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Autore: Wkb    02/04/2013    1 recensioni
Vite di periferia. Quando non vedi mai il sole che speranze ti restano?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
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Sono le 6:00 del mattino, è quasi l'alba di questa notte infinita. I primi raggi di un sole non ancora sorto incendiano l'acqua di mille sfumature di metallo freddo. Siamo io e te.
Il fumo della tua sigaretta sale lento nell'aria immobile, i tuoi polsi che si mostrano a tratti dalle maniche della tua giacca
troppo leggera per una notte cosi fredda, i lividi e le escoriazioni che formano un delicato arabesco. Sei incredibilmente bella nella tua fragilità, temo che qualsiasi cosa più forte di un sussurro possa farti dissolvere nell'aria come un sogno.
Tremi, per il freddo o la paura? Non te lo chiedo, non risponderesti, l'unica cosa che posso fare é continuare a sminuzzare quest'erba che ti dia un po' di sollievo e che calmi la corsa del tuo cuore agitato.
Sei con me, eppure sei sola. Mille miglia lontana, appartieni ad un altro mondo.
Bianca, io ti amo.
Ricordo la prima volta che ti ho vista, avremmo avuto otto anni, impettita nei tuoi calzoncini corti, le ginocchia sbucciate, gli enormi occhi azzurri spalancati di stupore. Ti toccavi nervosamente la spessa treccia e ci guardavi come fossimo strani animali in uno zoo. Con la boccuccia atteggiata in una curiosa smorfietta cercavi di capire se fossimo una specie ostile o meno, tu che, nei quartieri alti, non avevi mai visto tanti ragazzini inselvatichiti dalla vita di periferia.
-Welcome to the jungle baby.
Disse Toy uno dei ragazzi più grandi. Tu ti facesti ancora più piccola, ancora più fragile, ancora più dolce. Mi innamorai di te. Tendendoti la mano ebbi la consapevolezza che non ti avrei abbandonata mai.
-Eva.
Tu timidamente allungasti le tue dita ossute verso le mie ben più forti, le stringesti e sorprendentemente non le lasciasti più.
-Bianca.
Per quel giorno non dicesti più nulla, muto fantasma al mio fianco. Ricordo che tornata a casa mi chiesi se tu fossi reale o il frutto dei sogni di una bambina sola.
Hai finito di fumare, ti abbracci le ginocchia. Sotto i jeans larghi non fatico a immaginare le tue esili cosce pallide, quelle cosce che così spesso ho visto decorate da lividi. Sei così immobile da sembrare una bambola. Questo è quello che ti senti Bianca? Una bambola?
Incollo a L due cartine, lo faccio con meticolosa cura.Ci metto tutto l'amore e l'attenzione che metterei nell'accarezzare il tuo corpo.
Sai, ricordo una bellissima estate passata io e te sole, gli altri ragazzi quasi tutti in vacanza o ai centri estivi, il cortile assolato e gli immensi portici tutti per noi. Giocavamo sentendoci protette dal grande serpente che è, era, la nostra casa. Avremmo avuto undici anni. Ricordo come correvi ridendo e io che ti inseguivo bramosa di stringerti tra le mie braccia. Amavo quei momenti di fugace intimità dove potevo stringerti quell'attimo che nella mente si dilatava all'infinito.
Bianca, sei troppo bella per restare sola con te stessa.
Fissi il mare che non hai mai visto prima, sempre più chiaro per l'avvicinarsi dell'alba. Mi porgi un pezzo di cartone che hai strappato dal pacchetto di sigarette, ti guardo, tu capisci e lo arrotoli stretto.
Sospiri piano, forse pensi alla prima volta che abbiamo fumato erba.
Avremmo avuto quattordici anni, io che impietrita sul pianerottolo sentivo le grida di tuo padre attraverso la porta, ti chiama puttana con la voce impastata, poi rumori sordi che non conoscevo ma che istintivamente mi davano la nausea. Più forti, sempre più forti e io che non potevo fare nulla per te se non partecipare con l'anima al tuo calvario. All'improvviso sei uscita di corsa dalla porta finendomi tra le braccia. Mi hai guardata per qualche istante, non riconoscendomi subito tra il velo delle lacrime e l'occhio che si stava gonfiando. Hai stretto le labbra spaccate e sanguinanti con determinazione e mi hai preso la mano, trascinandomi giù per le scale. Ricordo come correvi sotto il portico trascinandomi, le colonne intorno a noi che sembravano un bosco di cemento, un bosco che ci proteggeva dai mostri che ti aspettavano a casa. Ti fermasti all'improvviso senza un perché, come ti accucciasti per terra tremando, la pelle arrossata che in alcuni punti assumeva toni viola. Ti fissavo senza trovare il coraggio di abbracciare quel corpo fragile e martoriato dalle botte, senza trovare le parole giuste per consolare il tuo cuore spezzato. D'improvviso divenne chiaro il motivo dei lividi che di continuo fiorivano sul tuo corpo, i tuoi silenzi e il fatto che non volessi mai tornare a casa. Mi sedetti di fronte a te in silenzio, il tuo sguardo su di me che non mi vedeva ma che mi passava attraverso. Mi sentivo vetro. 
Dei passi ci sorpresero svegliandoci da quella specie di amnesia del mondo quando ormai erano troppo vicini. Era una delle ragazze più grandi, la chiamavano Kyo. Si avvicinò curiosa ma cauta, lo sguardo che si spengeva mentre ti metteva a fuoco.
Non disse niente, in quel gigantesco serpente di periferia l'orco abita in casa. Tirò fuori dalla tasca una bustina e si mise a rullare con meticolosità una canna come sto facendo io ora, l'accese e te la passò, sempre in silenzio. Si alzò lasciandoci sole con quello che, nei due anni successivi, sarebbe stata la nostra unica via di fuga dalle nostre squallide esistenze.
Mi passi il filtro, apri delicatamente una sigaretta e mi passi un po' di tabacco. Mischio l'erba e il tabacco sul palmo della mano. 
Sono le 6:07 del mattino, il sole spunta tra le onde.
-Guarda, sembra che il mare stia bruciando.
-Non si può spengere il mare, quando brucia di notte. 
Non é più notte e lo sai, lo sai come lo so io che quest'alba sorge sulla nostra fine. Qualcuno troverà il corpo di tuo padre in fondo alle scale, il cranio fracassato sul terzo gradino, forse qualcuno dei vicini, quelli sempre sordi alle tue grida disperate, vi avrà sentito gridare, avrà sentito la mia voce aggiungersi alle vostre, qualcuno mi avrà spiato mentre lo spingevo giù dalle scale.
Chiudo la canna e l'accendo. Aspiro la nebbia e la pace, assaporo per qualche momento gocce di tranquillità. Te la passo amica mia, amore mio. Forse qualcuno parlerà o forse no.
Quest'alba che uccide brutalmente i sogni e i ricordi dolci.
-Eva, saremo amiche per sempre?
-Sarò per sempre al tuo fianco.
Quest'alba che ci violenta l'anima. O forse illumina un nuovo inizio.

  
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