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Autore: Chamberlains    02/04/2013    1 recensioni
Sarò breve e brutale. Lei è una casinista in sovrappeso, mentre lui è uno stupido nerd abitudinario. Sono ironici, o almeno è così che mi piacerebbe farli sembrare, incongruenti fra loro, o così sembra.
Ci lavoro su da un po' e forse in realtà non sono un granché, ma provo lo stesso a farveli conoscere, nella loro perfetta imperfezione.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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HIM
Tutto normale, sembrava una serata come tante altre, con gli amici di sempre: Stefano, Alberto, Adriano, Alice ed Elettra.
Dario al fianco di Silvana  dall’altra parte della sala, c’era da aspettarselo, fa niente. D’altronde, era naturale: era il suo ragazzo e le stava accanto durante la festa, anche se io questo con Giorgia non lo avevo mai fatto. Quando c’erano le sue amiche convenivamo entrambi sullo stare separati, mi mettevano parecchio a disagio le loro conversazioni, a cui poi sarei stato totalmente estraneo, visto che non mi interessava osservare la gente e giudicarla.
Beh, se vogliamo Silvana era proprio diversa, le sue amiche erano anche quelle di Dario, stessa cosa valeva per noi, amici dall’infanzia di lui ma col tempo diventati anche grandi amici di lei. Loro non erano e non sono tutt’ora una coppia, ma  un elemento unico, le due metà combacianti di uno stesso corpo. Se penso a Dario prima che cominciasse la relazione con Silvana, ricordo solo un ragazzino fissato coi computer sempre al fianco di Adriano. In realtà fra loro la cosa è stata abbastanza graduale, i primi due anni di liceo erano amici, Dario le faceva il filo ma lei sembrava non capire. Al terzo si sono ritrovati, Silvana gli ha dato un’opportunità e adesso stanno insieme da secoli.
Anche se non lo ha mai detto, non credo che all’inizio Adriano fosse del tutto felice della nuova coppia. Dario è sempre stato il suo migliore amico e sono quasi sicuro che all’inizio si sentisse un po’ tagliato fuori, ma presto ci fece l’abitudine, anche perché la storia di Dario e Silvana stava durando più del previsto. Dario rimase il suo migliore amico e strinse con Silvana, col passare del tempo, un rapporto più intimo di quanto avesse mai immaginato.
Così, in momenti come quello, mentre l’uno faceva da valletto alla propria ragazza, l’altro, non appena finimmo di mangiare, si appostò vicino alle sue compagne di classe, accompagnato ovviamente da Alberto e Stefano, che non perdevano un’occasione per abbordare.
Stefano era sempre stato un dongiovanni, non aveva mai avuto le idee chiare sulle donne, né sulla vita, viveva molto alla giornata. Giornate popolate da partite a pallone, rimproveri dei prof, quaderni passati per copiare, giro di perlustrazione alla ricreazione per adocchiare qualche tipa che poteva stare al gioco, birretta il sabato sera, sbronze colossali da Alberto dopo una partita dell’Inter. Se chiedi a lui, ti dirà esattamente questo, nulla di più.
Alberto in realtà stava con Margherita, ma sapevamo tutti che era una cosa di passaggio e che non sarebbe durata tanto: lui si era messo in testa di voler cercare il vero amore e lei era troppo superficiale per capire cosa fosse. Lei non gli aveva scollato gli occhi di dosso dall’estate appena passata e lui si era agiato nelle sue continue avance, illudendosi che non fosse così oca come sembrava. Quella sera non l’aveva portata perché ci sarebbe stata una certa Vanessa Kassa, con cui Margherita stava per azzuffarsi durante una partita di pallavolo, quindi per mantenere il clima pacifico avevamo deciso insieme di non venire con le ragazze. Lui a Margherita non lo aveva detto proprio, non gli importava se avesse fatto scenate, io invece, per paura che Giorgia lo venisse a sapere da altri, le avevo spiegato tutto con franchezza e non mi aveva voluto ascoltare.
E adesso, giusto perché speravo di stare con gli amici, ero solo a giocherellare con il mio bicchiere mentre li guardavo fare i deficienti con le ragazze. Quel giorno ero stato a nuoto e il sonno cominciava un po’ a farsi sentire, trattenevo gli sbadigli per non sembrare annoiato.
Poi mi sentii picchiettare sulla spalla destra e mi ritrovai faccia a faccia con Vittoria, che subito si sedette nel posto libero accanto al mio.
-          E allora?
L’avevo conosciuta quello stesso anno prima di iniziare la scuola, eravamo stati entrambi selezionati come studenti migliori per un mese in un college inglese assieme a tanti altri dei vari licei di Milano. Vic era una ragazza carina, simpatica e molto intelligente, ma aveva scarsa fantasia quando si trattava di cominciare un discorso, sapeva solo dire “ e allora?” o “e quindi?”.
Io glielo avevo fatto notare parecchie volte e quella volta scimmiottai il suo gesto, mi diede una manata sulla spalla, per tutta risposta.
-          Ma dai! Volevo sapere se eri ancora vivo o in stato di catalessi!
-          Eccomi qua, milady.
-          Fammi capire, hai intenzione di rimanere qui tutta la serata? Cos’è hai deciso di calcolare il raggio dell’imboccatura del bicchiere? Se vuoi fra poco portano i flute!
Devo ammettere che il suo sarcasmo a quei tempi era parecchio originale.
-          Vedi dove sono?
Le indicai col capo i miei amici, adesso stavano ridendo come matti con quelle ragazze.
-          Oh milord! Speravo contassi sulla mia presenza! Vieni con me, non sei l’unico che è rimasto fuori dal gruppetto, io e Fran ci stiamo annoiando a morte e non vediamo l’ora che arrivi il momento della discoteca, così possiamo riprenderci le nostre amiche, anche se per ora ci sentiamo tanto sole…
Accennò un sorriso furbo, d’intesa. Voleva rinviarmi alla discussione che avevamo fatto qualche giorno prima, quando lei mi confessò che Giorgia non rientrava esattamente nelle sue grazie.
 
<< Ha la puzza sotto il naso, non negarlo. Cosa fa durante il giorno oltre a starti sul collo e a spettegolare con le amiche? Cosa avete poi in comune voi due? E’ bella, ok. Non l’ho mai vista ridere davvero o scherzare con qualcuno e non mi sembra neanche timida, anzi. Non so, pensavo che una persona come te desiderasse qualcuno di migliore, qualcuno di speciale.>>
 
Glielo avevo lasciato dire perché quel giorno ero parecchio incavolato con Giorgia per via dei suoi stupidi attacchi acuti di gelosia. Così lei mi aveva confessato ciò che pensava e mi aveva illustrato il profilo dettagliato di questa sua amica, Fran, giusto per convincermi a finirla con Giorgia e provare con questa tizia.
Adesso questa ragazza era lì, dall’altra parte del salone e io, secondo la visione di Vic, sarei dovuto andare da lei, approfittando della litigata con la mia ragazza.
-          Io sto con Giorgia, Vic.
Le dissi con sorrisino clemente.
-          Ah, sì? E dov’è? Non la vedo da nessuna parte!
-          Abbiamo litigato, non volevo portarla perché volevo stare con i miei amici e, come puoi notare, ho fatto male i calcoli.
-          Tu l’hai lasciata a casa perché, tranne quando non ha uno strato di tessuto addosso, è una noia mortale stare con lei, ammettilo! E adesso hai l’occasione di cambiare senza perdere nulla, la posta in gioco è alta. Ti basterà fare un unico tentativo per accorgerti che ho ragione.
-          Io sto bene così.
Conclusi, senza aver voglia di continuare il discorso.
-          Fallo per me allora! C’è anche Emi!
Ok, mi sembrava scortese rifiutare.
Mi alzai e la seguii dall’altro lato della sala, non avevo granché voglia di fare nuove conoscenze quella sera ma era pur sempre l’unica che mi aveva calcolato per tutta la serata e mi sembrava scortese rifiutarla e poi, come aveva detto lei, ci sarebbe stato anche Emilio, un altro del gruppo del college, con cui avrei potuto scambiare quattro chiacchiere.
Ci avvicinammo ad un gruppetto di gente messa intorno ad un tavolo. Da un lato c’erano Emilio con un ragazzo che cingeva con il braccio la vita di Elettra - un certo Hiram, ricordavo, me ne aveva già parlato - mentre dall’altro c’erano altri due ragazzi che dovevano essere amici di Vic.
 
 
 
 
HER
A Grima lo avevo fatto capire esplicitamente tante volte che volevo che restassimo solo amici, nulla di più. Era un fratello per me, ci divertivamo tanto assieme, ogni volta che mancava da scuola le ore non passavano mai e cadevo in una depressione che solo le sue stupide battute potevano risollevare, ma ridere alle sue battute era decisamente su un altro livello rispetto ad andarci a letto. Livello successivo a cui non avevo intenzione di passare.
Quella sera, come era successo in tante altre occasioni di festa, mi stava addosso più del normale. Diceva cose strane, allusioni romantiche, buffetti improvvisi sulla guancia, tentativi di allungare le mani. Non ce la facevo più ma allo stesso tempo sapevo che se avessi aperto bocca quella sera lo avrei offeso a morte. Quindi, quando Vic decise di allontanarsi alla ricerca del suo amico perduto, lasciandomi in balia di un Grima allupato, io, invece di implorare con gli occhi Hiram, troppo occupato a puntare i suoi su Elettra, capii che dovevo evacuare il tavolo.
Mi intrufolai nel bagno delle donne e decisi di dare una sistematina veloce al trucco, ma soprattutto ai capelli che quella sera erano allo stato brado, dando sfogo alla loro natura di pseudo ondulato. Erano una massa scura, una massa scura inconsistente, mi dicevo.
 Quando mi sembrò che fosse passato il tempo necessario, varcai nuovamente la soglia della sala, avvicinandomi però al tavolo del buffet, visto che ancora Vic non era di ritorno.
Stavano cominciando a predisporre squisiti pasticcini con crema al cioccolato, ma mi morsi la lingua e andai avanti. Sei a dieta, mi ricordavo. Così, per non tornare a mani vuote, optai per un bicchiere di spumante che avevano appena versato.
Circa cinque secondi dopo mi ritrovai a maledire tutti i gradini, le scale e chi li avesse inventati.
Ero inciampata sì, come ero solita fare. Ma il bello era che stavolta, non solo mi ero fatta male ad un piede ma avevo pure travolto un ragazzo, macchiandogli la camicia con lo spumante. Fu assurdo come il bicchiere, con l’urto, non gli fosse finito addosso in mille pezzi o come lui riuscì a bloccare la mia tragica caduta. Sapevo solo che se non ci fosse stato lui sarei finita a terra, rimettendoci la faccia, ma nel senso vero e proprio, non ci sarebbe stata altra soluzione oltre al chirurgo plastico.
Alto almeno due metri, aveva una stazza molto imponente il tipo, aveva un viso giovane però, gli davo all’incirca la mia età. Vic, che era vicina a noi, fece di tutto per nascondere la sua risatina, senza successo perché la vidi mentre tentava di soffocarla. Cominciò a presentarci tutta pimpante, parlando di me come “imbranata”e riferendosi a lui con l’apposizione di “amico del college di cui ti avevo parlato”. Mi fece l’occhiolino, alludendo alle discussioni che mi aveva fatto sul suo fascino da uomo grande e forte, sulla sua intelligenza, sulla sua simpatia, su quanto fosse insopportabile la sua ragazza e su quanto fosse il ragazzo giusto per me e bla bla bla. Quando cominciava a parlarmi di un candidato perfetto alle primarie della mia vita sentimentale io premevo il tasto mute nel mio cervello e lasciavo che parlasse in labiale, io facevo finta di ascoltare, mentre in realtà ero concentrata su qualche coppa di gelato al cioccolato o cose simili.
Non che avessi intenzione di ballare da sola per tutta la mia vita, semplicemente non avevo trovato il partner ideale per poter ballare un tango o la rumba, qualcuno che conoscesse i passi del mio ballo abbastanza da poter tenere il mio ritmo, a dire il vero nemmeno lo cercavo, avevo deciso di lasciare tutto in sospeso per almeno un po’ di tempo. Stavo bene così com’ero, avevo incominciato la dieta ed ero sicura di voler andare fino in fondo questa volta, ci era riuscito papà e questo mi dava la forza per continuare. Un ragazzo non mi serviva, pensavo, non era necessario per quell’arco di vita.
Dovevo ammettere però che il tizio non era niente male, gli avrei dato un otto pieno. Un otto pieno. Avevo combinato un disastro ad un otto pieno. Tentai di scusarmi per rimediare al mio errore:
-          Scusami, sono davvero un’imbranata. La camicia poi, oh sono mortificata! Spero che la macchia se ne vada in lava…
-          Fa nulla, camicie ne ho tante. Tu piuttosto, cerca di stare attenta la prossima volta!
Lo disse quasi come se fosse un rimprovero, poi aggiunse:
-          Ti sei fatta male?
Evidentemente si era accorto di essere stato un po’ troppo brusco.
-          Un po’, ma tranquillo, vado a sedermi.
-          Ok.
Ok?! D’accordo, sono stata io a venirti addosso, sono un’imbranata, ma cavolo, pur sempre una ragazza! Sarò anche cicciona, brutta e stupida, ma avresti potuto comunque aiutarmi mentre mi vedevi zoppicare verso la prima sedia libera! Sarai pure grande e forte ma le buone maniere non te le ha insegnate nessuno, eh?
Come da copione, Grima arrivò subito in soccorso ed io non potei far nulla per scansarlo. Almeno era stato gentile, lui.
 
 
 
HIM
Secondo me era stata lei, la tizia, a dire a Vic di riferirmi quelle cose.
All’improvviso tutto mi appariva più chiaro. La tizia mi aveva avvistato chissà dove e, come tutte le imbranate del mondo, non aveva il minimo coraggio di rivolgermi la parola di persona. Allora era cominciata la frenetica ricerca su Facebook, aveva setacciato tutte le mie foto pubbliche e, non curandosi della mia situazione sentimentale “fidanzato ufficialmente”, aveva notato il filo di connessione con Vittoria, sua amica e compagna di classe.
D’altronde, che interessi poteva avere Vic riguardo la mia vita sentimentale? Non eravamo poi amici così intimi. C’era sotto qualcosa. Una cotta segreta. La cotta segreta della grassoccia imbranata per me.
E guarda caso, era proprio lei, la grassoccia, che mi travolgeva e macchiava la mia camicia. Mi aveva chiesto scusa mortificata, come se in realtà la storia dell’inciampo  non fosse stata una scarsa imitazione di qualche film romantico per adolescenti arrapate. Io le avevo risposto con la massima freddezza, aggiungendo poi un “Ti sei fatta male?” giusto per non fare la parte dello stronzo.
La guardai zoppicare goffamente, trattenendo l’istinto di aiutarla per non sembrare minimamente interessato a lei, poi arrivò un ragazzo che la aiutò a sedersi, allora potei andare in bagno tranquillamente.
Stavo tentando di asciugare la camicia sotto l’asciugatore delle mani, quando Vittoria entrò, come se nulla fosse, nel bagno degli uomini.
-          Ma perché mai ho deciso di chiamarti Milord!
-          Cosa c’è?
Nella sua voce si sentiva un filo di rabbia.
-          Fai tanto l’erudito, l’intellettuale ma non sai essere cortese con una ragazza! Per fortuna che alla fine Grima ha deciso di aiutarla, tu la guardavi lì, impietrito. Confesso che mi hai deluso, non me lo sarei mai aspettato da te. Non la invidio proprio Giorgia!
Sciacquai le mani e mentre l’acqua scorreva infondo al lavandino alzai il tono della voce:
-          Te lo ha chiesto lei, vero?!
Vic si affacciò allo specchio, con faccia perplessa. Tentai di essere più chiaro:
-          La tua amica ti ha convinto a parlarmi di lei, non è vero?
-          Cosa te lo fa pensare?
-          L’ho inquadrata dal primo momento in cui l’ho vista: goffa, impacciata, timida. Si vergognava a fare da sola, vero?
Si sedette sul lavandino, io, al pensiero delle sue gambe nude sulla superficie sporca, mi disgustai per lei.
-          Hai preso una bella cantonata! Ok, sei un ragazzo intelligente, ok, sei riflessivo, ma questo va ben oltre! Significa farsi delle vere e proprie seghe mentali! Fran non è affatto sfigata, mio caro! E’ vero, quando cammina sui tacchi ogni tanto sembra un funambolo, ma questo non significa che abbia escogitato tutto per conoscerti!
Andò avanti per un altro po’, dicendomi che non potevo conoscere davvero una persona avendola vista di sfuggita una sola volta, che non ero nelle condizioni di giudicare e che era solo stata un’idea sua.
-          Pensavo che in qualche modo vi sareste trovati  aldilà delle apparenze, ma forse tu non ne sei capace. – Concluse infine.
Scese bruscamente dal lavandino, si sistemò velocemente il vestito, abbassandoselo con le mani e senza dire una parola andò via. Capii che non era proprio giornata, litigavo con tutti, ma al tempo stesso che almeno da lei dovevo farmi perdonare.
Tornai nella sala, osservando con discrezione la tipa grassoccia. Adesso scherzava allegramente con un ragazzo che avevo già individuato prima ma di cui non ricordavo il nome, Grima forse. Lui le versava un bicchiere d’acqua, mentre lei si abbassava con sguardo dolorante, forse si tastava la caviglia, che le faceva ancora male. Mi sentii uno stronzo. A loro si aggiunse Emilio, lei cominciò a staccargli la cravatta con fare scherzoso, passandosi la lingua tra i denti, gliela tirò dall’altro lato del tavolo e allora lui le diede un colpo alla testa. Fran fece per tirargli un ceffone e rovesciò il bicchiere pieno d’acqua sul tavolo.
Adesso, oltre a grassoccia potevo considerarla maldestra e spiritosa, una terna che non si addiceva per nulla ai miei canoni. Non capivo che affinità potessero esserci fra me e lei, viaggiavamo su orbite totalmente differenti. Ad ogni modo era amica di Vittoria e mi ero comportato male con lei, quindi dovevo chiarire per non perdere l’amicizia. Se davvero non era interessata a me, oltretutto, potevo considerarla inoffensiva. Ci avrei parlato, le avrei chiesto scusa, Vic ci avrebbe visto e tutto si sarebbe risolto.
Dovevo solo aspettare che arrivasse il momento della discoteca, Fran sicuramente non avrebbe ballato, si toccava spesso la caviglia, era ancora indolenzita. Io l’avrei fatta sedere sul divanetto e avremmo parlato a tu per tu con molta franchezza.
Il mio momento era vicino, ma quello che doveva essere Grima non si scollava da lei, tutti si alzavano e lui rimaneva lì, evidentemente c’era qualcosa fra quei due. Il vero sfigato di merda ero io, convinto di piacere ad una ragazza che invece forse aveva una mezza relazione con un altro. Il mio scopo però rimaneva comunque parlarle e finchè c’era quell’individuo nei paraggi mi era alquanto impossibile. Implorai perché qualcuno se lo portasse via finchè non arrivò uno stuolo di ragazze che se lo trascinò con sé. Adesso la scena era tutta mia, avevo campo libero.
-          Ciao.
Mi guardò un po’ perplessa, poi accennò mezzo sorriso:
-          Ciao.
-          Posso parlarti un attimo? Magari ci sediamo in uno di quei divanetti là sotto, che ne dici?
Annuì, la perplessità era un timbro sul suo volto.
La aiutai a camminare, dicendole di tenersi col braccio alla mia spalla, mentre io la tenevo dalla vita. Arrivati  ci buttammo sul divano, tirando entrambi un sospiro. Poi io cominciai:
-          Non so cosa ti abbia raccontato Vittoria, so solo che in qualche modo voleva combinare questo incontro, tralasciando completamente il fatto che io sia già impegnato. E questa cosa, a dire il vero mi ha fatto proprio imbestialire.
Poggiò la testa sullo schienale, lo sguardo fisso verso l’alto.
-          I conti non tornavano, quindi pensavo che tu in realtà volessi abbordarmi e che la caduta fosse tutta una balla per conoscermi. Poi, se la conosci bene, saprai sicuramente che Vic non è il tipo da fare certe confidenze ai ragazzi, quindi capirai che mi sembrava assurdo che…
Sbuffò.
-          Quindi, senza troppi giri di parole, mi hai fatto zoppicare per cinque minuti con una sedia in mano perché eri convinto che fossi una povera sfigata single alla ricerca disperata di qualcuno?
-          Beh, se vuoi metterla così…
-          Sono un tipo conciso, io. Anche se cerchi le parole più carine per dirmelo, è così, giusto?
-          Sì, ma non conoscevo bene la situazione, insomma poi anche tu forse hai una relazione, no?
-          Io?
-          Sì dai, con quel tipo… Grima, giusto?
-          Lascia perdere Matteo, è solo un amico.
-          Beh, non si direbbe, visto come ti guarda, ti ricopre di attenzioni…
Man mano la mia voce diventò più flebile, stavo dando troppe informazioni.
-          Ti sei dato allo spionaggio?
Ecco, proprio quello che non volevo che capisse. Risposi vagamente:
-          No, ho solo un forte intuito. Sai, lo dicono tutti che…
-          Che sei un genio e bla bla bla. Senti, non mi interessa, è stato solo un malinteso. Domani ne dirò quattro a Vic, promesso. Adesso però, se non hai nulla di meglio da fare, per rimediare alla tua figura da stronzo potresti tenermi compagnia qui, tenendo alla lontana Grima, che ne dici?
Mi aveva trattato come uno stronzo vanesio e forse un po’ me lo meritavo, l’unica cosa che potevo fare per farmi assolvere era stare con lei per tenere lontano il suo spasimante.
-          Prendo un po’ di spumante.
-          Sì, almeno l’alcol ci farà sembrare più allegri.





Questo capitolo è un po' più lungo del primo, avevo pensato di metterne solo una parte per lasciarvi sulle spine MUAHAHAHAH, poi però ho pensato che forse non avrebbe reso per nulla quindi ho concluso la festa, dopotutto è sempre un antefatto (ops! Me lo sono lasciata sfuggire...), il bello deve ancora arrivare. Spero che sarete qui per il prossimo capitolo e che non dovrò farvi aspettare nove mesi per leggerlo [della serie: spingi, spingi sta uscendo!].
Coprendosi la faccia con un sacchetto di carta per vergogna di quello che ha appena scritto, esce di scena Pao dei Chamberlain.
 
  
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