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Autore: AiraD    09/04/2013    3 recensioni
Rose Weasley ha sedici anni ed è una Serpeverde. L’unica Weasley Serpeverde. Il suo più grosso problema? Quel deficiente e presuntuoso Grifondoro, che risponde al nome di Scorpius Malfoy. Anche Daria De Lupo ha sedici anni e anche lei è una Serpeverde. Diversamente dall’amica, lei è italiana e discende da una famiglia potente e antica quanto il tempo. Amici pazzi, una serie di scommesse assurde e un preside dalle idee malsane, le obbligheranno a fare i conti con un piccolo, insignificante organo, chiamato cuore.
--- Posò la mano sulla maniglia e l’abbassò, ma prima che potesse aprirla un soffio caldo all’altezza del suo orecchio la bloccò.
“Sogni d’oro Weasley”
La voce di Malfoy era appena più bassa e suadente del solito, un sussurro caldo che le bloccò il fiato per un istante. Lui non la stava nemmeno toccando, ma sentiva il calore del suo corpo per quanto era vicino. Un piccolissimo brivido le percorse la schiena, poi lui fece un passo indietro e Rose aprì la porta e uscì senza voltarsi. Conosceva il suo corpo e le sue reazioni e sapeva cosa significavano il respiro che resta in gola e il brivido lungo la schiena: attrazione. ---
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Icecream & Cookies'
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11) Weird Reactions:

 

Scesero le scale per arrivare in Sala Grande assieme, in formazione compatta. Erano diventate una squadra, loro quattro. Ne era stata la conferma ciò che era successo la sera prima e, soprattutto, il modo in cui l’avevano affrontata: insieme. Non ne era sorpresa. Lei e Rose erano sempre state una squadra, era sempre stata molto legata a Moira e la sua amicizia con Meg era sempre stata intensa e profonda dacché si era formata. Ora però erano tutte e quattro insieme ed era fantastico.

Entrarono in Sala Grande muovendosi come un sol uomo. Meg aveva insistito per scendere a fare colazione, invece che andare a razziare le cucine: non voleva dare a Davies la soddisfazione di saperla troppo depressa per uscire dalla sua stanza. Loro tre l’avevano accompagnata senza nemmeno pensarci. Come, senza pensarci, si erano fermate a dormire nella stanza della Grifondoro la notte prima.

Non avevano parlato molto di quanto era successo. Avevano raggiunto in camera una Meg sconvolta e arrabbiata, che aveva nascosto il viso tra i cuscini, troppo orgogliosa per mostrare le proprie lacrime. Le si era seduta accanto, le aveva passato una mano tra i capelli rossi, tirandoglieli indietro e aveva fatto un cenno a Rose. Era il loro segnale convenuto: una sorta di “dai il via al racconto di aneddoti stupidi e divertenti sulla tua assurda, gigantesca famiglia”. Moira aveva sorriso e si era seduta dall’altra parte di Meg con un fazzoletto in mano, pronta a fare aggiunte sarcastiche ovunque fossero possibili.

Si andarono a sedere tutte e quattro al tavolo di Grifondoro, Rose e Moira ai lati con Meg al centro e Daria dall’altra parte della tavola di fronte a quest’ultima.

“Daria, avanti facci un rapporto dettagliato sui pettegolezzi del giorno. Non voglio avere sorprese”.

La ragazza annuì con un sorriso e si concentrò sul vociare che la circondava. “Uhm, interessante.” Commentò riportando l’attenzione e lo sguardo sulle ragazze sedute di fronte a lei. “Al ha mollato Viperanda davanti a tutti, ieri. Subito dopo che ce ne siamo andate. Pare che lei fosse estremamente scioccata: non ha nemmeno ribattuto, se n’è rimasta lì a fissarlo incredula e senza proferir parola”.

Rose battè le mani e si agitò sulla sedia, visibilmente entusiasta. “E bravo Albie! Ahahah! Che peccato essersela persa! Una scena così dev’essere stata epica! Chissà che faccia avrà fatto quella stronza!?”

“Una estremamente sconvolta e scioccata. Dev’essere stato un bel trauma: essere mollata in malo modo dal ragazzo che credeva di star ingannando. Poveeerina, quasi quasi mi fa pena”. Il tono sarcastico e velenoso di Moira così come il suo sguardo platealmente soddisfatto, però, dicevano tutto il contrario.

“Tra l’altro”, fece Daria, proseguendo imperterrita nell’analisi dei dati da lei appena raccolti. “ la cosa gioca a nostro favore: mollandola così pubblicamente, mini-Potter ha fornito ai nostri compagni un ottimo oggetto di pettegolezzi, distogliendo l’attenzione da te”.

“Me la sarei cavata comunque senza problemi, ma devo ammettere che mi sento sollevata. Se non facesse Potter di cognome, forse, lo ringrazierei”.

Daria scosse il capo divertita, rinunciando, per il momento, a ribattere e farle superare i pregiudizi sui fratelli Potter.

“Buongiorno”.

Quando parli del diavolo…

“Ehi Al!” Rose battè una mano sul tavolo con un gran fracasso e sollevò l’altra a palmo aperto. “Batti il cinque!”

Il ragazzo fissò prima la cugina e poi il suo palmo alzato, perplesso. “A cosa devo tutto questo entusiasmo?”

Rose non abbassò la mano, ma fece una smorfia seccata alla mancanza di trasporto da parte dell’altro. “Hai mollato la Corner! Davanti a tutti!”

Albus scrollò le spalle, indifferente. “Se lo meritava”.

Daria annuì, ma precisò. “Vero, ma se lo meritava anche un mese fa. Cos’è cambiato?”

 “Mi sono stufato. Te l’avevo accennato no?” Spiegò, sedendosi accanto a lei, mentre una Rose contrariata abbassava la mano e sibilava un “guastafeste”.

Ha senso, eppure… ci sta che lui, dopo un mese di far “buon viso a cattivo gioco”, ne abbia avuto le tasche piene, ma… c’è qualcosa che non mi torna. Per quanto Viperanda sia una stronza e possa meritarsi trattamenti ben peggiori, Al non è il tipo da lasciare la sua ragazza a quel modo: è troppo buono e gentile. A meno che… Era un’ipotesi un po’ azzardata, ma era l’unica che le venisse in mente, quindi..

- Ehi, mini-Potter, l’hai fatto apposta, vero? –

- Che cosa? –

- Mollare Viperanda! –

- Certo che l’ho fatto apposta! Non è che si può mollare qualcuno per sbaglio. –

- Intendevo che l’hai lasciata davanti a tutti di proposito. Perché sapevi che così lei si sarebbe ritrovata al centro dei pettegolezzi, distogliendo l’attenzione da Meg. Mi sbaglio? –

Il Grifondoro smise di fingere interesse per la conversazione delle ragazze di fronte a lui e si voltò a guardarla , sorpreso. – Come l’hai capito? – Daria ricambiò lo sguardo senza rispondere perché la risposta era, a parer suo, davvero scontata, e lui alzò gli occhi verdi al soffitto incantato della sala. – Giusto, tu e il tuo intuito. – Tornò a guardarla e prese a spiegare con calma. – Glielo dovevo. Voglio dire.. eravamo un po’ nella stessa barca, no? Solo che lei era messa peggio: a me di Amanda non importa e non importava, mentre la sua situazione con Davies era un po’ diversa. Quindi ho pensato che, forse, potevo aiutarla. Considerando quanto la Waterfall sia famosa per il suo orgoglio ho creduto che avrebbe potuto apprezzare l’avere un po’ meno pettegolezzi e pettegoli con cui fare i conti. –

Daria lo osservò decisamente impressionata. Sapeva che Al Potter era proprio quel genere di ragazzo. Quello che fa qualcosa di incredibilmente bello e generoso, mostrando una tale disinteressata attenzione da lasciare una ragazza senza fiato e ne parla come se fosse qualcosa di normale e assolutamente naturale, perché per lui lo è. Lo sapeva, eppure certe cose continuavano a colpirla profondamente.

Forse perché, alla fine dei conti,  faccio fatica a tenere a mente che non sono la sola ad avere il vizio di mettere sempre prima gli altri. Non ci sono abituata.

In ogni caso era una bella sensazione, una sensazione magnifica. La faceva sentire serena e leggera, una sorta di piacevole calore all’altezza dello stomaco: era fantastico. Quindi gli sorrise grata. – Grazie, Al. Davvero. E Meg apprezza moltissimo la cosa, te lo garantisco. Solo che.. non è tipo che ringrazia granché. –

Il rumore di una forchetta che cadeva sul tavolo attirò la sua attenzione e Daria, sollevando lo sguardo si ritrovò a fissare gli occhi azzurri di Rose, spalancati e sorpresi. Si voltò di scatto per scoprire il motivo di una simile reazione. Ciò che vide sorprese anche lei: Scorpius Malfoy stava entrando in Sala Grande mano nella mano con Christine Baston. 

“Oh già” Fece Al che, come lei, si era voltato. “È la novità della giornata: stanno assieme”.

“E da quando?”

“Da ieri sera. È successo poco dopo che ve ne siete andate”. Si passò una mano tra i capelli, parendo vagamente confuso. “Non so”. Fece, rispondendo all’occhiata interrogativa della ragazza accanto a lui. “Non me l’aspettavo. Avevo il presentimento che a Chris piacesse Scorpius, ma lui non aveva mai dato segno di essere interessato”.

 Poco dopo che ce ne siamo andate vuol dire poco dopo aver baciato Rose.. che boccino sta succedendo? Sapeva del bacio perché le condizioni in cui aveva trovato Rose e Scorpius parlavano da sole, ma la rossa non le aveva detto niente e lei aveva scelto di non chiedere. Se la riempissi di domande ora, l’unica cosa che otterrei sarebbe farmi mandare a qual paese. Aspetterò.

Daria spostò il proprio sguardo sull’amica, preoccupata. Rose era rimasta stranamente rigida per qualche secondo, negli occhi uno sguardo confuso, arrabbiato e anche un po’.. ferito. Solo per qualche secondo però, perché poi riprese il pieno controllo sulle proprie espressioni e la maschera fredda e distaccata che indossava spesso tornò inesorabilmente sul suo viso.

“Avrà capito che non può sperare di avere nulla di meglio che quella sciacquetta. Si meritano a vicenda, direi”.

Piuttosto, io direi che ho buoni motivi per iniziare a preoccuparmi, vero Rosie?

Sospirò e riprese a concentrarsi.

Al momento non c’è nulla che possa fare per lei.. quindi.. tanto vale fare qualcosa per l’altra rossa.

Aveva notato che Davies non si vedeva in giro e voleva capirne la ragione. Scoccò un’occhiata a James e Fred qualche posto più avanti e storse il naso: un’idea sul motivo dell’assenza ce l’aveva.

….E infatti…..

“Sembra che Davies sia finito in infermeria. Dicono che ieri notte, mentre tornava dalla festa, sia stato picchiato a sangue e che poi qualcuno l’abbia affatturato pesantemente durante la notte. Ovviamente l’occhio nero di Jam, il labbro rotto di Scorp e la guancia tumefatta di Freddie non hanno nulla a che fare con l’accaduto, vero? Così come” Proseguì rivolgendosi direttamente a due delle sue amiche. “il fatto che voi due ieri siate sgattaiolate fuori di nascosto è solo una coincidenza, no?”

Rose le rivolse un sorriso innocente e falso quanto l’oro dei lepricani. “Ti pare che noi potremmo mai fare una cosa simile?”

Moira annuì. “Se avessimo saputo che lo avevano già picchiato loro, avremmo usato qualche fattura in meno”. Fece finta di pensarci un momento poi aggiunse: “Forse”.

Daria alzò gli occhi al cielo, mentre Meg commentava. “In infermeria, eh? Bel lavoro, ragazze”.

“Oh è stato un vero piacere, Maggie”.

“Non ne dubito”.

“Ce una cosa che non capisco, però. Che motivo avevano Potter, Weasley e Malfoy per picchiare Ethan? Non che mi dispiaccia, sia chiaro”.

“Come che motivo? Cioè Waterfall sei seria?”

Meg gli lanciò un’occhiata sinceramente sorpresa. “Perché non dovrei esserlo, Potter? Come mai sei così sorpreso?”   

Al si voltò a guardare Daria, perplesso quasi a chiederle “scherza vero?”, lei scosse la testa e gli rivolse un piccolo sorriso.

“Cos’è questa? Un’invasione di Serpeverde”.

Cos’hanno questi Potter? Un gene speciale che gli permette di comparire quando si parla di loro?

“Ciao anche a te, Jam”. Rispose lei, fingendosi scocciata dal mancato saluto.

Il ragazzo sorrise e si sedette accanto a lei, dall’altra parte rispetto al fratello minore. “Scusa. Buongiorno splendore” Fece schioccandole un sonoro bacio sulla guancia. Lanciò uno dei suoi migliori sorrisi stordenti e aggiunse: “Rosie, Kirson”, poi si voltò, cambiando espressione, il sempiterno sorriso si incrinò appena e i suoi occhi si velarono di una preoccupazione difficile da decifrare per chiunque non lo conoscesse abbastanza. “Waterfall, dormito bene?”

Rose e Moira lo salutarono distrattamente, ciascuna presa dai propri pensieri, mentre Meg rimase in silenzio, rivolgendogli solo un vago cenno della testa e senza alzare gli occhi ambrati su di lui.

Daria vide la preoccupazione prendere per un attimo il sopravvento sulle espressioni dell’amico, prima che il solito sorriso indifferente tornasse a splendere sul suo viso. “Come mai qui, fratellino?” Chiese, notando solo in quel momento la presenza di Al. “Non dovresti essere al tavolo di Corvonero insieme alla tua fantastica ragazza?”

“L’ha mollata, Jam! Al ha mollato la stronza!” Fece Rose ritrovando l’entusiasmo e sperando, probabilmente, in una reazione più intensa di quella avuta dal diretto interessato.

“Davvero? Finalmente anche tu inizi a fare cose sensate, fratellino! Sono così fiero di te! Bravo!” Allungò il braccio oltre Daria per poter stringere la mano al fratello. Poi, approfittando del contatto e posando una mano sulla spalla della ragazza, li strinse l’uno contro l’altra. “Adesso continua sulla strada giusta, continua a rendere orgoglioso il tuo fratellone, invita Daria ad uscire, forza!”

Lei per niente sorpresa dal gesto gli tirò un pizzicotto sulla gamba, abbastanza forte da fargli mollare la presa, e continuò imperterrita a  bere il suo tè.

“Comunque”, proseguì James, massaggiandosi la parte lesa, “quando è successo? E perché io lo scopro solo ora? Da Rose, per di più! Dovevi dirmelo tu! Subito, no anzi prima ancora di farlo, cosicché io potessi essere presente e godermi la scena!”

“È successo ieri sera e te lo avrei anche detto prima se fossi riuscito a trovarti”. Rispose Al, con tono un po’ seccato. “Invece sei sparito. In realtà siete spariti tutti, persino Dom, Lils, Fred e Hugo. A proposito dov’eri finito?”

Jam scrollò le spalle e rispose laconico “Avevo da fare”.

Daria nascose con la mano un sorrisetto molto Serpeverde e si scambiò un’occhiata d’intesa con Rose.

 “Potter”, si voltò di scatto a guardare Meg che fissava James con un’espressione inquietantemente seria e aveva sfoderato la bacchetta.

Cioè fatemi capire, non l’ha degnato di uno sguardo da quando è arrivato e ora gli punta la bacchetta addosso? Ma che boccino hanno tutti quanti oggi?

Poteva sentire il battito di James accelerare per la sorpresa e la preoccupazione e non le riusciva difficile immaginare i suoi pensieri.

Si starà sicuramente chiedendo come abbia fatto Meg a capire che ieri sera ci ha spiate per un bel pezzo. Solo che io sono sicura che Meg non ne sa assolutamente nulla. Altrimenti ora starei organizzando un funerale.

Poi Meg mosse la bacchetta e mormorò una formula che non conosceva. L’istante dopo,  il livido sull’occhio di James era sparito. Il ragazzo si portò una mano all’occhio, esterrefatto, e lanciò alla compagna un’occhiata decisamente confusa.

“Non so per quale motivo tu l’abbia fatto e non mi interessa, ma credo di doverti ringraziare”. Lo sguardo di Meg era di nuovo ostinatamente rivolto altrove e la voce forzatamente fredda e distaccata, però lo stava ringraziando e quella, secondo lei, era una cosa decisamente positiva.

La rossa, poi, si alzò da tavola e, senza un’altra parola, si allontanò. Le tre Serpeverde si affrettarono a seguirla e l’italiana si lasciò scappare una risata. Conosceva la Caposcuola abbastanza da sapere che se avesse avuto anche solo il minimo sospetto delle reali motivazioni di James avrebbe avuto una reazione completamente opposta. Forse l’avrebbe affatturato in modo grave e spedito in Infermeria a tenere compagnia alla sua vittima, giusto per dimostrargli di essere perfettamente in grado di difendersi da sola. In ogni caso restava il fatto che Margaret Waterfall, colei che non ringrazierebbe nemmeno sotto Cruciatus, aveva appena ringraziato James Potter.

Ripeto: ma che boccino hanno tutti, oggi?

Mentre uscivano dalla Sala Grande incrociarono un paio di ragazzi di Corvonero del settimo anno. Aveva un’aria abbastanza malconcia e Daria represse a stento un’altra risata.

“Ma quelli non erano gli amici di Davies?” Chiese Moira, perplessa.

“Già.. ed erano pieni di lividi..”

“E menomale aggiungerei!” Tutte e tre le sue amiche si voltarono a guardarla, la stessa espressione stupita in viso. “Che c’è?”

“Tu” Iniziò Rose lentamente, “sei contenta che mostrassero chiaramente i segni dell’aver partecipato molto recentemente ad una rissa?”

“Certo.” Fece lei, tranquilla riprendendo a camminare. “Vuol dire che quando Jam e gli altri hanno pestato Davies c’erano anche loro”.

“E la cosa ti rende felice..” Rose la afferrò per un braccio e le mise una mano sulla fronte. “Niente febbre, strano”.

“Io direi di portarla comunque da Madama Lones. Non si sa mai”.

Daria scrollò via la mano dell’amica, ancora sulla sua spalla. “Più che felice sono sollevata. Se James, Scorpius e Fred avessero riportato dei lividi dopo un tre contro uno sarei stata costretta a disconoscerli come miei amici”.

 

***

***

 

Nascose uno sbadiglio col dorso della mano e si sistemò meglio la Firebolt sotto al braccio. Era davvero esausta. La notte precedente aveva dormito pochissimo per tenere compagnia a Meg, prima, e andare ad affatturarne l’ex-ragazzo, poi.

Lei e Daria stavano arrancando, stanchissime, su per il parco, di ritorno al castello dopo un massacrante allenamento. Alla prima partita della stagione, Grifondoro contro Serpeverde, mancava una sola settimana e Dave stava dando prova di una notevole isteria.

Capisco che sia in ansia perché è la sua prima partita come capitano, ma questo non lo giustifica né a metterci due allenamenti al giorno, né, soprattutto, a farci sudare come animali.

“Non è che hai qualche pozione rilassante nelle tue scorte, eh italiana? No perché Dave ne ha davvero un disperato bisogno”.

L’altra scosse la testa, ma non rispose. Faceva così da dopo colazione: era distratta e partecipava poco alle conversazioni. Sembrava assorta in chissà quali impegnativi pensieri. Rose sentì un brivido scenderle lungo la schiena: quando Daria si comportava in quel modo non era mai un buon segno.

Il più delle volte ne veniva fuori che stava partorendo una qualche teoria assurda, che, però, a lei sembrava assolutamente sensata. Oppure, ipotesi ancora peggiore, stava analizzando una situazione, a suo personalissimo avviso, altamente preoccupante e architettando una soluzione geniale, sempre e solo secondo lei.

E al momento l’unica situazione problematica a cui cercare una soluzione mi sa che è proprio la mia.

Anche se, in realtà, lei trovava che ci non fosse proprio nulla di problematico nella sua situazione. Nulla di problematico, nulla di preoccupante, nulla di cui discutere. Assolutamente nulla.

“Sai Rose credo proprio che tu abbia ragione”.

Lei si voltò a guardare l’amica, confusa. “Eh?”

“A non volerti innamorare, intendo. Amare è pericoloso. Prendi Meg e Moira: una ridotta ad uno straccio perché stava con uno stronzo, l’altra distrutta perché non corrisposta. Mi sono resa conto che amare vuol dire, soprattutto, essere completamente disarmati e vulnerabili, in balìa dell’altra persona, che ha un potere totale su di te e può condizionarti. La gioia, il dolore, la rabbia, l’euforia, la tristezza.. tutte le tue emozioni più intense dipendono all’improvviso solo da un’altra persona. Tu dipendi completamente da un’altra persona”. Daria, che fino a quel momento aveva lasciato vagare il suo sguardo e continuato a camminare, si fermò e si voltò verso di lei, rimasta un paio di passi indietro. “Non permetterò mai a nessuno di avere un simile potere su di me. Mai”. E suonava tanto come una promessa.

La osservò per un po’, sorpresa. Non si aspettava un simile ragionamento da lei, non con tutti i romanzi romantici che l’italiana divorava in continuazione. Eppure eccola lì a dire cose che, ne era certa, non erano frutto di un istinto momentaneo. Era abbastanza sicura che fossero quelli i pensieri che le avevano occupato la mente per tutta la giornata e che ne aveva parlato con lei solo perché credeva davvero nelle conclusioni a cui era giunta.  “È a questo che hai pensato finora?”

L’altra annuì, tornando a guardare il paesaggio umido che le circondava, e Rose sospirò di sollievo.

Vuol dire che posso stare tranquilla, senza dovermi guardare da ramanzine “risolutive” o sguardi preoccupati.

“Non ci avevo mai pensato prima, ma quello che è successo ieri mi ha aperto gli occhi. L’amore ha sicuramente molti aspetti positivi, non lo metto in dubbio, ma, a mio avviso, ha soprattutto un’enorme difetto: rende vulnerabili e dipendenti da qualcun altro”. Gli occhi blu si posarono di nuovo sui suoi e la castana le rivolse un sorriso. “Inutile dire che la cosa non mi piace nemmeno un po’”.

Rose rispose al sorriso e annuì. Quella era una cosa di cui lei era sempre stata convinta. “Su questo mi trovi assolutamente d’accordo. Io l’ho sempre pensata così e non ho mai avuto la benché minima intenzione di cadere in quell’incredibile trappola che la gente chiama amore.” Fece un paio di passi, raggiungendo l’altra e proseguì: “Mai avuto il minimo problema: l’amore richiede fiducia e io non mi fido di nessuno, quindi va da sé che non posso innamorarmi, no?” Daria annuì alle sue parole, convinta.

Rose non ne era poi così stupita, non più almeno: in realtà non era così raro che loro due fossero d’accordo su simili argomenti. Sebbene non ai suoi livelli, nemmeno l’altra era tipo da concedere la sua fiducia troppo facilmente. Anzi, sembrava fin troppo abituata alla falsità e vacuità della gran parte dei rapporti umani.

Nonostante questo, però, si affeziona abbastanza facilmente e molto in fretta. Quando vuole bene a qualcuno non ha mezze misure e questo un po’ mi preoccupa.

“Come pensi di fare, tu?” Chiese, infatti. “Per me è facile, ma non so quanto lo sarà per te. Sei troppo buona”.

Lei scosse la testa, facendo ondeggiare un paio di ciocche ricce sfuggite alla sua treccia bassa. “Non penso che avrò tutti questi problemi, sai? Capisco troppo bene gli altri, è così difficile colpirmi o sorprendermi. Persino attirare la mia attenzione, non è facile”.  Le afferrò un mano fredda e iniziò a camminare verso il castello. “Te lo ricordi Paolo?”

Rose si scostò, con la mano libera, i capelli color fuoco che il freddo vento di novembre continuava a sbatterle sul viso e annuì con una smorfia: come poteva non farlo? Era il bastardo per cui la sua amica si era presa una cotta qualche tempo prima. Quello che aveva rischiato di farla soffrire.

Cosa che non è successa solo perché, a quanto pare e per fortuna, avevamo sopravvalutato i sentimenti di Daria. Ma resta il fatto che ci è andato vicino e che lo odio per questo.

“Certo che me lo ricordo! Ha ancora l’uso di entrambe le gambe solo perché non eri davvero coinvolta. Se tu avessi versato anche solo una lacrima per colpa sua, adesso girerebbe in sedia a rotelle”.

L’altra sorrise e la tirò leggermente per la mano, facendo scontrare le loro spalle. “Lo so Rosie: lo ripeti ogni volta che viene nominato.  Comunque è proprio questo il punto: non ero coinvolta. Lui era il tipo giusto per me, fatto quasi su misura e io non provavo nulla di profondo”.

“Fatto su misura?! Ora non esagerare. È uno stronzo”.

“Era il ragazzo adatto a me, lo sai. Avevamo interessi simili con opinioni abbastanza diverse per dare luogo a discussioni stimolanti, conosceva un sacco di lingue straniere e persino le sue eredità erano complementari alle mie. Giusto per me, anche per un mare di altre ragioni, lo sai”.

Già, la famiglia. Mpf!

Lei sbuffò. “Complementari una pluffa! Solo perché poteva percepire, vagamente, le menti altrui. Non leggerle o trasmettervi i propri pensieri, solo percepirle e pure male!”

Daria scossa ancora la testa e alzò gli occhi al cielo. “Su questo non saremo mai d’accordo, vero Rosie?”

“Mai”. Concordò lei, ostinatamente.

L’altra sospirò e tornò a guardarla. “Comunque lascia che ti spieghi la mia teoria: se non mi sono innamorata di lui e se in sedici anni non mi sono mai innamorata di nessuno, allora, forse, sono davvero immune a certi sentimenti. E anche se così non fosse, se in sedici anni non ho mai avuto questo genere di problemi, non vedo perché dovrei averne proprio ora che ho deciso, coscientemente, di voler stare il più lontano possibile dall’amore”.

“Non fa una piega”. Disse annuendo convinta. Quel ragionamento, a parer suo, era assolutamente sensato.

Se non è successo prima, quando lei non aveva nulla in contrario, perché dovrebbe accadere ora?

Senza contare che quella presa di posizione la tranquillizzava moltissimo: ora poteva smettere di domandarsi cosa avrebbe fatto se quella da consolare la notte prima non fosse stata Meg, ma Daria.  

Dopo quel discorso anche l’altra sembrava più tranquilla, come se si fosse tolta un peso. Perciò oltrepassarono il portone d’ingresso parlando si argomenti decisamente più leggeri.

Rose guardò con sconforto la prima delle tante rampe di scale, che le avrebbero portate al dormitorio dei Caposcuola. “Ti ho mai detto quanto sono grata del fatto che il nostro dormitorio stia nei sotterranei?”

L’altra, in evidente sintonia coi suoi pensieri, rispose: “No, e io ti ho mai detto quanto invidio i babbani e i loro ascensori?”

“Andiamo, va’. Queste scale non si saliranno da sole!” Fece iniziando a tirare l’amica su per la prima rampa.

“Hai ragione!” Esclamò lei, lasciandosi trascinare. “Invidio anche le loro scale mobili!”

“Ma davvero? Ai purosangue è consentito invidiare i babbani?”

“Se sono più intelligenti che ci posso fare?” Ridacchiarono entrambe, poi Daria esclamò: “Ehi, Rose, guarda chi c’è: mini-Potter!”

Effettivamente Al stava camminando nella loro direzione, in divisa da Quidditch e con la scopa in spalla.

Si scambiarono un’occhiata complice e, appena gli furono abbastanza vicine, urlarono in

coro: “Ciao Al!”

Il ragazzo scosse la testa con un sorriso rassegnato, quasi se lo fosse decisamente aspettato. “Cos’è? Sperate di assordarmi per non farmi partecipare alla partita e avere una minima chance di vittoria?”

Rose sbuffò e ribbatté immediatamente. “Ma fammi il piacere! Come se avessimo bisogno di simili mezzucci! Possiamo battervi ad occhi chiusi”.

“Esatto! Ricordami, mini-Potter, chi l’ha preso il boccino l’anno scorso?”

Al la fulminò con un occhiataccia, orgoglioso come sempre e ritorse, senza vera malizia: “E l’anno prima? Chi l’ha preso, De Lupo?”

Rose decise che quella discussione su chi aveva preso più volte il boccino doveva chiudersi all’istante. L’altra opzione era che i due cercatori andassero avanti fino all’alba del giorno successivo e non le pareva proprio il caso. Così posò una mano sulla spalla di Al e una su quella di Daria e riassunse, con tono pacato, l’esito di quattro anni di partite. “L’avete preso due volte per uno, lo sappiamo. Siete in parità”.

“Ancora per poco”. Specificò Al, gli occhi ridotti a due fessure.

“Puoi scommetterci, mini-Potter”. Rispose l’altra con la voce ridotta a un sibilo.

Vedendoli così presi dalla loro rivalità agonistica, Rose non ebbe cuore di ricordargli che, essendo quella la loro quinta partita, era ovvio, scontanto e inevitabile che non sarebbero più stati in parità e che quindi, come minaccia, era un po’ vana.

Solo un po’, eh.

“Ti ho detto un milione di volte di non chiamarmi così!” Borbottò Al, mettendo su un buffissimo broncio da bambino contrariato. “è irritante”.

“Al contrario. Io direi che è divertente”.

“Non lo è per niente! Questa cosa del mini, mi sminuisce come maschio. Fa pensare ad un orsacchiotto di peluche”.

“Sminuirti come maschio? Mpf! Cosa c’è da sminuire scusa? E poi tu lo sei. Tenero e dolce come un peluche, intendo. Quindi non vedo dove sia il problema”.

Albus arrossì violentemente all’affermazione della De Lupo e ribatté, imbarazzatissimo “Smettila con questa storia del peluche! Sono un ragazzo io, non un bambino di cinque anni! Non sono tenero e dolce, capito?” Poi Al incrociò lo sguardo palesemente divertito della cugina e le scoccò un’occhiata contrariata. “E tu non osare ridere!”

“Chi? Io? Non oserei maaai, lo sai”. Rispose ironica, convincendo il cugino a lanciarle un’altra occhiataccia. Appena si fu voltato per redarguire Daria, che stava ridacchiando indisturbata, Rose lasciò libero il sorrisetto malizioso che aveva mal trattenuto fino a quel momento. Starsene beatamente appoggiata al muro e osservare il suo cugino preferito venire messo impietosamente in imbarazzo da quella che era, per quanto ne sapeva lei, l’unica ragazza che il Grifondoro considerasse attraente le stava decisamente risollevando la giornata e l’umore. 

“Non vedo perché dovresti sentirti in imbarazzo”, stava dicendo Daria, mentre Al tentava disperatamente di tenersela lontana perché lei non potesse mettersi a scompigliarli i capelli o fargli pat-pat sulla testa. “Non c’è nulla di cui vergognarsi nell’essere dolci e teneri, orsacchiotto. Vero, Rosie?”

Lei, incurante dell’occhiata ammonitrice prontamente lanciatale del cugino, annuì e allargò il ghigno. “Assolutamente nulla”.

Albus, con entrambe le mani sulle spalle di Daria per tenerla a distanza, emise una specie di gemito sconfitto e sospirò. “Non ti ci mettere anche tu, Rose ti prego. Questa pazza basta e avanza”. Poi si voltò, verso la pazza in questione, che, infastidita, dall’aggettivo gli aveva tirato un pizzicotto sul braccio. “Daria, smettila, per favore. Immagina cosa direbbe James se scoprisse che mi chiami “orsacchiotto”?” L’ultima parola fu sputata con tono piuttosto disgustato.

Rose, ignorando bellamente la preghiera che le era appena stata rivolta, infierì con tono malefico. “Preoccupato che la tua virilità venga messa in discussione, cuginetto?”

Lui fece una smorfia, ma ribatté con tono stanco. “Più che altro mi atterrisce pensare a quali idee malsane potrebbe farsi venire in mente quell’idiota”.

Daria, all’ultima frase del moro, lo lasciò andare, smettendo di importunarlo seduta stante. “Prospettiva agghiacciante” Asserì, rabbrividendo visibilmente. “Niente più “orsacchiotto” per te, mi dispiace”.

“Sono terribilmente addolorato, ma credo proprio che me ne farò una ragione”. Sorrise smagliante e si piegò per raccogliere le scope, la propria e quella dell’amica, cadute durante l’ “assalto” della ragazza.

L’italiana si aprì in un sorriso smagliante e un po’ canzonatorio e si affrettò a “rassicurarlo”. “Non ti preoccupare, posso ancora chiamarti mini-Potter!”

Lui fece una smorfia di dolore e lanciò uno sguardo pieno di desiderio alle scale dietro di loro. “Ci avrei scommesso la scopa. Ora scusatemi, ma devo assolutamente andare, o farò tardi agli allenamenti”.

Rose, impietosita, si spostò per farlo passare e tirò di lato anche l’amica. “Ci si vede a cena, cugino”.

“Buon allenamento, Al”.

Albus le salutò con un sorriso e un cenno della mano. L’attimo dopo era già svanito dietro l’angolo.

“Non trovi che la sua fretta fosse un po’ insensata? Cioè, il suo capitano è James!”

“Più che altro, io credo stesse scappando da noi, italiana”.

“Dici?”

“Dico, dico”.

 

 

***

***

 

 

Se ne stava con la schiena appoggiata al muro e gli occhi blu incollati alla porta chiusa di fronte a lei, la borsa stracolma di libri abbandonata tra le sue gambe leggermente divaricate. Era in attesa.

La porta si aprì con un cigolio e ne uscirono alcuni ragazzi del settimo anno. Salutò con un cenno del capo un paio di ragazzi della sua casa e fulminò con lo sguardo il compatto gruppetto di Corvonero.

Staccò la schiena dal muro e si chinò a raccogliere la borsa pesante, solo quando vide uscire una coppia di studenti col cravattino rosso-oro. James stava chiacchierando a ruota libera e la ragazza accanto a lui stranamente sorrideva.

“Jam, Meg”.

“La mia Serpeverde preferita! Mi sei mancata!” Esclamò il ragazzo moro tirandosela contro per avvolgerla in un abbraccio spacca-ossa.

“Ci siamo visti ieri sera”. Obbiettò lei districandosi dalla presa micidiale dell’amico.

“Appunto! È da ieri sera che non ti vedo! Non sei venuta a colazione!”

“Sbagliato”. Lo corresse Meg, continuando, però, a sembrare divertita. “Lei a colazione c’era. Sei tu che sei arrivato in ritardo, Potter”.

Il ragazzo assunse un aria oltraggiata e incrociò le braccia davanti al petto, scoccando all’amica un’occhiata di puro biasimo. “C’eri e non mi hai aspettato per salutarmi?”

Daria alzò gli occhi al cielo, esasperata. Quante volte avevano già fatto quella conversazione? “Non ho intenzione di rovinare il mio record di puntualità solo per salutare un ritardatario come te  tutte le mattine, visto che, comunque, ci vediamo tutti i giorni a pranzo”.

James, saltando come al solito di palo in frasca, le lanciò un’occhiata confusa e chiese: “Il record di puntualità?” Poi si voltò verso la collega e continuò. “Credevo lo detenessi tu!”

Meg lo fulminò con lo sguardo, tornando improvvisamente seria. “ E così era fino all’anno scorso, quando un deficiente a caso mi ha fatto arrivare in ritardo un milione di volte per via dei suoi scherzi idioti”.

È così tutte le sante volte. Vanno d’accordo senza problemi e Meg sembra anche divertirsi, poi, all’improvviso realizza con chi sta parlando e diventa scontrosa.

Jam si passò una mano tra i capelli, evidentemente in imbarazzo. “Ehm.. ecco.. io..”

“Quasi dimenticavo! Ho visto Fred poco fa, ti stava cercando Marmellata. Faresti meglio ad andare da lui”.

“Ok grazie. Allora… io vado. A dopo!” Potter le sorrise grato e si dileguò.

Daria emise un lungo sospiro e lanciò un’occhiata all’amica ancora intenta a fissare la schiena di James in rapido allontanamento.

Questa situazione va risolta. Meg deve capire che divertirsi in compagnia di James non vuol dire essere impazzita e lui deve imparare che ci sono cose che farebbe meglio a non dire se vuole sopravvivere.

“Possiamo fare un salto in bagno, prima di andare a pranzo?”

L’altra annuì, ancora assorta nei propri pensieri. “Certo”.

Il bagno delle ragazze era, come al solito, pienissimo e furono costrette a fermarsi appena entrate. Un gruppetto di ragazze intralciava loro la strada.

“Scusate, dovrei passare”.

Una di loro, una Grifondoro del suo stesso anno si voltò verso di loro. Le squadrò dall’alto in basso e sulle sue labbra comparve un ghignetto di superiorità. “Toh, guardate qui chi c’è! La nostra Caposcuola e la straniera!”

Daria rispose al ghigno lasciandosi scivolare sulle labbra un bel sorriso, negli occhi una punta di ironia. “Grazie davvero! Mi stavo per dimenticare chi sono, meno male che me l’hai ricordato tu”.

La Grifondoro – Daria proprio non ricordava come si chiamasse – storse il suo bel nasino incipriato. “Vedi di darti meno arie, De Lupo. Ti credi chissà chi solo perché Jamie ti ha portata al ballo”.

Oh Zeus, ancora con questa storia? Sinceramente inizia a stancarmi.

“Già!” Intervenne un’altra ragazza dello stesso gruppo. “Lui l’ha fatto solo per pietà. Non montarti la testa. Una come te non è alla sua altezza né lo sarà mai!”

“Sei un’approfittatrice, interessata a lui solo per..”

“.. i soldi e la fama! Sono una persona orribile!” Concluse lei, sorprendendo le ragazze che la fronteggiavano. “ Oh, Maggie guarda: sembrano sconvolte. Dici che ho sbagliato la battuta?”

Il volto della rossa si aprì in un sorrisetto malandrino, quando commentò: “Forse dovevi dire “le ricchezze e il buon nome della sua famiglia! Sono una ragazza disgustosa!”

“Dici? Secondo me così è troppo..”

“Piantatela di prenderci in giro!” Urlò la Grifondoro-di cui non ricordava il nome, la prima ad essersi ripresa. Era paonazza in viso ed era evidente stesse per avere un attacco di isteria. Daria, che alla fine dei conti era una persona gentile, decise che poteva risparmiarglielo.

“Sentite, lo ripeterò per l’ultima volta. Non. Sono. Interessata. A. James. Potter.” Fece, scandendo bene ogni parola. Voleva essere certa che il concetto entrasse in quelle loro zucche vuote una volta per tutte. “Siamo amici. A-M-I-C-I. Lui non mi piace e non me ne frega niente né della sua fama, né dei suoi soldi. Anzi, tra me e Jam quella ricca sono io. Quindi, semmai, sarebbe più plausibile il contrario”.  Senza aggiungere altro, oltrepassò il gruppetto di ragazze ancora scioccate dal suo discorso e si diresse finalmente in bagno.

Appena uscite, mollò la borsa a terra e si accasciò contro un muro, sospirando esausta. “Sono davvero, davvero stanca. Non ne posso più di tutta questa storia. È così difficile capire che io e Jamie siamo solo amici? Cioè se non è successo nulla in tutti questi anni di amicizia quasi simbiotica, direi che potrebbero anche piantarla di preoccuparsi e prendersela con me”.

Per esempio, avrebbe più senso se se la prendessero con te. Quantomeno tu sei una potenziale minaccia. Anche se, a dir la verità, sarebbe  tempo sprecato in ogni caso: Jam non le degnerebbe comunque nemmeno di un’occhiata.

“Questo non è completamente vero, D”.

“Eh?” Alzò lo sguardo sull’amica, trovandosela di fronte, alla sua stessa altezza. Meg si era accucciata, con le ginocchia chiuse piegate, una mano appoggiata a terra a sostenere il suo peso, mentre con l’altra tormentava l’orlo della gonna. Il suo linguaggio del corpo parlava da sé: Meg era sulle spine, a disagio.

“Il tuo primo bacio. Te l’ha dato James Potter”. Spiegò, distogliendo lo sguardo e lasciando che le sue parole si depositassero tra di loro. Poi, imbarazzata, aggiunse: “Cioè.. non che mi interessi.. ecco.. l’aveva detto Rose ad Hogsmeade e..”

E tu hai continuato a pensarci, Maggie?

“Jam è estremamente geloso e protettivo nei confronti di tutte le persone che gli sono care. Non riesce nemmeno a concepire l’idea che qualcuno possa farci del male” Spiegò, pratica. “In più ha una sorta di talento innato per farsi venire idee assurde e malsane”.

“E questo cosa c’entra, scusa?” La rossa continuava a non guardarla, impedendole di decifrarne le espressioni, ma dal tono secco sembrava abbastanza irritata. Che fosse irritata con lei perché stava prendendo la questione alla larga o con se stessa per averla tirata fuori, la questione, Daria proprio non sapeva dirlo.

“Tutto, Maggie, c’entra tutto. Il mio primo bacio è stato merito di uno dei suoi discutibilissimi colpi di genio e ti assicuro che non ha mai significato nulla per nessuno dei due”. Le lanciò un’occhiata valutativa, aspettando una risposta che non venne.

Se non me lo chiede lei, lo proporrò io. D’altra parte è quello che so fare meglio, capire le richieste non espresse degli altri.

“Se vuoi posso mostrarti com’è andata”.

L’altra scosse il capo, tenendo ostinatamente lo sguardo rivolto altrove.  “Non mi interessa, davvero”.

Sì certo e dovrei crederti? In ogni caso non mi va di diventare oggetto di insensata gelosia in futuro, quindi..

“Però ci terrei a mostrarti, posso?” Chiese, con un sorriso gentile

La Grifondoro scrollò le spalle, con simulata indifferenza. “Se proprio devi”.

“Jam non c’era bisogno che mi venissi a prendere, te l’avevo già detto. È stata solo una banale influenza”. Daria era appena uscita dall’infermeria dopo una settimana passata lì dentro e aveva trovato  James fuori dalla porta ad aspettarla.

“So che te la cavi da sola e non hai bisogno d’aiuto, tranquilla”. Rispose lui, blandendola con un sorriso e una carezza tra i ricci castani. “Infatti sono qui per un’altra ragione… Oggi, sentendo parlare alcune ragazze, ho scoperto una cosa e..”

“E?” Gli chiese alzando il viso per guardarlo negli occhi color cioccolato.

“E c’è una cosa che devo fare”.

Gli lanciò un’occhiata confusa, ma non fece in tempo ad esplicitare la domanda a voce, perché si trovò all’improvviso le labbra occupate.

La stava baciando. Il suo primo bacio.

Non era niente di che: Jam aveva solo appoggiato le proprie labbra chiuse sulle sue, ma comunque non accennava a staccarsi.

Daria, dunque, trovò opportuno pestargli un piede con forza, per obbligarlo ad allontanarsi, e incrociare le braccia al petto, in attesa di una valida spiegazione. Non andò nel panico, colta dall’improvviso terrore che l’amico nutrisse per lei sentimenti diversi dall’amicizia. Semplicemente sapeva che non era possibile.

Se provasse qualcosa per me, me l’avrebbe fatto capire da un pezzo e non mi avrebbe baciata a quel modo, come bambini dell’asilo, mi sarebbe saltato addosso.

Quindi si limitò a lanciargli un’occhiata oltraggiata – quello che le aveva rubato restava comunque il suo primo bacio – e a chiedergli con tono secco: “Allora? Che significa?”

Lui le sorrise smagliante, l’immagine perfetta e falsa dell’innocenza. “Ho scoperto che voi ragazze date molto peso al primo bacio. Sarebbe potuto capitare con chiunque, con qualcuno che potrebbe farti soffrire”. Fece una smorfia a metà tra l’oltraggiato e l’arrabbiato, come se la sola idea fosse per lui intollerabile. “È stato molto meglio che a dartelo sia stato io, no?”

“No!” Obbiettò lei, dandogli uno spintone, con gli occhi lucidi d’indignazione e rimpianto. “Insomma James! Era il mio primo bacio! Ridammelo! Lo rivoglio indietro!”

Meg, che finalmente era tornata a guardarla, le rivolse un’occhiata piena di profonda comprensione e solidarietà.

Situazione familiare, vero Maggie?

“Quando è successo?” Tra tutti i modi in cui la rossa poteva interrompere il suo imbarazzatissimo silenzio – non era esattamente un ricordo che adorava condividere, lo trovava piuttosto imbarazzante e mortificante – quello era proprio l’ultimo che si aspettava.

La trovava una domanda abbastanza insensata, richiesta di un dettaglio decisamente irrilevante. Non la capiva, ma rispondere non le costava nulla quindi.. “Al mio terzo anno”.

L’altra annuì senza grossa partecipazione, quasi indifferente, come se non fosse stata lei a chiederglielo nemmeno un minuto prima. E davvero Daria non capiva.

Le capitava spesso ultimamente di non riuscire a capire e non si riferiva solo alla ragazza che aveva di fronte. Era strano proprio perché le accadeva un po’ con tutti, indiscriminatamente.

Che poi Meg sia un caso di incomprensibilità acuta resta un dato di fatto puro e semplice.

“Potter è un deficiente”. Le disse poi, mostrando una notevole empatia. Quello sì che era il tipo di reazione che si aspettava da lei.

Quindi sorrise dolce e pronta a mettere in buona luce l’amico, perché se l’aspettava e sapeva come reagire, era preparata. “Verissimo. Però ha anche un gran cuore, sai? Quando si è reso conto di aver fatto una cazzata, c’è rimasto malissimo e mi ha chiesto scusa un milione di volte. Era davvero mortificato”.

“Tipico di Potter. Prima fa, poi pensa”. Sentenziò l’altra asciutta, ma con l’ombra di un sorriso sulle labbra.

 

 

 

***

***

 

 

Era una scena buffa vedere la figura contrariata, alta e scura di Dave Zabini avvicinarsi recalcitrante al tavolo di Serpeverde seguito da vicinissimo da quella risoluta, minuta e pallida di Moira Kirson.

“Ho delle cose da fare, Mo! Te l’ho detto un milione di volte. Non ho tempo da perdere mangiando. Alla partita manca pochissimo”.

Rose trovava notevole la naturalezza con cui Dave, pur essendo innamorato di lei, si comportava in sua presenza. Così diversa dal comportamento un po’ impacciato di As con Daria o dall’atteggiamento da sbruffone buffone che suo cugino aveva tenuto a lungo con Meg. Supponeva avesse molto a che fare col fatto che, prima di tutto, loro era amici e lo erano da un sacco di tempo.

“Alla partita ci arriverai su un lettino dell’infermeria, se continui a rifiutarti di mangiare”. Lo riprese Moira, lapidaria e pragmatica come sempre.

Dave infilzò una salsiccia con veemenza, quasi fosse tutta colpa sua. “Devo escogitare nuovi schemi e strategie. La squadra di Grifondoro è…”

“Molto forte. Al vostro stesso livello e sarà una partita impegnativa”. Concluse la mora, suscitando l’irritazione dell’amico. “Ed è una perdita di tempo, Dave. Tanto dipende unicamente da chi tra Daria e Al prenderà per primo quella benedetta pallina dorata”.

Rose, all’espressione terribilmente scioccata del ragazzo, non poté fare a meno di lasciarsi scappare una risata. “Credo che tu stia solo peggiorando le cose, Mo”. Un grugnito proveniente dalla montagna immusonita, che una volta rispondeva al nome di Dave, le diede ragione. Scoccò all’altra un bel sorriso soddisfatto e vittorioso. “Visto?”

Moira scosse il capo, facendo ondeggiare i capelli scuri. “Davvero non riesco a capire cosa ci troviate in quella sottospecie di sport. Rischiare l’osso del collo su una scopa volante, schivando palle impazzite che fanno di tutto per disarcionarti. Cosa c’è di divertente?” 

Dave si risollevò per rispondere, entusiasmato probabilmente dalla possibilità di far cambiare idea all’amica. “Un sacco si cose! Il..”

“Dave”. Lo interruppe impietosa la mora. “Era una domanda retorica. Non lo stavo chiedendo davvero. Riprendi a mangiare, su”.

L’occhiataccia e la probabilissima serie di proteste del ragazzo, le furono risparmiate dall’arrivo trafelato di una Daria col fiato corto e una strana espressione in viso.

“Italiana, tutto bene?”

“Sì, sì certo. Ero in biblioteca a fare una ricerca e non mi sono resa conto dell’ora”.

Una ricerca? Daria?

Rose la osservò con attenzione mentre si sedeva a tavola e cominciava a servirsi da mangiare. Quell’aria strana, perennemente a metà tra l’assorto e il preoccupato, costellata da frequenti scatti di stizza… era da un po’ che la vedeva addosso all’amica.

Da più di un mese, credo.

Decise, quindi, di essere più che legittimata a preoccuparsi.

Daria alzò lo sguardo notando così il suo. Scosse il capo e abbozzò un leggero sorriso. “Davvero Rose sono solo pensieri e..”

“E?”

“E un brutto presentimento”. Rispose l’altra cauta.

Rose, allora, decise di essere decisamente molto legittimata a preoccuparsi. Perché, come diceva sempre Moira, l’istinto di Daria non sbagliava praticamente mai.

 

 

 

***

***

 

 

Il vento freddo le fischiava nelle orecchie e frustava il viso, mentre la pioggia fitta e incessante rendeva scivoloso il manico della scopa e le ostacolava la visuale.

Erano in casi come quello che Daria ringraziava tutti gli dei del Pantheon per averle fatto dono di un buon equilibrio e riflessi pronti.

La partita era iniziata da quasi un’ora e mezza e né lei né Al avevano ancora intravisto il boccino. Con quella pioggia si stava rivelando estremamente difficile persino vedere i suoi compagni.

Poi i suoi occhi scorsero, vicino alla porta di Rose, un bagliore dorato. Schizzò in quella direzione, tenendo lo sguardo ben incollato sulla minuscola pallina alata. Un attimo dopo sentì qualcosa sfiorarle una spalla: Al. Erano pari. Volavano a tutta velocità verso l’alto, sopra alla porta di Serpeverde.

C’era quasi. Il boccino era a meno di un metro da lei, mentre il Grifondoro era qualche centimetro più indietro. Allungò il braccio sinistro, reggendosi alla scopa con una mano sola. Stese le dita, ancora un pochino… solo un altro po’.. fino a sfiorare la superficie metallica del boccino…

Nello stesso istante in cui le sue dita gelate si chiudevano sulla pallina dorata, la scopa che volava accanto alla sua diede un fortissimo strattone. Forte abbastanza da disarcionare il suo proprietario. Vide Al precipitare nel vuoto, senza che nessun incantesimo arrivasse a fermarlo. La pioggia era troppo fitta.

 

 

 

 

 

 

Innanzitutto ci tengo a ri-precisare che il soprannome “mini-Potter” non è mio ma delle fantastica Dirareal, qui il link per la storia in questione: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=387973&i=1

In secundis….. Altro capitolo di passaggio, beh a parte il finale.. non uccidetemi.. Comunque ho deciso che d’ora in avanti, se riesco a mettere un freno alla mia logorrea, mi asterrò dal commentare i capitoli. Quindi spero che vi sia piaciuto! Ci rivediamo nelle recensioni o nel prossimo capitolo

Ah non ho fatto di revisione, quindi segnalate gli errori che provvederò a correggerli

Un bacio

AiraD

 

  
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