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Autore: Ellie_x3    26/03/2013    2 recensioni
Quando i miei cugini, che ora giacciono negli ossari come martiri della guerra Boshin, erano giovani e dediti allo studio del Cinese classico, io avevo l'abitudine di prendere parte alle loro lezioni. Ero solo una bambina, ma divenni stranamente brava e capivo con facilità i passaggi che loro trovavano troppo difficoltosi da comprendere e memorizzare.
Mio padre, un uomo colto, se ne dispiaceva moltissimo.
"Solo fortuna!" diceva "Che peccato che non sia nata uomo."

Contesto: da Toki no Kizuna a Hekketsuroku
On hiatus fino a data da definirsi -causa ispirazione morta, casini scolastici e soliti problemi in real. Non so se ho intenzione di finirla, davvero, ma prima o poi caricherò almeno i 10 capitoli già pronti.
Sorry, y'all
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Toshizou Hijikata
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Ume Nikki



Quando i miei cugini, che ora giacciono negli ossari come martiri della guerra Boshin, erano giovani e dediti allo studio del Cinese classico, io avevo l'abitudine di prendere parte alle loro lezioni. Ero solo una bambina, ma divenni stranamente brava e capivo con facilità i passaggi che loro trovavano troppo difficoltosi da comprendere e memorizzare.
Mio padre, un uomo colto, se ne dispiaceva moltissimo.
"Solo fortuna!" diceva "Che peccato che non sia nata uomo."

Sorridevo di quelle parole, un tempo. Per farlo penare di meno, mi esiliai volontariamente nel mondo dei monogatari.
All'alba del 1864, però, capii.
Da quel giorno, avrei dato qualsiasi cosa per essere in grado di combattere la guerra di coloro che amavo.

[Smile One moment
vacant stare the Next
Unbroken treads of yearning thoughts
realm of dreams ever before me.
]

Tang Xianzu; Il Padiglione delle Peonie
Du Liniang; Scena 36



.0.

La sposa di Edo

Vivevo da molti anni in stanza arredata tradizionalmente, sobria, nel bel mezzo di una villa costruita sulle sponde del Arakawa.
La mia vecchia residenza, Fuyuhara, era stata confiscata insieme a numerosi beni di famiglia, tuttavia non me ne ero curata: dopo aver vissuto con ansia la rivoluzione Meiji e i cambiamenti del mio paese, avevo smesso da molto di lasciarmi intaccare dal mondo esterno.
Lasciando che altri camminassero in mia vece, quando io non dormivo né mangiavo, avevo cercato. Per cinque anni, attraverso occhi e gambe altrui, avevo battuto le strade di Tokyo alla sua ricerca.

“Qui dentro” la invitò una cameriera, la stessa che l’aveva accompagnata per tutto il tragitto, indicando oltre la porta occidentale che insistevo per tenere aperta “La signora vi attende”.
Chizuru annuì, con l'aria perplessa. Era diventata una bella, giovane donna e aveva vissuto nel freddo di Ezo, gomito a gomito con persone importanti, ma ancora sembrava un coniglietto spaurito di fronte al lusso.
Non facevo fatica a comprendere il perchè.
Non era da sola, prima.
C’era lui, prima.
Le venne nuovamente indicata la porta e lei la superò a passi lenti, guardandosi bene attorno. Si poteva dire che avesse imparato la prudenza ben prima dei tempi Ezo, durante i suoi anni a Kyoto, e che conoscesse il valore di un’occhiata attenta.
Potevo ben immaginare il suo sconcerto nel vedersi aprire davanti davanti una grande sala bene illuminata che misurava almeno tre tatami per sei, con muri bianchissimi e due kimono appesi alla parete. Uno pareva un aquilone, con due amanti rappresentati sotto un grande pruno in fiore ricamato su gonna e maniche, mentre l’altro era più cupo ed un uomo abbigliato da kuge sembrava per essere inghiottito dalle onde.
Quei kimono. I suoi occhi vi indugiarono un istante di troppo -come se capisse, come se sapesse.
“Yukimura Chizuru.”
Chizuru si irrigidì nel sentirsi chiamare e io mi stupii di quanto fosse diventata debole la mia voce.
“S…Sono io.” Asserì, affondando in un profondo inchino.
“Lo so, lo so. Ma guardati, come ti sei fatta grande.”
La ragazza sfarfallò le ciglia, senza capire, e io mi sentii stringere lo stomaco in un nodo di nostalgia. Ma guardati…sì, avrei dovuto dirlo a me stessa.
Vedova, con i fianchi allargati da una decina di gravidanze e gli occhi arrossati dal pianto, dovevo essere l'immagine della miseria: a quarant'anni ero anziana ma non curva, con i capelli neri sciolti sulle spalle e ancora il portamento che imitava quello delle principesse d'altri tempi. Quello, quello la restaurazione non aveva potuto mutarlo.
Vestivo d’un viola acceso, una cascata di seta eliotropo drappeggiata sulle mie ossa minute.
Sapevo cosa avrebbero ricordato quel colore alla piccola Chizuru, poiché lo ricordava anche a me ogni giorno, da cinque lunghi anni.
Da quando le lettere si erano interrotte e Ezo si era rivelata per il miraggio che era -eppure Hakodate, Hakodate era reale. Troppo reale.
Le rivolsi un sorriso che desiderava essere accomodante.
“Quanti anni sono passati, Chizuru-chan.”
“Mi conoscete?” domandò, con un filo di voce. Temeva la risposta, questo era piuttosto chiaro: lo leggeva nel fondo dei suoi occhi color terra e nelle movenze scattose.
Si era nascosta dagli Oni, vivendo come un’umana nella città che l’aveva vista crescere e che sapeva essere abbastanza grande da nasconderla, ma forse aveva sempre sospettato che l’avrebbero trovata.
Era stata una sorpresa enorme, per me, scoprire la vera natura di Chizuru.
“Quando eri una bambina, sì. Ti comprai i dolcetti.”
“Perdonatemi, non ricordo.”
Risi una risata leggera come carta da Origami. La luce iniziava a ferirmi gli occhi.
“Oh, lo immagino. Ma cercando Toshi ho trovato te…e non me lo sarei mai aspettata. Che coincidenza.”
Toshi.
Chizuru spalancò le labbra e, per un momento, parve sul punto di crollare in ginocchio. Barcollò, impallidì, si sciolse davanti ai miei occhi.
“Hijikata-san?”
Di nuovo quel tono terrorizzato.
“Quando lo conoscevo io era ancora il ragazzino che attirava clienti a Matsuzakaya, il negozio di kimono.” La corressi, gentilmente. Lei era ben più piccola, all'epoca, non poteva ricordare...non poteva immaginare. “E l’ho cercato per vedere se ne era rimasto qualcosa, sotto le spoglie dell’oni.”
“Hijikata-san è…”
“Lo so. Non dirlo. E’ difficile per entrambe pronunciare quelle parole, temo.”
“Sono passati anni.” mormorò, asciutta.
Comprendevo bene perchè sembrava che non gliene importasse poi molto, vedevo sotto la maschera: aveva pianto troppo, dagli anni della Shinsengumi in poi. Aveva amato troppo.
Eravamo tutte come l'acqua in un pozzo dimenticato ed esposto ai raggi del sole: secche.
“Non sempre basta il tempo, Chizuru-chan. Lasciatelo dire da una donna ormai vecchia che sa di cosa parla...” un sorriso, sulle sue labbra spente. Sembravano essere state belle, ma ora erano pallide e sottili. “Tuttavia, non ho trovato Toshi ma te, e ti ho fatta chiamare ugualmente. Hai idea del perchè?”
La ragazza scosse la testa.
Voglio saperlo.
Voglio rendermi utile.
Anche senza parlare, era capace di farsi capire. E Toshi, diventato insofferente alle chiacchiere per sua stessa ammissione, l'aveva apprezzata proprio per quello?
“Vorrei esservi utile, Obaa-san.”
“Lo sarai.”
Voce, voce come sabbia che scorre in una clessidra. Morbida e ruvida al tempo stesso.
Non ero più abituata a parlare tanto.
“Come?”
“Desidero che tu mi leghi le caviglie, Chizuru.” fu la mia risposta. Pacata, composta, una donna non troppo vecchia che diceva di averla conosciuta quando era bambina le chiedeva assistenza nella morte. Mi rendevo conto di come dovevo apparirle strana, e Chizuru mi dedicò uno sguardo smarrito che ricambiai senza batter ciglio. “Ho formalmente posto termine alla mia vita con la morte di Hijikata Toshizou. Desidero che tu mi possa aiutare nel compimento dell'atto fisico.”
“Perchè io?”, domandò.
Aveva visto morire uomini e donne a sufficienza per due vite, quella ragazza, ma ero ben lontana dal provare pena per lei.
Al contrario, forse, la stimavo.
L'avevo conosciuta sulle strade di Edo e attraverso la scrittura affilata delle lettere di Toshi. Era incapace di provare risentimento nei confronti di quella ragazzina, e così accadeva anche a me.
Era forte.
Passiva, forse, ma forte.
“ Perchè lo conoscevi nel suo momento di maggior forza e debolezza. Ha smesso di rispondere alle lettere da troppo tempo perchè io possa conoscere l'Hijikata Toshizou che conosci tu.” mentii.
“Vorreste lui, ad assistervi.”
Ah, questo era vero.
L'aveva capito.
“Sì. Ma lui non potrebbe, poiché è una questione di donne. Ed era tanto tempo che speravo di rivederti, Chizuru-chan. Posso chiederti questo favore?”
Chizuru esitò.
Un momento troppo lungo, troppo pregno d'indecisione, tanto da farmi temere che mi avrebbe negato un favore. Non ero certa di poter sopportare un rifiuto, non da lei: la bambina incontrata per caso, con il padre medico e la risata di campanelle.
Avevo fatto così tanto affidamento, su di lei...
“Lo farò.” disse, solo, e seppi che sarebbe stata fantastica.
Lo farò.
Una promessa senza tanti complimenti.
“Bambina, hai preso così tanto dalla Shinsengumi.” commentai, non senza affetto. Avrei desiderato abbracciarla, ma le gambe non mi avrebbero retta. “Grazie. Grazie davvero.”

Non le dissi che prima avrei celebrato le nozze spettrali, poiché non v'era necessità di turbarla.
In fondo, non era Hijikata Toshizou l'uomo che volevo sposare: desideravo solo la sua compagnia oltre la morte. Forse era per questo che avevo atteso così tanto per porre fine alla mia vita, senza seguire né il primo né il secondo degli uomini che avevo amato.
Avevo aspettato il terzo.
E poi, ancora, avevo atteso la piccola Chizuru poiché non potevo far nulla senza parlarne con lei, senza renderla partecipe. Toshi non sarebbe stato felice, altrimenti -se felice poteva dirsi vedendomi legata ad uno Shiranui.
L'approvazione di Toshi.
Bah.
L'approvazione di un contadino.
Non avevo mai smesso di chiedermi, dall'estate del 1853 al giorno del mio jigai, perchè fosse così importante.



Note:

"Quando i miei cugini [...] nata uomo": Le prime righe sono prese, anche se con alcune modifiche, dai Murasaki Shikibu Nikki. 
Jigai: Suicidio rituale femminile. Serviva un'assistente, appunto, per legare le caviglie.


---Io, niente. Ecco. Sono felicissima di essere riuscita a postare Ume Nikki, finalmente. 
E' un lavoro complesso, con una quantità incredibile di citazioni classiche, ma sono fiera di poter dire che mi sto divertendo un mondo.

E, spero, potrò farla piacere a qualcuno tanto quanto a me.





   
 
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