Note: Perché
continuo a sommergermi di progetti io non lo so, ma ho deciso di dare la colpa
alla natura stessa dei ficwriter – se non siamo
oberati di roba da scrivere non siamo felici.
Saranno 30 prompt, oneshot
o flashfic non lo so nemmeno io, ma considerato il
mio non dono della sintesi, suppongo oneshot XD
Data la natura di alcuni temi, ho dovuto necessariamente mettere il tutto come
AU (visto che cose come la tv sono estranee all’universo stesso di Shinsekai Yori), benché sia mia
intenzione mantenere più possibile la natura dei rapporti tra pg – non solo Shun e Satoru, ma anche con Saki, Maria e Mamoru laddove inclusi – e le particolarità dell’ambientazione,
come il fatto che i rapporti omosessuali siano considerati alla pari di quelli
eterosessuali senza alcun tipo di discriminazione.
Prompt: 1. Holding hands
Il loro rapporto non era
nato in maniera scontata come poteva sembrare da fuori, vedendoli.
Lui e Satoru erano cresciuti insieme, parte di un gruppo che comprendeva anche
Saki, Maria e Mamoru – un tempo anche Reiko, prima
che la ragazzina si trasferisse altrove con la famiglia.
Tra tutti loro c’era sempre stato quel tipo di legame che cresce insieme alle
persone stesse che ne fanno parte, che li teneva uniti nonostante tutto; quelle
amicizie rare che durano tutta la vita, chissà come. Per Shun il primo amore
non era stato Satoru, ma Saki: quella ragazzina allegra e dal carattere forte,
capace di essere anche dolce con le persone a cui voleva bene, che bisticciava
continuamente con Satoru sulle cose più sciocche ed infantili facendolo
sorridere mentre li guardava, ma facendolo sentire anche invidioso di quella
complicità.
Da ragazzino la sua mano aveva cercato quella di Saki, non di Satoru – quella di
lei era piccola e all’apparenza fragile, la pelle liscia come solo le donne la
hanno di solito, e tenerla nella propria o sfiorarla dava una sensazione di
impaccio ma anche di tenerezza.
In quanto ragazzo la mano di Satoru era come quella di Shun, invece: più
grande, dall’ossatura diversa e la pelle più ruvida, o così sembrava. Non c’era
l’impulso di scacciarla, quello no, ma nemmeno di afferrarla.
Non era stato Shun a prendere per primo la mano di Satoru; un giorno l’amico,
semplicemente, aveva allungato la propria fino ad afferrargli la spalla e Shun
si era accorto che tremava.
Non lo aveva capito, Shun, non in quel momento – nulla delle parole di Satoru
erano state per lui comprensibili quel giorno: non il suo tergiversare, non la
sua dichiarazione, non il suo imbarazzo né le sue scuse.
Si dice che ci si possa
innamorare di qualcuno che si dichiara anche quando, prima di quel momento, non
lo si era preso in considerazione.
Shun non aveva iniziato ad uscire con Satoru per pietà, ma avrebbe mentito
sostenendo che era stato subito certo di ricambiare; il rapporto con l’altro
non era così semplice, perché Satoru era un’esistenza importante, e quello non
sarebbe mai cambiato.
Eppure, quando il castano aveva pronunciato quel «Possiamo tenerci per mano,
Shun?» dopo aver preso quella del moro nella propria senza preavviso Shun l’aveva
sentita, quella tenerezza che un tempo aveva associato unicamente alla figura
femminile di Saki.
La mano di Satoru tremava anche quella volta, e lui non aveva potuto fare a
meno di sorridere.
Era stato quello il “vero”
inizio – quel sorriso e quel tenersi per mano.
Perché a quel punto Shun se ne era reso conto, che una persona capace di farti
sorridere a quel modo è la persona.
«Shun, ho trovato le carote per il curry!» esclama Satoru, raggiungendolo con
pochi passi, il sorriso trionfante e di infantile entusiasmo.
Il moro incurva le labbra a sua volta: «Allora è deciso.» replica in merito alla
cena per cui stanno facendo la spesa.
Quando finalmente hanno tutti gli ingredienti, non impiegano molto a pagare e
uscire; una volta fuori Satoru fa scivolare la mano che non tiene la busta
lungo il proprio fianco e prende quella del moro – il supermercato si trova nel
quartiere vicino a quello dove abita Satoru e le strade a quell’ora sono quasi deserte,
regalandogli più discrezione di quanto potrebbero sperare altrove, sebbene il
loro sia un paesino semplice in cui il rapporto tra due uomini o due donne è
considerato perfettamente alla pari rispetto a quello tra un uomo e una donna.
Intreccia le dita con quelle dell’altro e lo stesso fa Shun.
«Sicuro che vada bene restare da te?»
«Certo. Mia madre ti adora più di quanto non faccia io!» esclama e gli regala
un sorriso felice – ogni volta che lo vede Shun ricorda che non è poi
importante da quale aspetto si cominci ad amare qualcuno, alla fine si ama
tutto, indistintamente.