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Autore: VioletBow    27/03/2013    0 recensioni
Ho iniziato questa raccolta per un contest da cui poi mi sono ritirata per mancanza di tempo ma mi era troppo affezionata ai personaggi per abbandonarli quindi l'ho continuata facendomi suggerire prompt da persone a caso.
Se voleste suggerirmene qualcuno, mi farebbe piacere :3
[Essendo una raccolta, avvertimenti e rating potrebbero variare.]
Genere: Fluff, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Rating: Verde.
Prompt: Locale.
Note: Triste; One-shot [856 parole].
 
Tirò su con l'unica mano libera il colletto del pesante giubotto nero per abbassare la testa e nasconderci parte del volto mentre, stringendo con l'altra mano il manico del suo ombrello verde mela, si faceva strada tra fidanzati a braccetto sotto un unico ombrello e passanti di corsa che tentavano di ripararsi al meglio da quella pioggia che aveva iniziato a scendere, fitta e improvvisa, sull'affollata città di New York.
Alle sue spalle, a chilometri di distanza, giaceva l'Empire State Building che, confondendosi con il cielo grigio, sembrava non avere fine ma a cui lui non era mai stato interessato; viveva lì da ormai cinque anni, da quando, grazie alle raccomandazioni del padre, si era trovato un buon posto di lavoro appena finiti i quattro anni al college ma, per quanto potesse sembrare irreale, odiava quella città sempre così caotica e piena di gente che non sa guardare al di là del proprio naso.
Ricordava ancora gli sguardi invidiosi dei suoi compagni ogni volta che ammetteva di avere già un posto assicurato nella Grande Mela ma a lui non era mai andata a genio l'idea di doversi chiudere in un ufficio spoglio, che non riusciva ad arredare se non con l'essenziale perché non lo sentiva suo... Avrebbe voluto allontanarsi dall'America e dal trambusto delle grandi città, viaggiare il mondo, camminare sotto l'Arco di Trionfo, festeggiare il Capodanno cinese e magari gettare una moneta nella fontana di Trevi.
Lottando ancora un po' contro la folla, giunse finalmente nel luogo a cui stava puntando fin dall'inizio: era un locale poco frequentato che aveva conosciuto per caso, in un giornata uggiosa come quella, giusto l'anno prima.
Chiuse l'ombrello e spinse la porta in legno, che ogni volta gli lasciava qualche pezzo di vernice arancione sulla mano, in fretta perché il posto non offriva neanche un tettoia sotto cui ripararsi... Infatti bastò quel breve lasso di tempo perché alcune gocce di pioggia, che era riuscito a evitare per tutto il tragitto, si infilassero tra i capelli neri che si ostinava a non pettinare in un modo che potesse almeno un minimo considerarsi ordinato.
Il campanello posizionato sopra lo porta suonò come ogni volta ma l'unica ad ascoltarlo fu una giovane ragazza che, da dietro il bancone, gli sorrise come se lo stesse aspettando.
- Ciao, David. - lo salutò, tenendo con una sola mano due boccali di birra e riempiedoli di una birra chiara mentre lui si sedeva su uno sgabello foderato di rosso e con una gamba che, dopo essersi rotta, era stata aggiustata alla meno peggio.
Quel locale aveva visto tempi migliori, ne era certo, e gli sarebbe piaciuto esserci... Lo pensava ogni volta che gli capitava di posare lo sguardo sul biliardo la cui palla bianca era andata persa, sull'angolo di pavimento in cui erano saltate le mattonelle la volta che il proprietario aveva provato a spostare il vecchio stereo e l'aveva fatto cadere o sulla lampadina che oscillava appesa al soffitto senza paralume.
- Come è andata al lavoro? - gli chiese la ragazza, porgendogli la solita birra che prendeva ogni volta che andava lì.
- Una seccatura, come sempre. - le rispose. - E a te come è andata la giornata, Sunjong?
Lei era il motivo per cui aveva iniziato ad andare in quel locale almeno tre volte a settimana da quando era entrato la prima volta.
Trascorreva in quel posto squallido quasi tutto il suo tempo per potersi permettere una vita decente ma continuava a sorridere, dandosi da fare come se avesse sempre dell'energia di riserva, e non smetteva mai di sperare che, mettendo da parte qualcosa un po' alla volta, un giorno sarebbe riuscita a tornare nel suo Paese di origine dal quale era stata portata via dal padre dopo la separazione dei suoi genitori.
Sognava di tornare in Corea, ritrovare la madre e il fratellino più piccolo di lei di sei anni che ormai era sicura fosse diventato un bel diciassettenne e agognava a farsi anche una famiglia lì perché, per quanto potesse amare New York, gli sguardi dei passanti non erano sempre dei migliori.
- Lo sai che qui non succede mai nulla. - gli ricordò, portandosi dietro l'orecchio una lunga ciocca di capelli color pece che era scappata dalla grande molletta, con cui teneva su il resto dei capelli, che gli aveva regalato lui qualche mese prima per il suo compleanno.
La parte superiore della molletta rappresentava un fiore di ciliegio: gliel'aveva regalata perché sperava le avrebbe ricordato il suo adorato Oriente anche se, doveva ammetterlo, lui non ne capiva molto e spesso confondeva Corea, Cina e Giappone; sperava capisse che sarebbe voluto partire con lei, che se solo gliel'avesse proposto avrebbe anche lasciato il lavoro da un giorno all'altro e si sarebbe sostenuto come possibile finché non avesse trovato lì un lavoro che gli avrebbe consentito di poter badare a una moglie e a un figlio.
Sorrise di nascosto, ripensando ancora una volta all'eventualità di parlarle di quello che provava, poi finì la birra, pagò e uscì con le mani in tasca per affrontare la folla ancora una volta, lasciando l'ombrello verde mela, che si sarebbe di certo fatto notare adesso che aveva smesso di piovere, nel locale che l'indomani non avrebbe trovato aperto.
  
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