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Autore: Naky94    29/03/2013    2 recensioni
Indio e Iris, uno specilizzando e una matricola. Un'amicizia, un'amore, una famiglia magari? Solo che i loro adorati paparini...... Bhe, se vi va, scopriamolo insieme.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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Salve, vi ricordate ancora di me? Sono esattamente 2 mesi e 14 giorni che non aggiorno, ma ve lo avevo detto, la scuola ha cominciato a richiedere sempre più tempo e impegno e non mi sono potuta dedicare molto alla scrittura. Anche se in questo tempo ho postato due song-fic.
Però ci tenevo a pubblicare il capitolo prima di Pasqua, anche per darvelo come regalo.
Non vi trattengo oltre... ci si legge sotto.


 

 
Capitolo 4

 

Pov Iris

 
Uno sguardo veloce all’orologio, e ricordo che questa prima, assurda, giornata da universitaria è finita.
Assurda, si. Lo è proprio stato.
Vorrei vederci voi nella mia situazione. Conoscere coloro che ti dovranno esaminare per cinque lunghi anni e scoprire che sono del tutto Pazzi!
Ma meglio non pensarci, o correrei il rischio di tornarmene in stanza per cominciare a cercare un altro posto in cui la pazzia non sia una componente richiesta per i professori.
Affretto il passo per arrivare quanto più presto in caffetteria, ci sarà già mezzo mondo che mangia e non voglio neanche pensare a quanto dovrò aspettare, in coda, per poter mangiare.
Fortunatamente, quando arrivo, noto che non c’è molta fila da dover aspettare così nel giro di dieci minuti sono già libera, con un vassoio fra le mani in cui fanno bella mostra di se, un’insalata dall’aspetto tutt’altro che fresco e una bottiglietta d’acqua poco gasata.
Salutista fino in fondo, io, non come quei patiti di fast food dei miei fratelli.
Ma ora si presenta un altro problema. Dove mi siedo? Sarà anche vero che non ho trovato troppa confusione per prendere da mangiare, ma all’orizzonte non si vede neanche l’ombra di un posto vuoto su cui sedersi.
Faccio vagare il mio sguardo per tutta la sala, attendendo che magicamente si liberi un posto, ma noto qualcuno sbracciarsi nella mia direzione.
E’ Carla che mi invita a sedermi al suo stesso tavolo. Oh guarda, con lei c’è anche tutta la gang.
Vado al tavolo e una volta seduta saluto tutti.
Ovviamente non mi danno neanche il tempo di mangiare un boccone che mi coprono subito di domande sulla mia prima giornata “scolastica”.
Mi piace ancora chiamarla così, nonostante sappia benissimo che c’è un’enorme differenza fra una scuola e un campus universitario.
Ma cosa volete farci? Forse non ho ancora ben realizzato.
Comunque dopo aver spiegato non troppo concisamente come è andata la mia giornata, lascio che siano gli altri a raccontarmi la loro, sebbene, devo ammetterlo, ascolti con poco interesse quello che mi viene detto. Un po’ perché inaspettatamente questa insalata è veramente buona e me la sto godendo; un po’ perché continuo, ancora, a pensare alle ultime due ore, passate in mezzo ai pazzi.
Sto ancora perdendomi nei miei pensieri quando sento Elliot chiedermi preoccupata.
“Piccoletta cos’hai? Ti vedo distante.” Le sorrido leggermente e dopo aver sospirato le rispondo.
“Non è niente Elliot. Solo... stavo pensando alle ultime due ore di lezione. Ho avuto simulazione, e sono rimasta alquanto interdetta.”
“Ma allora hai conosciuto i Dottori!” esclama J.D., compiendo un’ascesa repentina della scala armonica con la sua voce.
“Proprio così -ammetto- e non so proprio cosa pensare di loro”.
Questa mattina, il professor Hoffman ci ha condotto in una strana stanza, chiusa da una porta bianca, senza alcuna insegna o targa ad identificarla.
Entrati dentro abbiamo trovato la prima stranezza o, come mi piace definirli, il primo dei due pazzi.
C’era un uomo con completo blu, camicia in tinta e con delle piccole righette bianche, cravatta e un lungo e pesante cappotto marrone. Quest’uomo se ne andava camminando, tranquillamente, per la stanza senza degnarci neanche di uno sguardo. Solo quando il professore rese chiara la nostra presenza, con un colpetto di tosse accennato, l’uomo si girò deliziandoci di con un grandissimo sorriso a 32 denti e gridandoci.
“Hey ma benvenuti! Io dono David Tennant, ma potete chiamarmi Dottore.”
In un primo momento pensai, magari questo sarà un tecnico del simulatore e avrà preso qualche laurea particolare per averci chiesto di chiamarlo in quel modo. Solo dopo, parlando col prof Hoffman, capimmo che non era laureato in niente. Anzi non si sapeva proprio che relazione avesse col simulatore, ma chissà come l’anno in cui a Cambridge si decise di utilizzare il simulatore per gli esami pratici, lui e il suo compare arrivarono insieme alla macchina.
Dopo averci detto qualche altra parolina per “scioglierci e non avere paura di lui”, parole sue, Tennant e il professore ci accompagnarono al simulatore.
Rimanemmo tutti stupidi da esso perché era identico ad una cabina della polizia uscita fuori da una Londra di non so quale periodo storico.
Ci spiegarono che il T.A.R.D.I.S. (aka Teoria Applicata Realmente a Distanze Impossibili Scolasticamente) era stato introdotto per tutti quei corsi di studio che si prefiggevano di formare i futuri “tecnici del lavoro” che dovrebbero essere in grado di produrre risultati senza provocare danni al genere umano. Quindi eravamo obbligati dalla politica universitaria a sostenere gli esami con quel coso.
Quello che mi chiedevo io era come si potesse sostenere un’esami in quella cabina che aveva tutta l’aria di essere strettissima. Ma a quanto pare “il Tardis è più grande all’interno” come ci disse Tennant stesso.   
Provò anche a farci vedere che aveva ragione, voleva farci entrare dentro la macchina tutti insieme per darci prova di quanto diceva, ma appena si avvicinò alla porta essa si aprii da sola permettendo ad un’altra figura di uscirne.
Fu così che facemmo conoscenza dell’altro pazzoide. L’uomo in questione si presentò a noi con pantaloni marroni, camicia azzurra, giacca ocra, papillon e feltz rossi.
“Salve ragazzi. Voi dovreste essere le matricole di quest’anno. Sono Matt Smith, ma voi potete chiamarmi Dottore”. Ed eccone un altro con le velleità di dottore, senza laurea.
Ora ditemi, non rimarreste anche voi straniti se vi presentassero una situazione del genere?

 
Ma dove eravamo rimasti? Ah si, dovevo rispondere a J.D.
“Si J.D. ho conosciuto i dottori, e sinceramente non so cosa pensare di loro.” Rispondo ancora incerta su come prendere tutta la storia.
“Ma i dottori sono l’unica cosa che renda piacevole affrontare un esame. Quando sei terrorizzato, e non sai cosa fare, o il panico si sta impadronendo ti te alla tua prima operazione a cuore aperto, loro sono sempre pronti a darti una parola di conforto; non è vero Turk?” chiede, cercando supporto nel suo amico che sta visibilmente flirtando con Carla.
J.D. è costretto a dare uno scossone all’amico per farlo riprendere, ma quando l’attenzione di Turk è alfine su di me, conferma quanto detto prima.
“Ha ragione J.D., Iris, i dottori saranno sempre pronti ad aiutarti se ne avrai bisogno.”
“E poi non si può sempre fare i musoni, ci vuole anche un po’ di brio nella vita. Siete d’accordo con me?” chiede Elliot, rivolgendosi alla tavolata, e tutti le rispondono affermativamente, per poi intavolare una discussione su non so che festa in non so quale locale.
Io però sono ancora dubbiosa, e non posso fare a meno di continuare a pensare che quei due prima o poi metteranno nei guai qualcuno, e spero vivamente di non essere io.
Sospiro affranta e torno alla mia insalata, ma oggi “qualcuno” deve proprio aver deciso che non devo mangiare, perché sento Indio chiedermi.
“Cosa c’è che ti turba Iris? Continui ancora a pensare alla conversazione di prima?” lo guardo e decido di confessargli ciò che mi preoccupa.
Lui ascolta attentamente tutto senza mai lasciare il mio sguardo e quando, alla fine, taccio, si sporge verso di me, appoggiandomi una mano sulla spalla per poi stringerla delicatamente.
“Iris, non devi aver paura dei Dottori, né del Tardis. Sono completamente sicuri. Migliaia di studenti prima di te hanno superato gli esami col simulatore, e mai nessuno ha fallito o si è fatto male. Pensa, c’è chi dice anche che sia magico.” E poi si apre in uno dei suoi stupendi sorrisi, lasciandomi abbagliata.
Continuo a guardarlo a bearmi della sicurezza che sembra emanare e infine mi convinco a lasciare tutte le paure alle mie spalle.
“Grazie Indio, farò come dici tu” e sorridendogli ritorno a prestare attenzione alle chiacchiere dei miei amici.

 
E’ così che passiamo tutta la pausa pranzo, ridendo e scherzando fra di noi. Non accorgendoci neanche che ormai la pausa è passata e che potremmo anche tornarcene tutti alle nostre camere a fare ciò che più ci aggrada.
Ma l’atmosfera è così rilassante qui, fra le chiacchiere di Carla ed Elliot sul nuovo centro commerciale che ha appena aperto qui vicino, i sogni ad occhi aperti di J.D che lui non manca mai di raccontarci e che ci fanno fare delle matte risate, e le discussioni di Turk e Indio su quel nuovo gioco per play station che hanno appena cominciato, che mi sembra brutto far notare che il tempo sta passando e che probabilmente sarebbe meglio dividerci.
Non sono mai stata una persona facile alle nuove amicizie, nonostante io abbia un bel carattere, detto dagli altri eh?; per cui questo nuovo gruppo di amici così grande, mi piace.
Nonostante questo, la mia attenzione viene catturata dalla figura di una persona che dal fondo della sala incede verso di noi. Mi prendo tutto il tempo per osservarla.
Guardare il suo portamento perfetto, che non viene guastano neanche dall’enorme borsone che porta al braccio.
I suoi abiti perfettamente abbinati, da vero fanatico della moda qual è.
I suoi capelli che ormai si stanno schiarendo sempre di più per via dell’età.
E infine i suoi occhi, così simili ai miei che molte donne e anche qualche uomo fecero cadere ai suoi piedi, mia madre compresa.
Mi alzo di scatto dalla sedia e ancora sorridendo gli corro incontro, per poi buttargli le braccia al collo quando gli sono davanti, e gridare.
“Papà cosa ci fai qui?”

 * * *

 
Pov Indio

 
“Ma no J.D per completare il livello devi uccidere il capo zombie e solo allora uscire dal covo.” Spiego per l’ennesima volta, la stessa cosa al mio amico, ma lui sembra proprio non capire. Non so neanche come ci siamo finiti a parlare di queste cose, generalmente ne discute con Turk.
E’ in questo momento che, con la coda dell’occhio, vedo Iris alzarsi repentinamente dal tavolo e correre verso una persona.
“Papà cosa ci fai qui?” la sento chiedere, ebra di gioia, ed insieme a tutti gli altri mi giro a guardarla.
E’ veramente tenero vederla rapportasi col padre, col quale, mi sembra di aver capito, condivide un forte legame. Parlano e io mi incanto a guardare la gioia e la felicità che rendono il suo viso radioso, come se le preoccupazioni di prima non l’avessero mai colpita.
Si avvicinano al tavolo e una volta arrivati, Iris fa le dovute presentazioni.
“Ragazzi questo è mio padre, Jude” e tutti salutiamo educatamente.
“Papà questi sono i miei amici, Carla, Elliot, Turk, J.D ed infine Indio.” Il signor Law ci guarda e saluta tutti, esibendo un cortese sorriso. Ma quando Iris presenta me, lo vedo irrigidirsi impercettibilmente, e fissarmi intensamente col suo sguardo glaciale.
Io, da bravo Downey come mio padre mi ha insegnato, non abbasso lo sguardo ma anzi sostengo il suo e lo guardo, cercando di capire cosa lo renda così nervoso.
Passiamo alcuni attimi a guardarci, attimi durante i quali mi accorgo che il suo viso mi è stranamente familiare, anche se non riesco a ricollegare dove io possa averlo già visto.
“Ci siamo già incontrati, per caso signor Law?” chiedo esitante, ma soprattutto curioso di capire perché la mia mente mi sta dicendo che io quest’uomo l’ho già incontrato prima d’ora.
“N-no non credo proprio” risponde il padre di Iris, tentennando leggermente, quasi volesse nascondere qualcosa.
“Forse lo avrai visto recitare qualche volta, Indio” suggerisce Iris, incuriosita dal nostro scambio di sguardi.
“Si forse sarà così” concordo con lei, eppure sono sicuro di non aver mai visto un suo spettacolo. Diciamo che il teatro non è proprio una delle mie più grandi passioni.
Ma passato l’iniziale momento di imbarazzo, lasciamo che Iris parli con suo padre e noi ce ne torniamo alle nostre chiacchiere.
Dopo un po’ vediamo Iris tornare sola, dopo che si era allontanata per accompagnare il padre.
“Devo dirtelo Iris, tuo padre è proprio un bell’uomo. E’ single per caso?” chiede Elliot lasciandoci tutti allibiti per la sua sfacciataggine. Ma evidentemente Iris deve essere abituata a questo genere di richieste perché senza farsi problemi risponde alla coinquilina.
“Si è single Elliot, ma mi duole comunicarti che le donne non sono il suo genere d’interesse.” Ed ancora una volta sul tavolo scende il silenzio.
Mi volto verso Iris e le sorrido leggermente, a quanto pare abbiamo qualcosa in comune, oltre al college.
“Ah che notizia tragica! E’ proprio vero, sono sempre i migliori che se ne vanno.” Ma questa volta Elliot, col suo intervento, riesce solo a farci fare una grassa risata, riportando l’atmosfera all’iniziale leggerezza.
“Ragazzi ma sono quasi le 16:00, non vi sembra ora di alzarsi da qui e andare ognuno nelle proprie camere?” ci urla Carla, in pieno stile militare e corriamo tutti a guardare l’orologio. E’ veramente tardissimo e non ce ne siamo neanche accorti, ma d’altronde com’è che si dice? Il tempo vola quando si sta in compagnia, o no?
Ma dobbiamo dare ragione a Carla quindi ci alziamo tutti e dopo aver posato i vassoi del pranzo, ci dirigiamo tutti fuori.
“Indio potresti darmi un passaggio alla macchina? L’ho posteggiata dall’altra parte del college.” Mi chiede Iris e tranquillamente le rispondo che per me non c’è nessun problema. Mi piace passare tempo con lei. E’ una persona molto interessante, con cui è facile e gradevole parlare, e poi sembra quasi la sorellina che non ho mai avuto. Dopo così poco tempo, penso di essermi già affezionato a lei.
Le faccio segno di seguirmi alla macchina, ma una volta arrivati siamo costretti a fermarci davanti alla persona che comodamente è appoggiata alla mia portiera.
“Papà qual buon vento?” chiedo stupito. Ma oggi è giorno di “ricevimento genitori” e nessuno ce lo aveva detto?
“Oh giovanotto eccoti qui, finalmente sei arrivato. Ti stavo aspettando.” dice e mi avvicino a lui per salutarlo.
“Allora papà, cosa ti porta da queste parti del mondo?” chiedo, ricordando quand’è stata l’ultima volta che mi aveva avvertito di una sua imminente escursione londinese. Credo sia stato qualche mese fa, quindi questa nuova visita mi stupisce.
“E questa bella ragazza che è con te suppongo che sia Iris, giusto?” chiede eludendo tranquillamente la mia domanda, per poi andare a fare il baciamano ad Iris. E’ sempre il solito, si diverte a sedurre la gente quando poi sa perfettamente come gli è finita l’ultima volta.
L’ultima volta che si è innamorato veramente, intendo. Perché se cerca un’avventura occasionale di sicuro non ci mette poi troppo impegno, visto che uomini e donne indistintamente sono irrimediabilmente attratti da lui come le api col miele.
“Ho sentito molto parlare di te Iris. Sei davvero una ragazza bellissima.” le dice, dopo averle leggermente sfiorato la mano con le labbra.
Vero Iris girarsi verso di me, imbarazzata e chiedermi.
“Hai parlato di me a tuo padre?” e i suoi occhi sembrano brillare di felicità.
“Ehm veram... Ahi! Papà!?!?!” mi volto verso di lui sconvolto. Mi ha dato un pestone nel piede, impedendomi di dire che no, io non ho mai parlato di lei a mio padre.
Gli ho giusto detto che mi avevano assegnato una matricola a cui avrei dovuto fare da tutor. Ma quindi, come fa mio padre a sapere di Iris?
E soprattutto chi gliene ha parlato? Io no di sicuro.
“Si, si, ho parlato a mio padre di te” mento, per non avere un altro pestone. E mentre mento guardo mio padre che mi sorride compiaciuto.
Tu vallo a capire.
“Signor Downey spero che Indio le abbia solo parlato bene di me.” Mio padre sorride a quell’affermazione e si premura di rassicurare Iris.
“Certo signorinella, mi ha detto solo cose positive. E come si potrebbe fare altrimenti?” chiede retorico e Iris arrossisce ancora una volta sotto il mio sguardo allibito.
Proprio il quel momento il suono di un cellulare si propaga dalla borsa di Iris e lei si precipita a prenderlo.
“E’ mio padre, scusatemi un attimo. Vi raggiungo subito.” e così dicendo si allontana da noi, concedendomi finalmente l’opportunità di parlare in privato con mio padre.
“Allora papà cosa ti porta qui?” gli chiedo.
“Oh lo sai Indio, il solito viaggio di lavoro. Solita vita, solite cose” dice liquidando in breve il discorso. Ma sembra strano come se la telefonata di poco fa lo avesse messo in agitazione.
“Quindi alloggerai nell’ hotel sotto la sede? Lo sai papà che ho ancora la casa che tu mi hai preso quando mi sono trasferito qui. Se vuoi ti do le chiavi così non sei costretto a passare il tuo tempo rinchiuso in un albergo”. Non è la prima volta che mi trovo a fare questa stessa proposta a mio padre, ma lui non ha mai accettato. Sembra quasi che preferisca un’ asettica stanza alle comodità di una casa completamente arredata.
“Non ti preoccupare Indio, lo sai la camera alla sede mi va più che bene così, quando la sera esco dalle infinite riunioni che lo zio Val convoca, posso tranquillamente buttarmi a letto senza fare troppa strada.
Ma grazie per la tua preoccupazione, se sempre gentile, bambino mio.” E mi sorride furbescamente.
Sa che odio quando mi chiama bambino, nonostante io non sia più esattamente il suo “bambino”. Ma infondo io e mio padre possiamo anche permetterci questi tipi di comportamenti. Il nostro non è mai stato il tipico rapporto padre-figlio. Soprattutto non dopo quel suo periodo oscuro, in cui tutto sembrava tranne che un padre equilibrato, e durante il quale io sono passato oltre la barriera del “figlio” e sono diventato “amico”.
Un amico che c’era durante le sue crisi di panico e di pianto. Un amico che lo ha supportato fino alla fine senza mai allontanarsi da lui. In quei momenti ero io il “grande” della situazione, nonostante fossi un ragazzo appena ventenne.
Ma fortunatamente quel brutto periodo ora è passato e tutto si è risolto per il meglio.
Parliamo un po’ del più e del meno, finché vediamo Iris ritornare.
“Scusatemi era mio padre. A quanto pare questa settimana niente tea del giovedì” dice leggermente rattristata.
“Deve avere molto lavoro da fare. Vedrai che la prossima settimana potrai recuperare” le dico per tirarle un poco su il morale. Lei mi sorride riconoscente e annuisce.
“Probabilmente le prove a teatro richiederanno tanto impegno” sentiamo mio padre sussurrare, e un silenzio stupito scende fra di noi.
Ma come?
“Oh come è tardi, devo proprio andare!” si affretta a dire lui, dopo essersi accorto del nostro stupore.
Non ci da neanche il tempo di rispondergli che ci saluta lasciando ad ognuno un bacio su una guancia, per poi allontanarsi nello spiazzo.
Ancora stupito mi giro a guardarlo, e noto che ci sta fissando con uno sguardo atterrito, mentre ancora si allontana verso l’uscita.
E’ proprio quello sguardo atterrito che mi riporta alla mente una cosa.
Ricordo un compleanno di tanti anni fa, quando ancora non era successo niente, e la strana sorpresa che trovai, cercando il mio regalo in quella che era la casa di mio padre a New York.
La mia bocca si spalanca sgomenta e devo prendere qualche respiro per concedere alle mie facoltà mentali di ritornare in loro.
Sbatto le palpebre un paio di volte, nella speranza che tutto questo sia solo un perverso e brutto incubo. Ma niente cambia.
Non cambia questa situazione assurda.
Non cambiano i miei ricordi.
E non cambia la mia consapevolezza, appena acquistata.
Ora ricordo dov’è che ho visto il signor Law prima di oggi.
Ma che cazzo sta succedendo qui?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
N.d.a
Allora, allora, allora, so che magari vi sarete confusi in alcuni punti, ma io vi consiglierei di dare una veloce rilettura ai capitoli passati e anche all’extra di natale, così forse avrete le idee più chiare.
Per altre cose, invece, dovete solo aspettare che la fic vada avanti. Anzi, fossi in voi, io comincerei a prendere appunti, perché da ora in poi i capitoli saranno strettamente legati l’uno all’altro.
Riguardo i personaggi, carina la sorpresa del Pov Indio, vero?
Era da un po’ che volevo dare un Pov anche a lui e questo mi è sembrato il momento adatto.
Poi cos’altro dovevo dirvi? Ah si, per quanto riguarda le apparizioni prima di Jude e poi di Rob, è una sorta di scherzetto che ho voluto fare a Jude, propedeutico al prossimo capitolo, ma non posso dirvi altro :D
Passiamo agli altri personaggi della storia, qualcuno li ha riconosciuti, qualcuno no. Poco male.
Carla, Turk, Elliot e J.D sono i personaggi del telefilm Scrubs. Molto divertente, ve lo consiglio.
Quindi, credo di avervi detto tutto, non mi rimane che augurarvi buona Pasqua (in anticipo) e.......
Al prossimo capitolo! Che arriverà non so quando ;)
Baci baci, Naky.

 
Ah dimenticavo!!!
Scusatemi il piccolo sclero da Wohvians ;P

   
 
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