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Autore: Ciajka    12/04/2013    5 recensioni
« Sono John Watson, ho 17 anni da un mese e mezzo. Frequento la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts e, quando ricominceranno le lezioni, sarà il mio ultimo anno come Grifondoro. Le mie giornate le passo ad indagare (o meglio, a provare ad indagare) e a cercare di stare al passo con i ragionamenti del mio geniale ragazzo, Sherlock Holmes.»
-Secondo classificato al contest AU!Sherlock BBC di Maya98
Continuazione di “Non male per essere un Serpeverde”
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Devo smetterla di sperare che tutto fili liscio. Veramente, negli ultimi due anni non ho ricordi che affermano che queste mie speranze si siano mai realmente avverate.
E pensare che le cose erano iniziate anche piuttosto bene…
Era una bella serata estiva, il tramonto aveva colorato il cielo in modo molto pittoresco, c’era addirittura una fresca arietta che ci dava un po’ di refrigerio.  Inoltre nessuno dei due era in ritardo, Sherlock non ha neppure criticato, come al suo solito, il mezzo di trasporto, e durante il viaggio non abbiamo avuto nessun contrattempo.
Tutto perfetto.
Troppo perfetto.
Infatti le cose hanno incominciato a prendere una brutta piega a dieci minuti di volo da casa mia.
“Quando aspetti a dirmelo?” fu il commento posto da Sherlock con finta noncuranza.
Sussultai. “Cosa?”
“Lo sai benissimo. Ansia, colorito pallido, sudorazione non dovuta alla calura estiva. Potrei tranquillamente attribuirle all’appuntamento che abbiamo con i tuoi genitori. Ma c’è qualcos’altro sotto. Per tutto il viaggio hai avuto un tic involontario alla mano destra, come fai di tuo solito quando sai qualcosa d’importante e non sai quando o come dirlo.”
Non potei fare a meno di girarmi a guardarlo con aria stupefatta, cosa che ha contribuito a far sbandare di poco il motorino dalla traiettoria.
“Io? Cosa?”
“John! Ti prego, guarda la strada!” urlò Sherlock, stringendosi un poco di più a me.
Mi rigirai, ma continuai a parlare: “Davvero ho quella specie di tic?”
“Ti conosco da più di due anni, John!” mi rispose, tranquillizzando il suo tono, “Ormai so a memoria tutti i tuoi possibili comportamenti per ogni situazione standard. Quindi, ritornando all’argomento precedente, quando pensi di dirmelo?”
Annotandomi mentalmente di ritornare più avanti nel discorso dei miei comportamenti in situazioni standard, risposi: “Effettivamente ci sarebbe una cosa…. Te lo stavo proprio per dire…” mentii, cercando di trovare il modo di spiegare quello che era successo.
“Che non hai ancora detto ai tuoi genitori della nostra relazione.”
“Cos-? Come cavolo hai fat-?”
“Ho solo collegato i punti. Per caso, volevi dirmelo in loro presenza, o cosa?” mi domandò in modo petulante.
“No, no! Io… ecco… Uffa!” sbuffai “Ieri non sono riuscirlo a dirlo. Loro sono ancora convinti che siamo solo amici.”
“Quindi rimarrà segreto ancora per un’altra sera.”
“No, penso che riuscirò a dirlo più tardi… Forse durante la cena… O dopo…”
Anche se non lo stavo guardando, sapevo che Sherlock aveva alzato gli occhi al cielo, scettico.
“Davvero!” intervenni “Te lo giuro! Prima di fine serata sapranno tutto!”
“Non lo escludo…”commentò sarcastico Sherlock.
 
Ormai eravamo arrivati.
Prima di suonare il campanello, mi girai verso di lui e gli dissi: “Sherlock, devi sapere che mio padre non è un mago, quindi non iniziare a parlare di cose troppo sofisticate su magia o creature magiche o qualunque cosa non babbana. Cioè, lui cerca di fare il suo meglio per comprendere questo mondo, ma… hai capito, no?”
Lui fece un cenno comprensivo con la testa.
“Poi… Mi raccomando… Cerca di non fare come al solito, ok?”
“Come faccio di solito?” domandò, alzando un sopracciglio.
“Lo sai, deduzioni, risposte sgarbate, mettersi in mostra sempre e comunque, quelle cose là.”
“Non mi metto in mostra.”
“Sì che lo fai. Se devi parlare di qualcosa, non so… Parla dei tuoi hobb- no. Meglio di no. Di cosa ti pia- no nemmeno quello…” feci una pausa, per poi aggiungere: “Effettivamente è meglio che parli il meno possibile. Rispondi solo alle domande dei miei genitori e basta, ok?”
“Va bene, John.” sospirò pazientemente.
“Bene. Ottimo.”
Inspirai a pieni polmoni e suonai il campanello.
Dopo qualche secondo la porta si aprì, mostrando l’allegra faccia di mia madre.
“Eccovi qui! Entrate, entrate!”
Appena fummo entrati, mia madre ci assalì con il suo solito buonumore e con la sua parlantina: “Io sono la mamma di John! Quindi tu devi essere Sherlock! Sai, John mi parla così spesso di te! Sei veramente così intelligente come dice lui? Stando a come ti racconta devi essere una specie di genio o qualcosa di simile!”
Sherlock fece un sorriso sottomesso, ma non riuscì a rispondere perché mia madre continuò a mitragliare tutto quello che le veniva in mente: “Ma che bel musino che hai! Se fossi più giovane… Devi fare strage con le ragazze, eh?”
Io arrossì imbarazzatissimo, come Sherlock d’altronde, e intervenni: “E-hm, mamma…”
“Oh, scusatemi, scusatemi. Era solo una battuta! Niente ragazza, Sherlock?”
Lui aprì la bocca per dire qualcosa, ma mia madre continuò: “Non importa, caro. Vedrai che un giorno troverai la tua dolce metà! Con un faccino e un cervello come il tuo non passerà molto!”
In quel momento apparve dal corridoio anche mio padre, dicendo: “Il nostro ospite è arrivato?”
Sia io che Sherlock annuimmo, mentre mio padre allungava una mano a Sherlock “Io sono il padre di John. Piacere di conoscerti.”
Sherlock la strinse “Piacere mio.”
“Bene, ora manca Harry e poi tutta la famiglia è riunita!” trillò mia madre “Peccato che si rintana sempre in camera sua.” aggiunse con un tono di rimprovero, per poi spostarsi verso le scale che portano ai piani superiori e gridare: “HARRY!!! Scendi immediatamente!”
Io guardai Sherlock colpevole. Mi ero dimenticato di come mia madre fosse così priva di pudore in presenza di ospiti.
“Scusala.” iniziò lei, rivolta a Sherlock “Harriet, la sorella di John, è una ragazza complicata. Ha ventun anni, ma si comporta come se ne avesse quattordici.”
Dal piano di sopra si sentirono dei tonfi e delle imprecazioni mezze mangiucchiate, poi un “Arrivo!” detto con tono irritato.
Che bella impressione che deve aver avuto Sherlock della mia famiglia… Groan…
 
Nel frattempo ci spostammo in salotto, dove mia padre aveva preparato un piccolo aperitivo con una tipica bibita babbana.
“Questa si chiama sangria, la bevevo spesso quando ero più giovane.” ci disse tutto orgoglioso “È perfetta per l’estate. Un po’ alcolica, ma rinfrescante.”
Sherlock guardò scettico i pezzi di frutta che nuotavano nel liquido rosso.
Mio padre gli versò la sangria in un bicchiere, sorridente.
Sherlock la sorseggiò, la riguardò nuovamente, la riassaggiò, smosse un poco i pezzi di frutta che erano scivolati dentro al suo bicchiere, poi la tracannò tutto d’un fiato.
“Non male.” ammise poi.                                    
E da qui conquistò la simpatia di mio padre.
Nel frattempo era arrivata Harriet, tutta trafelata come al solito.
“Alla buon ora, signorina.” l’accolse mia madre.
Harriet, come risposta, sbuffò qualcosa di incomprensibile, per poi sedersi scompostamente nel divano.
“Ciao.” riuscì a dire lei, rivolta a Sherlock.
Lui rispose con un cenno di capo, ma mia sorella aveva già concentrato tutta la sua attenzione alla sangria sopra al tavolino.
“Certe volte vorrei sapere cosa fai tutto quel tempo in camera tua.” bisbigliò mia madre a mia sorella, ma come risposta ricevette solo una scrollata di spalle.
“Pagherei oro per saperlo!” alzò gli occhi al celo mio padre.
“Chatta con il fidanzato.” disse Sherlock.
Non pensavo che l’atmosfera si potesse gelare nel giro di qualche nanosecondo, eppure in quel momento è proprio quello che è successo.
“Cosa?” chiese nervosamente mia sorella.
“Chatti con il tuo fidanzato. È ovvio.” sottolineò Sherlock, ignorando il calcio che gli avevo tirato al polpaccio.
Harriet impallidì e cominciò a boccheggiare.
“Come lo sai?” chiese mia madre, sbalordita, mentre mio padre aveva una faccia da non ho ben capito cosa sta succedendo.
“Gli indizi sono così evidenti! Come si fa a non vederli?” iniziò Sherlock, ignorando anche il mio Sherlock stai zitto! “Prima di tutto il fatto di chattare. Lo si nota dagli occhi rossi e dalla tendenza a non sbattere le palpebre molto frequentemente. Ma perché una maga dovrebbe utilizzare questi metodi babbani?”
La platea non si azzardò ad aprire bocca, quindi Sherlock continuò: “Semplice: per lavoro. La collocazione della casa in un paese babbano non è solo per rendere a suo agio il padre famiglia, che preferisce circondarsi dalle cose che conosce, ma anche per il lavoro di Harriet. Indubbiamente fai l’intermediaria tra il mondo babbano e il mondo magico.”
Mio padre alzò una sopracciglia, probabilmente perché rimasto colpito dalle sue parole. Il resto della mia famiglia invece restò gelata.
“Da cosa si capisce?” continuò imperterrito Sherlock “Indossi ancora i pantaloni da lavoro. Si vedono con estrema facilità le iniziali “IMMB” -Intermediario  Mago nel Mondo Babbano- sulle tasche. Tenendo conto che ci troviamo a pochi chilometri da Londra, sarai sicuramente in contatto con persone babbane abbastanza influenti, anche se loro probabilmente non conoscono la tua capacità di fare magie. Ma ora sto divagando.” fece un cenno con la mano, come per scacciare via i suoi pensieri “Ritorniamo sul chattare. Non può essere una chat di lavoro, dato l’orario tardo, e da questo si deduce che hai conosciuto una persona babbana, probabilmente a Londra o nelle vicinanze, e per tenervi in contatto utilizzate il computer. Altrimenti, se questa persona fosse un mago, non si spiega il motivo per utilizzare un metodo così poco magico per dialogare..” Il poco magico lo pronunciò con un evidente nota di disprezzo, che per fortuna mio padre non colse.
“Non so come hai fatto…” inizò Harriet, incrociando le braccia “Ma come puoi dire che ho un fidanzato?” “Oh beh, notando le espressioni delle persone che mi circondano, ho capito che la cosa non è pubblica.” Sorrise, aggiungendo a mezza voce verso di me: “Un difetto di famiglia”.
Gli lanciai un’occhiataccia, sperando che questo lo fermasse, ma ogni sforzo è vano quando si sta mettendo in mostra.
Infatti continuò felicemente, rivolto a mia sorella: “ Forse non si tratta di un fidanzato, ma comunque di una persona a cui tieni particolarmente. Sul fatto che ci tieni molto si vede dall’abbigliamento. Indossi una camicetta molto elegante, anche gli orecchini e il trucco sono stati scelti in modo da impressionare la persona che ti sta di fronte. Ma i pantaloni sono quelli di lavoro, molto usati e poco intonati al resto del vestiario. Quindi l’abbigliamento è stata scelto solo per dialogare attraverso lo schermo di un pc e non, ad esempio, per accogliere un ospite a cena. E chi è l’ospite? Un amico del fratello, che viene descritto in modo superlativo…”
Mi girai dall’altra parte, arrossendo, sperando che tutto questo terminasse il prima possibile.
“Qualunque ragazza cercherebbe di apparire carina, anche solo per civetteria, soprattutto se la ragazza in questione è single. Mentre questa sciatteria viene spiegata solo in un modo: non le interessano gli altri ragazzi perché è già profondamente innamorata di un altro.”
Finalmente Sherlock chiuse quella sua boccaccia, lasciando che il silenzio rimbombasse per la stanza.
Dopo alcuni interminabili secondi, l’unico che si azzardò a parlare fu mio padre con un: “Cosa?”
“Ma se quello che ha detto fosse vero…” si aggiunse mia madre, mentre mio padre stava ancora sussurrando qualcosa del tipo: “Ha fatto una specie di magia, o cosa?”
“… L’unica persona del mondo babbano con cui ha legato in modo particolare è la sua amica Clara.. Quindi…” non riuscì a concludere mia madre.
Harriet, che fino a quel momento sembrava sotto influsso di un pietrificus totalus, si alzò in piedi fumante.
“Oh, allora non si tratta di un ragazzo, ma di una ragazza…” meditò Sherlock “Dannazione! Sbaglio sempre qualcosa!”
Il suono di un bicchiere in frantumi attirò la nostra attenzione verso Harriet, che rimase a fissarlo con odio per alcuni istanti, prima di correre via verso la sua camera.
Si sentì distintamente il tonfo di una porta sbattere violentemente.
In quel momento volevo semplicemente scomparire per sempre.
“E-hm.” Si schiarì la voce mia madre.
“Questa era una… stregoneria?” chiese mio padre, più al vuoto davanti a sé che a qualche persona in particolare.
“No, papà…” cercai di spiegare “Sherlock è… fatto così.”
“No perché ha cominciato a parlare, a parlare.. ma le sapeva già da prima queste cose?” chiese lui.
“Ho solo dedotto i fatti. Nulla di che.” rispose Sherlock.
“Senza magia?” continuò lui.
“Senza magia.” affermò orgoglioso quello sbruffone di un Serpeverde.
“Uaaao.” fece mio padre, impressionato.
“Non pensavo che il tuo amico fosse così…  così…” iniziò mia madre, per la prima volta senza parole.
“Si dovrebbe scusare, vero Sherlock?” mi intromisi, dandogli una gomitata.
“Oh, no… insomma!” disse mia madre “Alla fine dovrebbe essere Harry a chiedere scusa a lui, guarda in che modo se n’è andata via! Deve ancora imparare le buone maniere!” Così detto, tirò fuori la bacchetta che teneva dentro la tasca del vestito e riparò il bicchiere che era finito in frantumi.
I miei genitori non si erano arrabbiati? Questo sì che mi sbalordì! Altro che le deduzioni di Sherlock!
“Che ne dite se ci spostiamo in sala da pranzo?” cinguettò mia madre “Spero che ti piaccia il coniglio, Sherlock.”
“Certo, signora Watson.” sorrise l’interpellato.
 
Mentre ci sedevamo a tavola, sussurrai a quella prima donna del mio ragazzo: “Cosa ti avevo detto prima? Niente deduzioni, Sherlock!”
“Ma ho risposto alla richiesta di tuo padre.”
“Ma non era rivolta a te!”
“Comunque non mi sembra che sia stato un disastro.”
Oh come no! Harry starà piangendo in camera sua, ma va tutto bene!”
Un enorme piatto di coniglio stufato si posò di fronte a noi, interrompendo la nostra discussione. Ma in quel momento non sapevo che far arrabbiare mia sorella era niente in confronto a quello che sarebbe successo nel giro di una ventina di minuti.
 
“Quindi tu saresti un compagno di scuola di John?” chiese mio padre, mentre si riempiva il bicchiere di vino.
“Sì, anche se non siamo della stessa Casa.”
“Ah, capito. In quale Casa sei?”
“Serpeverde.”
Mio padre si fermò a meditare per qualche secondo per poi dire: “Ma non era per caso quella Casa che tutti odiano? O mi sto sbagliando?”
“E-hm.” Si schiarì la voce mia madre “Nessuna Casa è odiata, caro.”
“Eppure..”
“Qualcuno vuole un po’ di insalata?” lo ignorò mia madre, prendendo il vassoio con la verdura e mettendo alcune foglie sul piatto di Sherlock.
Lui la lasciò fare senza dire una parola.
Ma nel giro di qualche secondo la sua espressione mutò: da rilassata divenne immediatamente seria. Stavo per domandargli cosa avesse, quando lui interrogò mia madre: “Posso chiederle se per caso ha cucinato con del fuoco culinario, signora Watson?”
“Oh.” spalancò gli occhi mia madre “Si sente così tanto?”
Fuoco culinario?” commentò mio padre “Che roba è?”
“È un fuoco magico che cucina gli alimenti in modo impeccabile.” rispose Sherlock.
“Sì, purtroppo non ho molto tempo per cucinare… poi ho sempre paura di fare disastri..” si giustificò lei.
Mio padre scrutò il suo piatto con occhio critico: “Ecco perché fai sempre dei manicaretti così deliziosi..” poi scrollò le spalle “Beh, magia o non magia, a me basta mangiare bene.”
“Spero che non sia un problema… Non sarai allergico o intollerante? Può capitare che certi tipi di magia… Oh, che figura che ho fatto!” si preoccupò mia madre.
“No, non si preoccupi. Non sono contro al fuoco culinario. Ma è al corrente degli effetti collaterali?”
A mio padre si spalancarono gli occhi dal terrore.
“Certo! Ho preso tutte le precauzioni possibili.” rispose in modo calmo lei.
Cosa?” intervenne mio padre “Che effetti collaterali? Che precauzioni?”
“Oh, niente caro.” Spiegò mia madre “Il fuoco culinario fa uso di una particolare magia che può fungere da richiamo per certe creaturine magiche che si cibano di essa. Ma ho messo in garage una pietra repellente, in modo che non si avvicinino. Inoltre è difficile che degli esserini di quel tipo si facciano vivi in una città babbana.”
“Pietra repellente..” serrò gli occhi mio padre, come per ricordare qualcosa.
“Sì, quella grande pietra che, ancora tempo fa, ti avevo detto di non spostare per nulla al mondo. Quella verde con inciso un fuoco stilizzato sopra.”
“Oh. Quella pietra.” constatò con  una lieve sfumatura d’orrore, che mia madre colse perfettamente: “Cosa hai fatto a quella pietra, caro?”
“E che… l’altro giorno… Stavo sistemando il garage… L’ho vista e, beh… intralciava con alcuni lavori che stavo facendo… Quindi l’ho spostata.”
“Dove.” non era una domanda, ma un ordine.
“Non molto lontano… Nel giardino sul retro…”
Mia madre si mise entrambe le mani sul viso: “Non ci credo.”
“Non è molto distante, basta rimetterla dov’era prima…” continuò mio padre.
“Se l’avevo messa in garage c’era il suo motivo, no? Altrimenti l’avrei messa in giardino, come una pietra qualunque, no?
Io ero paralizzato da quella conversazione. Guardai Sherlock e anche lui lo era. Ma non per la discussione. Lui stava guardando verso il soffitto.
Alzai lo sguardo e lo vidi.
C’era una sfera pelosa, di color rosso intenso e con sfumature arancioni, che fluttuava sopra di noi.
“E quello che diavolo è?” chiesi con voce strozzata.
Anche i miei genitori alzarono lo sguardo verso il soffitto.
“Oh, no…” sospirò mia madre.
“Non sembra pericolosa.” disse mio padre.
“Mai fermarsi alle apparenze, signor Watson.” gli rispose Sherlock “Quello è un moftino, detto anche fata del focolare, e, anche se di carattere piuttosto mite, è capace di infuocare qualunque cosa che tocca.”
“Qualunque cosa?” chiesi.
“Perfino il ghiaccio. Sprigiona fuoco incantato.”
“Quindi non basta un po’ di acqua per spegnerlo, presumo..” sussurrai.
“Vedo che hai capito.”
“Dobbiamo cercare di farlo uscire di casa senza che si posi da nessuna parte.” ordinò mia madre.
“Ma come facciamo?” chiese mio padre, in ansia “L’amico di John ha appena detto che incendia qualunque cosa che tocca! Quindi anche le nostre mani! O la stoffa!”
Nel frattempo l’affarino fluttuante si stava avvicinando pericolosamente alla credenza, facendo sobbalzare dalla sedia mia madre.
“Non esiste qualche magia per fermarlo?” chiesi.
“Il moftino si nutre di magia pura. Nessun incantesimo riesce ad arrestarlo.”
“In verità c’è qualcosa che non riesce ad incendiare!” esclamò mia madre “Ancora tempo fa, una mia amica, che conosce un grande esperto di creature mag-”
“Mi scusi, ma può andare al dunque?” la interruppe Sherlock, vedendo che al moftino mancavano solo qualche centimetro prima di attaccarsi al mobile.
“Oh, scusatemi. L’unica cosa che il suo fuoco incantato non riesce ad incendiare sono le secrezioni di un particolare bruco di farfalla cinese… la Bambic muoriBimbuc mora… no, non era così…”
“La Bombyx mori, vorrai dire.” disse mio padre, con calore. Infatti l’hobby principale di mio padre è il raccogliere qualunque tipo d’insetto ed attaccarlo con uno spillo su un cartoncino. Il suo studiolo, accuratamente evitato dal resto della famiglia, è zeppo di quadri di quel genere.
“Si, quella cosa lì..”  
“Allora siamo a cavallo!” esultò mio padre.
Tutti, io compreso, lo guardammo con scetticismo.
“Non capite?” continuò lui con foga.
“Oh, ma certo!” lo raggiunse Sherlock “Ma certo! Il nome scientifico mi ha leggermente confuso, ma ora… oh si!!”
“Visto, ragazzo? Quella cosa può essere buttata fuori di casa in modo molto semplice!”
Sembravano due bambini che avevano trovato il modo di raggiungere la scatola dei biscotti che la madre aveva nascosto nel cassetto più alto.
“Scusate, potete farci partecipi alle vostre chiacchiere?” li sgridò mia madre.
“La seta! Il bruco della Bombyx mori è il baco da seta!” esultò mio padre.
“Quindi basta prendere un capo di seta, catturare il moftino e poi spostarlo da un’altra parte!” concluse Sherlock.
Come per rendere la trovata più esplosiva, la credenza prese improvvisamente fuoco.
“Porc-” esclamai per lo spavento.
“No!” gridò mia madre.
Osservammo per qualche secondo le fiamme, non sapendo cosa fare.
Sherlock informò i presenti: “Il fuoco di una fata del focolare si può spegnere pronunciando una maledizione..”
“Si. La conosco. Ma ci vorranno almeno cinque minuti prima che finisca. Bisogna sbrigarsi!” disse mia madre “Intanto procuratevi qualche indumento di seta!”
“In camera tua, mamma?” chiesi io.
“Err… purtroppo non uso vesti di seta, a parte per l’intimo… ma non credo sia adatto, non è.. abbastanza omogeneo.. Ma so che Harry ha una camicetta di seta!”
“Perfetto allora!” disse Sherlock.
“Perfetto un corno! Stiamo parlando di Harriet!” ricordai.
“John, fa l’uomo di casa è cerca di convincere tua sorella! Al più presto possibile! Io intanto cerco di spegnere queste fiamme!” concluse mia madre, tirando fuori la sua bacchetta.
“Posso andare a chiamare io Harriet, sennò.” si propose mio padre.
“No! Tu rimani qui! Ci dev’essere un’altra persona che mi aiuti con l’incantesimo e che tenga d’occhio quella brutta palla schifosa!”
“Ok…” si ammutolì mio padre.
“Andiamo John!” Sherlock mi prese per il polso “Dobbiamo fare in fretta! Prima che tutta la casa prenda fuoco!”
In poche parole non avevo altra scelta. Dovevo convincere mia sorella a farmi dare la sua camicetta di seta, o addio casa.
 
“Harriet! Ti prego, apri!” cominciai ad urlare alla porta della camera di mia sorella, ovviamente chiusa a chiave.
“Vai fuori dalle scatole, stupido idiota!” fu la sua dolce e prevedibile risposta.
“È una questione di vita o di morte!” cercai di convincerla, invano.
“Non puoi aprire la porta usando un alohomora?”  mi chiese Sherlock, visibilmente seccato.
“È mia sorella! Se lo faccio, mi uccide!”
“Ne dubito.” concluse, avvicinandosi alla porta e cominciando a tirare dei calci alla suddetta.
“Che fai?!” chiesi, in falsetto.
“Con mio rammarico, non posso ancora usare la magia fuori Hogwarts, quindi mi arrangio con quello che ho.”
Sentii la serratura scattare e mia sorella apparve, inevitabilmente su tutte le furie: “Ma siete deficienti?! Che cazzo volete fare?!”
Prima di rispondere Sherlock mi lanciò un’occhiata come per dire Visto? I miei metodi sono infallibili! :”Ci serve la tua camicetta di seta, altrimenti la casa andrà a fuoco.”
Harriet lo guardò schifata: “Che vi siete fumati?”
“Sicuramente non quello che usi tu. Foglie di prima qualità, a sentire dall’odore…”
Mia sorella sbiancò di colpo: “Hai già rovinato la mia vita prima, se adesso provi a-”
“Non penso di aver fatto così tanti danni. Ma ora sarebbe meglio per tutti che mi consegni quella camicetta.”
Ci fu una lotta di sguardi infuocati, dove io mi sentivo estremamente a disagio.
Alla fine mia sorella cedette: “Non so a che cosa cavolo ti serva la mia camicia di seta, ma la rivoglio come nuova.”
“Al massimo te la ricompro.”
Ci fu una di quelle pause interminabili dove la temperatura della stanza diminuì improvvisamente. Anche se ci trovavamo in piena estate, sembrava di stare nel bel mezzo di una tormenta di neve.
“Due. Se si rovina ne voglio due.”
“Affare fatto.”
 
“Ci avete messo una vita!” ci accolse mia madre. Aveva appena finito di disincantare le fiamme: infatti la credenza era ritornata alla sua temperatura ambiente, anche se aveva assunto una leggera colorazione tendente al legno bruciato.
“La palla pelosa si trova lì.” mio padre ci indicò la zona sopra il tavolo del salotto, dove il moftino stava tranquillamente fluttuando.
“Bene! Ora lo catturo io!” tuonò Sherlock, afferrando la veste di seta con entrambe le mani come farebbe un pescatore con la sua rete, e saltando con agilità in cima al tavolo.
“Sta attento!” mi lasciai sfuggire, ma Sherlock ormai aveva già fatto un balzo verso il moftino, imprigionandolo nella camicia. Ma Sherlock non aveva tenuto conto dell’atterraggio, infatti rovinò a terra piuttosto pesantemente.
“Sto bene!” disse egli, steso per terra ma con la creatura ancora ben stretta fra le mani.
“Perfetto! Complimenti ragazzo!” esclamò mio padre.
“Ora liberiamoci per sempre di quella robaccia!” disse mia madre, sfilando la camicia con il moftino dalle mani di Sherlock “Mi smaterializzerò in qualche posto abbastanza lontano in modo che questa cosa non ci venga più a trovare!” e detto ciò scomparve.
Guardai Sherlock, che nel frattempo si era rialzato, e notai che si era procurato un bel graffio in fronte. Scossi la testa contrariato: “Vieni con me in bagno, è meglio che ti metta qualche garza magica per rimarginare quella ferita.”
“Sto bene, John. Non ce n’è bisogno.” provò a resistere lui, ma anche mio padre, vedendo il rivolo di sangue che stava bagnando il sopracciglio, cercò di convincerlo. Alla fine si ritrovò a cedere.
 
Ci spostammo in bagno, lui si sedette sopra il water, ovviamente chiuso, mentre io aprii il cassettino dove vengono riposti tutti i medicamenti.
“È stato l’appuntamento più disastroso della mia vita.” dissi, quando trovai dei cerotti curativi.
“Dici?” chiese Sherlock con genuino stupore “Io mi sono divertito.”
Mi lasciai sfuggire un sorriso.
Cominciai prima a disinfettargli il taglio con un dischetto di cotone bagnato con acqua mista ad alcool, poi conclusi mettendo il cerotto magico sopra la ferita.
“Diventerai un bravo curatore.” fu il commento di Sherlock.
“Lo spero.” sorrisi.
“Lo dirai ai tuoi?”
Rimasi in silenzio per qualche secondo. Ovviamente non si stava riferendo alla mia futura carriera lavorativa, ma del mio coming-out. Del nostro coming-out.
“Non credo.” risposi infine “Non oggi almeno.”
“Lo avevi promesso.”
“Lo so… ma… Cavolo, Sherlock! Prima la scenata con Harriet, poi la fata del focolare, per non pensare del mobile andato a fuoco! Troppe emozioni per una serata sola! Meglio evitare…”
Sherlock alzò gli occhi al soffitto.
“Scusami. Sarà per un’altra serata. E poi tu l’hai per caso detto, ai tuoi?” chiesi di sottecchi.
“No.” rispose tranquillo lui “Non ce n’era il bisogno. Hanno capito tutto con una sola occhiata. Mycroft, in particolare, c’era arrivato ancora prima che ci mettessimo insieme.”
Mi ritrovai a sospirare sconsolato. Poi mi avvicinai a lui e gli baciai la fronte.
“Così guarirai prima.” scherzai.
“Guarda che hai sbagliato direzione.” ridacchiò lui, prendendomi per il colletto della maglia, spingendomi verso di lui in modo che le mie labbra toccassero le sue.
Non feci resistenza e rimasi ad assaporarle per qualche istante, prima di staccarmi completamente da lui.
Appena mi fui allontanato abbastanza, vidi l’espressione di Sherlock mutare improvvisamente. Da rilassata a rigida nel giro di qualche infinitesimo di secondo.
Subito non capii di quel cambiamento improvviso, poi mi girai e tutto mi fu più chiaro.
“Oh.” fu l’unica cosa che riuscii a dire.
 Nella stanza erano entrati i miei genitori con un’espressione stupefatta stampata in viso, ovviamente per averci colti in flagrante.
“Oh.” ripetei, stupidamente.
“E-hm… Quello… Non era mica una forma di… rito magico… per guarire le ferite, vero?” fu il stupidissimo commento di mio padre.
“Credo proprio di no, caro.” gli rispose mia madre.
“Oh.” continuai a ripetere.
“Certo, si vedeva che eravate molto amici… Ma non pensavo così tanto.” disse mia madre.
Stavo per ripetere di nuovo il mio profondo e aulico Oh! , ma Sherlock mi diede un leggero pizzicotto al braccio, facendomi ritornare alla realtà.
“Oooee-hm… Ecco… Beh… Lo so che sembra strano… Però… Io e Sherlock… Beh…” cominciai a guardare per terra, imbarazzatissimo.
“Ci amiamo.” concluse calmo Sherlock.
“Si, proprio quello.” gli feci eco “E… Volevo dirvelo ancora tempo fa, ma non ho mai avuto il coraggio…”
“Aww, il mio pulcino!” disse con tenerezza mia madre.
Mio padre invece non aprì bocca, ancora sotto shock.
“Volevo che questa serata fosse perfetta… Invece… è stato un disastro!” conclusi, affranto.
“Ma no, piccino mio!” si avvicinò mia madre, accarezzandomi i capelli  “È stata una serata molto emozionante, questo non possono non nasconderlo, ma non è stata malaccio! Non sentivo l’adrenalina scorrermi nelle vene da quasi vent’anni!”
Io cercai di allontanarmi dalla stretta affettuosa di mia madre, anche se senza successo.
“Beh…” mio padre cercò di iniziare chissà quale poema, ma tutto quello che riuscì a dire fu: “Tua madre ha ragione.” 
“Poi si vede che voi due siete fatti l’uno per l’altro! Lo si capisce dal luccichio che si accende nei vostri occhi quando vi guardate…” qui mia madre concluse con un sospirone.
Stranamente mio padre scherzò: “Effettivamente avevo capito anch’io che c’era qualcosa tra voi due… anche se all’inizio pensavo fosse più un accordo su chissà che piano diabolico. Robe tra maghi, insomma.” e si mise a ridacchiare. Probabilmente era ancora sotto shock.
Sherlock si illuminò e esclamò: “Ma certo!! Un accordo!! Come sono stato stupido!!”
Tutti ci ammutolimmo, non capendo se Sherlock era improvvisamente impazzito o cos’altro.
“John, dobbiamo andare da mio fratello!” continuò imperterrito.
“Cos-? Perché?”
“Ho capito chi è il lupo mannaro!” Sherlock saltò felicemente sul posto.
“Davvero? Come?” domandai.
“Te lo spiegherò dopo, ora dobbiamo andare!” mi prese per il polso e mi trascinò fuori dalla stanza. Poi si fermò, ritornò indietro dai miei genitori e disse: “Grazie per la serata, è stata veramente magnifica! Quella bibita babbana era buonissima! Non vi dispiace se vi rubo John per un po’, vero?” i miei genitori fecero no con la testa “Perfetto! Arrivederci!”
E detto questo mi trascinò fuori da casa.
 
“Ora basta che ci smaterializ-” iniziò Sherlock.
“Ancora con questa storia! Lo sai che abiti troppo distante! E portarti come passeggero proprio non mi va!” lo sgridai “Andremo con il motorino, come abbiamo fatto all’andata!”
“Ma-!”
“Niente ma! O con questo o a piedi, decidi tu!”
Sherlock grugnì contrariato.
 
Mentre volavamo Sherlock mi disse chi, secondo lui, era il lupo mannaro.
“Non è possibile, Sherlock!”
“Sì, John! Tutto combacia perfettamente!”
“Nella tua testa combacia, ma non nella mia! Come fa ad essere Greg Lestrade, il licantropo?”
“Ti ricordi quando ti avevo detto che tra lui e mio fratello c’era una relazione?”
“Oh, sì che me lo ricordo! Sono riuscito a respirare normalmente solo dopo una settimana!”
“Beh, non è così. È stato quello che Mycroft ha cercato di farmi dedurre, per allontanarmi dalla verità!”
“Non ci credo… Mycroft che… no! Questa è pura pazzia!”
“Invece è così! Tutti i giorni che Lestrade veniva a casa nostra per vedere mio fratello non erano per… hai capito, no? Ma bensì per discutere sulla sua licantropia.”
“Si può sapere come hai fatto a capirlo?”
“Quando tuo padre ha detto la parola accordo! Il giorno prima della prima luna piena Lestrade è venuto a casa nostra. Mycroft l’ha accolto e l’ha portato immediatamente nel suo studio. Sono rimasti rinchiusi dentro per ore e quando sono usciti Lestrade se n’è andato senza salutare nessun’altro. Subito non ci ho dato peso… ma non è da lui filarsela in questo modo. Normalmente è un tipo sociale e saluterebbe ogni persona che incontra due volte. Invece quel giorno è praticamente scappato con la coda fra le gambe.”
“Tu avevi pensato che era per nascondere la relazione.” ricordai.
“Invece ha fatto così perché era preoccupato. Molto preoccupato. Nel giro di qualche ora sarebbe apparsa la luna piena e lui non sapeva cosa fare, se non rimanere nel nostro bosco. E non dimentichiamoci che da quel pomeriggio, ogni  giorno prima della luna piena Mycroft ha ricevuto un gufo da parte di Lestrade. E scommetto che ogni notte di luna piena Lestrade faceva un giro nel nostro bosco.”
“Quindi tu pensi che Mycroft sia al corrente dei suoi giretti notturni nel vostro possedimento?”
“Sicuramente. Ma è meglio aspettare e chiederglielo di persona.”
 
Sherlock aprì senza tante cerimonie la porta dello studio di Mycroft.
“Buona sera, Sherlock. Tornato di già?” lo salutò suo fratello, senza alzare la testa dai suoi moduli.
“So chi è il licantropo che si aggira nel nostro bosco.”
Mycroft alzò lo sguardo e, senza battere ciglio, disse: “Di cosa sta parlando?”
“Non fare il finto tonto, Mycroft! Sai benissimo che c’è Greg Lestrade dietro tutto questo!”
Mycroft sospirò pesantemente, si distese sulla sedia e congiunse le mani: “Complimenti, fratellino. Oh, John! Ci sei anche tu! Che piacere vederti!” sorrise.
“Ciao, Mycroft.” lo salutai.
Sherlock ci guardò malissimo per poi dire: “Non cambiare argomento ora! Perché hai lasciato scorrazzare Lestrade nel nostro bosco? Non ti è venuto in mente che poteva attaccare la villa?”
“Era tutto sotto controllo, Sherlock.” cercò di tranquillizzarlo.
“Sotto controllo?” ridacchiò malvagiamente Sherlock “Chiedilo alla vecchia che è morta la scorsa notte.”
Il maggiore degli Holmes fece una smorfia di disapprovazione, per poi dire: “Quella è stata anche colpa tua, fratellino caro. Se non mi avessi spiato, costringendomi a non uscire dalla mia stanza, probabilmente questo non sarebbe accaduto.”
“Adesso non dire fesserie!” rosicò Sherlock “Come potevi uscire dalla tua stanza se c’era un lupo mannaro in libertà? Lo sai benissimo che quando si trasformano ucciderebbero anche il loro migliore amico senza battere ciglio!”
“Oh, Sherlock… Non dirmi che non te ne sei mai accorto!” spalancò gli occhi Mycroft.
“Di cosa?”
“Sono un animagus. Certo, non che sperassi che la cosa si sapesse in giro… Ma pensavo che l’avessi dedotto da anni ormai.”
Sherlock rimase spiazzato per qualche istante prima di dire: “Lo sai che non mi è mai interessato nulla di te!”
“Meglio per me, allora.” constatò lui con un mezzo sorriso.
“Quindi…” mi intromisi “Mycroft si trasformava in un animale in modo da tenere sotto controllo Greg?”
“Esattamente, John. Sotto forma umana era impossibile.” mi rispose Mycroft.
“Ma… Da quanto Greg è un licantropo?” domandai.
Il fratello maggiore sospirò: “La prima volta che si è trasformato è stata l’ultima settimana di scuola. Mi ha detto che una sera era uscito in giardino per una perlustrazione e una figura lo ha attaccato. Alla fine è riuscito a cavarsela, ma il mannaro lo ha morso, passandogli la licantropia.”
“Ad Hogwarts?” esclamai “Non pensavo che…”
“Non so cosa dirti, John. Abbiamo un lupo mannaro che si aggira per i corridori della scuola? Probabile.” rispose calmamente Mycroft.
“Perché Lestrade avrebbe dovuto dirlo a te?” domandò schifato Sherlock.
“Perché sapeva che ero un animagus. Una volta mi aveva visto trasformare, ancora molti anni fa. Neanche ti racconto per quale motivo. E non te lo racconterò mai.” rispose secco “Così ha pensato che io fossi l’unica persona in grado di aiutarlo. Lo sai che, prima che un lupo mannaro si stabilizzi, le pozioni tranquillanti non funzionano. Non voleva ritrovarsi ad uccidere qualcuno o peggio...”
Abbassai gli occhi, comprensivo.
“Quindi abbiamo fatto un accordo: ogni notte di luna piena lui si trasformava e io lo aiutavo a rimanere tranquillo.” si allungò nuovamente sulla sedia “Ovviamente la cosa deve rimanere segreta.”
“E cosa ti da in cambio?” disse Sherlock “Tu non fai mai nulla per niente.”
“Ci sono cose che solo i lupi mannari riescono a fare.” fu la criptica risposta di Mycroft “Cose del Ministero, Sherlock. Dubito che tu possa capire.”
“Tu e il tuo stupido Ministero…” sussurrò Sherlock, poi aggiunse con tono sprezzante: “Vorrei proprio sapere in che animaletto riesci a trasformarti. Per la corporatura e l’indole dire ad un ghiro grasso.”
Mycroft allungò gli angoli della bocca verso il mento “No, Sherlock. In un orso, in verità.”
“Non sono andato molto distante.” disse Sherlock, visibilmente invidioso, uscendo dalla stanza.
 
“Quindi anche questo caso è concluso.” sorrisi, montando sul motorino.
“Già.” rispose cupamente il mio ragazzo.
“Spero proprio che l’Anonimo non si faccia più vivo.”
“Perché?”
“Se hai notato, ogni premonizione che fa diventa sempre più pericolosa. Ha iniziato con qualche sgambetto, ed ora siamo arrivati ad un lupo mannaro ed a un omicidio. Secondo me non è una coincidenza.”
Detto questo, accesi il mio mezzo di trasporto e, dopo aver dato un bacio al mio ragazzo, volai a casa.
Forse, riflettendo ora,  la serata non è stata una delle peggiori.

Certo, come avvertimento generale direi: Mai innamorarsi di un Serpeverde! Soprattutto se questo ha a disposizione un enorme cervello capace di dedurre ogni piccola cosa e che usa soprattutto per mettersi in mostra (non importa se davanti ai tuoi genitori!). Mai lasciarsi incantare dal suo sguardo magnetico o dalla sua voce! Meglio evitare accuratamente un individuo del genere perché potrebbe portarti alla distruzione totale!
Ma il bello di tutto questo è che io sarei il primo a non seguire il mio consiglio.
 

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Sherlock osservò la sagoma di John farsi sempre più piccola, finché scomparve tra il cielo stellato.
Senza spostare il suo sguardo, tirò fuori una cartina spiegazzata dalla tasca dei pantaloni e la buttò nel ciottolato. Fatto ciò, aprì una scatola di fiammiferi (un vecchio regalo di John). Ne accese uno, buttandolo anch’esso per terra .
Il pezzo di carta  si imbrunì e si accartocciò, mostrando questi versi, prima di diventare cenere: 
   

Cena da un amico,
cibo squisito,
ma, per quanto gradito,
il fuoco è un gran nemico.

 
Ritornando verso casa, notò una busta di fianco al cancello.
La raccolse e, con circospezione, la aprì.
Stessa carta e stessa calligrafia, non poté fare a meno di notare.
Non mosse un muscolo quando lesse il suo contenuto.
 

“Ti avevo detto che sarebbe successo qualcosa a chi ti sta vicino… ma non mi hai voluto ascoltare!
Dovevi vedere che espressione divertente ha fatto, mentre si stava trasformando!
Avresti riso pure tu!
Non vedo l’ora di rivederti di persona, Sherlock.
PREPARATI.”
 

Da dietro un albero, un’ombra nera osservò la figura longilinea del ragazzo tentennare, prima di entrare in casa.


Dunque siamo giunti alla fine... Sento già qualcuno sussurrare (anche se non sarà così) "Ma come! La finisci in questo modo?! Non la puoi finire così!" e invece sì, la finisco così.
Primo: avevo solo due mesi per completarla e più di due capitoli non sarei riuscita a scrivere (sono lenta) e secondo: mi piacciono questi finali aperti! XD Anche se questo vorrà sicuramente dire che ci sarà un continuo... Quando? Non lo so. Sicuramente farà prima ad uscire la terza serie.

Per chi ancora non l'ha fatto, potete leggere gli "episodi precedenti" andando qui: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=866172&i=1

Ah, già... Nel capitolo precedente avevo scritto che John possiede un motorino incantato.. ok, Maya mi ha ricordato che sono illegali... ma l'idea era così carina che ho pensato di non modificare il testo...  

SE QUALCUNO HA NOTATO LA SOMIGLIANZA TRA MOFTINO E MOFTISS ALLORA HA LA MIA STIMA. Sì, perchè questi animaletti sono stati inventati di sana pianta da me (come il fuoco culinario e la pietra repellente) e allora ho pensato "Perchè non nominare il nome dei Moftiss invano?" ed ecco fatto! (Inoltre dovevo collegare la seta in qualche modo, quindi inventando una creatura magica da zero era più semplice renderla protagonista... Non volevo solamente nominarla, eh!)

Che altro dire... Ringrazio Maya per avermi dato la possibilità di partecipare a questo contest (che mi ha divertito tantissimo) e Giulia per aver avuto la pazienza di ascoltare le mie demenze. 
Ma ringrazio anche voi che avete letto questa mia fic! Anche se non commentate, vi adoro lo stesso! 
A presto!


 

  
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