In auto verso
casa
Ciò che lo turbava in
quel momento era un’altra cosa: il naso prudeva da qualche
minuto e sentiva una
delle narici… otturata come.
Doveva liberarsi al più
presto di quella spiacevole sensazione: la durata del viaggio
dall’ufficio a
casa sarebbe durata almeno un altro quarto d’ora e di
semafori non ce ne
sarebbero stati molti a cui fermarsi, una volta usciti dal centro
abitato ed
entrati in tangenziale.
Decise allora di entrare
in azione in quel momento: “Ora o mai
più” si disse con tenacia.
Iniziò a frugare nella
tasca dei pantaloni eleganti che sua moglie gli aveva fatto mettere la
mattina
per la riunione con il direttore generale dell’azienda in cui
lavorava ma di un
fazzoletto nessuna traccia. Doveva averlo lasciato nella tasca del
giubbotto,
come di consueto adagiato bellamente nel portabagagli durante il
viaggio verso
casa dopo la giornata di lavoro.
Aprì allora il cruscotto;
sua moglie aveva sicuramente lasciato qualche salviettina o qualche
fazzoletto
di carta, anche spiegazzato o non riposto nel pacchettino, quando aveva
usato
la macchina l’ultima volta ma le sue speranze vennero
infrante ancora una
volta: trovò infatti solo uno scontrino di un negozio di
scarpe.
Duecentosettantadue euro di una borsa e un paio di sandali:
“Le chiederò
spiegazioni una volta a casa” si disse.
Il problema in quel
momento era un altro: il suo naso prudeva sempre di più e
non vedeva alcuna
soluzione se non l’unico, inevitabile gesto che aveva
schifato a migliaia di altri
automobilisti mentre li osservava, in attesa come lui, che il semaforo
diventasse finalmente verde.
Il dito.
Non contemplava
solitamente quell’unica possibilità ma la
situazione era davvero gravissima;
temeva il soffocamento prima di poter salutare un’ultima
volta moglie e figli.
Si guardò intorno con
fare sospetto, cercando di capire se i vicini nelle auto limitrofe
avrebbero
potuto notarlo in qualche modo ma nessuno sembrava considerarlo
minimamente
così osservò il suo povero dito indice con
pietà: mai avrebbe voluto essere
un dito in un’altra vita, ma le emergenze
si chiamano emergenze per qualche motivo.
“Scusa” sussurrò con il
magone, prima di sacrificare quella parte del corpo complice di tanti
momenti
gioiosi vissuti assieme.
Avvicinò il dito alla
narice e, con estrema delicatezza – diciamo che aveva paura
di graffirsi anche
-, inserì l’appendice nel naso. Con piccoli gesti
riuscì ad arrivare alla fonte
del problema e, estraendo la causa di tanta sofferenza dal suo organo
olfattivo.
Ah. Che sollievo.
Ora però doveva liberarsi
dell’essere, dell’angoscioso grumo che ostruiva le
sue cavità respiratorie.
Lo scontrino.
Prese lo scontrino e,
evitando di guardare, attaccò la palletta con orrore nello
scontrino della
moglie. Lo piegò, lo appallottolò e lo mise sul
sedile del passeggero. Se ne
sarebbe ricordato più tardi.
Doveva assolutamente
lavarsi le mani.
Il semaforo scattò e non
ci fu più tempo per decidere: premette
sull’acceleratore, libero e felice,
respirando a pieni polmoni percorrendo la strada che lo avrebbe
condotto verso
casa.
Note
dell’autrice:
Allora che ve ne pare? A me non dispiace, volevo
scrivere una o più nonsense che ritraessero momenti
imbarazzanti di vita
quotidiana e così ho creato questo capitolo (spero il primo
di una serie).
L’ho scritta velocemente oggi dopo cena,
rileggendo una delle mie vecchie nonsense presenti sul mio vecchio
account qui,
in giro per il sito.
Beh, ho cercato di ritrarre al meglio quello che
potrebbe accadere in una situazione come questa. Premetto che non mi
è mai
accaduto – sono sempre munita di abbondanti
quantità di fazzoletti, io – e
spero anche non debba accadere mai.
Probabilmente l’ultima volta in cui ho messo le
mani lì è stato anni e anni fa, quando ero ancora
piccola e in parte stupida
(non preoccupatevi, è un’espressione che uso
spesso. Ma forse un po’ stupida lo
ero… o lo sono ancora ;))
Bene, non mi pare io debba dire altro.
Spero mi seguite in molti, a presto.
Beths.