cestino della carta che, vi assicuro, è decisamente pieno. Non pensa nemmeno al disboscamento della Foresta Amazzonica, evidentemente.
Non saluto nessuno, se non qualche cenno del capo ai nerd e mi avvicino a Peter, uno dei miei compagni tuttofare, che è alle prese con l’impaginazione della terza di copertina.
Peter è, come me, un ragazzo del quarto anno, ben piazzato, che madre natura ha già premiato con una folta barba nonostante i 18 anni, ed è impossibile vederlo senza i suoi spessi occhiali in tartaruga. È un personaggio piuttosto singolare, ed altrettanto interessante: scrive benissimo, ed è una delle poche persone a cui forse frega davvero qualcosa del destino di questo giornale.
Mi lancia un'occhiata di saluto, per poi borbottare «Harry, non torna un cazzo: mi hanno dato due articoli da piazzare qua, in penultima pagina, ma sono troppo corti, cristo. Come dovrei fare a riempire questo buco qua? – sposta di lato il pc per farmi vedere, mentre io appoggio la tracolla sul banco e mi metto a sedere al suo fianco – sono delle cretine, se non capiscono nemmeno come si imposta un giornale io non so davvero che farci» conclude, parlando sottovoce, temendo che qualcuna possa sentirlo.
In effetti avevano pensato di dedicare la terza di copertina solo a due articoli, quando c’era posto per almeno quattro. Tirai fuori dalla borsa la mia penna usb.
Non avrei lasciato quegli spazi vuoti per nulla, cazzo.
 
«Styles? Hai finito di impostare le ultime pagine?»
Non sposto nemmeno lo sguardo dallo schermo del pc, unica fonte di luce della stanza. Ormai la sera è calata, se ne sono tutti andati e Peter mi ha mollato qua a finire il lavoro, dato che ha da studiare per il test di Matematica. Pensavo, e speravo, di essere rimasto da solo, ma come al solito mi sbaglio. Lei c’è sempre, l’ho sottovalutata per un secondo.
Clicco un ultima volta sul file, salvo, e mi alzo, sistemando i vari fogli che erano rimasti sparsi sul tavolo.
Lei si sporge verso il lavoro compiuto, scorre con il mouse e posso intravedere il suo sorrisetto beffardo spuntare sulle sue labbra.
«Non ricordavo di aver dato disposizioni simili per la terza di copertina» alza i suoi occhi nocciola verso di me. La fisso, senza risponderle.
Si avvicina a me, sempre con quel ghigno stampato sul volto ed, in questa penombra, assomiglia più ad una maschera grottesca della tragedia greca che ad una ragazza di quasi diciott’anni.
«Credo che qua ci andasse la pubblicità del pub dei Payne, o sbaglio? E qua ti sei dimenticato di inserire i ringraziamenti ai professori» continua lei, indicando i due articoli - uno di Pete sullo spreco di risorse della scuola, l’altro mio su una proposta di cineforum scolastico (un progetto che cercavo di portare avanti da mesi e mesi, senza successo), in pratica due articoli che entrambi abbiamo provato a proporre da settimane e nessuno ha mai calcolato, ovviamente.
Continuo a non proferire parola, sostenendo il suo sguardo sempre più fiammeggiante ed insolente.
«Devo ricordarti che la caporedattrice sono io? – posso sentire il suo profumo dolciastro insinuarsi nelle mie narici – quindi, adesso, da bravo: sistema questa pagina come ho detto».
No.
No, cazzo, basta.
Non ne posso più di lei, del suo tono presupponente, del suo dovermi sbattere in faccia che sì, lei ha vinto, ed io sono relegato, ancora una volta, al secondo posto.
Sbatto forte la mano sul tavolo, non ci vedo più dalla rabbia.
«NO. NO, BASTA! I nostri sono articoli ben scritti, interessanti, che potrebbero davvero aprire gli occhi a qualcuno. SAI A QUANTA GENTE GLIENE FREGA DI COME BISOGNA METTERSI LO SMALTO, CAZZO? A NESSUNO. A NES-SU-NO! Quindi, se vuoi i nostri articoli fuori dal giornale TE LI TOGLI DA SOLA, MI SONO ROTTO LE PALLE DI STARE AL TUO SERVIZIO, PORCA TROIA!» mi blocco, per riprendere fiato, mentre lei, muta, mi guarda soddisfatta.
«E togliti quel sorrisetto da quella faccia da stronza che ti ritrovi, sei inquietante – apro la porta della stanza – A mai più rivederci, pensaci tu a ‘sto schifo di giornale che hai rovinato e vaffanculo» ed esco, sbattendola con forza, sfogando così anche la furia e la frustrazione che quel mostro di ragazza mi ha causato.




Buon venerdì carissime~
bando alle ciance e ciance alle bande, inizio subito col dire due paroline sul capitolo :3 La parte di Harry 25enne è molto didascalica, perchè mi serviva far capire che strada avessero preso lui e Tommo, e soprattutto mi serviva approfondire sulla storia del suo libro... e poi ha rincontrato Lol! Ancora non si sono detti nulla - ci vorrà qualche capitolo, vi avverto xD - ma come vedete, è successo qualcosa che entrambi ricordano molto bene... non voglio anticipare nulla, però ahahahaha
Per quanto riguarda invece la parte "del libro", il piccolo Harry ha finalmente trovato le palle per opporsi a quella vipera u.u foooorse ha un po' esagerato con i termini, ma quando è troppo è troppo, ecchecccazzzzo (ah, ed è pure stato nominato Zayn :D vi avverto che non avrà un grande ruolo in questa fic, però ogni tanto comparirà in tutta la sua beltà - ho fatto anche la rima LOL)
Bene, penso non ci sia altro da aggiungere, se non un gigantesco, enorme, MASSIVE GRAZIE  a tutte voi che avete letto, recensito, e messo questa storia nei preferiti/seguite/ricordate nonostante sia solo il primo capitolo :) ♥ non so, mi sto affezionando molto a questa fanfic e spero di non deludervi con il continuo :*
luv y'all!

xx Gin
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