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Autore: stillfreeit    02/04/2013    1 recensioni
Nella penisola Italica del 1458, in pieno Rinascimento, non è affatto comune che il Capitano della polizia locale sia una donna. D'altra parte, a quanto pare, esiste una piccola città sulla costa tirrenica della penisola che può vantare questo singolare prodigio. Viene da sé che Elena abbia sempre da dimostrare di essere all'altezza del suo ruolo. Il killer silenzioso piombato dal nulla in città è esattamente l'opportunità che Elena non avrebbe mai desiderato di dover cogliere per mostrare di che pasta è fatta.
Genere: Mistero, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CE 5

5 Aprile 1458

"Rammentate di essere Maresciallo, vero?".
Era di nuovo seduta dietro la sua scrivania, mentre il Maresciallo le era di fronte, in piedi e sull'attenti, in perfetto atteggiamento militare.

Era passato giusto un quarto d'ora da quando Elena, aiutata da due guardie, aveva trascinato il Maresciallo dentro la caserma dividendolo da Francesco prima che scoppiasse la rissa vera e propria, episodio che sarebbe stato decisamente sconveniente per troppe persone.

"Sì, Capitano" rispose il Maresciallo con il solito tono pacato e sereno.

"Allora forse avete dimenticato cosa comporta essere Maresciallo? Aiutatemi a capire, vi prego" quello di Elena era freddo e severo.

Era stato un gesto immotivato, pericoloso ed irruento, che di certo non avrebbe giovato alla sua immagine. Ma come gli era saltato in mente? Un uomo ponderato come lui, che non osava respirare senza prima pensarci almeno tre volte.

"Mi assumo l'intera responsabilità del mio gesto, Capitano. Sconterò la punizione che ne consegue, perché è mio dovere dare il buon esempio, ma vi dico già da adesso che non sono affatto pentito del mio gesto" nessuno sembrava più tranquillo.
Certamente più di quanto fosse Elena.
"Perché?!" esclamò esasperata dalla ricerca di una ragione logica che potesse spingere una roccia come il Maresciallo ad un gesto così... idiota!!

Pensava che, dopo l'ultima batosta, il mondo avesse deciso di smettere di rivoltarsi davanti ai suoi occhi rendendo vero tutto ciò che non avrebbe mai creduto possibile. Invece sembrava avere ancora tanto da dimostrare...

"Perché vostro marito dovrebbe ringraziare il Creatore ad ogni ora del giorno e della notte per la fortuna che gli è stata concessa" fu la sua impassibile giustificazione.

Avrebbe dovuto essere un complimento? Sperava di no, perché ogni sorta di allusione a quel tipo di argomento non era altro che un'eruzione di rabbia dentro un cuore che aveva già cominciato a sigillare le proprie porte.

"Maresciallo, lasciate che sia io ad occuparmi dei miei problemi coniugali. Non ho bisogno né della vostra protezione né del vostro aiuto, sono stata chiara?" fu la sua tagliente risposta, per la quale non avrebbe accettato altro che:

"Cristallino, Capitano..." rispose, solo allora abbassando leggermente il tono di voce.

"Dunque cercate di adottare un comportamento più consono al vostro ruolo, d'ora in poi" lo rimproverò ancora una volta. "Siamo in emergenza e non posso permettermi di fare a meno di voi, perciò non vi sospenderò dal servizio". Era una fortuna. Nonostante tutto non voleva allontanarlo dalla caserma. Era un militare perfetto e un alleato prezioso, e per quanto le normali leggi lo avrebbero imposto, non le sembrava giusto sospenderlo per un unico e solo errore in una carriera immacolata. "Ora tornate all'incarico che vi ho assegnato prima. Potrebbe essere una sola, ma potrebbero essere di più, questo è tutto da vedere. Ho bisogno che indaghiate nelle campagne, nelle sartorie, anche nei bordelli se è necessario. E per cortesia, ascoltate quello che vi diranno, non posso essere con voi in ogni sopralluogo per assicurarmi che non vi facciate sfuggire nulla perché distratti da altro" il vago riferimento era abbastanza chiaro.
Il Maresciallo annuì, Elena lo congedò con un gesto. Girò sui tacchi ed uscì.

Elena attese di udire i suoi passi echeggiare nei corridoi di pietra fino a scomparire, poi si alzò anche lei e raggiunse l'esterno della caserma.

Trovò Francesco esattamente dove era convinta che sarebbe stato, seduto per terra con le spalle contro il muro dell'edificio. Scompigliato, con uno zigomo pesto e gli occhi arrossati non sembrava neanche più lui. Ma d'altra parte, era da quando aveva letto quella maledetta missiva che non riusciva più a riconoscere l'uomo che aveva davanti.

Scattò in piedi appena la vide uscire, fece per avvicinarsi e cominciare a parlare, ma lei lo bloccò con un gesto della mano. Toccava a lei parlare:

"Devi andartene da qui. Vai a casa e non tornare a cercarmi" gli disse, quasi fosse uno dei suoi soldati che nulla di meglio aspettava che ricevere degli ordini. Elena sapeva che con lui sarebbe stato diverso, ma l'atteggiamento che avrebbe ricevuto d'ora in poi sarebbe stato quello.

"Non vado via se non mi prometti di tornare con me" rispose lui. Faceva per avvicinarsi, ma c'erano due guardie poco lontane da loro pronte ad intervenire ad un solo gesto di Elena, gesto che sarebbe partito al minimo tocco.

"Non conosco le donne che frequenti tu, ma stai certo che se pensi che farò la moglie che sta zitta e si mette a cuccia davanti a questo tipo di cose, ti sbagli. Io sono il Capitano qui, e posso restare in caserma quanto voglio. Ironia della sorte tornavo a casa solo per te, ma a quanto ho capito non è che apprezzassi molto..." commentò convertendo la rabbia in freddo sarcasmo. Era contenta di non aver da versare più neanche una lacrima. Non aveva intenzione di mostrargli quanto le ferite che le aveva inferto le dolevano senza pietà.

"Ho sbagliato! Lo so che ho sbagliato e capisco la tua rabbia, ma io sono innamorato di te, solo di te, lo giuro! L'idea che tu rimanga qui con... con quello... mi fa impazzire, non lo sopporto" disse senza neanche provare a trattenere le lacrime, stringendosi dei ciuffi di capelli dentro ai pugni.

Non c'era nessuna pietà che smuovesse Elena davanti a quella scena. Il processo di autodifesa era completato, e il suo cuore si era chiuso a riccio, non avrebbe lasciato passare più nulla.

Al contrario, si infuriò.

"Dopo quello che hai fatto osi dubitare della mia fedeltà? Vai a casa, Francesco, o sarò costretta a prendere provvedimenti" minacciò con seria determinazione.

"Sei mia moglie..." solo udire quella parola che solo fino al giorno prima la riempiva di orgoglio, era come punzecchiare un grosso felino chiuso in gabbia.

"Su contratto, è vero, e la legge non mi consente di fare nulla in proposito. Ma non avrai altro da me. E ora, per l'ultima volta: vai via".

"Dovrai farmi arrestare. Oppure lasciare che quello mi uccida..." era altrettanto determinato. Per quanto la riguardava, intanto, quella conversazione era già finita. Di arrestarlo non l'avrebbe fatto arrestare di certo, né tanto meno avrebbe aizzato una nuova rissa. Se voleva lasciarsi morire lì, aveva tutto il tempo del mondo, tanto non l'avrebbe fatto.

Non le interessava più.

6 Aprile 1458 

Si era addormentata piegata sulla scrivania del suo ufficio. La candela si era già spenta da un bel po', ma ormai era la debolissima luce rosa dell'alba ad entrare dalla finestra, senza però toccare il viso di Elena, che seduta dava le spalle alla finestra. Perciò continuava a dormire, per quanto non fosse la posizione più comoda che potesse assumere. Era finita tra le braccia di Morfeo solo da poche ore, quando un rumore sordo entrò nei suoi confusi sogni come un colpo d'ascia.
Scattò in piedi sfoderando d'istinto il coltello, come aveva imparato durante la guerra. Ma il solo rumore che seguì fu quello della sedia dove poco prima stava dormendo che cadde sul pavimento con un tonfo.

Sudata e affannata dallo spavento si riprese dal torpore, e si guardò intorno alla ricerca della fonte del rumore.

Il vetro della finestra era stato infranto da un sasso che adesso giaceva sul pavimento.

Subito si affacciò dalla finestra, ma non vide nessuno. Non che si aspettasse il contrario, ma un po' ci aveva sperato.

Dovette stropicciarsi gli occhi prima di poter capire che la stranezza di quel sasso era dovuta ad un foglio di pergamena legato intorno ad esso con lo spago.

Stupita e ancora scombussolata dalla sveglia poco gentile, lo prese e districò il messaggio.

"Capitano,

vi aspetto questa notte al dodicesimo rintocco all'entrata del campanile.

Vi consiglio di venire. Da sola. Voi non avete da temere con me.

La sfregiata"

 
Lo rilesse più di una volta per essere sicura di non essere ancora in mezzo ai sogni.
Infine si convinse che quel messaggio era arrivato veramente e che la persona che stavano disperatamente cercando da giorni, le aveva appena dato un appuntamento per quella notte stessa.
La sfregiata... lo sapevo! Era una donna! Ormai non poteva essere altrimenti,  aveva ufficialmente eliminato anche il beneficio del dubbio. E aveva avuto ragione anche a proposito della firma dei delitti. Non si sarebbe stupita di vedere un taglio uguale a quello delle vittime sulla sua faccia.

E a questo proposito... che aveva intenzione di fare?

Quella donna aveva già ucciso tre persone, o almeno quello era il numero di cui erano a conoscenza. Non sarebbe stato di certo un appuntamento per bere una tisana. Che cosa voleva da lei? Perché farsi vedere? Perché rendersi tanto evidente al Capitano della polizia, tra l'altro? Non erano tanto vicini a lei da poter costituire un pericolo, almeno per il momento.

La curiosità era alle stelle ma... sarebbe andata davvero da sola? Avrebbe potuto essere veramente pericoloso.

"Capitano!" esclamò il Maresciallo precipitatosi nel suo ufficio. "Ho sentito dei rumori! State bene? Che cosa è successo??".
Elena gli diede un solo sguardo, il Maresciallo aveva il suo stesso aspetto di chi è stato buttato giù dal letto con la forza. Poi tornò a guardare dalla finestra.

Non la vedeva, ovviamente, ma aveva quasi la sensazione che i suoi occhi le ricambiassero lo sguardo da qualche parte.

Si rigirava nelle mani il sasso, sovrappensiero.

Dirlo al Maresciallo voleva dire assicurarsi un segugio per quella notte...

"Qualche vandalo annoiato..." mentì, stringendo il biglietto nel pugno perché non lo vedesse. "Nulla di cui preoccuparsi" disse infine.

Le ultime faccende della sua vita le avevano iniettato nelle vene uno sprezzo del pericolo che, sebbene avesse normalmente coraggio da vendere, non ricordava di aver mai avuto.

Non aveva bisogno della protezione di nessuno.
E se anche quella donna avesse avuto intenzione di ucciderla, si sarebbe difendesa da sola. Avrebbe trovato pane per i suoi denti. Una lezione che tutti avrebbero dovuto imparare.

   
 
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