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Autore: ferti    03/04/2013    0 recensioni
"I pensieri migliori vengono la notte, quando tutto diventa scuro e per potersi orientare si segue la luce proiettata dai sogni,fari nelle tenebre"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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-17 anni e 10 mesi-

La mia casa era semplicemente un posto in cui stavano tutti i ragazzi senza genitori come me, un orfanotrofio moderno senza orari e suorine ingessate che pretendono preghiere o altro. Era un bel posto, era un casolare all’interno del parco della scuola, che riusciva a sopravvivere solo grazie ai soldi di un anonimo donatore che ogni anno regalava agli studenti che vivevano in quella casa un libro di aforismi sulla vita. Nessuno sapeva cosa volesse significare ma accettavamo quei libricini senza farci problemi e li accumulavamo sulle mensole nelle stanze. Si occupavano di noi dei ragazzi poco più grandi che in realtà erano più degli amici che degli educatori. Emanuele era quello che vedevo più spesso,non mi sgridava mai per gli orari, sapeva che ce la mettevo tutta e mi spronava. La mattina dopo quella sera così strana, entrai in punta di piedi nel dormitorio, non volevo che gli altri spettegolassero qualcosa sotto voce negli angoli dei corridoi. Al mio ritorno però nella mia stanza trovai Emanuele addormentato sulla poltrona rossa di fianco alla finestra. Lo scossi un po’ brutalmente per svegliarlo, era rimasto lì ad aspettarmi tutta la notte?? “Ema che succede?? Cosa ci fai qui??” gli chiesi cercando di essere più dolce possibile-“Giulia avevo bisogno di parlarti. E’ arrivata una lettera per te, sembra importante… Volevo dartela di persona”. Aveva in mano una busta elegante, in cui era scritto a caratteri svolazzanti e precisi il mio nome e l’indirizzo della scuola. “Grazie Ema”. Lo feci uscire senza troppe cerimonie, quella lettera palpitava sotto le mie dita. Chi era? Chi poteva sapere della mia esistenza? Maledizione. Non ci voleva. Sono anni che riesco a vivere in pace con tutti e con me stessa: arriva quel cretino che pretende di sapere tutto di me e tutto va in rovina.
Ero agitata. Decisi di riempire la vasca di acqua calda e schiuma e di leggere immersa in quella piccola oasi di pace che mi aiutava sempre nei momenti critici. Ogni volta facevo così, immergevo il mio piccolo corpo nell’acqua e andavo sotto per qualche secondo, aprivo gli occhi e guardavo il soffitto a macchie bianche e grigie (che in realtà erano macchie di muffa e umido) da sotto. Mi sembrava ogni volta di ritornare nella pancia di quella mamma a me così sconosciuta e lontana. Si creava così un legame indissolubile, una specie d’istinto animale che unisce i cuccioli alla madre.
Presi la lettera e la gettai sul pavimento, misi il piede nella vasca e nonostante l’acqua fosse bollente mi ci gettai tutta d’un fiato. Guardai per un attimo il soffitto e poi decisi di aprire quella busta. Aveva l’aspetto di un invito formale, una lettera mandata ad una gentildonna per invitarla ad un qualche evento di gala. Con l’indice sfiorai il lembo superiore della busta e con un movimento secco l’aprì, non volevo rovinare il mio nome scritto in quei caratteri così inusuali. Nella busta c’erano un foglio e una busta più piccola. Decisi di partire dal foglio; era scritto con lo stesso carattere della busta.



Carissima Giulietta,
mia piccola innocente stella del cielo.
Finalmente posso scriverti, in realtà ti scrivo in anticipo rispetto ai piani. Non voglio sconvolgerti con la verità, quindi ti racconterò tutto dal principio, come se fosse una delle più belle favole.
Quasi cinquanta anni fa oramai (quanto tempo è passato, eppure mi sento ancora una giovincella!) ,conobbi un uomo, il più bello, il più gentile. Passeggiavo con la mia vicina dopo pranzo per le vie del centro della città in cui vivevo, quando un ragazzo attirò la mia attenzione. Aveva dei luminosissimi occhi verdi, come i tuoi se mi ricordo bene, e un sorriso che avrebbe infranto il cuore a tutte le ragazze dell’Italia se solo lo avessero visto. Passando decisi di lasciar cadere un fazzoletto con le mie iniziali. Volevo che mi trovasse, così nei giorni seguenti passeggiai più spesso in quella via per essere rintracciata. La settimana successiva mio fratello mi portò in un caffè per farmi conoscere alcuni giovanotti che giocavano a golf con lui e lo vidi. Era appoggiato al bancone con l’aria assente. Passai davanti a lui senza curarmi del suo sguardo ma, improvvisamente ,una mano mi toccò e sentì la più bella sensazione del mondo percorrermi la schiena. Quando mi girai capì che aveva il mio fazzoletto; probabilmente lo folgorai perché rimase a guardarmi per un secolo e poi mi chiese se l’oggetto che teneva in mano fosse mio. Quel ragazzo divenne mio marito, ci sposammo cinque anni dopo e dal nostro amore nacque un bellissimo bambino. Bello come le più luminose stelle del cielo, aveva i tuoi occhi: limpidi, verdi come i prati della campagna inglese in cui avevamo una tenuta e in cui andavamo ogni estate. Quante volte, durante quelle bellissime vacanze , tornava da una scampagnata con le ginocchia sbucciate e con quanto amore io gli medicavo le ferite e gli asciugavo le lacrime! Tuo padre era il bambino migliore che potessi desiderare, ma con il tempo arriva tutto: l’adolescenza, i colpi di testa, la scuola e i primi amori. Decise di frequentare la scuola di recitazione e glielo permettemmo, lo amavamo troppo. Iniziò la sua carriera con tantissimi alti e bassi. Andavamo a tutti i suoi spettacoli e stavamo male ogni volta che il pubblico non apprezzava quello che noi credevamo fosse geniale. Iniziò la depressione, le pillole, le corse in ospedale nel mezzo della notte, le nottate passate di fianco al suo letto. Gli occhi di tuo nonno si stavano spegnendo, il male della nostra piccola stella aveva contaminato tutti. Poi improvvisamente ecco comparire nella vita di mio figlio tua madre. Isabella era una bellissima ragazza, esile, con delle mani lunghissime e bianche e dei capelli lucenti neri lunghissimi. All’iniziò portò luce nella vita di tuo padre, lo fece uscire dalla depressione e insieme partirono in tournè, andarono a vivere nella tenuta in Inghilterra. In poco tempo Isabella distrusse la nostra famiglia: costrinse tuo padre ad avere sempre più bisogno di soldi.

Litigammo.

Da lì a poco tempo nascesti tu, piccola stella e tuo padre era felicissimo. Eri un piccolo miracolo, una bambina con la pelle della luna e gli occhi come i campi d’Estate. Ci mandava le tue foto e ogni volta eravamo fieri del nostro amore. Poi tua madre lo lasciò. Isabella partì con Fernandez, il migliore amico di tuo padre. Ricominciò tutto: le pillole, l’alcol e le corse in ospedale. Però dopo poco tu diventasti l’unica ragione della sua vita, tu , mio piccolo miracolo, lo feci uscire dalla depressione e con le tue risate stridule lo feci continuare a vivere. Dodici anni dopo, poco prima che decise quello che decise ci scrisse una lettera che trovi nella busta celeste. La lettera era divisa in due parti, nella prima parte rivolta a me e a tuo nonno, tuo padre ci fece promettere di scriverti solo al compimento dei tuoi diciotto anni. Non voleva che la tua infanzia fosse turbata da sensi di colpa, voleva scomparire dalla tua vita per darti la possibilità di vivere veramente senza il peso di un padre che dentro era vuoto. Sosteneva di avere un anima nera e che la tua purezza doveva essere conservata intatta, perché la tua bellezza era l’unica cosa positiva della sua vita. Non voleva neanche che noi ti cercassimo. La seconda parte, ancora sigillata, è indirizzata a te.

Ti preghiamo di perdonarci nostra piccola Giulietta, ci piacerebbe che tu venissi a trovarci. Ti manderemo presto un biglietto d’aereo per raggiungerci in Inghilterra.
Con infinito amore, i tuoi devotissimi nonni

 
La lettera era oramai fradicia, non per l’acqua della vasca, ma per le mie lacrime. Piccola stella. Loro erano la mia famiglia? Avrei accettato di collegare quelle due anime ai miei 17 anni e 10 mesi?
 
  
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