Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: Blackmoody    24/03/2013    2 recensioni
Nel frattempo l’agente Hill si era spostata in un angolo, la fronte corrugata e due dita premute sul proprio auricolare come se stesse ascoltando qualcosa con estrema attenzione:
«Signori, devo interrompervi. Ho appena appreso novità importanti da Boston.» annunciò infatti, e i suoi occhi grigi saettarono nervosamente da Fury a Thor.
[...] «Diversi invasori sono stati uccisi prima che la nostra squadra di ricognizione giungesse in città, e non a opera dell’esercito o dei civili. Molti testimoni hanno confermato di aver visto un’auto decappottabile di marca italiana color verde oliva sfrecciare per le strade con a bordo due persone armate che hanno attaccato i nemici in almeno due differenti occasioni per poi scomparire verso le campagne. Una di esse portava in testa un elmo cornuto.»

Erin Anwar è una midgardiana giovane, brillante e arrogante. Non ha poteri o strani segreti, solo una mente particolare – e non brama l'asservimento. Non per se stessa, sicuramente. Il giorno in cui la sua strada incrocia quella di un certo dio asgardiano sarà un giorno che almeno due mondi ricorderanno a lungo.
Post-Avengers, diciassette capitoli, EPIC BADASSERY.
microcorrezioni 2O14
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Majestic Tale of the Mischief Maker and the Flute Maiden'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
9

9.

Baby, we were born to rule

 

 

 

 

 

 

Thor afferrò Loki per le spalle e lo scosse fraternamente:

«Sono così felice di trovarti in salute, fratello! Non vedevo l’ora di parlarti di persona.»

Il Dio degli Inganni roteò gli occhi con insofferenza e si scostò bruscamente:

«Non condivido il tuo sentire.» sentenziò in tono glaciale.

Il biondo parve non farci caso e cavallerescamente prese una mano di Erin, che osservava i due asgardiani con un sorrisetto di scherno e un sopracciglio inarcato.

«E costei deve essere…» iniziò a dire il Dio del Tuono.

«Ottima domanda, fustacchione.» s’intromise Tony Stark facendo un passo avanti e togliendosi la maschera di Iron Man: «Chi è la bella signorina? È lei che hanno visto con te a Boston a bordo della decappottabile, Camoscio d’Oro?»

Loki si voltò verso di lui come una biscia e lo fulminò con lo sguardo, e automaticamente gli altri quattro Vendicatori assunsero una posizione di guardia: Barton gli puntò contro l’arco e Natasha una delle proprie pistole, Rogers sollevò lo scudo e Banner si limitò a ringhiare per rammentare al dio cosa gli era accaduto l’ultima volta che si erano trovati a meno di un metro di distanza; Stark si strinse nelle spalle ed Erin sfilò la mano da quella di Thor.

«Non cominciamo con le idiozie, signori.» intimò Nick Fury facendosi largo tra gli astanti, vestito di nero da capo a piedi come al solito nonostante la calura: «Cerchiamo di fare chiarezza in fretta e senza venire alle mani. E voi,» disse ai poliziotti e ai soldati che si trovavano ancora sul ponte e che fissavano ammaliati la scena, «filate immediatamente a fare qualcosa di utile in città.»

Quelli obbedirono, e al centro del Golden Gate rimasero solo i diretti interessati:

«Dunque, signorina, potrei sapere il suo nome e perché si accompagna al qui presente individuo?» chiese Fury interpellando l’irlandese direttamente. Si era aspettato un uomo, quando i testimoni avevano riferito di una seconda persona, di sicuro non una giovane donna attraente armata di uno strumento musicale. Adesso che l’aveva vista era convinto che la ragazza fosse manipolata dall’asgardiano, e intendeva appurarlo.

Ma Erin mantenne il sorrisetto e utilizzò una delle tattiche di conversazione preferite di Loki: «Allora siete voi i famosi Vendicatori? E fate parte di quello S.H.I.E.L.D. di cui ho sentito parlare? È un onore incontrarvi.» ammiccò in risposta.

«Se ti consideri onorata di conoscerci come mai lavori per lui?» interloquì l’arciere indicando il Dio degli Inganni, che ora osservava la ragazza di Galway per scoprire come si sarebbe relazionata ai ridicoli supereroi umani.

Il sorriso scaltro di Erin si trasformò in una squillante risata: «Io non lavoro per lui, io sto con lui! E niente mi vieta di provare simpatia per voi, dato che a quanto mi risulta non siamo in guerra tra noi. Comunque, per accontentare il signore con la benda sull’occhio,» e s’inchinò scherzosamente in direzione di Fury, provocando in lui una contrazione irosa della mascella e in Stark un ghigno divertito, «il mio nome è Erin Anwar, sono irlandese e suono da tre anni nella Boston Philharmonic Orchestra. C’è altro che volete sapere?»

«Con “sto con lui” intendi che sei sua complice o che c’è qualcosa di più?» indagò la russa.

L’irlandese sogghignò e Loki la affiancò, ponendole una mano sulla spalla:

«Non avete niente di più importante a cui pensare del domandarvi quale relazione vi sia tra me e la donna d’Irlanda? Me ne compiaccio.» li schernì.

«Piccolo cervo, devo ammettere che hai buon gusto.» approvò Iron Man.

«Piantala di provocarlo, Stark.» suggerì Steve Rogers in tono grave.

«Fate silenzio!» urlò il direttore dello S.H.I.E.L.D. prima di tornare a rivolgersi alla bizzarra coppia: «Perché siete qui, asgardiano? Qual è il tuo piano, stavolta?»

Il Dio degli Inganni allargò teatralmente le braccia: «Mi sembra evidente. Non stiamo forse contrastando la stessa invasione aliena ai danni del vostro piccolo pianeta? Oppure ho frainteso le vostre intenzioni?»

«Le nostre intenzioni sono sempre limpide, al contrario delle tue.» replicò secco Fury.

«Eppure sembra proprio che stavolta combacino.» chiosò Loki, la voce blanda.

Thor lo guardò speranzoso: «Allora unitevi a noi, fratello! Combatteremo fianco a fianco questi nemici e salveremo Midgard insieme. Nostro padre sarà fiero di noi.»

L’espressione dell’altro s’indurì: «Ho detto che combaciano le nostre intenzioni, non i nostri scopi finali. Bloccare gli attacchi non prevede necessariamente una mia alleanza con voi.»

«Se non t’interessa proteggere la Terra, cosa che in effetti è più logica da parte tua, perché stai prendendo a mazzate il tuo ex esercito?» intervenne Stark.

«Per non farla cadere nelle mani sbagliate.» ghignò Loki con eleganza.

Il significato sottinteso nelle sue parole indusse i membri del Progetto Avengers ad assumere nuovamente posizioni di guardia, pronti all’attacco o alla difesa, e per riflesso anche Erin impugnò il flauto con entrambe le mani, frapponendosi tra i sette e il suo compagno.

Ma il Dio del Tuono sollevò Mjölnir e si mise tra l’irlandese e i propri colleghi:

«No! Lottare tra noi adesso non servirebbe a nulla. Prima dobbiamo fermare i nostri comuni nemici, o Midgard sarà perduta.» gridò con fermezza.

«Tu non parli con obiettività, Thor.» lo freddò il capo dello S.H.I.E.L.D.

Il biondo guerriero lo squadrò: «Sarò il primo a combattere Loki se la situazione lo richiederà, direttore Fury. Voglio bene a mio fratello, ma ciò non mi rende stolto.» affermò orgogliosamente, e i suoi fieri occhi color del cielo cercarono quelli del Dio degli Inganni.

«Oh, ciò ti ha sempre reso stolto.» lo corresse questi in un sibilo, e nel dirlo cinse la vita della flautista di Galway e la tirò a sé. Erin dedicò un arrogante cenno di saluto ai loro interlocutori, intuendo che la conversazione era terminata, e in un attimo lei e l’asgardiano scomparvero dal ponte, dissolvendosi nell’aria infuocata di quel pomeriggio di giugno.

 

 

«Ci siamo teletrasportati!» trillò deliziata l’irlandese nel ritrovarsi di punto in bianco accanto al Duetto, ancora abbracciata a Loki.

«Voi midgardiani avete modi singolari di definire le cose.» commentò lui, pallido e lievemente stanco; muoversi nello spazio con qualcuno a carico non era semplice.

Montarono in macchina ed Erin accese la radio domandandogli: «Credi che ci seguiranno?»

«Non adesso. Ci controlleranno a distanza, ma non sprecheranno energie preziose per noi, non ancora. Thor sa essere persuasivo.» rispose il Dio degli Inganni.

Lei sorrise: «Tuo fratello non è stupido come appare.»

Loki scrollò il capo e tacque. Le ultime parole del Dio del Tuono gli riecheggiavano in testa e non poteva negare di aver avvertito una tiepida morsa al cuore nell’udirle, quella debolezza che lo coglieva ogni volta che un membro della sua sciocca, adottiva famiglia gli dimostrava il proprio incondizionato affetto. Al contempo il riferimento al Padre degli Dei gli aveva suggerito un’idea per riconquistarne il totale favore: gli sarebbe bastato dichiararsi amico e alleato degli eroi umani, di Thor medesimo, e lottare al loro fianco per un’unica battaglia. Questo, unito al legame che aveva stretto con la donna d’Irlanda, avrebbe dimostrato a Odino che era degno di tornare, che era degno di fiducia. Ma il legame che ormai esisteva tra lui ed Erin Anwar non era stato in alcuna maniera programmato, e per unirsi alla causa dei Vendicatori aveva bisogno di un proprio tornaconto, di un concreto vantaggio per sé.

«Sembra che Baltimora sia in grave difficoltà. Ci facciamo un salto?»

La voce dell’irlandese lo strappò a quelle riflessioni, e Loki la guardò: il suo profilo elegante si stagliava come disegnato contro il chiarore estivo che li circondava e i capelli raccolti in una coda alta mettevano in risalto il suo bel collo e la scollatura della maglia che indossava. Col passare dei giorni l’attrazione che esercitava su di lui non accennava a diminuire, ed egli si rendeva conto che per la prima volta nel corso della sua lunga vita non provava il desiderio di tessere inganni e trame per far sì che quell’assurda mortale restasse con lui – magari perché poco gl’importava, magari perché trame e inganni non servivano: Erin Anwar sarebbe rimasta comunque al suo fianco, e quella consapevolezza lo colpì d’improvviso come un pugno in pieno petto. Tuttavia era un pugno piacevole, e un po’ ne fu turbato.

«Una meta vale l’altra, donna d’Irlanda.» replicò infine, tornando a sogghignare.

La ragazza di Galway ruggì per l’eccitazione e accelerò, abbandonando le strade semideserte di San Francisco, la musica che fluiva dalle casse dell’auto a tutto volume.

Trascorsero così altri giorni e vi furono altri scontri. Il Duetto verde oliva continuò a viaggiare attraverso i molti Stati dell’America del Nord e diverse città ricevettero il prezioso aiuto sia del Duo degli Inganni, come Stark ribattezzò la musicista e l’asgardiano, sia dei Vendicatori.

Le due fazioni riuscirono a incrociarsi una volta soltanto, a Miami, e con gran dispiacere di Thor ed esasperazione di Nick Fury finirono con l’iniziare una schermaglia poco amichevole tra loro dopo aver sgominato uno squadrone di soldati di Thanos su una delle splendide spiagge della metropoli: Loki ebbe la meglio su Hawkeye, ancora bramoso di rivalsa nei suoi confronti, per poi trovarsi faccia a faccia con l’Incredibile Hulk e battere di conseguenza in abile ritirata; Erin ingaggiò suo malgrado un fallimentare duello contro l’agente Romanoff, al quale Iron Man assistette con evidente interesse, e soltanto il perentorio intervento di Capitan America evitò il peggio. L'ordine era di dare la massima priorità alla messa in sicurezza dei civili, non di lottare per questioni futili.

Ma per quanto efficacemente agissero, per quanto liberassero le città dagli invasori, skrull, chitauri e kree non si fermavano, e sempre di nuovi e più numerosi ne arrivavano, e sempre più capitali e paesi subivano i loro attacchi. Giunsero notizie allarmanti dall’Europa e ben presto anche dagli altri continenti, e forze d’ogni tipo si mobilitarono per contrastare quell’invasione su scala mondiale: eserciti regolari, squadre speciali, polizia, persino improvvisati giustizieri spesso più coraggiosi che pericolosi. Proliferarono incredibili atti d’eroismo ai quattro angoli del globo e tantissime persone ne seguirono l’esempio dando nel loro piccolo filo da torcere agli spietati nemici. In molti persero la vita e i Vendicatori combatterono con maggior ardore, spingendosi oltre i confini americani.

La gente parlava nuovamente di loro e delle loro gesta, e al tempo stesso presero a circolare voci sulle rapide e infallibili apparizioni di una giovane donna armata di un flauto magico e di un guerriero dall’elmo cornuto, sebbene mai i media li avessero immortalati ufficialmente.

Eppure niente di sostanziale cambiava e del titano rosso non v’era segno in alcun dove, e l’impressione generale era che quelle scene e quelle battaglie si sarebbero ripetute all’infinito.

 

 

Un pomeriggio il telefono di Erin squillò senza preavviso.

Lei e Loki si trovavano in un anonimo tratto di campagna, e per sfuggire al caldo torrido si erano riparati sotto un grande albero frondoso attorniato da campi di grano maturo: il Dio degli Inganni riposava con la schiena poggiata al tronco, la mente persa in chissà quali pensieri, e l’irlandese se ne stava distesa tra l’erba e le spighe mandando messaggi agli amici di Boston per assicurarsi che fossero vivi e interi; il Duetto era parcheggiato poco più in là, sportelli spalancati e capote abbassata per rinfrescarlo, e dall’autoradio uscivano discrete le note delle canzoni del primo album degli Ok Go.

D’un tratto il cellulare prese a vibrare tra le dita di Erin: sullo schermo apparvero il numero e il volto sorridente di suo fratello Seamus, e lei si alzò di scatto. Aveva sentito la sua famiglia di recente, chiamando a casa per sapere com’era la situazione, e suo nonno le aveva detto di non preoccuparsi, che loro stavano bene e che a Galway era tutto tranquillo.

Il fatto che suo fratello le stesse telefonando ora la rese dunque inquieta:

«Mus! Mus, che succede?» gridò convulsamente nell’apparecchio.

Loki aprì un occhio per capire cosa stesse accadendo e la fissò.

«Erin, dove sei?» rispose Seamus dall’altra parte, e la sua voce concitata sembrava provenire da molto lontano. In sottofondo si udiva un gran rumore.

«In America, dove vuoi che sia? Cosa succede?»

«Erin, devi aiutarci! Devi venire qui, e subito!» la pregò il fratello.

L’irlandese emise un verso d’impazienza: «Seamus, porca puttana, dimmi cosa cazzo sta succedendo e dove cazzo è “qui”! Non ho tutta la giornata!»

Loki aprì anche l’altro occhio e si tirò su in piedi, e dal telefono il ragazzo spiegò:

«Siamo tutti a Dublino e quegli affari ci hanno attaccati. Cioè, hanno attaccato Dublino e non possiamo andarcene via. Siamo in trappola, e non credo che questi vogliano razziare la fabbrica della Guinness. Vieni qui e fai qualcosa, ti prego!»

«Aspetta, aspetta.» lo frenò la sorella: «Dublino è stata invasa dai soldati di Thanos? Dagli alieni? Voi che accidenti fate a Dublino, Mus? E perché pensi che potrei aiutarvi?»

All’altro capo dell’apparecchio ci fu una deflagrazione, la comunicazione gracchiò e Seamus lanciò una sonora bestemmia: «Sì, gli alieni, chi altri? Io, mamma, papà e il nonno eravamo venuti qui a fare un giro, visto che è domenica, e ho pensato di chiamarti perché non sono stupido, Erin, e su internet non si parla d’altro che di te e del tuo amico con le corna in testa.»

«Chi ti dice che quella di cui parlano sia io?» ridacchiò Erin per sviarlo.

«“Una tizia belloccia che usa un flauto traverso come arma e impreca con forte accento irlandese”.» citò suo fratello in fretta: «Descrizione calzante.»

«D’accordo, mi hai beccata. Ma sono in America e voi in Irlanda, Mus, e dubito che troverò un aereo che possa portarmi lì in dieci minuti.» concesse lei.

«Inventati un modo! Sennò qui...» incalzò Seamus, ma la linea cadde di colpo ed Erin rimase immobile con l'iPhone muto in mano e il cuore che le picchiava violentemente nel petto. La sua famiglia era in pericolo, riusciva a pensare soltanto, e non sapeva cosa fare.

«Che accade?» domandò il Dio degli Inganni avvicinandolesi.

La flautista deglutì a vuoto e lo guardò: «Dublino è tenuta in scacco dai nemici. I miei si trovano lì, adesso, e mio fratello mi ha chiamata per chiedermi aiuto. Non ci voleva, cazzo, non ci voleva proprio.» mormorò. Le sudavano odiosamente le mani.

«Immagino che suggerirai di recarci laggiù.» ipotizzò l’asgardiano in tono piatto.

«Che altro dovrei suggerire? Stiamo parlando della mia famiglia, del mio paese e della fabbrica di birra migliore del mondo.» ringhiò lei camminando nervosa sul posto.

In silenzio entrambi considerarono i pro e i contro per prendere una decisione e darsi una risposta: l’Irlanda era distante un oceano intero e solo usando i suoi poteri avrebbero potuto raggiungerla, calcolò Loki, e la presenza dei parenti avrebbe rischiato di indebolire e distrarre la ragazza di Galway, poiché legami del genere creavano sempre problemi. Però era pur vero che si trattava di combattere gli stolti esseri mandati dal titano e che Dublino era un’altra città da riconquistare, come le precedenti. Il Dio degli Inganni rammentò una cosa che la musicista gli aveva spiegato a proposito del farsi pubblicità e del farsi amare dalle folle, e ritenne che probabilmente quella era un’occasione d’oro per sperimentare quel metodo midgardiano di raccogliere consensi e farsi temere e rispettare. Metterlo in pratica nella terra natìa di Erin Anwar sarebbe stato un bene.

«Chiudi il veicolo e reggiti a me.» le disse allora.

Erin sgranò gli occhi e ubbidì: «Lo rifacciamo? Ci teletrasportiamo a Dublino?»

«Che termine dannatamente sciocco.» fu il laconico commento di Loki, e senza aggiungere altro la abbracciò e si concentrò a fondo.

Di nuovo i loro corpi parvero divenire parte integrante dell’aria e l’irlandese serrò le palpebre e si strinse all’ampio torace del compagno, il flauto già pronto tra le dita. Avvertì prima caldo e poi freddo, sentendosi come sbalzata in alto con un ascensore fuori controllo; non ebbe l’impressione di volare, ma la vertigine fu simile.

Quando capì di essere tornata coi piedi per terra e il senso di squilibrio scemò, si gettò un’occhiata intorno: riconobbe le basse case di mattoni e pietra e le strade lastricate del centro di Dublino e il profumo inconfondibile della pioggia d’Irlanda, e con un sorriso nervoso si scostò appena da Loki per muovere qualche passo. Come in America, la città risuonava di una babele di rumori assordanti, di grida ed esplosioni e spari, e la gente correva senza meta per le vie in rovina nel tentativo di sfuggire alla prigionia e alle picche degli skrull.

Nel vedere i due nuovi venuti materializzarsi dal nulla coloro che si trovavano lì smisero di correre e li mirarono con meraviglia e speranza.

«Dublinesi! Qual è la situazione?» li interpellò Erin a gran voce levando le braccia in alto.

«Ci sono scontri ovunque e l’esercito non riesce a fermare quei tizi.» rispose un uomo indicando un punto indefinito alla fine della strada, oltre il fumo.

«Stanno riunendo molte persone vicino al porto per tenerle sotto tiro, e uccidono chiunque si ribelli.» aggiunse una signora dal volto fuligginoso rigato di lacrime e sudore: «E non sono pochi quelli che ci hanno provato.»

L’elmo di Loki baluginò d'improvviso nella luce velata del sole e una sorta di lungo e sottile bastone dorato prese forma tra le sue mani, sotto gli sguardi incantati dei presenti.

«Renderemo onore a questa umana ribellione.» decretò con il suo innato carisma, e la ragazza di Galway sorrise ben sapendo che quel comportamento avrebbe catturato il cuore della folla. Infatti i dublinesi li acclamarono e li pregarono di fare giustizia, e il Duo degli Inganni avanzò a grandi passi sul lastricato umido.

La gente li seguì formando un corteo e lungo il tragitto ognuno raccolse da terra oggetti di ogni tipo e dimensione da usare come armi, e altri si unirono a loro tenendo dietro alle figure erette di Erin e Loki. Incontrarono un drappello di kree che inseguivano uno sparuto gruppo di civili e militari in fuga, e con un ruggito la musicista si lanciò all’attacco, subito seguita dall’asgardiano: il flauto d’argento e il bastone aureo brillarono assieme mentre calavano e colpivano i nemici, e la folla ruggì a sua volta dando loro manforte.

Avanzarono ancora, e sempre più persone uscirono dalle case e dai nascondigli per accodarsi a quella marcia inaspettata.

E quando raggiunsero la piazza affacciata sul mare in cui gli invasori tenevano in ostaggio metà dei cittadini e combattevano contro i soldati irlandesi – quando quel piccolo esercito di gente comune guidato da un dio nordico e da una donna di Galway fece la sua roboante comparsa in scena – i guerrieri di Thanos si ritrovarono come travolti da un’ondata di piena, e fu battaglia. Loki ed Erin parvero danzare nell’aria, il verde manto del Dio degli Inganni che fluttuava come un glorioso vessillo e i capelli sciolti dell’irlandese che ondeggiavano come una cometa d’oro brunito. Le sembrava di avere una palla di fuoco nel petto fatta d’eccitazione, paura e trionfo che la faceva sentire viva più che mai: si stava battendo per la terra che l’aveva vista nascere, e per quanto quel pensiero avesse un sapore antiquato in quel momento non avrebbe potuto esserci emozione più grande.

Erin cercò Loki con lo sguardo e per una manciata di istanti ammirò la forza e la bellezza della sua sagoma intenta nella lotta, avvertendo la palla di fuoco nel proprio petto bruciare di più.

Lo scontro ebbe fine dopo un indefinito lasso di tempo. Morti e feriti giacevano in tutta la piazza e sulle banchine più prossime del porto, e l’esercito d’Irlanda teneva sotto il tiro dei propri fucili gli invasori sconfitti e sopravvissuti; c’era chi cercava qualcuno, chi si abbracciava e chi piangeva, e nessuno riusciva a distogliere gli occhi dalla strana coppia giunta come un miracolo a liberare Dublino e la sua gente.

Loki ed Erin stavano al centro della folla, fieri come un re e una regina nonostante i tagli e le ecchimosi sulla pelle e i respiri affannosi, e si sorridevano vittoriosi. Per la prima volta la flautista di Galway provò qualcosa di più profondo e articolato del semplice desiderio fisico per colui che aveva al proprio fianco, qualcosa che le procurò un groppo in gola e una ridicola voglia di piangere. Tuttavia non cessò di sorridere né di guardarlo con gioia.

Poi voci festose si levarono, coprendo i lamenti, e la gente di Dublino e i militari presero ad acclamare con ardore crescente coloro che li avevano aiutati; c’erano persino giornalisti armati di telecamere e macchine fotografiche che immortalarono finalmente il Duo degli Inganni in tutta la sua gloria, portando così a compimento i pronostici di Erin.

E d’un tratto accadde: un uomo di mezza età si avvicinò, prese le mani dell’asgardiano e dell’irlandese, li ringraziò con impeto e s’inginocchiò. Uno dopo l’altro il resto degli astanti lo imitò, e ben presto i due si trovarono circondati da una folla prostrata e riconoscente. Loki seppe allora che la sua compagna aveva ragione e che lo scopo della loro venuta a Dublino poteva dirsi raggiunto.

Il timore da solo non era sufficiente a guadagnare il rispetto, la fiducia e la deferenza di un popolo: questa era la lezione di Erin Anwar.

«Se mai dovessi un giorno regnare su questo mondo,» asserì il Dio degli Inganni in tono forte e chiaro, «avete la mia parola che sempre vi proteggerò come ho fatto quest’oggi.»

Forse i midgardiani non capirono esattamente cosa intendeva, o forse smisurato era il loro sollievo per lo scampato pericolo, eppure fatto sta che tutti esultarono a quella frase, applaudirono e inneggiarono a Loki ed Erin, e l’intera piazza fu in festa. I due ne furono immensamente sorpresi e compiaciuti, e il sangue rombò loro grato nelle vene.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

> Note a piè di pagina

Conflitto d’interessi in atto tra la nostra mezza dozzina di eroi prediletti e il DUO degli Inganni – perché Stark è Stark e i soprannomi migliori li deve trovare lui. I miei “proto-lettori” (ovvero il mio consorte e alcune fidate compari) hanno trovato strana la presenza di Fury sul campo di battaglia, dal momento che è il direttore operativo e che la leadership degli interventi spetta di solito al Capitano; tuttavia il vecchio Nick è troppo cazzuto per starsene sempre alla base a monitorare i suoi scavezzacollo. Insomma, pensate alla scena in cui tenta di fermare il velivolo con la testata nucleare armato di lanciarazzi! Spero perciò che mi perdonerete questa piccola licenza narrativa.

Per i novelli Bonnie & Clyde dei Nove Regni non poteva mancare una parentesi irlandese, tanto più se per prendere gli invasori a legnate. Inoltre Loki sta iniziando a recepire lo stile midgardiano di Erin per abbindolare la gente…

Il titolo del capitolo è una variazione su quello della celeberrima Born to run del Boss, al secolo Bruce Springsteen. Come musiche d’accompagnamento suggerisco Shake the ground delle Cherri Bomb (già parte dell’album dedicato a The Avengers), Kill your heroes degli Awolnation o Nicaragua di Jerry Goldsmith, di nuovo dalla colonna sonora di Django Unchained.

Siamo esattamente a metà dell’opera :)

Ossequi asgardiani e alla prossima!

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Blackmoody