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Autore: Debbymaiar    24/03/2013    0 recensioni
Beatrice Beati è sposata da più di 500 anni con il mago Lorenzo Ottavio Libera ( per gli amici L.O.L), uno dei più temuti maghi del pianeta e l'unico a essere ad aver scoperto il fantomatico elisir di lunga vita. Il fratello di Beatrice, Mario, è un donnaiolo incallito con un debole per i guai, e Virgilia, la misteriosa guardia-tata del corpo di Beatrice, sono unici componenti di questa strana e millenaria famiglia. Un misterioso incidente colpirà Beatrice e la manderà in coma e nella sua testa incontrerà la misteriosa Atropo che le proporrà un'offerta allertante: la verità dietro alle sue visioni, in cambio di una consegna a domicilio.
Inizierà quindi un viaggio che coinvolgerà questa magica famiglia nella fantomatica Statale 13, sotto la guida di Virgilia( l'unica che conosce la strada), dove i sogni si avverano e i tormenti vengono amplificati.
Ma c'è qualcuno che trama nell'ombra: una donna bionda che si fa chiamare Aletheia e sette draghi che incarnano i sette vizi e i loro contrari.
Ma qual è davvero la verità?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Quando all’età di otto anni mio padre mi regalò un pennello e una tela su cui dipingere, un nuovo mondo si aprì davanti a me. Una realtà  fatti di colori, sentimenti e messaggi nascosti. Ciò che non potevo esprimere con le parole, lo trasmettevo attraverso ciò che disegnavo.
Certo, era un regalo molto inusuale per una bambina del XII secolo  d.c, ma l’originalità e l’assurdità andavano a braccetto nella mia vita.
Basta pensare al passato.
Siamo a Verona, il freddo affonda i suoi artigli d’aria gelida dentro la pelle delle persone; la città è viva, il suo cuore pulsa tra il rumore dei clacson delle macchine , le chiacchiere dei passanti e le luci di Natale che addobbano i palazzi e le vie. Vedete quella ragazza uscire dalla fumetteria “Topilino”? È bassa, indossa un cappotto bianco , i ricci biondi sono coperti da un cappuccio con due piccole orecchie nere da gatto e dalla sua bocca screpolata esce una grossa nuvola di vapore.
I suoi occhi azzurri brillano come un diamante davanti alla copertina del  nuovo numero di Dragon Age.
Quella sono io.
Appoggio le labbra sulla superficie del fumetto. Un malata di fumetti e videogiochi, ecco cosa sono.
Guardo il cielo: le nuvole sono sparpagliate come spruzzi di bianco su una tela d’indaco. Metto il fumetto nella borsa a tracolla, mi infilo i piccoli guanti neri e mi incammino in direzione della  fermata del pullman.
Incrocio le braccia e aspetto, mentre sbuffo altre nuvole di vapore e le guardo scomparire nell’aria.
Dopo un quarto d’ora arriva il bus e salgo, mi siedo vicino al finestrino e do un veloce sguardo all’Arena: hanno piazzato una grossa stella cadente che esce dal foro e tocca terra. I lampioni sono accesi e i vetri del veicolo luccicano sotto le loro luci.Manca solo la neve, solo che in questi tempi arriva sempre più tardi.
Immagino i candidi fiocchi scendere sul giardino di casa, formando un sottile manto bianco, che cresce a ogni cristallo di ghiaccio. Io seduta e creo un castello di neve, sul volto le gote rosse e il sorriso di una bambina.
Proprio come i vecchi tempi.
Tiro l’Ipod dalla borsa e mi infilo le cuffie nelle orecchie. Appoggio la testa contro il vetro.
Ho ancora una  trentina di minuti avanti.

«A che pagina sei arrivata?»chiede Virgilia, entrando nel mio studio. Tra le mani ha un vassoio con una tazza di the fumante.
Metto la matita sopra l’orecchio e mi stiracchio. «Centotrentasette».
Lei sorride e posa la tazza accanto al mucchio di vignette in bianco e nero che avevo appena finito.«Certo che man mano che vai avanti, il numero dei volumi aumenta».
«Dipende da quante cose ci metti nella storia. Comunque entro domani dovrei finirlo, dopodiché lo consegnerò alla ditta a gennaio» prendo la tazza e soffio « Naturalmente la  prima lettrice sarai tu, come al solito».
Virgilia prende la sedia accanto a me e si siede.«Non vedo l’ora di vedere che fine farà la nostra Eldunari, se mai riuscirà a trovare la fantomatica strada dei desideri» fa un sorrisetto degno di un gatto« Dimmi, lei e  Davids’innamoreranno mai?».
«Oh no, non ti dico niente,  aspetta che la storia finisca» e bevo un sorso di the.
Gli occhi  azzurri di Virgilia si perdono in un punto indefinito.«Ricordo che quando eri piccola ti arrabbiavi perché non riuscivi a disegnare bene le cose, mentre invece ora guardati: una fumettista, e per di più di successo».
« Ricordo bene e ricordo anche che la cosa a mia madre non piaceva….ma lei è un caso a parte, non le piaceva praticamente niente di me» bevo un altro sorso. “Beatrice, da quando in qua le donne dipingono? Perché invece non impari a cucire?” diceva la voce  stridula della megera, ma in aiuto arrivava mio padre
“ Lasciala stare tesoro, se è il suo sogno  è meglio che lo segua”.
Lui mi  capiva, perché suo padre avrebbe voluto diventare anch’egli  un artista, ma la morte prematura del fratello maggiore lo portò a prendere le redini della famiglia.
«Piuttosto,  come è andato l’appuntamento con  Mario?» chiedo  d’istinto.
Virgilia arrossisce e aggrotta  la fronte.« Il solito idiota, come sempre».
Le do una gomitata, ridacchiando «Eh sii, certo secondo me lui ti piace. Sai, mi piacerebbe averti come cognata».
Le sue guance diventano rosse come due pomodori  e  mi da un’occhiataccia con i suoi occhi di ghiaccio.
« Ma per  favore! Sposarmi con lui? Ma lo hai visto? È un irresponsabile e io cerco persone con la testa per terra».
«Ehhh, ti piace».
«Smettila».
«Ti piace, ti piace, ti piace» allungo le labbra e imito lo schiocco di un bacio.
«Beatrice,se non la smetti giuro che ti sigillerò quella…».
Il telefono  squilla. Sorrido maliziosa, mentre Virgilia mi lancia scintille dagli occhi.
«Pronto?».
«Ehi Bice, come va?». È la sua voce, calma e calda come un abbraccio. Il cuore inizia a battere forte e tirai un sospiro di sollievo. Anche se da secoli andava avanti e indietro per il mondo, non riuscivo mai del tutto ad abituarmi all’idea che lui uscisse dalla porta di casa, fuori dal mio occhio vigile.
«L.O.L! Come stai tesoro? Niente di grave?
«Tigrotta, è stata solo una visitina al mio tempio, niente di pericoloso».
«Lo sai che  c’è ancora la Setta Oscura in giro che vuole solo vederti morto. Oggi ho cercato di non pensarci, ma…beh…».
«Guarda che ormai so che mandi Virgilia a spiarmi»il suo tono era leggermente infastidito. Mi tremarono le gambe, come una bambina che veniva beccata a rubare caramelle. Diavolo, da quando lo sapeva? Avevo ordinato alla mia tata-guardia del corpo di non farsi vedere. Do uno sguardo interrogativo a Virgilia, lei si limita ad alzare le spalle.
«Ehm…io…beh….scusa, ma chi…te lo dice…».
«Credi  che non mi accorga dei fruscii e dei bisbigli tra le ombre? A volte penso che mi ritieni un incapace».
«E allora perché non mi porti con te?».
«Ci sono alcune cose che devo verificare io stesso in qualità di  Capo dei clan delle streghe d’Europa».
«Ah, allora non ti fidi di me? O pensi che sia solo un intralcio dal momento che non ho poteri?».
«Senti, ne discutiamo a casa. Piuttosto come va col lavoro? E con l’università?»
Guardo per un breve attimo le vignette del fumetto«Bene, bene, manca poco alla fine del fumetto. Poi te lo faccio leggere; all’università va bene, a febbraio dovrò dare l’esame di psicologia» sospiro« Dimmi, ce la farai ad arrivare a Natale? Oppure sarà come l’anno scorso?».
Già, l’anno scorso ero rimasta sola con Virgilia, la mobilia e la cena fredda( ci avevo messo tutta me stessa per farla), dal momento che mio fratello era alle Canarie con due giovani streghe e i miei amici dell’università non potevano venire per svariati impegni. Un Natale da schifo e quando mio marito ritornò gli avevo cantato la più lunga e terribile sgridata da quasi cento anni. “Tesoro, c’è stato un contrattempo, ma ho fatto tutto il possibile….”.
 “Lo so che in realtà te ne sei rimasto nel tuo bel tempietto maya a contemplarti il tuo tesoro, dimenticandoti completamente del Natale che è pure nello stesso giorno del mio compleanno! E per di più sono rimasta sola con Virgilia, ad aspettarti e tu non rispondevi nemmeno! Ma sai che esistono i cellulari? Non hai nemmeno avvisato!”.
La scena che seguì fu una rincorsa da preda a predatore, dove mio marito fu costretto ad usare un incantesimo “pietrificante” per evitare di essere  ridotto a una scatoletta di Emmental dalla sua moglie-tigre.
Prima regola fondamentale della casa: mai dimenticarsi il mio compleanno.
«No, tesoro, questa volta nessun ritardo, promesso. E se ci fosse, ti avviserò. Ho anche un regalino per te….».
Socchiusi gli occhi e ridacchiai.« Eh dai, così aumenti la mia impazienza ! Anche io ho un regalo per te….anzi due, di cui uno è totalmente gratuito».
«E sarebbero?».
«Eh, se te lo dicessi, non sarebbe una sorpresa» dissi con una voce sensuale.
«Va bene, senti ora ti devo lasciare, a presto».
Lo salutai e riattaccai.
«Ma gli hai davvero preso un regalo?» chiese Virgilia, intrecciando con le dita una ciocca dei suoi lunghi capelli rossi.
«Certo, arriverà domani stesso dall’Australia».
«Dall’Australia?».
«Sì, diciamo che è un pezzo molto, molto, molto antico».

I menestrelli suonarono  e un gruppo di  signori e dame iniziò a ballare, tra sguardi intensi, complotti politici, gelosie. Ecco cosa si celava dietro le risa e le noti calzanti della musica dei menestrelli. Mai  odiavo  momenti come quello, dove la falsità andava in giro con maschere e passioni.
Mia madre, Madonna Marina Nieri Beati, mi teneva stretto braccio e affondava le sue mani nella mia carne, come un leone che azzannava la preda per non farla scappare.
In trappola, mia madre mi conduceva davanti a uomini molto più grandi di me e tra varie occhiate spietate mi costringeva a intrattenere conversazione con loro.  Ormai sapevo qual era il mio ruolo: mogliettina ubbidiente che doveva solo sfornare figli.
Nessuno voleva ascoltarmi. Solo mio padre e mio fratello Mario mi capivano, almeno un po’. Ma purtroppo, quel giorno nessuno dei due c’erano: uno era rimasto a letto malato e mia madre, invece di assisterlo, aveva preferito esibire la sua figlioletta a quel corteo di uomini spaventosi, mentre mio fratello era in guerra.
 Madre sorrideva, con i lunghi capelli neri intrecciati con perline che incorniciavano il volto pallido e pieno,e le labbra rosse come il sangue.  Per lei quei ricevimenti erano la sua occasione per innalzarsi, non contenta di ciò che aveva.
«Madre, voglio andarmene da qui» dissi e liberai il braccio dalla sua stretta.
«Oh, non fare la sciocchina. Qui ci sono i più importanti uomini della città, è un grande onore per noi essere invitate».
Diedi un breve sguardo a un uomo grasso che mi fissava con due occhietti brilli.«A me non piacciono».
«Dovrai farteli piacere, ognuno di loro potrà darti un futuro da vera signora».
«Io non voglio sposarmi».
Lei mi guardò con quegli occhi neri e autoritari che conoscevo fin troppo bene.«Beatrice, devi capire che qui le donne non hanno spazio,  ma solo uno scopo . È  bene sfruttare questo scopo per raggiungere il proprio interesse».
«Allora io andrò a vivere nelle foreste, dove tutti sono uguali».
«Certo, a sguazzare nel fango con le belve feroci» e rise.
Scossi la testa e mi allontanai. Gli animali erano cento volte migliori degli esseri umani, la mia gatta Virgilia ne era un esempio.
«Dove vai?».
«A bere qualcosa, posso almeno questo?».
Mi voltai, ma sapevo che mia madre continuava a tenermi d’occhio. Mi avvicinai  al tavolo imbandito e versai del vino in una coppa di legno.
Trattenni le lacrime. Volevo scappare lontano da quella gabbia, non volevo essere la moglie di un uomo grasso e pervertito che poteva inchiodarmi al muro quando voleva e sfornare bambini anch’essi grassi e pervertiti.
Se solo ci fossero stati Mario e mio padre forse l’atmosfera sarebbe stata mento tesa.
«Voi dovete essere Madonna Beatrice, figlia di Donato Beati» disse una voce dietro di me. Mi voltai: un uomo alto e snello, con i capelli argentei e gli occhi verdi. Aveva un largo sorriso sul volto come se fosse soddisfatto di avermi rivolto la parola.
E purtroppo anch’egli era molto più grande di me, forse perfino più vecchio di mio padre.
M’inchinai, ricordando le regole della buona educazione.«Mio signore, è un piacere vedervi».
“Chissà perché proprio il signore del castello si è interessato a me”. Quell’uomo era Lorenzo Ottavio Libera, membro di una potente famiglia veneziana e uno dei più ricchi e temuti mercanti della Serenissima. Secondo le dicerie, se ne stava sempre in solitudine, nel suo laboratorio,  a fare esperimenti pericolosi.
«Sapete, più crescete, più diventate graziosa».
Sgranai gli occhi e deglutii la saliva.
«Ci siamo già incontrati?».
Lui annuì, scrutandomi con i suoi piccoli occhi verdi«Sì, un giorno venni nella vostra residenza per questioni d’affari, sapete, vostro padre è uno dei miei più validi subalterni , e quel giorno intravidi due fanciulli piuttosto vivaci azzuffarsi, la bambina poi, era selvaggia come una tigre».
Arrossii. Non me lo ricordavo! E poi cos’era una tigre?
«Mi dispiace che abbia visto l’ariete e non l’agnellino».
«Non si deve dispiacere» disse con un sorriso« Preferisco le persone che sanno difendersi, soprattutto se sono donne».
Come per magia, mia madre apparve accanto a me, con gli occhietti neri che brillavano avidi. S’inchinò.
« Signore Libera, che piacere vederla, vedo che ha già conosciuto mia figlia…»,
«Certo, Madonna Marina. È una giovane schietta e molto graziosa» e spostò lo sguardo nella mia direzione. Feci un passo indietro, senza smettere di fissarlo. Erano occhi affamati, quelli di un mendicante che vedeva una moneta per la strada, nascosti da quel sorriso gentile e affabile.
« È una fanciulla piena di risorse, certo, ammetto che fin da bambina aveva un “fuoco” che le ardeva lo spirito, non stava mai ferma! Ma ha un grande amore per la poesia, il disegno e il canto».
«Non fraintendetemi male, Madonna Beatrice, ma sono sorpreso del fatto che siete in grado di leggere».
Corrugai la fronte. Odiavo quando gli uomini consideravano noi donne degli stupidi animali da salotto, fini solo alla procreazione. Se ci avessero dato in mano un libro, avremmo dimostrato il contrario.
«Mio padre pensa che i libri rendono liberi e la libertà è di tutti» dissi a denti stretti.
Rise amaro.« Vostro padre è sempre stato un uomo particolare, per questo è utile per i miei traffici commerciali. Ma lascia che ti dica una cosa: la libertà assoluta non esisterà mai, perché saremo sempre controllati da qualcuno, che sia la Chiesa, l’Imperatore, il Doge o la stessa madre».
Il sorriso ansiosa di mia madre sparì.
Il marchese Lorenzo Ottavio Libera guardò la gente ballare nel salone.«Madonna Beatrice, vuole concedermi un ballo?».
«Signore, vuole la schiettezza o il buon parlare?» domandai.
«Apprezzo la prima».
«Odio ballare e non ho intenzione di farlo ora ».
Mia madre era sul punto di svenire e sicuramente pensava che il mio rifiuto  fosse stata una condanna all’onore della famiglia.
Lorenzo Ottavio Libera non smise di sorridere, s’inchinò, mi prese la mano e me la baciò. Rabbrividii.
«Ora purtroppo devo lasciarvi, ma spero veramente di rivedervi un giorno. Non si vedono creature così graziose in giro».
“Ecco, vattene, lasciami da sola”.
Il Marchese salutò mia madre con il medesimo inchino e posò una mano sulla spalla di un uomo basso e mezzo calvo.
Mia madre si voltò verso di me, con un rossore d’eccitazione che le attraversava l’intero volto.
«Beatrice, hai visto? Il Marchese Libera si è interessato a te, questa è un’opportunità da non rifiutare!».
«Madre! È più vecchio di mio padre e poi non mi piace, troppo servizievole!».
Mi voltai girai il Marchese: non so come, ma avevo l’impressione di essere in qualche modo legata a lui. Ma perché?

«Svelta Virgi! Ha detto che arrivava fra dieci minuti!» dico, aiutando Virgilia a preparare la tavola.
Posate, bicchieri, tovaglioli, tutto era in ordine. Un quadro perfetto.
«Vado a vedere il tacchino !» annuncio. Vado  in cucina: un odore di carbone bruciato alleggia nella stanza.
«Merda, il tacchino!» grido. Spengo il forno elettrico e lo apro: la carne è scura, a metà tra il marrone e il nerastro, e sibila sotto il calore come un orrendo mostro deforme nato da un esperimento mal riuscito.
Virgilia, con la sua leggendaria calma, entra in cucina.
«Cos’è questo odore?».
«Il tacchino, dannazione!» mi volto verso di lei« Si è mezzo carbonizzato. Riusciresti a “ripararlo”?».
Virgilia sospira.
«Ti prego, è urgentissimo, voglio dimostrare a mio marito di non essere una cuoca distratta, ti prego, fallo per me!» dico, ammorbidendo la voce e ingrandendo gli occhi come i gattini.
«Va bene, ma solo per questa volta. Ricordati sempre che gli sbagli possono migliorare le persone» mormora; alza una mano: il tacchino, da bruciacchiato, riacquista il fascino succulente di un tacchino cucinato dal migliore chef e un odore appetitoso si distribuisce nella cucina.
Ecco cosa mi piaceva di Virgilia: in qualsiasi evento improbabile, riusciva a creare un lieto fine per tutto. Magie miracolose che nemmeno mio marito riusciva a fare.
«Mmmm, cos’è questo buon profumino?» dice una voce maschile.
Sorrido e, come una bambina, percorro il lungo corridoio che conduce all’entrata. Mio marito è lì, davanti a me. Indossa  una felpa nera e un berretto nero che toglie, rivelando i lunghi capelli castani e lisci.
Senza dire niente, mi butto tra le sue braccia e affondo il volto sul suo petto.
«Ehi, cos’è questa scenata? Sono stato via solo per qualche settimana».
«Non importa, mi manchi lo stesso, sei il mio polo opposto che irrimediabilmente mi attrae».
Mi prende il mento con l’indice e il pollice della mano destra e preme le sue labbra sulle mie. Un bacio svelto, ma potente.
«Molto comodo il teletrasporto, dovresti provarlo, sai?».
Scuoto  la testa.«No, l’ultima volta mi ha fatto venire la nausea…».
Lui alza lo sguardo e sospira.
«Puoi anche smettere di fissarci, Virgilia» mormorò .
Il volto della domestica sbuca tra le pareti, semitrasparente come quello di un fantasma. I lunghi e ondulati capelli di fuoco si muovono  nel muro, come se fossero stati dentro l’acqua.  Esce fuori dalla parete e ritorna in carne ed ossa.
«Beh, ero curiosa di vedere la tua reazione» . Scompare e riappare alle spalle di mio marito che sussulta.
«Sme….tila! Lo sai che non sopporto quando fai cosi!» dice lui. Virgilia ride e ci guida fino alla sala da pranzo. Schiocca le dita e il tacchino appare in tutta la sua maestà sul piatto centrale, seguito dall’insalata russa, la capricciosa e gli insaccati, disposti in altri piatti.
«Ho cucinato io e questa volta non si è bruciato» e piego le labbra in un largo sorriso.
«Sicura che non avrò un biglietto di sola andata per il bagno?».
Gli do una gomitata sul fianco, lui si piega.
« Eh dai! Stavo solo scherzando!» disse.
«Sai che ci tengo a queste cose!».
Mio marito sposta lo sguardo sulle sedie che circondano la tavola« Ce ne sono quattro, viene qualcuno?».
«Sì, dovrebbe venire Mario» guardo Virgilia« Ma dov’è? ».
Lei alza le spalle.«Mi ha detto che sarebbe arrivato a momenti, vuoi che gli telefono?».
«No, aspettiamo, magari ha incontrato traffico…».
«Oppure sta rimorchiando con una bella ragazza» aggiunse mio marito.
Virgilia socchiuse gli occhi e ben sapevo che, dietro quell’azzurro gelido, si stava creando una fusione nucleare potenzialmente distruttiva.
Gelosa, eh?
«Enzo, ma che dici! Non farebbe mai una cosa del genere al mio compleanno» dissi.
Mio marito mi abbraccia da dietro e posa le labbra sulla mia guancia destra« Che ne dici di aprire il mio regalo?».
Con l’indice gli faccio il segno “no” «A mezzanotte, dopo la messa».
«Oh, andiamo, questa volta non potresti sgarrare? ».
«No, perché la mezzanotte è il momento più magico, giusto?».
Ride.«Va bene, tigrotta».
  
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