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Autore: Mini GD    23/03/2013    3 recensioni
Un panorama mozzafiato che prendeva dall'alto tutta la città che brulicava di vita. Tante macchine percorrevano le strade di quella grande metropoli, ricca di negozi grandi e piccoli, colorati e svariati che vendevano articoli l’uno diverso dall'altro. Una città grande, con tanti posti da visitare, ricca di cultura e storia ma anche di nuove generazioni che hanno tutta la vita da percorrere e segreti da svelare.
Come un grande albero che affonda le radici in secoli passati che vede i suoi rami verdi e rigogliosi puntare sempre più in alto fino a sfiorare il sole.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: G-Dragon, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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“Resta ancora qui, con me” ripeté, aumentando la stretta anche se la ragazza aveva fermato la sua avanzata; era tornata a sedersi, facendosi un po’ di spazio sul letto che stava ospitando il malato.
“Io non me ne vado, io resto… resto con te” lei sorrise, sentendo il suo cuore accelerare la sua corsa, pompando tanto sangue che circolava veloce, senza stimoli da parte della testa a fermarsi. Pensò di essere uscita pazza, sentiva il rumore, simile a quello delle percussioni, che il suo cuore produceva in preda al trasporto dei sentimenti, ricordandole le strane lezioni della sua professoressa di educazione fisica sul primo soccorso.
Tutto quello che aveva imparato in quelle poche ore, tra il caos della classe e le grida esterne, le erano rimaste impresse, in parte per le facce buffe e la comicità di chi spiegava, e dall’altra il suo sempre eterno desiderio di diventare dottoressa, che forse in quella serata stava trovando sfogo.
Per un attimo, arrivò a pensare che anche lui potesse sentire quel rumore così forte, visto il silenzio che ora aleggiava in quella stanza da qualche minuto.
Lei manteneva sempre la sua mano su quella pezzuola, sovrastata da quella bollente del leader che le aveva chiesto e le aveva fatto capire, in una sola frase, il suo bisogno di non restare solo a lottare contro la solitudine che tanto gli faceva paura.
Non era l’unico ad avere il terrore  del vuoto interiore che ti lascia quella sensazione di non essere abbastanza importante per qualcuno, di non valere il minimo per far restare una persona al tuo fianco. Altre milioni di persone nel globo, soffrivano di quella fobia, nascondendola da qualche parte, eclissandola nel buio dove si rafforza e cresce ,se non controllata, inglobando tutto ciò che trova. Sanno che nasconderla sotto il tappeto non serve poi a molto, che tanto prima o poi bisognerà pulire anche quello e, una volta vista la luce, quella sensazione uscirà scorrazzando ovunque, distruggendo la convinzione di averla superata.
Neanche fra le quattro mura di camera sua, era l’unico a sentire la fobia della solitudine. Insieme a lui, anche quella ragazza, che sembrava così piccola nei confronti dei grandi spazi delle camere di casa sua; lei che abitava da sola, che era scappata della propria patria e aveva ricominciato da zero, aveva paura della solitudine.

Gio’ voleva dirgli qualcosa, ma le parole le rimanevano in gola, non uscivano, si spegnevano prima di finire la loro corsa; allora l’abbracciò, facendo passare i pensieri per quel dolce contatto che gli stava donando, sperando di essere capita ancora di più, senza l’utilizzo della voce.
L’abbraccio è forse il gesto più scontato, più normale ma allo stesso tempo, eternamente diverso da uno precedente o un successivo, sempre pieno di un affetto, raccolto tra quelle braccia, che ti fa sentire a casa, anche in grandi spazi aperti. Un gesto rimasto significativo dalla sua nascita, che non ha perso la sua incredibile magia; sarà perché richiede sentimento vero, altrimenti diventa fastidioso, irritante sulla pelle.
Quella purezza di sentimenti che adesso scorrevano dal cuore martellante di Gio’, JiYong poteva sentirli, magari un giorno li avrebbe anche trascritti in musica, per far sentire a tutti il benessere che stava provando, cercando di ricreare al meglio con le note e le parole quel fiume di pensieri che scorrevano dalla mente di lei a quella sua. Tutto in un abbraccio, che sembrava trasportarsi all’infinito, staccandosi dagli obblighi dello spazio-tempo e vivere in un universo a sé; forse è questa la soluzione per vivere per sempre giovani?
Dischiuse le labbra convita, stavolta, di dovergli dire tutto quello che, in quei mesi, aveva pensato e ripensato. Ora che poteva, visto che il tempo non le mancava, non riusciva a spiccicare parola; la gola bruciava, chiedendo presto acqua, magari quella fresca ,che ora si era acquietata nella bacinella.
La porta si aprì, lentamente, lasciando filtrare qualche raggio di luce della lampadina del corridoio esterno, squarciando il buio che regnava in quello spazio quadrato. L’abbraccio, che li aveva uniti in quei minuti o ore, si sciolse, entrambi attirati da quei fasci lucenti che aumentavano sempre di più in spessore, man mano che la porta veniva aperta, illuminando una porzione sempre più vasta della stanza.
La lentezza nell’aprire quella porta aveva aiutato gli occhi dei due chiusi lì, lasciandoli abituare poco per volta a quell’intrusione colorata che, altrimenti, li avrebbe accecati per qualche secondo, portandoli, magari, anche a imprecare contro l’intruso.
Quando la porta fu aperta abbastanza, si potevano distinguere le ombre in controluce, di quattro teste, che avevano altezze e tagli di capelli differenti; portavano con sé anche un grande vociare, che fino a quel momento nessuno dei due aveva sentito.
La testolina più bassa di tutte, allungò il braccio, arrivando all’interruttore e abbassando la leva per permettere agli elettroni di circolare per i circuiti, illuminando con la loro folle corsa, anche quella camera che si espandeva per altre due camere-armadio.
“Come ti senti?” domandò stesso quella, mentre entrava seguito a ruota da quella folla
“Meglio, sento già meno caldo” rispose JiYong, fissando i suoi amici che sospirarono, felici che non fosse qualcosa di preoccupante
“E io che stavo per chiamare il becchino per festeggiare!” scherzò Seungri, fingendo una faccia triste, di quelle che usano i bambini quando vengono a sapere che la mamma ha detto di no e no rimane.
“Sarà per un’altra volta, ma se proprio ci tieni a farlo venire, dimmi chi ha messo quell’obbrobrio di colori davanti la porta” lo fulminò con lo sguardo, sperando che fosse proprio il pandino ad averlo messo
“Perché? Non ti piace? E’ così bello, mi ricorda vagamente quello che indossi di solito” mentre parlava, aveva cambiato espressione, guardando in un  punto indefinito della camera con occhi sognanti. Gli mancava la bava e si poteva dire che sognava ad occhi aperti.
“Seungri!” l’ammonì, sghignazzando, quello che doveva essere il più grande e maturo di tutti
“Niente sforzi” disse decisa Gio’, mantenendolo fermo sul letto, bloccando sul nascere ogni possibile corsa tra il leader e il maknae. Si sapeva che quei due amavano punzecchiarsi a vicenda, per poi passare le giornate a correre come Tom e Jerry, con l’unica eccezione che loro erano persone.
“Lo so, non mi muovo” alzò le mani in segno di resa, mentre vedeva il suo “Jerry” che, da dietro al SeungHyun, gli lanciava linguacce
“Bene” riprese la parola YoungBae, alzandosi dai piedi del letto dove si era seduto “ Se stai meglio, possiamo andare a dormire, tanto sei in buone mani. A meno che tu non desideri tornare a casa, restiamo noi al posto tuo” aggiunse premuroso, puntando verso la ragazza che aveva ripreso posto sulla sedia al lato
“Nono, andate, resto volentieri io” scosse un paio di volte la testa per poi sorridere come invito a fidarsi di lei, tanto nessuno l’avrebbe scollata da lì, neanche la regina Elisabetta e il suo thè delle cinque. Loro lo sapevano, perciò preferirono congedarsi in fretta, augurando la buona notte ad entrambi; richiusero la luce e la porta, facendo tornare il buio in quella camera e il coraggio nella voce di Gio’.
“Sai… hai notato come la luce era entrata nella camera, illuminandola tutta piano piano, rendendola più colorata e vivace?” cominciò a parlare senza guardarlo, solamente stringendogli la mano, con lo sguardo puntato verso la maniglia che ora era di nuovo abbassata, segno della chiusura
“Si” rispose stranito, non capendo se la sua era una domanda rivolta a lui, o semplicemente verso se stessa, per legare quel particolare a un discorso che gli stava facendo
“E’ stato come te, come la tua entrata vivace nella mia vita che stava diventando grigia e monotona” confessò, togliendo lo sguardo dalla porta  e puntandolo su quello del ragazzo, anche se in quel buio era difficile distinguere qualcosa.
Era riuscita a dirglielo, senza tanti giri di parole, usando un esempio che gli era balzato agli occhi, come un aiuto dal cielo. Sentì aumentare la stretta intorno alla sua mano e sorrise, sincera, mentre il suo cuore batteva ancora più forte e le sue guance prendevano un colorito rosato; le sentiva calde, sapeva di non essere un tipo abbastanza deciso in questioni di cuore, perciò non si stupì, ma si beò del buio che non ingigantiva la sua timidezza.
Non voleva essere risposta, voleva semplicemente dire a modo suo un grazie sincero nei confronti di JiYong, che era stato il suo salvatore. Con la mano libera tornò a bagnare il panno, per rinfrescargli la fronte
“Adesso dobbiamo rimisurare la febbre e vedere se è scesa” aggiunse poi, staccando anche l’altra, per cercare il termometro sul mobiletto dove prima l’aveva buttato distrattamente.
  


-Grazie, ovviamente, a chi arriva fino in fondo e chi nei capitoli precedenti mi ha lasciato una rescensione, fate di me una persona felice, sul serio!
Quindi i ringraziamenti vanno in particolare a 
steffy007 ,sonnensystem -tu recensisci sempre, un mega grazie-e a LeLe_Sun 

E in più ad AkuroChan che ha cominciato a leggere la storia, e mi lascia recensioni che mi fanno commuovere.
Vi adoro tutte, sappiatelo <3
  
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