Serie TV > Una mamma per amica
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Autore: Kimberly Heiwa    27/03/2013    4 recensioni
Non è mai finita. Il filo in realtà non si è mai spezzato, si è allentato, ma il sentimento è ancora vivo.
Le due facce della stessa medaglia, inseparabili, compatibili tra loro, ma che non hanno mai avuto veramente tempo per loro stessi. E' passato tanto da allora, ma forse è proprio questo che li fa sempre riunire; li fa incontrare per vedere i risultati del cambiamento.
-Rory... dove sei?- sussurrò sperando che lo potesse sentire ed aspettare, come lui stava attendendo lei.
Il titolo viene dalla canzone 'Wait for me' di uno dei miei gruppi preferiti, i Theory of A Deadman.
Spero che gradiate questa storiella e che esponiate le vostre opinioni...
Buona lettura e... Enjoy! :)
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jess Mariano, Rory Gilmore
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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If I ain't got you

Some people want it all
But I don't want nothing at all
If I ain't you baby
If I ain't got you baby
Some people want diamond rings
Some just want everything
But everything means nothing
If I ain't got you, Yeah

(Alicia Keys – If I ain't got you)
 

Un braccio le circondava la vita e un respiro pesante, che le sembrò una specie di vento caldo in quel momento, soffiava sulla sua schiena. Percepiva un corpo attaccato al suo, ma più muscoloso e quindi meno morbido. Un qualcosa le provocava solletico a livello dello spazio tra le scapole e la spina dorsale, ma non riuscì a capire di cosa si trattasse.

Le lenzuola la coprivano da un freddo immaginario, poiché dentro si sentiva la febbre talmente era bollente. Decise di rimanere ancora per un po' ad occhi chiusi, per evitare che la luce solare potesse darle fastidio. Il profumo della stanza le sembrò differente e nuovo: pareva che il solito odore si fosse mescolato ad un altro di umido e bagnaticcio.

Realizzò di essere stata fuori la sera precedente, proprio mentre stava venendo giù il diluvio universale, e lei lo aveva affrontato con una stupida giacca che si era impregnata d'acqua dopo neanche un minuto. Ma l'ombrello dov'era finito? Corrugò le sopracciglia nel tentativo di ricordarsi, ma niente: il para-pioggia non si trovava nei suoi ricordi. Stare con sua madre le aveva fatto male, l'aveva condizionata con il suo disordine in un modo incredibile, e il bello era che poi non si ricordava nemmeno dopo un mese dove avesse potuto mettere l'oggetto in questione. Scosse la testa. Aprì gli occhi e una forte luce provocò la dilatazione della sua pupilla, circondata dall'iride chiara e limpida.

La stanza era come sempre, tranne per alcuni vestiti sparsi sul pavimento. Inspirò a pieni polmoni, anche per avvantaggiare la circolazione sanguigna. Sorrise, ma francamente non ne sapeva il vero motivo. Si sentiva incredibilmente di buon umore quella mattina.

Ammirò il modo con cui il braccio era avvinghiato al suo corpo e ne riconobbe subito le mani: avevano il cosiddetto “callo dello scrittore” sul dito medio, ma erano tuttavia eleganti nella loro grandezza. Ora tutto aveva un senso... sorrise di nuovo, un po' stordita.

Staccò l'arto dal suo punto vita e fece per alzarsi dal letto, cercando di fare il minimo rumore. Procedette scalza fino alla cucina, aprì il frigo e ne tirò fuori una bottiglia d'acqua, da cui bevve assetata a canna, senza porsi il problema di prendere un bicchiere.

Ingoiò piano l'acqua fresca, per sentire il liquido attraversarle l'esofago, per poi addentrarsi nello stomaco che brontolava, vuoto. Tornò in camera e lui dormiva ancora, beato come un bambino che sogna. Si fermò sulla soglia per studiarlo ancora, nel momento in cui non poteva ribellarsi, quando il suo corpo era del tutto rilassato e lei poteva passare inosservata. Quei vestiti rovinavano la visuale, per essere puntigliosi. Rory dunque li sollevò e li piegò per riporli poi sulla sedia accanto all'armadio. Ecco, ora andava meglio. Trattenne una risata nel vedere Jess nel momento più indifeso di tutti: il dormire. I capelli scuri erano arruffati attorno al viso riposato, la bocca era semiaperta e le braccia abbracciavano il cuscino che, fino a qualche minuto prima, aveva ospitato la capigliatura di Rory.

Some people live for the fortune
Some people live just for the fame
Some people live for the power, yeah
Some people live just to play the game
Some people think that the physical things
Define what's within
And I've been there before
But that life's a bore
So full of the superficial

(Alicia Keys – If I ain't got you)

 

Alcune persone vivono per la fortuna, altre per la fama, ma Rory no. Lei era andata oltre la superficialità, da Jess non voleva essere mantenuta con dei soldi o gioielli costosi, quel tipo di vita lo aveva già provato in passato con Logan, ma aveva capito che non era per lei. Già, perché essere ricchi illude di avere tutto, quando invece non si ha niente. Rory viveva per amare, e la persona da lei amata era l'uomo che le aveva fatto capire che stava combinando un pasticcio, ma che nello stesso tempo era incapace di restare, quello stesso uomo che ora stava dormendo nel suo letto, e con il quale, chissà, avrebbe potuto condividere il resto del tempo.

If I ain't got you with me baby
So nothing in this whole wide world don't mean a thing
If I ain't got you with me baby

(A.Keys- If I ain't got you)

 

Senza di lui sarebbe stata persa. Sperò in quel momento con tutto il cuore che rimanesse così per sempre, in modo da non giocare più brutti scherzi, perché altrimenti sarebbe andato tutto in fumo, per sempre. Avevano lavorato a lungo per costruire un qualcosa di concreto, avevano tirato giù milioni di bozze prima di passare alla copia in bella; erano pronti. Sì, ora erano pronti. Potevano scalare la montagna della vita insieme, perché entrambi sapevano che si sarebbero tenuti per mano fino a quando non sarebbero giunti in cima. Sorrise ancora una volta. Sembrava incapace di smettere. Ah, l'amore! Che meccanismi complessi riserva alle nostre menti!

Jess aprì gli occhi, sbadigliando.

- Buongiorno... come mai sei lì in piedi? - le chiese, mentre si metteva a sedere sul letto.

Rory avanzò verso di lui, mentre scrollava le spalle per rimanere vaga il più che poteva.

Le carezzò i capelli mossi e morbidi e le diede un bacio, prima sulla nuca e poi sulle labbra.

- Jess, posso farti una domanda?

Annuì mentre la stringeva più a sé.

- Forse ti sembrerò un po' stupida, ma... cosa succederà d'ora in poi? Insomma, io e te... cosa diventeremo? Io avrei un'idea, ma non so se anche per te è lo stesso.

- Rory, - le rispose, cercando i suoi occhi – accadrà ciò che ci spetta.

Lo guardò un po' perplessa; le aveva creato ancora più confusione con quello specie di nesso. - Jess, sono le sette di mattina... ti ricordo che il mio cervello è ancora mezzo addormentato.

Lui rise piano. - Sto solo dicendo che staremo insieme, Rory. Realizzeremo quello che avevamo iniziato quando avevamo diciassette anni, tutto qui.

Lei ribatté con un sorriso: avevano le stesse idee da sempre. - Va bene.

- Sì, va bene. - le fece eco, scrutando il viso appena svegliato.

 

Quella mattina doveva sbrigare molte commissioni. Jess si era preparato per andare in libreria e gli aveva detto che lo avrebbe raggiunto più tardi. Innanzitutto si sentiva in dovere di aggiustare le cose con Lizzie. Ma, prima di quello, prese un taxi fino alla sede del Times e decise di parlare con Mary Jane Nash.

- Vedo che mi ha colto alla lettera, Gilmore! - esclamò la Nash – Perfetto orario, complimenti!

Rory le sorrise di rimando, mentre si sentiva un po' in colpa per quanto le avrebbe comunicato da lì a momenti.

- Direi che potremmo cominciare!

- Volevo, prima che iniziassimo, dirle qualcosa. - esordì, torturandosi già le mani.

- Proceda, allora!

Rory prese bene fiato prima di incominciare. - Vede... io non posso più lavorare qua al Times.

- Come mai questa scelta? Insomma, mi è parsa felice quando ci siamo parlate... non riesco a capire, Gilmore.

- Credo sia un'importante responsabilità lavorare in un giornale come questo, davvero. Ma... il punto è che penso che non sia più il mio sogno più grande scrivere per il Times. Deve capire che è da quando ero bambina che bramo questa occasione, ma ora, non so come spiegarle, non è più così.

La Nash si limitò ad annuire.

Di' qualcosa!” pensò.

- Beh... che dire? È un vero peccato, sul serio.

- Già. - confermò, rauca. - Quindi ora me ne devo andare?

- Si è praticamente licenziata, Gilmore. Dunque... faccia lei.

Rory annuì, si alzò e si diresse verso la porta. - Grazie comunque per l'opportunità.

Nash se ne stette muta, piuttosto nervosa.

Prima di prendere un secondo taxi si fermò davanti alle porte girevoli della sede del Times. Ma che cosa le era saltato in mente? Lasciò andare l'aria che aveva tenuto prigioniera nel petto e guardò dispiaciuta l'edificio enorme, ove era scritto a caratteri cubitali “New York Times”.

Chissà, forse non era destino. Ma, a pensarci bene, il fato non ha il predominio assoluto sulle nostre vite, ma è tutto un gioco di combinazioni contorte alle quali noi collaboriamo per far sì che si avverino e che usiamo per non addossarci le nostre responsabilità. Dopo i pensieri più strambi che passarono tra i meandri del suo cervello, si decise a prendere un taxi. Lo aveva fatto perché aveva messo in primo piano come sempre gli altri. Ma a dirla tutta, se ne sarebbe fatta una ragione. Per ora le stava bene così.

Oh sugar, don't you cry
Oh child, wipe the tears from your eyes
You know I need you to be strong
And the day is as dark as the night is long
Feel like trash, you make me feel clean
I'm in the black, can't see or be seen
Baby, baby, baby...light my way
Alright now...
Baby, baby, baby...light my way
(U2 - Ultraviolet)

Al “New Yorker” si respirava decisamente tutta un'altra aria.

Il ronzio del condizionatore, il rumore dei tasti dei computer, i telefoni che non smettevano di squillare, la fragranza di caffè dell'unica macchinetta... Le era mancato tutto.

Sapeva che strada percorrere per dirigersi da Lizzie. Bussò, e la collega rispose di entrare, con il suo solito tono indaffarato.

- Ehi, Lizzie...

- Che ci fai qui? - le domandò all'istante. Niente da fare: Lizzie non era capace di restare arrabbiata con lei per più di un pomeriggio. Questo Rory lo sapeva bene, e lo adorava.

Fece spallucce, nel chiudere la porta. - Voglio comunicarti una notizia, Elizabeth Gwen Hill.

- Però, non mi hai mai chiamata per intero. Procedi, Lorelai Leigh Gilmore.

Rory sorrise. - Non lavorerò più al Times... mi sono licenziata. Ed è tutta colpa tua, perché non voglio perderti.

Lizzie si sciolse e smise di fare la dura. Si alzò e andò ad abbracciarla.

Rory la strinse e si convinse che aveva fatto la scelta giusta.

- Non dovevi, era il tuo sogno! Non dovevi ascoltare una come me... ora avrò i sensi di colpa per il resto della mia vita! - le disse, appena si staccò.

- Lizzie, mi sta bene così. Questo dovrebbe farti capire che sei importante per me...

L'amica sorrise commossa. - Anche io avrei qualcosa da comunicarti, a dire il vero.

- Spara! - esclamò Rory, accomodandosi sulla sedia dinanzi alla collega.

- Margaret ha lasciato il paese. Strano, vero? Quando l'ho saputo sono rimasta senza parole! Qui in ufficio gira voce che se ne sia andata con l'amante e abbia lasciato tutti, il marito, i figli, i genitori, con un messaggio in segreteria.

- Caspita, chi lo avrebbe mai immaginato? Ehi, un momento... se la Alcott se n'è andata vuol dire che... o mio Dio! Lizzie, sono felice per te!

- Ah, amo la tua perspicacia! - esclamò, gasata. Si schiarì la voce e si alzò in piedi. - Hai davanti a te la nuova capo redattrice del giornale, Gilmore.

- Solo una parola: perfetta. - disse Rory, accompagnandosi con le mani.

Risero assieme e restarono a parlare ancora per qualche minuto, che alla fine divennero ore.

 

Bene, una cosa era fatta. Ora rimaneva da spuntare l'ultima commissione della lista: la questione “Truncheon Books”.

Aprì la porta e si ritrovò in un posto simile ad un deserto. Amanda stranamente non c'era.

Non scorgeva Joanna da nessuna parte. Possibile che fossero scomparsi tutti?

La porta dell'ufficio di Jess era aperta, ma lui dentro non c'era. Il salotto era vuoto.

Incominciò a preoccuparsi, quando spuntò alle sue spalle Gabe, fornito di cappuccino e brioche.

- Ma dove sono gli altri?

- In sala conferenze, perché ci sono dei giornalisti. Joanna oggi non è venuta, forse non aveva voglia, conoscendola. Alf e Matt sono dentro con Jess; Amanda non si è fatta viva.

- Noi abbiamo una sala conferenze?! - chiese, sbalordita. - Me lo sono perso...

- Capita anche ai migliori – le disse, a bocca piena.

- Io ora raggiungo gli altri. Ti va di venire?

Rory esitò a rispondere. - Uhm, no, no, grazie. Ne approfitto per andare a fare un giro.

Gabe asserì con la testa e scomparve.

Sapeva dove si trovasse l'appartamento di Joanna e decise di andarle a fare visita. Abitava nelle vicinanze della 36th Avenue nel Queens, all'ottavo piano dove non esisteva purtroppo l'ascensore. Per fortuna non ebbe bisogno di suonare il campanello perché trovò il portone aperto. Fece tutta la rampa di scala, finché, stanchissima, arrivò dinanzi all'interno 8b. Suonò e udì dei passi.

- Chi è? - chiese la voce inconfondibile di Joanna.

- Sono... R-Rory. Potresti farmi entrare? - le disse, ansimando.

Joanna tolse il gancio e le aprì. Rory si trovò davanti la collega ancora in pigiama, con i capelli annodati, in mano la spazzola assassina di ciocche nere e ricce, il trucco colato sul viso stranamente pallido e con un'espressione sconvolta.

- Ti prendo un bicchiere d'acqua – prese parola, con uno strano tono monocorde.

Rory bevve con una velocità da record per poi tornare al succo della sua visita mattutina.

Joanna si mise a sedere sul divano dalle mille coperte; spense il TV e fissò una macchia di salsa barbecue sul pavimento, sopravvissuta all'aspirapolvere.

- Ma che ti è successo? Sei strana...

- Niente.

- Certo, come vuoi. Ora mi dici che hai?

Joanna mugugnò qualcosa, poi si accasciò sul cuscino alla sua destra e pianse.

Rory rimase segnata da ciò: Joanna che piangeva? Una cosa da fantascienza. Invece no, stava lacrimando sul serio.

Rory le si avvicinò e cercò in qualche modo di consolare la sua disperazione sconosciuta.

Tentava di tenerle i capelli aggrovigliati e di toglierle dalle dita una sigaretta appena accesa. Ma non aveva smesso? In teoria avrebbe dovuto, in pratica non l'aveva fatto.

Esitò un attimo per chiederle il motivo della loro rottura, giusto il tempo per permettere alle lacrime scese per prime di seccarsi.

- Alf è venuto da me e mi ha proposto di sposarlo... e io ho detto di no. Ma non perché sia lui, Rory, ma perché non mi piace l'idea del matrimonio! Solo il suono della parola coniugi, nozze o quant'altro mi fa rabbrividire. Ma Alf non mi ha dato neppure il tempo di spiegargli la situazione che mi ha lasciata in asso.

E pensare che invece tra lei e Jess era nato qualcosa. Chissà, forse è come la leggenda metropolitana sulle nascite: quando qualcuno muore vuol dire che qualcun altro sta venendo al mondo.

Joanna intanto non arrestava più il dolore.

- Sono sicura che... - si fermò. Frasi fatte, ecco cosa sappiamo solo dire. - Andrà tutto bene, vedrai. Dovete solo parlarvi e andrà tutto liscio, ok?

La donna dai capelli neri finse di convincersi e tirò su col naso.

- Che ne dici se ora tornassimo a lavoro?

- Ma tu non ti eri trasferita?

- Ho rinunciato... adesso va' a prepararti!

Joanna sembrò riacquistare l'abilità di increspare la curva delle labbra in un sorriso.

 

 

Amanda con buone probabilità si era licenziata. Solo quando riaprì la porta della libreria realizzò che la ragazza dai capelli rossi era assente.

Intanto la conferenza aveva trovato il termine, concedendo l'opportunità a Jess e agli altri di rilassarsi almeno un po'.

Quando lo vide sentì le sue membra sciogliersi, il cuore palpitare più forte, le gambe camminavano da sole per raggiungerlo. Aveva stampato in faccia un sorriso ebete, e ogni volta che accennava a parlare, la lingua si incespicava.

Nel momento che notò il suo finto menefreghismo, si sentì ferita. Non si capacitava di tutta quella codardia in un uomo come Alf. Pensava di conoscerlo abbastanza da prevedere le sue mosse, ma si sbagliava. Joanna esternava la sua sofferenza tramite la rabbia e così, appena entrata in libreria, si precipitò su di lui come un proiettile mortale, e quasi gli vomitò addosso tutto ciò che provava.

Per quanto forte potesse essere, Joanna Hookman finì il suo discorso violento con le lacrime agli occhi. Alf le sembrò rimanere impassibile, anche se, al contrario di lei, preferiva tenersi tutto dentro. Discussero per una buona mezzora, senza che qualcuno li fermasse, poiché ritenevano che un litigio fosse necessario.

Not really sure how to feel about it
Something in the way you move
Makes me feel like I can't live without you
It takes me all the way
I want you to stay, stay
I want you to stay, oh

(Rihanna – Stay)

 

Joanna e Alf ora se ne stavano zitti a guardarsi negli occhi, lanciandosi sguardi taglienti come coltelli, ma nello stesso tempo estremamente feriti, disillusi.

Rory e Jess ammiravano con amarezza il gioco di occhiate dei loro colleghi, stando a braccetto stretti stretti.

Matt e Gabe pregavano affinché tutto si risolvesse alla svelta, rispettivamente con un giornale e con un panino in mano. Stavolta tifavano per Jo, dato che ritenevano che Alf avrebbe dovuto rimanere ad ascoltare le motivazioni della compagna. Conoscevano quella donna e, francamente, da lei si sarebbero aspettati entrambi una risposta negativa per un matrimonio. Ma per Alf era diverso, lui era il suo fidanzato, non solo un amico o un collega.

- Non sono pronta, Alfred. E sì, ti chiamo per intero, perché quando fai il cretino voglio farti arrabbiare!

- Jo, io voglio solo stare con te... sposarsi mi sembrava il mezzo più adatto, dato che non abbiamo vent'anni, ma mi va bene qualsiasi cosa, davvero. Io vorrei solo amarti di più.

Il viso di Hookman si spianò dalle rughe di rabbia. - Alf, tu puoi farlo anche senza un matrimonio! Anche senza un anello! L'importante è che noi due stiamo insieme.

- Sì, ma se abbiamo progetti diversi come possiamo rimanere assieme?

Joanna alzò le spalle e gli prese le mani. - Chissà, io posso sempre cambiare idea.

Alf la guardò con tenerezza. - Vieni qui, brutta canaglia...

Si abbracciarono e tutto tornò alla normalità. Joanna ci teneva molto a lui, altrimenti non avrebbe pianto per un uomo.

 

One Month later - L'epilogo

Rory Gilmore e Jess Mariano stavano ancora insieme e, pian piano, accrescevano il loro legame indissolubile. Oramai tutti erano a conoscenza del loro fidanzamento, e dopo un mese lo avevano accettato anche le più restie, come Lorelai e Lane.

Che dire di Luke? Lui voleva solo il loro bene; sapeva che quei ragazzi si amavano dai tempi del liceo, apparentemente così lontani, e che avrebbero raggiunto la propria stabilità solo l'uno al fianco dell'altra. Matt, Gabe e gli altri appoggiavano il loro rapporto, anche se lo andavano tanto a vedere. Joanna si convinse che, dopotutto, il matrimonio non era poi così male, e Alf riuscì a giurarle fedeltà coniugale sotto un gazebo ornato da girasoli in un giorno di maggio.

Lorelai diede alla luce un figlio maschio, di nome Richard. A Luke non dispiacque affatto interpretare il ruolo di padre; all'inizio fu un po' impacciato, ma con la pratica, si sa, si diventa bravi più che mai.

Lavorare per il “New York Times” fu un sogno irrealizzato per Rory, ma Lizzie l'aveva nominata vice direttrice del giornale e, inoltre, continuò a tenere con entusiasmo il corso di “Introduzione alla lettura”. In più le recensioni messe giù con Jess venivano stampate direttamente sul “New Yorker”, ottenendo molto successo.

La libreria crebbe sempre più, attirando molti letterati con diverse attrazioni, fiere del libro e quant'altro. Ormai Rory e Jess partecipavano ad ogni serata organizzata da The ancient story teller e si divertivano molto quasi sempre.

Stars Hollow rimase uguale in ogni minimo dettaglio: Taylor guardone, Kirk rincorso dalla sfortuna, la signora Kim con il suo negozio di antiquariato, Andrew con i libri, Miss Patty ballava, Babette continuava a dire “zucchero”, Luke con la locanda e Lorelai direttrice del Dragonfly Inn.

 

Era seduta sopra il ponte dove anni prima si era tenuto il loro picnic, assorta nei suoi pensieri. L'acqua scura possedeva il suo meraviglioso silenzio, il vento la smuoveva il giusto, il sole illuminava i capelli ramati. Aveva da sempre amato quel posto per la sua tranquillità. Chiuse gli occhi e scivolò in un mondo a parte.

- Come mai così pensierosa? - una voce alle sue spalle la destò.

Dopo alcuni secondi utilizzati per uscire dall'apice della pace da poco incontrata, riuscì a riconoscere la voce di Jess.

- Ehi! Che ci fai qui? Pensavo fossi a fare le commissioni che ti avevo affidato... - gli disse, facendo trasparire un tono di rimprovero.

La baciò sulle labbra, si sedette accanto e le adagiò la testa sulla sua spalla, carezzandola.

- Non potevo resistere senza il tuo viso...

Rory fece una smorfia. - Non fare lo stupido! Dai, a parte gli scherzi, hai completato i tuoi doveri?

Jess rimase zitto, il che era sinonimo di una risposta negativa.

- Lo sapevi che era importante... domani dobbiamo partire!

- Mi sentivo solo! - si giustificò, mimando un cucciolo bastonato.

- Non abbocco, Mariano! - esclamò, alzandosi – Avanti, vengo con te! Ma non ti montare la testa! Lo faccio solo perché mi fai pena!

Sorrise soddisfatto, con quella sua faccia da schiaffi tanto adorabile.

- Come farei senza di te? - le disse, stringendosi a lei.

- Non ce la potresti fare! Sei fortunato, lo sai?

La baciò e continuarono a camminare avvinghiati.

 

- Thermos con il caffè di Luke?

- Preso.

- Vediamo... ah, sì! Le caramelle gommose?

- Anche loro sono al sicuro!

- Vestiti, scarpe, accessori vari?

- Ci sono!

- Direi che siete ben forniti di tutto!

Nonna Emily era stata tanto gentile da fornire alla coppia una limousine nera per accompagnarli all'aeroporto di Hartford. All'inizio pareva ad entrambi un eccesso, ma infine risultava parecchio utile.

Luglio era alle porte, e la loro destinazione era l'Europa. Lei gli avrebbe fatto da guida, lui l'avrebbe ascoltata e seguita dappertutto.

L'occorrente per il loro viaggio era nelle valigie; mancava solo il saluto alla famiglia e potevano partire. Era parecchio presto, le prime luci del giorno comparivano con sfumature rosa e arancioni, nascondendo in parte il sole pronto a sorgere.

Richard era ancora a letto, ma la sera prima aveva salutato la sorella e il suo fidanzato stando con loro a guardare i cartoni, finché non si era addormentato tra le loro braccia.

- Mi raccomando, chiamaci quando sarete arrivati!

- Non ti preoccupare, mamma! - le disse.

Lasciare andare Rory non era mai stato facile per lei; lo viveva come uno sforzo disumano, si faceva ogni volta ansiosa che potesse succedere qualcosa in sua assenza.

Le scappò una lacrima dagli occhi celesti cristallini, la quale venne catturata dall'indice della figlia, mentre si tratteneva a sua volta dal non piangere.

- E tu, - disse, rivolgendosi a Jess – stai attento. Fai in modo che Rory sia sempre felice...

L'altro annuì, promettendole che ci avrebbe pensato lui.

Luke salutò prima il nipote, con il suo solito abbraccio goffo e con l'immancabile pacca amichevole sulla spalla. Invece, quando toccò a Rory, tentò di essere meno rozzo.

 

- Un letto! Finalmente! - esclamò, mollando tutto ad un tratto le valigie e buttandosi sul letto matrimoniale dell'hotel.

- Perché al posto di spaparanzarti non vieni a darmi una mano?

- È troppo comodo... - gli spiegò, con la faccia affossata nel cuscino.

- E questi bagagli chi li mette a posto?

- Tu! - disse, mentre gli scaraventava addosso un cuscino e si preparava al contrattacco.

- Come osi provocarmi? - strillò. Afferrò a sua volta il guanciale dalla federa bianca, al fine di sfidare la fidanzata al duello che lei stessa aveva fomentato.

Ridevano come pazzi, si rincorrevano per le stanze per poi finire sul tappeto l'uno sopra l'altra e ricominciare. All'ultima manche riuscì a bloccarla sul letto spazioso, la disarmò e presero a baciarsi.

Quando si staccarono la osservò negli occhi, incantato dalla loro luce. Rory alzò una mano per carezzargli i capelli scuri, morbidi e un po' impolverati.

- Sei bellissima, lo sai?

- Ti amo.

A quelle due parole così intense posò le labbra sulle sue e, con le mani, seguì le curve del suo corpo. Dublino fu la prima città del viaggio; Dublino fu la prima città d'Europa in cui fecero l'amore.

 

- Perché mi fissi? - gli chiese, con le guance gonfie come uno scoiattolo.

- Mi piace analizzare ogni tuo movimento, soprattutto quando mangi.

Lo guardò stupita, mentre si chiedeva come potesse trovare un atto così automatico tanto interessante.

Appallottolò il contenitore del fish and chips e lo gettò nel primo bidone sulla loro strada.

Si fermarono ad ammirare il panorama della capitale irlandese, proprio sul ponte più rilevante: Ha' penny bridge.

- Sai, - cominciò – è la prima volta che visito questa città e già ne sono conquistata.

- Concordo in pieno.

Rory sorrise e cercò la mano di Jess per intrecciarla alla sua.

- Prima che continuiamo il nostro giro turistico, ti vorrei dire una cosa.

- D'accordo, sono tutta orecchi.

- Rory Gilmore, ti conosco da quasi dieci anni e posso quasi affermare di sapere tutto su di te. Sei una persona davvero fantastica, in tutti i sensi: sei bella, intelligente, accorta, altruista, disponibile, divertente e molto altro. Come tu ben saprai mi sono innamorato di te, anche se non te lo ricordo ogni minuto. Ciò che stiamo costruendo diventa sempre più imponente e importante per me. Quello che voglio esporti è una proposta che non ho mai fatto a nessuno. - A quel punto si inchinò e tirò fuori dalla tasca un anello coronato da un piccolo smeraldo. – Rory Gilmore, vuoi sposarmi?

Anni prima aveva rifiutato la proposta matrimoniale di Logan, ma ora si sentiva pronta: il lavoro era stabile, i sentimenti definiti e la risposta non poteva che essere solo una.

- Sì, lo voglio.

Le infilò l'anello al dito anulare e le sorrise, contento di quel momento.

Non passò un minuto che gli mise le braccia al collo e lo baciò con passione.

Si sarebbero sposati, alla fine. Lo aveva da sempre immaginato, giacché ad ogni evento futuro, fin dal primo fidanzamento, vedeva Jess al suo fianco.

Felici più che mai, ritornarono alla loro gita, camminando mano nella mano, preparati a divenire marito e moglie.
Il sole era alto in cielo, le nuvole bianche quel giorno avevano lasciato il posto ad un infinito azzurro, l'acqua del fiume Liffey scorreva, donando alla città un aspetto ancor più pittoresco.

Be the one and only, wait for me
Will you be the only one
Will you be, be the one and only
Wait for me, will you be the only one

( The Fray – Be the one)
 

 

The End
 

NOTA DELL'AUTRICE: Undicesimo capitolo, fine della storia. Questo sarà l'ultimo angolo autrice che scrivo, sigh! :(
Spero di aver pubblicato una storia decente e che vi abbia soddisfatti\e! 
Ringraziamenti a TUTTE le lettrici (credo siate tutte femmine) che hanno inserito 'Wait for me' tra le seguite e tra i preferiti; a chi è passato/a per dare un'occhiata; a chi ha avuto tempo e pazienza di recensire e, infine, alla serie televisiva Gilmore Girls che mi ha donato l'ispirazione! :)
Scrivere questa storiella devo ammettere che è stato faticoso, ma in contemporanea molto divertente! 
Come al solito, aspetto vostri commenti (anche negativi) per sapere che ne pensate!
Ho scelto Dublino come città perché è la mia preferita, e anche perché dalle foto pare molto pittoresca, soprattutto il panorama dall' Ha' penny bridge. :D
Vi auguro una buona Pasqua e buone vacanze, per chi le fa. 
Un abbraccio forte! 
Alix Green

   
 
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